Altro viaggio in Scozia: Aberdeen coperta di neve e Glasgow

di admin

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Il 2017 sta per salutare: è stato un anno che, tanto per cambiare, da una marea di punti di vista ha fatto veramente schifo (dal mio lato strettamente personale arrivo a definirlo disastroso). Però…in una cosa si è salvato ed è da ricordare come un evento raro: la quantità di ponti e festività che ha regalato è enorme. Prima ancora di assaporare Natale di lunedi e Stanto Stefano di martedi che concederanno agli impiegati come me ben quattro giorni di fila lontani dal lavoro, c’è un meraviglioso 8 dicembre che cade di venerdi da vivere in pieno. Va ancora meglio per i milanesi che, unendo Sant’Ambrogio, hanno in più anche il giovedi, ma non intendo assolutamente lamentarmi. L’importante è aver trovato qualcosa per passare fuori casa tutte le giornate a mia disposizione. Potevo anche solo pensare di non esserci riuscito? Direi di no, altrimenti di che cosa scriverei nei prossimi paragrafi? Di ricette culinarie??? Noooo…meglio lasciar perdere perché ai fornelli sono una vera frana. Il fatto di avere 24 ore in più del solito fine settimana mi spinge a studiare mète più insolite, magari da raggiungere con una bella “triangolazione” o forse addirittura di più. E’ così che è uscita fuori l’idea di tornare in Scozia (dopo il battesimo con Edimburgo qualche mese fa) per visitare stavolta le città di Aberdeen (non avrei mai creduto di poterci arrivare data la difficoltà logistica di raggiungerla dall’Italia causa scarsissimi collegamenti aerei disponibili) e Glasgow. Ragionandoci bene, il periodo non è proprio il più roseo per avventurarsi a queste latitudini, però magari esce fuori una botta di c… ops, di fortuna. Le cose che bollono in pentola sono davvero tante, soprattutto dal punto di vista organizzativo posso definire questo viaggio un vero successo e ne vado fiero. Quindi andiamo…non vogliamo mica perdere il volo, vero?

Il primo della lunga serie di aerei che mi vedranno a bordo parte da Roma Ciampino con destinazione Varsavia Modlin, scalo polacco dove atterra la Ryanair. La partenza è molto comoda, quindi non devo fare nessuna levataccia stavolta. Ma questo non cambia le mie sane abitudini: chiudo gli occhi poco prima del decollo e li riapro solo quando le ruote del velivolo toccano terra. Quello che ancora oggi non mi spiego è come faccio a dormire durante l’accelerazione prima dello stacco dal suolo; secondo me è una cosa che ha ben poco di umano e non intendo tale caratteristica come positiva. E’ come se quel movimento mi fosse entrato nel sangue e fosse ormai tutto clamorosamente normale. Guardo fuori e noto con estrema sorpresa che non un singolo puntino di neve si trova per terra. A dicembre nel bel mezzo della Polonia non c’è neve e ghiaccio in abbondanza? Temo che quando si dice che il clima mondiale sta cambiando ci sia ben più di qualcosa di vero e questa ne è una delle testimonianze più lampanti. Addirittura sta piovendo e le precipitazioni sono “liquide” anziché congelate. In compenso però mi prendo una bella dose di freddo pungente dalle scalette dell’aeromobile fino al terminal. Sono le 13:30 circa e davanti a me ho una giornata ancora ricca di spostamenti, ma anche di pause di riflessione. Faccio mia una sedia proprio accanto ad un diffusore di aria calda ed inizio a studiare la guida dell’Iran comprata da poco, utilissima per organizzare il tour del prossimo aprile. Ogni tanto guardo fuori dalla parete di vetro fino a quando mi accorgo che alle 15:45 comincia a tramontare il sole ed alle 16:00 è quasi buio pesto. E’ ora di muovermi: proprio dopo l’uscita dell’area arrivi mi aspetta il bus, prenotato da casa con largo anticipo e pagato poco più di 2 euro, che mi dovrà portare all’altro aeroporto locale, il Varsavia Chopin. Il tragitto dura circa un’ora e mezzo, periodo in cui il pullman passa per il centro della capitale polacca, città che ancora manca nella mia lista di quelle già visitate. Una volta entrato nel terminal mi impossesso di un’altra sedia e stavolta allieto il mio tempo col tablet ed un po’ di sano sport in diretta. Circa un’oretta dopo mi incammino per il secondo controllo di sicurezza della giornata che supero anche qui con estrema scioltezza. La prima tegola è dietro l’angolo: aereo in ritardo di circa trenta minuti. Calcolando che all’arrivo in Scozia sono in programma le solite corse per raggiungere la stanza…non è una bella cosa. Alla fine anche questo volo parte; solita pennichella pesantissima e risveglio poco prima dell’atterraggio. Incredibile: il suolo è tutto candido!!! C’è neve e ghiaccio ovunque ad Aberdeen. Quindi, ricapitolando: in Polonia niente e qui, sul mare, c’è l’inferno bianco. L’atterraggio, nonostante tutto, è morbidissimo; complimenti ai piloti che ultimamente non ne stanno sbagliando una (ricordo scossoni pazzeschi all’arrivo durante viaggi passati…roba da brividi). Sono le 21:35 ora locale ed alle 22:00 ho il bus per il centro; il successivo ci sarebbe alle 23:00, stesso orario di  chiusura della reception del mio hotel. Sarebbe un vero disastro arrivare dopo le undici. Per fortuna raggiungo il vicinissimo terminal a piedi e non con una navetta, per cui inizio a muovere le gambe più velocemente che posso superando altri passeggeri. Arrivo al controllo passaporti e noto che per tutti è velocissimo: un secondo e via. Inizio a sperare di farcela, ma quando tocca a me scatta l’ispezione casuale: l’addetto aeroportuale inizia a tempestarmi di domande; lo fa col sorriso, in tono amichevole, ma mi fa perdere tempo preziosissimo. Non si capacitava del perchè arrivassi dalla Polonia e non dall’Italia. Hai voglia a spiegargli che ho pagato dieci volte meno il biglietto facendo così…ma niente. Ha voluto vedere la carta di imbarco da Roma a Varsavia, ha voluto sapere dove avrei alloggiato ad Aberdeen, quanto sarei rimasto ed il motivo della visita; ho dovuto tirare fuori le mie mappe preparate da casa e mostrargliele con tutti l’itinerario…una cosa mai successa neanche in paesi ben più difficili del Regno Unito. Alla fine resta incredulo di come avrei potuto vedere sia Aberdeen che Glasgow in due giorni (“fatti gli affari tuoi”…gli avrei voluto dire), ma mi lascia andare. Sono le 21:55 quando inserisco il mio bancomat in un ATM per prelevare un po’ di sterline utili per pagare il bus ed alle 22:00 in punto mi trovo alla pensilina, proprio fuori dalla porta degli arrivi. Da lì a due minuti arriva il pullman, acquisto il biglietto dall’autista (3,20 sterline, quindi cifra onestissima) e mi siedo ovviamente al piano superiore. Scendo alla fermata più vicina ed inizio a camminare su neve e ghiaccio per circa un kilometro e mezzo stando attento a non scivolare e quindi a non rischiare di rompermi una gamba; nel frattempo inizia a nevicare pesantemente. Alle 22:50 arrivo dove mi indica il navigatore e vedo una chiesa: “Non può essere il mio albergo…”, penso fra me e me, ma intorno ci sono solo case private e nessuna insegna. Alla fine scopro che è quello l’hotel: pare una chiesa riadattata o qualcosa di simile. Entro e faccio il check-in, vado in stanza a depositare il borsone e poi esco subito in cerca della cena. Trovo un negozio aperto 24 ore proprio li vicino dove compro poche cose. Azzardo una corsa sulla neve per non trovare la reception chiusa (purtroppo non avevano copie della chiave che apre la porta sul retro da darmi), ma alle 23:04 è già tutto sprangato: voglia di lavorare saltami addosso. Prendo il telefono e chiamo il numero di servizio, ma non risponde nessuno. Alla fine faccio il giro della struttura e vedo, al di là di una finestra, una persona che si sta preparando qualcosa da mangiare in cucina: busso al vetro come un barbone affamato e mi faccio aprire spiegandogli l’accaduto. In stanza mi riempo finalmente lo stomaco e vado a dormire: tutto è bene quel che finisce bene. Intanto fuori nevica pesantemente…

Neve ad Aberdeen…

Al mattino successivo la sveglia è alle 7:45. Scendo a fare colazione e trovo ovviamente la english breakfast che adoro: frittata, wurstel e bacon. C’è però un dettaglio: la frittata è talmente “buona” che pare cucinata ad ottobre, i wurstel sono tanto succulenti da sembrare cucinati a novembre ed il bacon invece verrà cucinato domani…nel senso che è praticamente crudo: complimenti allo chef! Faccio il check-out e saluto. Mentre esco nevica che è una bellezza. Il primo dovere di oggi è il cambio hotel; la cosa era ovviamente pianificata da casa: per la prima sera ho dovuto cercare un posto relativamente vicino all’aeroporto causa tempi strettissimi all’arrivo, mentre per oggi necessito di una sistemazione in zona autostazione poichè dovrò prendere un bus nel cuore della notte. Non avrei potuto fare scelta migliore perchè la stazione dei pullman dista 30 metri dalla porta di ingresso della struttura che varco. E’ mattina presto e, soprattutto a queste latitudini, l’orario del check-in è sacro; così mi limito a chiedere la cortesia di mantenere in custodia il borsone ed esco finalmente a visitare Aberdeen. Nel frattempo è smesso di nevicare ed il cielo pare volersi aprire lasciando spazio a quello che ha tutta l’aria di essere un bellissimo sole. Mi trovo praticamente sul mare, nella zona del porto; mappa alla mano inizio il mio giro. Il primo impatto è subito una bella camminata fino al “Torry Point Battery”: in parole povere si tratta di un monumento composto dai resti di un sito difensivo del XIX° secolo; in verità non ne rimane poi moltissimo (un arco di ingresso ed alcuni bastioni in granito), ma il fatto che sulla costa britannica siano poche le strutture simili ancora oggi in piedi dà a questo luogo un significato più ampio, anche se per me non è niente di trascendentale. Durante la passeggiata di rientro mi imbatto nel Tivoli Theatre che appare come parte integrante dell’urbanistica locale.

Tivoli Theatre

Mi dirigo adesso verso la zona del porto (harbour), ma a parte un’area commerciale, un’ampia spiaggia in cui il colore del mare non è proprio pessimo ed il “Footdee war memorial” non c’è molto da vedere in questa parte della città. Pubblico una foto che mi è piaciuta sia per il luogo che per la luce mattutina presente, oltre ovviamente al fatto che la neve la fa da padrone in un luogo prettamente marittimo.

Neve sul porto di Aberdeen

Per la seconda volta torno sui miei passi ed inizio a visitare la parte centrale di questa curiosa città “imbiancata” dal meteo. Il primo edificio che trovo sul mio percorso è il Maritime Museum.

Aberdeen Maritime Museum

Una cosa non ho ancora scritto: a causa della nevicata abbondante che si è abbattuta qui, tutti i parchi sono “out”, nel senso che il verde caratteristico della vegetazione britannica è forzatamente sostituito dal bianco candido; ciò rende praticamente inutile la visita di tali zone. Passando per Marischal Street raggiungo un’area ricca di punti di interesse: proprio di fronte a me ho un grande palazzo che racchiude sia il Municipio (Town House) che il Tolbooth Museum. Subito a destra c’è la piazza del “Mercat Cross” che accoglie anche la statua dedicata ai “Gordon Highlanders”, uno storico reggimento di fanteria scozzese che ha fatto parte dell’esercito britannico per oltre cento anno tra il XIX° ed il XX° secolo. Adesso c’è anche un albero di Natale (piuttosto scarno per la verità…), ma è ovviamente solo momentaneo.

Municipio e Tolbooth Museum

Mercat Cross

Monumento ai Gordon Highlanders

Ma in questa zona della città non c’è solo “il profano”: anche “il sacro” vuole la sua parte. E’ proprio qui che scopro un’organizzazione cattolica protestante della quale non avevo mai sentito parlare: si tratta della “Salvation Army Church”; tradotto letteralmente diventa “la chiesa dell’esercito della salvezza”. Ammetto l’ignoranza perchè credevo fosse il solito scempio atto a spillare soldi ai credenti, ma ho preso volutamente un po’ di informazioni e pare essere invece una cosa ben più seria, organizzata quasi in stile militare e presente in circa 130 nazioni con l’obiettivo principale di portare aiuto sia fisico che spirituale ai poveri ed agli indigenti. Chiedo umilmente scusa.

Palazzo che ospita la Salvation Army Church ad Aberdeen

Poi, subito a sinistra e dopo aver cercato per qualche minuto invano, trovo “qualcosa” dietro ad un cancello metallico: la Chiesa Cattolica di St. Peter non poteva nascondersi meglio di così. Sembra quasi di dover bussare ad una casa privata. Locata in uno spazio piccolo, angusto e per pochi intimi, l’immagine migliore che si può avere è questa che segue (se non ci fossero le croci nell’area non si direbbe di stare di fronte a ciò che in realtà è).

Chiesa Cattolica di St. Peter

Proseguo la mia passeggiata e mi imbatto stavolta in tre degli obiettivi segnati sulla cartina, posti vicinissimi l’uno con l’altro: sto parlando dell’Arts Center, della Queen Street Parish Church e della St. Andrew’s Cathedral.

Arts Center

St. Andrew’s Cathedral

Poco più avanti mi trovo di fronte ad uno degli edifici più grandi del mondo costruiti in granito (o forse addirittura il più grande, ma non vorrei scrivere fesserie così lascio il dubbio aperto): il Marischal College. E’ talmente imponente da non riuscire ad entrare perfettamente in una foto…soprattutto quando davanti si è deciso di piazzarci il mercatino di Natale lì solo per pro-forma perchè altamente ridicolo, in quanto composto solo da 4-5 bancarelle, due giostre ed una mini pista di pattinaggio sul ghiaccio. Quanto basta per rovinare la visuale…; all’estrema destra del palazzo si trova poi la Greyfriars Church: questa si che è “venuta bene” come immagine con tanto di giostrine luminose (sorry…)

Marischal College

Greyfriars Church

Prendendo un sottopassaggio proprio qui dietro arrivo di fronte alla Provost Skene’s House; ancora poco dopo entro nel cortile della bellissima “Kirk of St. Nicholas Uniting” che, in perfetto stile britannico, ha il parco che la circonda adibito a cimitero con tantissime lapidi antiche presenti. In questo caso non c’è il mercatino di Natale a coprire parte della visuale, ma ci si mettono gli alberi a fare il loro sporco lavoro. Io faccio del mio meglio, ma contro i rami non si può molto.

Provost Skene’s House

Kirk of St. Nicholas Uniting

Dettaglio del parco/cimitero

Mi trovo ora sulla strada principale di Aberdeen: Union Street. Grande e piena di negozi da ambo i lati. Nonostante per terra sia coperto di neve e ghiaccio, non manca certamente la gente a passeggio ed a fare shopping. Io mi concentro sul programma ancora molto lungo e fotografo la statua di Edoardo VII con davanti il tipico suonatore di cornamusa in kilt che si sta preparando per il suo spettacolo.

Edoardo VII

Come già detto in precedenza, gli Union Terrace Gardens (qui ubicati) sono uno dei parchi da saltare per forza poichè trasformati in distese monotone di neve. Già che sono in tema di monumenti dedicati a personaggi famosi, eccone altri tre che incontro uno dopo l’altro lungo il mio cammino.

Robert Burns

Prince Albert

William Wallace

Non me ne vorranno gli amici scozzesi…ma Prince Albert è venuto talmente male da sembrare un povero rachitico, mentre per il gioco della prospettiva pare che William Wallace stia facendo pubblicità alla chiesa lì dietro. Ridiamoci sù…fa sempre bene. Sempre qui ci sono l’ His Majesty’s Theatre e, per l’appunto, la St. Mark’s Church of Scotland (quella indicata da Wallace); purtroppo la Central Library è oggetto di un massiccio restyling e le impalcature hanno la meglio stavolta.

His Majesty’s Theatre

St. Mark’s Church of Scotland

La passeggiata prosegue senza sosta, tante sono le cose da vedere. Raggiungo prima la “Bon Accord Free Church” e poi la “Hebron Evangelical Church” che si trova in…Summer Street: nella terza foto di questo blocco si vede proprio come sia “la strada dell’estate”…

Bon Accord Free Church

Hebron Evangelical Church

Summer Street: un nome ed un perchè…

Con una deviazione verso destra arrivo in una strada che ha molti punti di interesse a poca distanza l’uno dall’altro: Carden Place. Il primo di essi mi dà lo spunto per descrivere una cosa tipica di Aberdeen, ma per me molto insolita: in città noto diversi edifici strutturati come chiese, ma che chiese non sono. L’esempio che segue è pazzesco: ciò che si vede nell’immagine seguente, dal 1990 è stato convertito in uffici e studi. E’ roba da matti, così come una cosa simile c’è in Union Street: un edificio religioso che oggi è adibito a bar/casinò. Stento ancora a crederci…

Oggi qui dentro ci sono uffici…

Vado avanti cercando di lasciar correre ciò che ho appena appreso, ma non è facile. D’altra parte immaginare la macchinetta per timbrare il cartellino installata al posto dell’acquasantiera e la scrivania del direttore piazzata direttamente sull’altare non è roba da tutti i giorni. Nella stessa direzione ammiro poi la St. Mary’s Episcopal Church (anglicana), la Queen’s Cross Church (protestante) ed infine la Rubislaw Parish Church.

St. Mary’s Episcopal Church

Queen’s Cross Church

Rubislaw Parish Church

Lo ammetto: in questo ultimo periodo mi sono lasciato guidare più da ciò che vedevo durante il percorso che dal tracciato studiato a tavolino. Infatti mi trovo in un punto in cui avrei dovuto essere quasi alla fine del giro perchè in direzione dell’albergo, anche se la distanza da esso è ancora tanta. Continuando così butto solo via tempo prezioso, per cui decido di tornare sui miei passi e di rimettermi in carreggiata. Il primo bellissimo obiettivo che cerco e trovo è l’imponente St. Mary’s Cathedral, struttura che la luce presente in questo momento riesce a rendere ancora più speciale.

St. Mary’s Cathedral

Da ora in poi si cambia decisamente rotta: vado a visitare la parte nord di Aberdeen che ha tanto da offrire. La strada da percorrere per arrivare al primo punto segnato sulla mappa non è poca, per cui durante il percorso mi imbatto in tale “George, quinto ed ultimo Duca di Gordon”: piacere di conoscerti George; prima di adesso non sapevo neanche che fossi stato al mondo.

George, quinto ed ultimo Duca di Gordon

Finalmente arrivo dove sarei dovuto essere un po’ prima dal punto di vista dell’orario, senza quella deviazione fatta “a capoccia mia”. I primi due luoghi che trovo sono una mezza delusione, ma me lo aspettavo: sto parlando dell’Aberdeen Science Center e della Linx Ice Arena; direi di saltare perfino la parte delle immagini perchè c’è ben poco da mostrare. Il bello viene adesso: ad un certo punto Park Road taglia esattamente in due il Trinity Cemetery, una distesa infinita di lapidi poste su due collinette dirimpettaie. Lo so che è una cosa macabra, però a me fa sempre un certo effetto vedere tali luoghi, soprattutto ora che quello che ho davanti ai miei occhi è coperto di neve.

Trinity Cemetery – 1

Trinity Cemetery – 2

Le sorprese comunque non finiscono mai: posso infatti dire che per un momento mi è sembrato di trovarmi sul set del film dell’orrore “Quello Stadio accanto al cimitero”. Il motivo? Semplice: appiccicato a questo luogo di commemorazione dei defunti c’è il Pittodrie Stadium, impianto sportivo in cui gioca la squadra di calcio della città. Manco a dirlo, lo stadio non è visitabile internamente. Quando mai una cosa che mi piacerebbe fare mi viene permessa? Pensando al cimitero li accanto, quale migliore espressione potrei usare se non “me ne muoio dalla voglia di vedere una partita in uno stadio tipicamente britannico e senza transenne tra tifosi e giocatori ?” Ma anche stavolta resta un desiderio inappagato. Le uniche immagini che sono riuscito a rubare sono la visione dello stadium dall’alto di una delle colline del cimitero stesso (non so cosa posso aver calpestato per arrivare fino a quel punto perchè la neve copre ogni cosa ed è meglio così…) e l’ingresso della tribuna principale che, a dire il vero, sembra più un garage…se non fosse per la scritta ufficiale posta sopra di essa.

Il Pittodrie Stadium dall’alto

Ingresso della tribuna principale

Per chiudere questo capitolo ricordo che la squadra dell’Aberdeen (sconosciuta ai più) è stata l’ultima allenata da un certo Sir Alex Ferguson prima che venisse chiamato ad allenare il grande Manchester United da lui costruito per vincere tutto negli anni a venire. Tanto di cappello…;  chiudo qui il capitolo sportivo e vado avanti raggiungendo ed oltrepassando King Street: supero la Moschea e centro islamico locale (non è niente di particolarmente scenografico in questo caso) e mi trovo adesso su College Bounds. Qui mi imbatto prima nella Powis Gate e subito dopo nel King’s College, complesso universitario locale di indubbio prestigio.

Powis Gate

King’s College

Faccio un rapido giro tra gli edifici e, si sà, certi ambienti non mi entusiasmano mai eccessivamente. Della scuola non ho mai avuto un ottimo ricordo (la verità è che dopo il primo giorno della prima elementare dissi a mia madre di non mandarmi mai più in quel postaccio ed invece ci ho dovuto fare tredici lunghi anni per arrivare al diploma) e sinceramente trovarmi in mezzo ad una marea di “figli di papà” che hanno tutto spesato solo per svernare lì dentro…non fa proprio al caso mio, che la pagnotta me la sudo ogni singolo secondo della giornata. Proseguendo nella stessa direzione mi imbatto prima nel King’s Museum e poi nell’impressionante St. Machar’s Cathedral, anch’essa circondata dal solito parco di antiche lapidi.

King’s Museum

St. Machar’s Cathedral – 1

St. Machar’s Cathedral – 2

Adesso arriva il momento di dare un tocco di natura alla visita di questa località scozzese; se i parchi sono interdetti perchè coperti di neve, almeno la Donmouth Local Nature Reserve si può visitare in libertà. Come dice il nome stesso di quest’area, si tratta della foce (o bocca, con la traduzione letterale dall’inglese) del fiume Don che proprio qui finisce nel Mare del Nord. Premessa doverosa: arrivo con grandissimo interesse soprattutto perchè su internet (sui siti ufficiali della riserva) si legge che si possono trovare qui anche le foche. Per spiegare al meglio le mie sensazioni, col passare del tempo la mia faccia è passata dall’emoticon con sorriso pieno a quella con la bocca dritta…per poi finire con l’emoticon con la lacrimuccia: tanti volatili, ma delle foche neanche l’ombra. A parte questo, è stato particolare trovarmi sulla sabbia coperta di neve in riva al mare, non proprio una cosa da tutti i giorni. Ma qui voglio perdere due minuti per raccontare un aneddoto: ad un certo punto del percorso sulla strada asfaltata/innevata noto la possibilità di addentrarmi verso le rive del fiume; è tutto ancora più semplice quando vedo addirittura un percorso tracciato, tipo un largo solco. Ovviamente è tutto bianco e non dà adito ad alcun dubbio sulla direzione da prendere; quando ci metto i piedi sicuro di me come non mai, dopo il secondo/terzo passo sento scricchiolare pericolosamente qualcosa: ci metto un attimo a capire che si tratta di una passerella rialzata totalmente costruita in legno. Mi blocco all’istante per il terrore che il mio peso + quello del ghiaccio possano far spezzare i listelli facendomi finire chissà dove. Poi però vedo altre orme nel percorso di fronte a me e e così prendo coraggio e proseguo; se oggi sono qui a scrivere significa che non sono finito in nessuna fossa scozzese.

La neve sul mare alla Donmouth Reserve – 1

La neve sul mare alla Donmouth Reserve – 2

Mi volto verso la città, da qui abbastanza distante, e colgo in pieno un’immagine spettacolare:

Cielo quasi invernale ad Aberdeen

In questa zona manca ancora una cosa da fare e si trova esattamente dalla parte opposta del ponte sul fiume Don: un percorso abbastanza breve in mezzo agli alberi fino ad arrivare allo storico Brig o’ Balgownie. L’ingresso della passeggiata è facile da trovare perchè segnalato a dovere; purtroppo però non viene detto che il fondo terroso del sentiero, unito alle tante foglie cadute ed alla neve in fase di scioglimento, costringe i visitatori a camminare su di una poltiglia simil-fangosa per ampi tratti della strada. Sono solo lì e mi rendo conto anche del perchè, date le condizioni. Ma poi, andando avanti, scopro di essere in buona compagnia: per fortuna non sono l’unico pazzo che pur di vedere il mondo sfida un po’ tutte le situazioni avverse che gli si presentano davanti. Passo qui circa una ventina di minuti durante i quali godo del silenzio assoluto che mi accompagna e dello spettacolo offerto da questo ultimo tratto di fiume prima dell’arrivo al mare.

Ponte stradale sul fiume Don

Brig o’ Balgownie

Panorama e colori meravigliosi

Percorso verso il Brig o’ Balgownie

Da qui si torna in città per finire il giro, esattamente da dove avevo interrotto la deviazione “coatta” di poche ore prima. La strada da percorrere è tanta (roba di kilometri) durante i quali il sole tramonta che non sono neanche le 16:00. Ho così modo di osservare anche angoli di Aberdeen meno battuti (come mio solito), di passare in mezzo alle case in cui vive la gente del posto (e che case…magari ne avessi una io così…) fino a che raggiungo la Queen’s Cross Church, già vista con la luce del sole e che non disdegno di rivedere con l’illuminazione artificiale. Successivamente mi imbatto nella Ferryhill Parish Church ed infine nel Weelington Suspension Bridge.

Queen’s Cross Church di sera

Ferryhill Parish Church

Wellington Suspension Bridge – 1

Wellington Suspension Bridge – 2

A questo punto guardo l’orologio: sto camminando ininterrottamente da 8 ore e mezzo ed è il momento di fermarmi. Lungo la strada per il rientro in hotel trovo un market dove compro le solite bibite e qualche caramella per riprendere almeno parte delle energie perdute, dato che le gambe non le sento quasi più. Mi riposo un po’ in camera e metto in carica tutte le batterie possibili (tablet, cellulare e reflex). Verso le 20:00 esco in cerca della cena e per vedere cosa offre Aberdeen di sabato sera. Ne resto abbastanza deluso: trovo prezzi abbastanza alti un po’ per tutto (pure per un menu kebab+patatine+bibita) e così decido di optare per due tramezzini del supermercato (ci stanno benissimo ghiacci di frigo con quel freddo…ma i quattrini non si regalano a nessuno). Inoltre c’è ben poco illuminato a dovere ed il mini-mercatino di Natale è un mortorio totale perchè non c’è nessuno a parte una decina di adolescenti. Scopro poi una realtà agghiacciante: camminare dopo cena in Regno Unito è più pericoloso/avvilente che farlo in Romania, Georgia e paesi simili. In questi ultimi nessuno ti dà fastidio e sei un puntino insignificante nel nulla, proprio come piace a me. Qui ad Aberdeen, in un’ora di passeggiata ne vedo di tutti i colori:

  1. Donne ubriache alle 21:00 che schiamazzano per strada e si sorreggono l’una con l’altra per non cadere lunghe e distese per terra.
  2. Persone di ogni età (ma soprattutto giovani) che girano in T-shirt mentre per terra c’è il gelo totale. Io sento freddo col maglione di pile + giacca da montagna di Decathlon con grado di calore 5 su 5.
  3. Adolescenti (ma anche qualcosa di più) che si divertono a seguire le persone senza motivo ridendo per ciò che stanno facendo (poveri coglioni che non sono altro…)
  4. Altri di loro che fanno gli agguati: partono da decine di metri in direzione di una persona arrivando di corsa fino a sfiorarla solo per mettergli paura e vedere che reazione possa avere. Questo quarto punto è accaduto anche a me: un ritardato si è messo a correre per fermarsi a due centimetri di distanza. Avevo capito l’antifona e non gli ho voluto dare alcuna soddisfazione: ho girato solo il collo quanto basta per guardarlo con un’espressione di pena come si osserverebbe il peggior derelitto della Terra.

Ripeto: tutto questo è successo in 60-70 minuti, quindi un posto di folli che non fa per me. Riprendo volentieri la strada dell’albergo e mi chiudo in camera a finire il mio campionato virtuale, a fare una doccia bollente ed a preparare il borsone: l’ultimo giorno in Scozia inizierà molto molto presto.

Ore 4:00 del mattino: suona la sveglia e mi alzo dal letto. Finisco di sistemare le ultime cose ed esco con il check-out fai-da-te (lascio le chiavi nell’apposita cassetta). Fuori dall’hotel c’è l’autostazione ed alle 4:40 parte il mio amatissimo Megabus (purtroppo rimasto solo in Gran Bretagna) con destinazione Glasgow pagato come mio solito ben 1 sterlina.  Il tragitto dura circa 3 ore e 20 minuti trascorsi con un calduccio pazzesco e due posti a mia disposizione; arrivo alla organizzatissima Buchanan Bus Station (che già conosco per averci fatto un cambio bus andando da Edimburgo a Manchester) intorno alle 8:00. E’ ancora buio e colgo l’occasione per depositare il borsone nei lockers per non averlo come elemento di disturbo per tutto il giorno. Una cosa la noto subito di questa città: qui di neve non ce n’è neanche un filo, ma mentre ad Aberdeen giravo senza guanti e senza scalda-collo, qui sono costretto ad indossare di tutto e di più perchè ciò che porto dall’altra località non basta assolutamente. Al momento dò la colpa al fatto che il sole non ha ancora fatto capolino. E’ inutile uscire senza luce naturale, per cui mi siedo su una panchina ed aspetto almeno le 8:45 per poi dare il via all’esplorazione di questa nuova mèta. La prima cosa che mi colpisce appena esco dalla porta scorrevole dell’autostazione è ciò che racchiude in grandissima sintesi la mia filosofia di vita: corri perchè di tempo ce n’è sempre troppo poco. Vedere per credere.

Questo orologio dice tutto…

Dò subito spazio ai punti di interesse che si trovano negli immediati dintorni ed è così che mi imbatto nel Pavilion Theatre, nel Royal Theatre e nel National Piping Center (lo definirei “emporio della cornamusa”, cioè un luogo in cui viene insegnato a suonare questo tipico strumento musicale. Ma non è solo questo: all’interno vi è anche un auditorium ed il museo delle cornamuse).

The Pavilion Theatre

The Royal Theatre

The National Piping Center

Ad un certo punto vedo una cosa molto strana: una coppia di persone vestite da Babbo Natale con tanto di cartellino numerato sul petto stanno attraversando la strada; più in là ne arrivano altri tre e poi ancora Babbo Natale a non finire scendono da un furgoncino non molto distante. Sono curioso e prendo subito informazioni sul tablet: si tratta del “Santa Dash” (niente a che vedere col detersivo…), cioè di una corsa organizzata a scopo benefico in cui i partecipanti si devono vestire proprio come il nonnetto porta-regali. Se è così, allora va bene. Per un momento mi sono spaventato ed ho pensato ad una budinata tipo la caccia al tesoro degli studenti che trovai a Bergen in agosto: troppa stupidità mi urta il sistema nervoso. Possibile che basti qualsiasi cavolata per far impazzire la gente e non farla rendere conto che sta facendo pure minchiate? La vita è così cupa e grigia da farci perdere la testa già con queste cose di bassissima lega? Sicuramente questo non vale per me. Ci vuole ben altro per farmi emozionare. Ho strutturato il giro da casa in modo tale da visitare prima la parte est di Glasgow e poi quella Ovest. E’ così che mi dirigo sparato nella zona della cattedrale. Prima però mi fermo ad osservare un po’ interdetto l’edificio della Glasgow City Church: non ne conosco l’utilità e stavolta neanche mi informo. Per questo viaggio ho già scoperto cos’è la Salvation Army Church e credo che sia troppo per me dover comprendere ed accettare l’ennesima organizzazione religiosa, come se quelle “tradizionali” già non fossero sufficienti.

Glasgow City Church

La passeggiata è di media lunghezza; nel frattempo il sole non vuole proprio saperne di uscire ed il freddo è qualcosa di osceno ed insopportabile, al punto che la città di Glasgow sta per essere da me ribattezzata “Freddow”. Non ricordo di aver mai patito una tale sensazione neanche a gennaio in Europa dell’est e cerco di non pensarci per non alimentare il disagio. Appena arrivo a destinazione vengo subito colpito dalla bellezza e dalla maestosità dell’edificio religioso che ho di fronte. Ma non solo: ci sono anche numerose statue di personaggi storici locali. Nel frattempo, e direi finalmente, i raggi solari iniziano a farsi vedere e sentire mitigando un tantino il clima.

David Livingstone

James Lumsden

Cattedrale di Glasgow – 1

Cattedrale di Glasgow – 2

Proprio di fronte c’è il Museo della vita e dell’arte religiosa e, a poca distanza, la statua dedicata a Guglielmo II. Di fronte a quest’ultima troviamo la Barony Hall (o anche conosciuta col nome di Barony Church), un’antica chiesa gotica vittoriana acquistata nel 1986 dall’Università di Strathclyde che viene adoperata oggi per cerimomie e per altri scopi accademici.  Ancora più avanti non mi imbatto in un monumento di chissà quale secolo avanti Cristo,  ma solo in un murales che però reputo bellissimo, che mi colpisce molto e che ci tengo a condividere. Ah…dimenticavo: ringrazio il proprietario dell’auto fermata proprio lì davanti per la “fantastica” idea che ha avuto rovinandomi la visuale e gli auguro con tutto il cuore che la prossima volta qualcuno la parcheggi direttamente nel suo deretano. Amen.

Guglielmo II

Barony Hall (o Barony Church)

Murales

Adesso è il momento di visitare il pezzo forte di questa zona della città: sto parlando della Necropolis, ovvero il cimitero monumentale di Glasgow che occupa l’intera piccola collina situata alle spalle della Cattedrale. Passeggiare per i vicoli di questa area, oltre che un profondo senso di rispetto per chi oggi non c’è più, dà la sensazione di poter toccare con mano un pezzo di storia. Posso scrivere quanto voglio, ma tanto non riuscirò mai a trasmettere la sensazione che si ha essendo lì sul posto.

Ingresso della Necropolis

Necropolis – 1

Necropolis – 2

Necropolis – 3

Quando esco fuori dal cimitero si sta quasi bene: la temperatura ha raggiunto livelli accettabili; certamente non è nè primaverile nè tantomeno estiva, ma mi permette di togliermi almeno i guanti che sono noiosi durante lo scattare delle fotografie. Ora il mio giro prevede una tattica ben precisa: imboccare High Street e seguire il percorso tracciato, ma la giornata pare stregata. Appena entro nella strada cercata, vedo in lontananza una scena apocalittica: davanti a me c’è un nebbione incredibile e pochissima luce, mentre alle mie spalle c’è il sole. E’ normale che io mi stia per dirigere verso il nebbione (mannaggia…); passo dopo passo sento il freddo tornare a colpire e mi domando, mentre mi copro nuovamente le mani, come sia possibile una cosa del genere:  lo scoprirò presto. Intanto raggiungo la prima zona con punti di interesse da vedere e fotografare: qui trovo la Merchant City Clock Tower e la Mercat Cross. Da notare come le immagini siano sensibilmente condizionate dalla stranissima foschia che sto provando a descrivere.

Merchant City Clock Tower

Mercat Cross

Proseguendo la passeggiata, divenuta meno piacevole del previsto, eseguo una deviazione a sinistra per osservare il Centro Culturale “St. Andrew’s in the square”. Tornato poi su High Street ho finalmente piena visione di ciò che sta accadendo: a ormai pochi passi da me, il fiume Clyde sta facendo il bello ed il cattivo tempo, nel senso che tutta l’umidità malefica che crea l’ambiente spettrale su mezza Glasgow è opera sua. Si vede perfettamente l’umidità salire in aria dal suo letto. Succede anche da noi (l’ultimo esempio l’ho avuto visitando Treviso) ma il fenomeno interessa generalmente tutta la città, non metà si e metà no; sicuramente influisce la differenza di dimensioni dell’area urbana.  Alla mia sinistra trovo il McLennan Arch e, subito dopo, la Collins Fountain.

Centro Culturale St. Andrew’s in the Square

McLennan Arch

Sono appena entrato nell’ampissimo parco che prende il nome di Glasgow Green, che per l’occasione diventa Glasgow White perchè, anche in assenza di neve, tutta l’erba presente è ghiacciata con effetto freezer. Pochi passi ed ho davanti il monumento col logo dei XX Giochi del Commonwealth (Glasgow 2014) che si sono svolti proprio qui ormai tre anni e mezzo fa. Mi spingo fino al Nelson’s Monument, ma qui mi fermo causa scarsissima visibilità. Ci sarebbero anche il Giardino Botanico, la statua di James Watt, un centro sportivo dedicato al calcio ed altro ancora di importanza minore, ma decido di soprassedere per inutile perdita di tempo.

Logo di “Glasgow 2014”

Nelson’s Monument

Esco dal parco e mi trovo di fronte il Palazzo di Giustizia: già che è lì, perchè non fotografarlo? Fatto questo, attraverso il ponte sul Clyde: la sua acqua che non ha proprio il colore limpido e cristallino dei fiumi montenegrini…direi assolutamente di no (fa abbastanza schifo, per la verità). Prendo la prima strada a destra ed arrivo fino alla Moschea Centrale di Glasgow: è un edificio enorme, purtroppo coperto volutamente dagli alberi e tra poco pubblicherò quella che è la miglior foto che sono riuscito a carpire tra una fronda e l’altra. Termino questa zona con il Citizens Theatre, una struttura normalissima senza infamia e senza lode.

Moschea Centrale

Citizens Theatre

Percorro il ponte più vicino e torno dall’altra parte del Clyde dove mi aspettano altri punti di interesse uno accanto all’altro. In primis ammiro la bella Metropolitan Cathedral of St. Andrew da diverse angolazioni, per poi scegliere di tenere lo scatto più degno.  A pochi passi trovo il Ponte Sospeso di St. Portland Street e, sulla destra, la statua in ricordo de “La Pasionaria”, o meglio di Dolores Ibarruri. Si tratta di un’eroina della guerra civile spagnola, nonchè segretario generale del Partito Comunista di Spagna; alcune delle sue espressioni più famose sono sicuramente “No Pasaran” e “meglio morire in piedi che vivere tutta la vita in ginocchio”. Che cosa ci faccia questo personaggio proprio in questa città è molto semplice: il piccolo monumento è stato eretto in memoria delle 2100 persone britanniche (delle quali 65 proprio di Glasgow) che presero parte alla lotta contro il regime dittatoriale di Franco.

Metropolitan Cathedral of St. Andrew

Ponte Sospeso di St. Portland Street

“La Pasionaria”

Prendo la prima strada a destra e, poco più avanti, entro in quello che è il vero centro storico della città scozzese che mi ospita. L’area diventa pedonale da un certo punto in avanti ed anche gli edifici si fanno più particolari e curati, quasi austeri come imposto dallo storico stile “british”.In tanti casi, soprattutto in corrispondenza dei negozi delle grandi firme, vedo file infinite di luci natalizie, ovviamente spente poichè non è sera: chissà che bellezza poter osservare tutta quella luminaria, ma il tempo a mia disposizione non me lo consente perchè dovrò prendere il bus per l’aeroporto verso le 15:00 – 15:30 al massimo. Per prima cosa costeggio l’enorme zona occupata dalla stazione centrale, ma non ho interesse ad entrare, per cui passo oltre.  Quando scopro che il “Lighthouse” (si traduce letterlamente come “faro” in italiano) non è altro che un centro di design ed architettura scozzese…in parole povere…un museo, per di più nascosto in una viuzza stretta e buia, continuo la passeggiata senza fermarmi. Arrivo a Buchanan Street, strapiena di gente e di attività commerciali: sembra essere il punto nevralgico della città. Incontro poi sulla mia strada la “Gallery of Modern Art” ed alla fine giugno alla bella George Square. Oggi c’è ovviamente piazzato una specie di mini luna-park con qualche bancarella, dato che siamo a dicembre. Qui, nascosta in mezzo alle attrazione, c’è la statua di Walter Scott e, più esterno (e quindi libero da budinate varie) il Cenotaph (ovvero il Monumento eretto in memoria dei caduti della prima guerra mondiale). Dietro di esso si trova la “Glasgow City Chambers” in tutta la sua imponenza.

Gallery of Modern Art

Monumento a Walter Scott

Cenotaph

Glasgow City Chamber

Decido ora di cambiare zona e di dedicarmi ad un’altra parte della città. Percorro quindi prima George Street e poi St. Vincent Street in direzione ovest finchè raggiungo ciò che mi interessa: qui trovo, una accanto all’altra, ma sui due lati opposti della strada, la Chiesa Evangelica “Free Church” e la Church of Scotland “St. Columba”.

Chiesa Evangelica “Free Church”

Church of Scotland “St. Columba”

Prossimo obiettivo: la St. Patricks R C Church. Quando arrivo lì noto che l’unico modo per poter fare una foto decente è attraversare uno stradone a scorrimento veloce composto da 4 corsie per senso di marcia; diciamo una simil-uscita di tangenziale. Noto che ci sono momenti di pochi secondi in cui il gioco dei semafori non fa arrivare auto. In uno di quegli attimi mi butto letteralmente per strada e corro verso un divisore largo forse 20 centimetri sul quale salgo e mi fermo perchè nel frattempo le macchine riprendono a sfrecciare. Fatta la foto, aspetto l’occasione giusta e con un’altra corsa mi rimetto in salvo. In questa zona c’è anche la filiale di Glasgow dell’ormai famosa “Salvation Army Church” che mi sembra brutto non vedere. Quando penso di aver evitato ogni pericolo e cambio direzione, noto tra le tende dietro ad una finestra qualcuno che mi spia…

St. Patrick R C Church

Salvation Army Church

Cosa vuoi da me?

Riattraversato lo stradone, stavolta utilizzando i semafori in un punto in cui è permesso, riesco ad immortalare il bell’edificio in cui si trova la Mitchell Library. Da qui, raggiungere il The King’s Theater e poi la Renfield St. Stephen Church è un gioco da ragazzi. Svolto la mia marcia verso sinistra e, di li a poco, arrivo su Sauchiehall Street, altra via importante e molto battuta della città che ha una particolare caratteristica: è divisa a metà, nel senso che la parte est è pedonale (ci sono negozi di vario genere) mentre la parte ovest prevede la circolazione dei veicoli ed è dove sono concentrati una marea di ristoranti etnici di Glasgow; qui si può mangiare tanto spendendo poco (o il giusto…) stando attenti a non prendere porcherie. Su una traversa di questa arteria trovo la Chiesa di St. Aloysius da aggiungere alla lista di ciò che porto nei miei ricordi.

Mitchell Library

The King’s Theater

Renfield St. Stephen Church

Chiesa di St. Aloysius

Mi dirigo ora a vedere la Tenement House, riportata come punto di interesse, ma quando la raggiungo noto con estrema delusione che sto per fotografare una casa normale, senza infamia e senza lode, per cui lascio perdere e torno sui miei passi. Ovviamente prima di andare via incacchiato prendo informazioni più dettagliate usando il tablet e vedo che il bello di questo posto è rappresentato dagli interni, nei quali è conservato un vero spaccato della vita scozzese degli inizi del XX° secolo, ma purtroppo il tempo passa inesorabile e, anche se fosse adesso aperto al pubblico, non avrei modo di effettuare la visita. Sono quasi le 13:00 e continua senza sosta a fare un freddo boia. I miei guanti (unica pecca nel mio abbigliamento perchè troppo sottili) stanno facendo largo al gelo rendendo le mie mani degli stoccafissi. Non riesco a spiegarmi perchè faccia così tanto freddo da patire in maniera abnorme. Ormai la temperatura non aumenterà più perchè tra tre ore al massimo sarà buio. Continuando a cercare di non pensarci, attraverso di nuovo l’ormai famoso stradone a scorrimento veloce, stavolta usando un ponte. La zona che mi si prospetta dall’altro lato proprio non mi piace; non so spiegare bene perchè, ma la trovo scarna e bruttina. Quando raggiungo la Chiesa Episcopale di St. Mary e poi la Moschea Al-Furqan, quello dell’orario diventa un problema serio da valutare: il tempo inizia a stringere ed il mio giro non è ancora finito.

Chiesa Episcopale di St. Mary

Raggiungo un po’ di corsa l’area dell’Università di Glasgow e ne rimango positivamente stupìto, e la stessa cosa vale per l’edificio che ospita il Kelsingrove Art Gallery and Museum: due esempi di meraviglia architettonica. Mi trovo esattamente ad 1,6 miglia (circa tre kilometri pieni) dalla Buchanan Bus Station, luogo da dove partono i bus per l’aeroporto. Devo assolutamente allungare il passo per non rischiare di restare in Scozia a tempo indeterminato. Ho giusto l’occasione per fotografare la Glasgow Royal Concert Hall e poi basta.

Glasgow Royal Concert Hall

Entro nell’autostazione e corro a prendere il borsone messo qualche ora prima al sicuro nei lockers. Per raggiungere l’aeroporto di Glasgow (non quello di Prestwick, altro scalo in zona) ci sono due servizi: il primo, molto veloce, costa 8 sterline; il secondo, molto più lento, costa 5 sterline. Ovviamente opto per la soluzione più economica, ma il tragitto dura più di un’ora, complice anche il traffico della domenica pomeriggio perchè si transita in un’area colma di centri commerciali. Poco male perchè al mio arrivo a destinazione scopro che il volo è in ritardo di 45 minuti. Qualcosa mi puzza: ormai di esperienza ne ho da vendere e quando viene annunciato un ritardo con così tanto anticipo, le cose possono solo che peggiorare. Alla fine l’aereo parte con circa due ore piene di differenza rispetto alla prenoyazione. Sono diretto a Sofia, dove passerò la notte. L’attesa pare sia dovuta ad una tempesta di neve e gelo che si è abbattuta sulla capitale bulgara durante la giornata. Quando arrivo lì capisco che è tutto vero: percorro il mio solito tragitto di 1,5 kilometri alle 2:00 di notte passate tra un terminal e l’altro (la Ryanair opera sul Terminal 2 mentre la Wizz Air sul Terminal 1) camminando sopra uno strato durissimo di ghiaccio consolidato. Vedo un indicatore luminoso che segna “-7 gradi”, ma percepisco meno freddo qui che a Glasgow…proprio non me ne spiego il motivo e resta anche oggi un dubbio irrisolto. Alle 7:00,  puntuale, parte l’ultimo volo di questo fine settimana lungo (4 aerei + 1 pullman notturno il bilancio finale) e torno a Fiumicino; da lì Terravision per Termini e direttamente in ufficio.

A conclusione di questa avventura scozzese posso dire di aver visto tantissimi punti interessanti, ma anche di aver avuto due cose di cui rammaricarmi: causa neve non ho potuto ammirare la folle bellezza vista su internet dei Johnston Gardens di Aberdeen e, causa poco tempo a disposizione, non ho potuto vedere e visitare due gioielli del calcio scozzese, britannico ed europeo come Ibrox Park (casa dei Glasgow Rangers) e Celtic Park (casa del Celtic Glasgow). A parte queste defezioni credo di aver effettuato un giro più che completo ed esauriente per poter esprimere un giudizio su queste due città. La verità è che ho preferito Aberdeen; sarà perchè adoro il mare e, anche se non si parla di Caraibi, si vive lo stesso quell’atmosfera particolare che le città bagnate dalle sue acque sanno dare. Sarà stato anche per la neve, totalmente inaspettata o forse per il fatto che ho unito visita cittadina/culturale con qualche sprazzo di natura. Glasgow l’ho trovata sinceramente troppo austera e quadrata, oltre che con un temperatura siberiana ed insopportabile. Resta il fatto che si tratta di due realtà che meritano entrambe una visita: non si può dire di aver visto la Scozia senza aver incluso nella lista dei luoghi da visitare sia Aberdeen che Glasgow. Riguardo me…comincio sinceramente ad accusare un po’ di stanchezza di fine anno, ma manca ancora un viaggio la prossima settimana per concludere in bellezza e lo voglio affrontare con il giusto spirito e le giuste energie. Un saluto alla terra del kilt: un arrivederci, non un addio. C’è ancora tantissimo da vedere qui!

 

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