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Terza tappa del mio tour di ferragosto 2020 in Portogallo; dopo aver visitato Lisbona e la vicina Sintra il programma prevede il primo vero trasferimento. Ci tengo a fare una premessa più particolare del solito: chi mi conosce ed ha letto i miei racconti precedenti sa bene che non sono religioso ed è una cosa che si intuisce da mille particolari; in questo post si parla della mia visita a Fatima, cittadina lusitana famosa nel mondo per le apparizioni della Madonna ai tre pastorelli (Lucia, Francisco e Jacinta) avvenute tra il 13 maggio ed il 13 ottobre 1917. La domanda sorge spontanea: che cosa ci sono venuto a fare proprio qui? Rispondo iniziando dall’esatto contrario, ovvero spiegando che cosa non sono venuto a fare: non sono di passaggio solo perchè mi faceva comodo fermarmi e pernottare e non sono qui per deridere o prendermi gioco di ciò che mi viene difficile accettare perchè il rispetto per tutto e tutti va sempre in primo piano. Ho deciso di passare qualche ora in questo luogo per continuare ad imparare sempre di più spingendomi oltre il limite di ciò in cui credo fermamente, cosa che si può fare soprattutto dove si hanno maggiori lacune; sono qui per vedere con i miei occhi cosa succede abitualmente in tali luoghi e situazioni; sono qui perchè l’errore non è cercare di approfondire un argomento solo perchè sembra essere avverso, ma è rifiutare a prescindere tutto ciò in cui non si basano le nostre convinzioni. La religione è e sarà sempre uno dei più grandi misteri dell’umanità, un po’ per la volontà degli uomini che la gestiscono (ai quali tale situazione potrebbe far comodo) ed un po’ perchè certe dinamiche ancora oggi, nonostante lo sviluppo della scienza, non si possono spiegare. Per il mio personale punto di vista, sei apparizioni a tre bambini durante la prima guerra mondiale non sono un segno tangibile di realtà conclamata; vorrei poter assistere di persona al cosiddetto miracolo del sole (o a qualcosa di analogo) e non dover sempre vivere per sentito dire, ma pare che ciò non sia possibile o almeno molto molto molto difficile. Prima di recarmi a Fatima ho fatto delle letture per conoscere la storia e gli accadimenti dell’epoca; so per certo che avrei potuto fare di meglio e che il rischio di scrivere delle castronerie da qui alla fine del racconto esiste. Una cosa però è certa: non mancherò di esprimere i miei giudizi e le mie sensazioni come faccio sempre, ed allo stesso tempo non modificherò la natura polemico-ironica in cui mi esprimo abitualmente nel mio blog; non è importante se si parla di sacro o di profano perchè la libertà di pensiero è un diritto sacrosanto. Ci tengo solo a ribadire che, se qualcosa suonerà strano a chi leggerà questo testo, non è mia intenzione offendere o mancare di rispetto. Ora basta chiacchiere e vediamo cosa è successo…
Sabato 15 agosto: ho chiuso il racconto precedente con il mio arrivo alla stazione Sete Rios di Lisbona di rientro da Sintra; sono circa le 18:30 quando cerco e trovo lo stallo dove si fermerà il bus della compagnia Rede Expressos che avrà l’onere di portarmi fino a Fatima, prossima località che visiterò. Sono sicuro del posto a sedere (sedile numero 8 ben appiccicato al finestrino così da permettermi di osservare ciò che offre il panorama) perchè ho prenotato la tratta da casa con largo anticipo al costo di euro 12,80. Il mezzo è nuovo e soprattutto puntualissimo: alle 19:00 spaccate l’autista mette in moto e parte. Il viaggio dura circa novanta minuti che scorrono senza traffico e grazie a ciò anche l’arrivo previsto è in orario. Questa cosa mi aiuta moltissimo perchè a due passi dall’autostazione c’è la seconda catena di supermercati che uso come rifornimento per la cena di ogni sera durante tutto il tour: il negozio chiamato Pingo Doce (l’altro, lo ricordo, è il Minipreço) è fornitissimo e chiuderà alle 21:00, dandomi la possibilità di scegliere con calma ciò che più mi piace. Quando esco con la busta in mano ho tempo di accorgermi che qui fa più freddo rispetto ai primi tre giorni, ma ormai decido di rimanere in maniche corte facendo tutta una tirata fino alla stanza prenotata che si trova ad 1,7 kilometri di distanza. Qualcosa però non va come dovrebbe: sono in un normalissimo centro urbano abbastanza pianeggiante composto da strade regolarmente asfaltate, palazzi curati e chi più ne ha più ne metta…ma il navigatore del cellulare inizia a sfarfallare di brutto passando ripetutamente da una posizione ad un’altra nel giro di pochi secondi. Dopo neanche tre minuti di questa situazione passo al piano B: sulla mappa ho segnato tutti i punti di interesse contrassegnandoli col colore blu, ma anche la posizione esatta delle varie sistemazioni indicandole col colore nero; appena capisco autonomamente quali vie dovrò prendere ripongo il telefono e faccio da solo. Quando poi, in due momenti diversi della passeggiata, due lampioni si spengono proprio al mio passaggio mi viene quasi l’impressione di essere un ospite poco gradito (ovviamente è una battuta). Il check-in è automatico, così digito i dovuti codici e senza dover incrociare nessuno mi chiudo la porta della camera alle spalle, ceno e dò il via alla meritata serata di relax col mio solito calcio manageriale. Per tutto il resto se ne parlerà domani.
Domenica 16 agosto: La sveglia è per le 7:30 perchè non ho tutto il tempo del mondo; è vero che voglio vedere bene cosa questo luogo ha da offrire, ma è altrettanto vero che alle 12:30 avrò un nuovo trasferimento e quindi tutto deve rientrare tassativamente nelle prossime cinque ore tonde tonde. Sono le 8:00 quando lascio le chiavi nella porta come da accordi per il check-out e mi metto subito in marcia; non posso fare a meno di notare che il cielo è quasi completamente cupo, coperto da una spessa coltre di nuvole minacciose. Il meteo non aveva previsto precipitazioni, per cui voglio fidarmi nella speranza che ci azzecchi. A me va bene tutto: freddo, vento, nuvole, neve…ma la pioggia no…quella la odio. Pochi passi e scatto la prima foto che ha come soggetto la “Cappella di Santa Luzia”.
Percorro tutta Avenida Beato Nuno fino a raggiungere la “Rotunda dos Peregrinos”, una rotonda stradale molto ampia che ha una scultura al centro. Nella strada a lei dedicata, un cartellone ricorda che il 2020 è il centenario della scomparsa di Jacinta Marto, una dei tre pastorelli che ebbero le apparizioni che morì ancora bambina dopo aver contratto l’influenza spagnola. Segue una nuova rotonda adornata da una statua religiosa.
Poco prima che inizi l’area pedonale noto alla mia sinistra il “Museo delle Cere” e mi chiedo cosa ci faccia in un posto come questo; la stessa domanda me la sono posta quando ho visto il McDonald, un numero imprecisato di alberghi e chi più ne ha più ne metta, non potendo tralasciare il fatto che qui tutto è maledettamente nuovo. Ma il bello (se così lo si può definire) deve ancora arrivare. Appena varcato il confine in cui i veicoli non possono entrare parte il festival del commercio mirato: ci sono negozi e bancarelle a non finire che purtroppo mettono dubbi su dubbi sulla genuinità della fede a chi già ne ha troppi. Osservo la “Statua di Padre Luis Kondor” e poi vado avanti.
Gente in giro ce n’è pochissima, ma me lo aspettavo; a queste latitudini la mattina non è vista di buon occhio ed attendo una maggior presenza nelle prossime ore. Meglio così, adoro questi momenti tranquilli che ahimè durano sempre troppo poco. E’ così che entro nell’ampissima piazza dove, in tempi normali in cui la stupidaggine del distanziamento sociale non si sapeva neanche cosa fosse, migliaia di persone si ritrovano unite da un comune filo conduttore. I nuvoloni sono ancora tanti e di luce ce n’è davvero poca, ma uno spiraglio non troppo lontano ed in rapido avvicinamento riesco ad intravederlo; non mi resta altro da fare che aspettare qualche minuto sperando in un colpo di fortuna che puntualmente arriva. Alle mie spalle c’è la “Basilica della Santissima Trinidade”, grandissima struttura che al suo interno ha qualcosa come 8.633 sedute e la particolarità di non avere nessun pilastro intermedio che la sorregge. Quattro sculture sono poste al suo esterno e ricordano “Giovanni Paolo II°”, “Pio XII°”, “Paolo VI°” e “Josè Alves Correia da Silva”. Di fronte alla Basilica, al piano interrato, c’è “l’Area della Riconciliazione” che comprende numerose cappelle.
Ad una discreta distanza vedo la “Statua del Sacro Cuore di Gesù” che ha alla sua sinistra la “Cappella delle Apparizioni” (si chiama così perchè proprio qui ne avvennero cinque su sei); è complicatissima da fotografare e la relativa immagine del prossimo blocco lo dimostra in pieno. Infine, abbracciato da due file di candide colonne, c’è il “Santuario della Madonna di Fatima” che ha tutta la mia approvazione. Non sono credente, ma sono convinto che l’arte religiosa sia una delle maggiori espressioni della creatività umana, perciò non può essere ignorata.
Il tempo è tiranno, quindi colgo l’occasione per dedicarmi ad altro. Prima di lasciare la piazza (o il recinto, come viene comunemente definito) noto all’interno di una teca quello che viene spacciato per un frammento originale del Muro di Berlino. Una volta fuori, dalla parte opposta rispetto a quella dalla quale sono entrato, trovo il bis del commercio selvaggio: un’altra area dedicata agli scambi di denaro che supero chinando la testa senza commentare ulteriormente. Il prossimo crocevia di strade asfaltate è regolato da una nuova “Rotonda con al centro la Statua di Sant’Antonio”; svolto a sinistra e dopo qualche centinaio di metri trovo la rappresentazione dei “Tre Pastorelli”. Indovinate un po’ dove? Ma è chiaro…dentro all’ennesima rotonda.
Proprio qui ha inizio la “Via Crucis” (o Via del Calvario) di Fatima. Avendo studiato la mappa da casa so che il percorso si articolerà in quindici stazioni e non nelle canoniche quattordici. In genere la conclusione è rappresentata dalla morte di Gesù e dalla deposizione del corpo nel sepolcro, ma qui si dà posto anche alla resurrezione. Durante il percorso trovo persone che seguono ogni minimo passo seriamente, fermandosi parecchio ad ogni stazione per meditare e pregare; io invece sono il solito treno in corsa che prima di tutto ha fame di conoscenza, quindi guarderò ed osserverò al meglio (questo si) ma non andrò oltre il dovuto. Tra l’ottava e la nona stazione c’è il “Memoriale della quarta apparizione” (Valinhos), mentre alla fine di tutto ecco il “Calvario Ungaro”. Chiudo questa parte con “Loca do Cabeço”, ovvero il luogo dove avvennero la prima e la terza apparizione dell’Angelo di Fatima.
Il mio giro prosegue in un agglomerato urbano ben più spartano rispetto a ciò che ho visto nella zona del Santuario e negli immediati dintorni: prende il nome di Aljustrel. Una cosa però accomuna questi due luoghi a prima vista così diversi: i banchetti, le bancarelle ed i negozi che vendono qualsiasi tipo di cianfrusaglia che ricordi dove siamo, le apparizioni, i miracoli e chi più ne ha più ne metta (…non mancano le magliette di Cristiano Ronaldo). Non posso nascondere che ho quasi la nausea, ma faccio come sempre: abbasso la testa e vado avanti sempre spinto da una delle frasi più veritiere che siano mai state scritte, ovvero “non ti curar di loro, ma guarda e passa”. Ho modo di vedere (perchè sono visitabili anche con le norme anti-covid) la “Casa di Francisco e Jacinta Marto”, la “Casa di Lucia” e la “Casa-Museo di Aljustrel” (nella terza foto è fantastica la signora che è appiccicata alle assi di legno per sbirciare spudoratamente all’interno). Termino poi i punti di interesse segnati sulla mappa circa un kilometro e mezzo più avanti dove osservo la “Chiesa Parrocchiale di Fatima”.
Una cosa è certa: sono l’unico di tutto coloro che sono presenti oggi che si è spinto fino a qui; tutti gli altri sono rimasti nella piazza del santuario o si sono persi a fare acquisti. Per carità…non me ne sto vantando, ci mancherebbe altro; la mia è solo una considerazione di carattere generale. Navigatore alla mano noto che sono a 3,2 kilometri dall’autostazione, ma resto tranquillo perchè l’orologio mi conferma che ho ancora tempo utile sia per arrivare a destinazione che per fare un’ultima pausa nel recinto per vedere se davvero c’è più gente rispetto a questa mattina. Una volta lì scopro di avere ragione, anche se la paura per la pandemia continua a vincere sulla volontà dei più. Scatto un’ultima immagine, poi saluto tutti e vado dritto verso il prossimo trasferimento.
La conclusione per questa volta si divide in due parti: la prima (quella puramente turistica) mi fa invitare chi legge a passare qualche ora in questo posto a prescindere dalla fede, proprio come ho fatto io; non mi pento assolutamente di aver dedicato parte del mio tour del Portogallo alla località di Fatima e lo rifarei anche col senno di poi. La seconda (quella spirituale) mi fa solo scuotere la testa a destra ed a sinistra senza soluzione di continuità; purtroppo non ci siamo affatto e così, a mio modesto parere, non va bene. Il titolo di questo racconto è posto sotto forma di domanda ed è la prima volta che succede; ed a questa domanda è necessario dare una risposta: questo (come altri luoghi simili) è il cuore del business che si appoggia alla religione per gonfiare i propri affari commerciali. Sono un puntino insignificante nel mondo e non ho la presunzione di sapere se esiste qualcosa di superiore, ma nel caso in cui ci fosse temo che non sarebbe affatto felice di come gli uomini la stanno rappresentando.