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E’ inizio febbraio 2021 e nello stesso momento mi vengono sia dubbi amletici che tanta delusione: i primi perchè dopo quasi quaranta giorni ancora mi chiedo il motivo per cui la gente abbia festeggiato la notte di San Silvestro quando si sapeva benissimo che anche il nuovo anno sarebbe stato schifoso come il precedente, mentre la seconda perchè più guardo il mio blog (nato soprattutto per parlare di luoghi insoliti in Europa e nel resto del mondo) e più vedo che è invaso dall’Italia e dal Lazio; ormai la prima pagina contenente i post più recenti è quasi tutta un pianto. Ciò è ovviamente dovuto al fatto che siamo chiusi in gabbia dentro i confini della regione di residenza ed ancora non si vede la fine di questa situazione. L’unica consolazione è che anche i miei “colleghi” (sia i professionisti che gli amatoriali come il sottoscritto) hanno gli stessi problemi; vedo gente seguita da orde di followers che pur di continuare a pubblicare storie su Instagram per non perdere pubblico fa cose senza alcun senso e discorsi totalmente fuori tema. Oggi, sabato 6 febbraio, è una giornata di primavera anticipata con oltre venti gradi di temperatura massima prevista ed un sole stupendo stampato sui siti delle previsioni meteo: la soddisfazione di stare chiuso in casa non la concedo, così organizzo qualche ora fuori che mi permette di rompere un po’ la routine obbligata dalla minaccia delle multe. Devo ammettere che, arrivati a questo punto, trovare ancora posti da vedere ad un tiro di schioppo da casa diventa un’impresa titanica, ma col senno di poi anche stavolta ci tiro fuori le gambe: documentandomi scopro che Subiaco (la città di San Benedetto) nasconde delle vere e proprie perle e che è pure molto facile raggiungerla con i mezzi pubblici. Finita la visita, essendo ancora presto, aggiungo il piano numero due: una breve passeggiata nella località di Vicovaro che ha molto meno da offrire, ma mi permette di restare ancora un po’ all’aria aperta scoprendo qualcosa di nuovo. Detto ciò, direi di passare a vedere com’è andata…
Sabato mattina: la sveglia alle 5:00 è caratterizzata da un bel paio di occhi gonfi…ma del resto è normale dato che fino alle 2:00 non avevo ancora appoggiato la testa sul cuscino. Mi preparo in fretta (forse troppa) e salgo in macchina nella direzione della solita stazione Anagnina. Per la prima volta dopo mesi ho scelto di lasciare il giaccone invernale sull’appendiabiti e di portare con me una giacchetta da mezza stagione inoltrata sperando che le previsioni lette recentemente verranno confermate; in alternativa morirò di freddo (e che sarà…!). Il bus della Cotral che mi porterà dritto a Subiaco da capolinea a capolinea partirà però da Ponte Mammolo (ridente località che posso raggiungere in non meno di quaranta minuti di metropolitana; tale stima non comprende i ricorrenti guasti dei servizi della capitale già compresi nell’abbonamento) ed è questo il motivo dell’eccessiva premura che metto nell’affrontare la tratta urbana. Stavolta tutto va liscio e mi ritrovo davanti allo stallo circa mezz’ora prima dell’orario stabilito, quindi non mi rimane altro da fare che aspettare. Il torpedone blu è puntualissimo, scarsamente affollato e sufficientemente riscaldato. Durante il percorso che dura circa un’ora ho modo di vedere panorami semplici, ma allo stesso tempo poco conosciuti; la discesa avviene in Piazza Falcone, a pochi metri dal fiume Aniene che sento scorrere deciso. Come da programma, la visita si dividerà in due tronconi ben distinti: uno è la cittadina (che setaccerò più tardi), mentre l’altro (al quale do la precedenza) unisce le componenti naturalistica e storico-religiosa. Mi metto in marcia perchè il primo punto di interesse segnato sulla mappa dista tre kilometri tondi tondi. Le poche vie che vedo mi danno l’idea di una cittadina tranquilla (la sua popolazione è di circa 9.000 abitanti) e molto curata. Dopo circa mille metri mi volto sulla destra e noto che il sole mi regala un primo scorcio niente male:
Sono diretto ad un luogo abbastanza particolare, ovvero il Laghetto di San Benedetto. Si tratta di una piccola pozza d’acqua formata da uno slargo del fiume ed alimentata da una cascatella; il tutto è condito dai tanti alberi presenti e l’insieme è talmente bello da rendere questi pochi metri quadri una vera e propria attrazione turistica. La scorsa estate, probabilmente causa Covid-19, l’ingresso era contingentato ed andava solo su prenotazione con ticket di 1,50 euro a persona; il tempo massimo di permanenza in loco era di un’ora per dare spazio a tutti. Io vado come sempre controcorrente e sono qui in pieno inverno alle 9:00 del mattino proprio perchè voglio godermi lo spettacolo completamente da solo confidando nei sempre amati culi di piombo, cioè coloro che si svegliano con tutta la calma del mondo e che e poi vanno fuori tutti alla stessa ora. Prima di tuffarmi qui, ecco alla mia sinistra la Villa di Nerone, ovvero il solito mucchio di pietre sconnesse rimaste in piedi dall’antichità attraverso le quali possiamo solo immaginare cosa c’era in passato: come sempre passo oltre senza fermarmi perchè le cose o sono intere (o quasi) o le ritengo inutili. Eccomi di fronte alla discesa sterrata da affrontare: sembra essere decisamente migliore di ciò che mi aspettavo dopo aver letto alcune esperienze di chi mi ha preceduto pubblicate su Tripadvisor e siti affini: c’è una sbarra che nega il passaggio ai veicoli (si scende solo a piedi) e ci sono anche i cartelli col prezzo del biglietto e roba simile…peccato che non ci sia nessuno a riscuotere la gabella, così procedo oltre senza sganciare moneta. La tratta è breve e la cosa che non posso non notare è l’estrema pulizia del luogo, cosa più unica che rara in Italia. Attraverso un ponticello sul corso d’acqua e dopo due minuti scarsi sono a destinazione ed effettivamente lo spettacolo merita il viaggio.
Più immagino questo posto in estate e più che mi compiaccio di essere qui adesso. Dopo aver goduto a dovere del silenzio rotto solo dallo scroscio dell’acqua torno indietro per il medesimo sentiero e mi riaffaccio in cima alla discesa della quale ho già parlato. Qui parte una scalinata che sicuramente ha visto passare la storia: è l’inizio del percorso pedonale della Via dei Monasteri, più ripido ma decisamente meno lungo della strada asfaltata dedicata ai veicoli a motore. In questo primo troncone c’è solo un piccolo edificio religioso del quale non trovo notizie da nessuna parte.
E’ la volta di qualcosa di ben più importante, ovvero dell’imponente “Monastero di Santa Scolastica” (sorella gemella di Benedetto da Norcia) che merita una visita. La successiva rampa di scale termina con la presenza della “Cappella di Santa Crocella”. I blocchi seguenti proseguono senza particolarità di rilievo, tranne che splendide viste panoramiche sull’abitato di Subiaco.
Il terzultimo livello della salita è quello del parcheggio: qui le macchine dei più comodini si devono fermare e si prosegue tutti a piedi attraversando una porta in pietra; Il penultimo livello presenta poi la Statua di San Benedetto, Sant’Adalberto, San Mauro e San Placido tutti insieme appassionatamente. Infine un’ulteriore scalinata conduce fin davanti all’ingresso del “Santuario del Sacro Speco” (o Monastero di San Benedetto). Già a prima vista si capisce che si è davanti a qualcosa di unico e spettacolare: l’edificio religioso abbraccia la roccia della montagna e si espande al suo interno.
Sempre a causa dell’emergenza sanitaria in corso non sono consentite visite in autonomia, ma solo con guida ed in gruppi che partono ogni trenta minuti. La verità è che non sono ancora le 10:00 del mattino e la teoria dei culi di piombo vale ovunque, quindi anche qui. L’addetta all’accompagnamento si rende conto della situazione e, impietosita, chiede un permesso speciale per farmi entrare da solo perchè se dovessi aspettare altre anime pie farei notte. Il consenso arriva e anche stavolta mi va di lusso: dopo avermi dato alcuni cenni storici di base mi lascia circolare completamente in solitaria nella chiesa superiore e nella chiesa inferiore che compongono il sito. Beh…non poter vedere questo posto sarebbe stata un’eresia bella e buona: tutte le pareti sono completamente affrescate con dipinti a sfondo religioso, i pavimenti sono favolosi ed il colpo d’occhio offerto è sopra le righe, davvero unico. Sicuramente chi ci va munito anche di fede avrà sensazioni ancora maggiori. Alla fine dei giochi gli spazi sono piccoli, ma valgono tantissimo. Le foto che seguono non rappresentano al meglio la realtà che è di gran lunga migliore.
Una volta fuori dal Santuario ringrazio la gentilissima guida, lascio la mia offerta nell’apposito cestino e seguo la stessa strada dell’andata (stavolta tutta in discesa) con l’obiettivo di vedere il centro di Subiaco. Lo faccio iniziando da Piazza della Resistenza che, oltre ad essere occupata per il 90% da un parcheggio, ospita una fontana che so essere stata ripulita la scorsa estate; in zona, precisamente in Largo San Benedetto…indovinate un po’ in onore di chi è la statua qui presente?
Attraverso la carreggiata e vado alla scoperta del Borgo degli Opifici: è una parte molto piccola della cittadina ma sicuramente ricca di storia; si sviluppa intorno a due strade (se mi sbaglio correggetemi e rimedierò) dove la pietra è la protagonista assoluta; con tale materiale sono state realizzate case, scalinate ed archi che, con un minimo di immaginazione, danno l’illusione di essere tornati indietro nel tempo. Alla fine del breve percorso spunto nella zona dove si trovano il “Monumento ai Caduti di Guerra” e la bella “Basilica di Sant’Andrea Apostolo”. A proposito di quest’ultima, se disponessi di un drone potrei mostrare la sua splendida cupola, ma non ho tale tecnologia nel mio semplice equipaggiamento. Vorrei fotografare anche la fontana che si trova su Viale Luigi Cadorna (per la precisione in Largo Camporesi) ma i soliti tizi che non hanno minchia da fare il sabato mattina hanno pensato bene di piazzarci davanti un maledetto gazebo per raccogliere elemosina politica (ormai definisco così chi va alla caccia disperata di voti o di tesserati di partito).
E’ ora di affrontare un discreto percorso in salita alla scoperta del centro storico e lo faccio volentieri perchè l’ambiente che mi circonda sa di antico, ma allo stesso tempo è clamorosamente curato e tenuto come meglio non potrebbe. Passeggiare tra queste stradine è davvero piacevole. Una prima deviazione mi accompagna davanti alla “Chiesa di San Pietro” che adoro all’istante perchè per architettura ed ubicazione sembra la protagonista di un quadro.
Purtroppo le cose non vanno sempre bene come vorrei e ne ho un esempio quando metto piede in “Piazzetta Pietra Sprecata”: questo luogo è famoso perchè presenta un insieme di elementi in grado di regalare un piccolo angolo di medioevo all’interno di un semplice scatto, ma io ci capito quando è totalmente controsole; devo così accontentarmi di un’immagine tagliata e che comunque non mostra quei colori che speravo di trovare.
Proseguendo ho alla mia destra la Rocca Abbaziale, che però è chiusa alle visite causa DPCM in vigore (a lei mi dedicherò tra poco cercando di prendere la miglior immagine possibile dal basso verso l’alto). Per tale motivo tiro dritto fino alla “Chiesa Madonna della Croce”, primo ed unico punto di interesse di Subiaco a risultare senza infamia e senza lode (faccio fatica addirittura a capire che si tratta di un edificio religioso). Torno indietro e posso così ammirare la “Chiesa di Santa Maria della Valle” che, anche se ha macchine e furgoni a rovinarne la base nella foto che segue, ottiene da me un giudizio super positivo.
Ho un obiettivo in sospeso che riguarda la Rocca Abbaziale, così inizio a scendere la discesa seguente e la mia tenacia viene premiata poche centinaia di metri dopo. Vedere per credere:
Nello stesso punto trovo anche il “Monumento ai Caduti per la Pace” e non passa certo inosservato. Vado ancora giù in cerca dell’Arco Trionfale: è facile intuire che l’enorme traffico presente a quest’ora di punta di fine sabato mattina non diminuirà molto presto, per cui decido di scattare un’istantanea in queste condizioni perchè un miglioramento della situazione non sarebbe cosa immediata.
Pochi passi ancora e mi riavvicino alla zona di Piazza Falcone, capolinea dei bus della compagnia Cotral; è però presto per andarci perchè il mio giro non è ancora finito: vado su un vicino punto dell’Aniene in cui il fiume è sovrastato dall’antico “Ponte di San Francesco”. Edificato a schiena d’asino addirittura nel 1358, grazie all’acqua celeste che gli scorre sotto regala una vista semplicemente sublime.
Un’altra passeggiata mi permette di raggiungere quello che è l’ultimo obiettivo di questa intensissima mattinata: il Convento di San Francesco. Una volta in zona capisco che si tratta di una struttura enorme e che dalla posizione in cui mi trovo posso solo immortalarne la chiesa; avrei dovuto inquadrare il tutto quando ero nella zona della Rocca Abbaziale perchè probabilmente da lassù avrei goduto di una panoramica completa, ma ormai è andata. Voltandomi riesco a cogliere una nuova visione d’insieme della cittadina di Subiaco da altra angolazione.
Guardo l’orologio e sono da poco passate le 13:00; ciò significa che ci ho messo ben cinque ore per vedere tutto quanto. Se penso che per realtà anche più grandi ho impiegato meno tempo significa solo una cosa: che la piccola Subiaco è un vero gioiello. Alle 13:30 ho il pullman che, con direzione Tivoli, mi prende a bordo e mi porta in circa trenta minuti nella località di Vicovaro. Come già detto nel primo paragrafo di questo post, non ero sicuro al 100% di poter venire anche qui perchè tutto era subordinato alla durata della visita principale. Alla fine il tempo a disposizione c’è e aggiungo volentieri la nuova tappa; col senno di poi posso già dire che la breve sosta prevista si rivelerà addirittura brevissima: i punti di interesse sono pochi e relativamente tutti vicini, tranne gli ultimi due per i quali dovrò camminare un po’ di più. Come da programma scendo alla fermata Testaccio e, data l’ora (sono da poco passate le 14:00), sono l’unico essere umano in giro; tutti gli altri sono a pranzo e/o a riposarsi, proprio come succede in tutti i piccoli paesi di provincia. La situazione non mi dispiace affatto…anzi…per me è l’ideale. La prima foto la scatto all’Ex Chiesa di Santa Maria delle Grazie, oggi sede del Museo di Vie e Storie, meglio conosciuto come Mu.Vi.S.
Torno indietro e prendo la direzione opposta dove ad aspettarmi c’è la “Porta di Sopra” (detta anche Porta Capu): non è facile da immortalare causa sole contrario ed un alberello che, seppur piccolo, rompe le scatole come se fosse una quercia millenaria.
La attraverso e non serve molto tempo per capire che ho evitato una mezza catastrofe: noto per terra i segni tipici del mercato settimanale che ha appena tolto le tende; se solo avessi invertito il giro venendo prima a Vicovaro e poi a Subiaco avrei pagato amaramente questa scelta. Noto che c’è rimasto ancora un banco/furgone carico di prodotti alimentari, i cui proprietari stanno lavando alcuni utensili e ripiani nella “Fontana dell’Obelisco” mentre un paio di gatti li osservano attentamente; a causa della loro presenza sono costretto a fotografare l’opera dal retro, che non è proprio la stessa cosa rispetto al davanti. In questi casi è meglio che io mi astenga dal commentare…altrimenti salterebbe qualche santo in paradiso e vorrei lasciarli in pace. Tornando alla mappa, sempre qui c’è l’ingresso del “Palazzo Cenci Bolognetti”, un antico castello poi riconvertito in residenza e centro amministrativo per la famiglia che lo ha comprato nel 1692 dagli Orsini che dovettero vendere questa ed altre proprietà per risanare i debiti contratti. Ed ancora non posso fare a meno di notare l’imponente “Chiesa di San Pietro Apostolo” che ha ben due lati molto interessanti. Chiude l’area il bellissimo “Tempietto di San Giacomo Maggiore” ubicato nella piazza alla fine di Viale Regina Margherita”; anch’esso è totalmente controsole, ma ormai ci ho fatto l’abitudine.
Inizio ora la passeggiata nei vicoletti del centro storico: sono senza dubbio affascinanti, ma non mi danno le stesse sensazioni di quelli di Subiaco lasciati poco tempo fa. Raggiungo facilmente la Chiesa di San Salvatore ma è troppo vicina alle case di fronte, perciò non potrà entrare a far parte del mio album dei ricordi. Proseguo il setaccio delle stradine ed arrivo alla piccola “Chiesa di San Sabino”. Cammina cammina esco fuori dall’abitato più fitto e vedo prima il “Monumento ai Martiri delle Pratarelle” e poi la “Porta di Sotto”. Avendo trovato poco fa la Porta di Sopra, questa ne è la degna conseguenza. Concludo l’area facendomi in quattro per riuscire a fotografare la “Chiesa di Sant’Antonio Abate” ed il risultato che ottengo è sotto la sufficienza, ma mi ritengo giustificato perchè l’edificio religioso in questione è piazzato molto molto male.
Per passare all’ultima zona da vedere sono costretto a camminare per poche centinaia di metri lungo Via Tiburtina Valeria; non è mai un piacere avere macchine che ti sfiorano a velocità siderale perchè non esiste nè un marciapiede e nè una minima pseudo-corsia di emergenza, ma l’alternativa sarebbe stata quella di riaffrontare la salita e tutto il centro appena visitato, per cui corro il rischio e amen. Appena possibile prendo Via Valeria Vecchia ed il pericolo finisce. Lungo questa strada trovo la “Chiesa di San Rocco” che non mi pare proprio messa benissimo; poi mi riaffaccio al traffico presso la “Chiesa dei Santi Cosma e Damiano” (ex San Cosimato). Devo purtroppo accontentarmi della sola facciata perchè è chiusa. Una delusione enorme me la danno gli “Eremi di San Benedetto” che raggiungo scendendo delle scale: dal sito del Comune di Vicovaro sembravano imperdibili, poi una volta in loco non mi entusiasmano neanche un po’. Attenzione: non sto insinuando che non siano interessanti o che non valgano un passaggio, anche perchè sono stati completamente restaurati e restituiti al pubblico a fine 2015; sto solo dicendo che vengo via più deluso che soddisfatto perchè mi aspettavo qualcosa di più impressionante.
Risalgo le scale e torno in superficie; come da programma mi trovo a poche decine di metri dalla fermata dell’ultimo bus della compagnia Cotral previsto per oggi. La cosa brutta di tutta questa storia è che sono in tempo per prendere la corsa delle 15:42 e ciò significa che tutto il giro di Vicovaro mi ha portato via solo cento minuti netti. Sinceramente mi aspettavo qualcosa di più. Il torpedone attraversa una serie di località prima di arrivare a Roma Ponte Mammolo, tra le quali c’è anche Tivoli che ricordo con piacere per la visita di qualche mese fa (vedi post dedicato). E’ sabato pomeriggio e c’è una marea di gente in giro; evidentemente chi vive nei paesini limitrofi si ritrova qui per una passeggiata e non mi sento di dargli torto perchè l’offerta panoramica è degna di nota. A destinazione mi fiondo nella metropolitana e seguo a ritroso il percorso di stamattina, poi la macchina fa il resto accompagnandomi a casa e ponendo fine anche a questa giornata di inizio febbraio caratterizzata da un clima meravigliosamente primaverile.
In conclusione posso ribadire quanto già espresso fino ad ora. ovvero che Subiaco è un vero e proprio gioiello e va visitato assolutamente; il centro storico, il fiume Aniene e la sua acqua celeste, il laghetto di San Benedetto ed i monasteri (soprattutto il Sacro Speco) sono immancabili e tutto l’insieme è stato davvero una scoperta favolosa che consiglio vivamente di visitare. Purtroppo non posso dire lo stesso di Vicovaro: non vale la pena venirci di proposito; abbinandolo a qualcos’altro come ho fatto io può essere quel di più che completa una giornata, ma preso singolarmente non mi sento di consigliarlo.