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La saga “alla scoperta di ogni angolo del Friuli Venezia Giulia” prosegue con un nuovo capitolo. L’idea me la dà Trenitalia: mi fa trovare due ottimi treni da e per Pordenone ad un prezzo ridicolo, per cui prendo la palla al balzo e provo a costruire un nuovo itinerario. Per questa regione mi manca solo un capoluogo di provincia all’appello ed è Gorizia; tale città entra di diritto nella pianificazione. Per il resto decido di dedicare il giusto tempo a tre piccole realtà che meritano attenzione: Spilimbergo, Cividale del Friuli ed il Sacrario di Redipuglia. e’ il primo week-end di aprile e le giornate iniziano ad essere migliori rispetto allo schifoso inverno che abbiamo avuto nel 2018, quindi è ora di partire.
Venerdi sera: Lascio casa e prendo prima la macchina e poi la metro per arrivare in tempo a Roma Termini; alle 22:35 partirà il treno diretto a Pordenone. Come sempre il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi e la compagnia ferroviaria italiana decide di nuovo (seconda volta su due) di cambiare i tempi del mio viaggio: anzichè arrivare alle 06:56 come impresso sul biglietto che ho in mano sono a destinazione alle 08:01. Ma attenzione, non è da considerarsi ritardo perchè, senza un misero preavviso, è stato semplicemente cambiato il numero del treno e con esso la percorrenza. Il rispetto per i consumatori è sotto ai piedi, ma cosa c’è da aspettarsi da una compagnia pubblica se non lo sfacelo più totale? E’ il motivo per cui mi tengo il più lontano possibile da tutto ciò che finisce con “Italia”, tranne casi come questo in cui c’è quasi un monopolio e quindi pochissime alternative. Morale della favola: il “meraviglioso” imprevisto mi fa perdere un’ora rispetto al tempo che avevo preventivato. Devo quindi correre alla biglietteria per acquistare il ticket per la prima tappa del tour: Spilimbergo. Ho almeno la fortuna che il primo bus disponibile è in partenza nei prossimi sei minuti, per cui vado alla fermata e lo trovo già parcheggiato con le porte aperte. Il cielo è uggioso, senza sole e minacciante pioggia, ma per ora è tutto tranquillo. La tratta scorre liscia come l’olio; l’autostazione del piccolo comune (circa 12.000 abitanti) è semplice ma organizzatissima e super intuitiva: ci sono macchinette per acquistare autonomamente i biglietti e cartelli elettronici che indicano arrivi, partenze e ritardi proprio come quelli delle metropoli. Già prima di Iniziare la mia passeggiata noto una sorpresa non positiva: il sabato mattina da queste parti si svolge il mercato comunale e già immagino varie vie invase da banchetti e da gente che passeggia in cerca di acquisti; spero di non imbattermi in qualche monumento o punto di interesse interdetto alla vista da tale situazione…ma ormai l’esperienza mi insegna che queste attività sono sempre deleterie per chi viaggia. Percorro per un po’ “Via XX Settembre” fino ad arrivare in Piazza San Rocco: qui trovo l’omonima chiesa (con alla base tutto ciò che serve per i lavori di restauro, ruspa compresa) e posso dare un’occhiata alla Torre Occidentale che apre la strada verso il centro storico dove andrò più tardi; in più è presente una particolare decorazione tipica di questa zona, famosa anche perchè ospita l’importante scuola per mosaicisti del Friuli.
In “Via Corridoni”, oltre alla suddetta scuola, trovo anche un parco che mette in mostra un monumento offerto dalla sede locale dell’Associazione Nazionale Bersaglieri e, poco oltre, un bellissimo monumento ai caduti.
Torno alla Torre Occidentale ed accedo nella zona pedonale. Il paesaggio è quello tipico di una cittadina storica, ma allo stesso tempo molto curata e soprattutto con gli immancabili portici.
Appena mi trovo su “Piazza Garibaldi” faccio una deviazione a destra su “Via Giuseppe Mazzini” dove posso osservare la Chiesa San Giovanni dei Battuti e, da posizione obliqua perchè il mercato qui rompe le scatole, la Chiesa Santi Giuseppe e Pantaleone.
Torno e proseguo su Corso Roma; dopo aver attraversato ed osservato la Torre Orientale arrivo fino a Piazza del Duomo; è un’area abbastanza ampia che ospita la Parrocchia di Santa Maria Maggiore, la semplicissima Chiesetta di Santa Cecilia risalente al 1271 (risulta essere l’edificio religioso più antico della città) ed il particolare palazzo che oggi ospita la Pro Loco.
Pochi passi mi separano dall’area del Castello di Spilimbergo e di certo non mi faccio pregare per andare a vederlo. C’è da dire che, tanto per cambiare, è stato distrutto, demolito e ricostruito nel corso dei secoli a causa delle solite guerre del passato; l’accesso avviene superando il ponte costruito al di sopra del fossato difensivo. Una volta all’interno del cortile si possono vedere i quattro palazzi che compongono l’attuale struttura: a destra c’è il solo Palazzo Furlan (ex Ciriani); poi, in sequenza, ci sono Palazzo Tadea, Palazzo Troilo ed il Palazzo Dipinto.
Esco dall’unica via d’accesso e torno in Piazza Duomo; mi dirigo su “Via Ripida” (vi faccio immaginare il motivo di tale nome) ed arrivo di fronte al bell’edificio che ospita il Municipio dove, nel parco prospiciente, trovo lo stemma cittadino in versione mosaico. Un piano al di sotto posso poi ammirare il Santuario Beata Vergine Maria della Mercede, tutto solo in mezzo al nulla.
Con questi elementi credo di aver terminato il giro che mi ero prefissato. Con calma rientro verso l’autostazione per prendere il prossimo mezzo pubblico; così facendo posso cogliere altri elementi decorativi eseguiti dalla Scuola per Mosaicisti del Friuli. Eccone alcuni esempi:
La prossima tappa sarà Udine, città che conosco già per averla visitata a dovere precedentemente. Ci vado perchè solo da lì partono i collegamenti più rapidi per la destinazione che andrò ad esplorare: Cividale del Friuli. Arriva un bus a due piani dove dentro saremo si e no in cinque; mi godo il momento mettendomi nella parte superiore proprio sui sedili vicini al vetro frontale: in questo modo riesco ad ammirare il paesaggio come meglio non potrei. Già so muovermi agevolmente dall’autostazione alla stazione ferroviaria di Udine, così procedo. Mi metto in fila alle macchinette di Trenitalia per acquistare i ticket per il primo convoglio disponibile ma ho una sorpresa: il nome “Cividale del Friuli” non è presente nella lista. Chiedo quindi ad un addetto che mi dice come stanno le cose: i biglietti in questione si comprano solo dal tabaccaio. Capisco che la compagnia ferroviaria di bandiera non c’entra nulla e che il servizio viene operato da tutt’altra azienda, per cui seguo le indicazioni e mi ritrovo con i titoli di viaggio in mano in men che non si dica. L’attesa è poca e posso sedermi nel vagone, anch’esso mezzo vuoto. La mia è l’ultima fermata: da qualche minuto sta piovendo fuori dal finestrino e la cosa mi urta abbastanza. Credo sia tempo di cambiare i nomi dei mesi perchè ormai in quella che si chiama “zona temperata” più di qualcosa è cambiato in peggio; basta gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio e giugno e andiamo con neve-1, neve-2, neve-3, pioggia-1, pioggia-2 e pioggia-3. Sono sicuro che neanche in Inghilterra sia scesa tanta acqua come in italia quest’anno: uno schifo totale. E’ da poco passata l’ora di pranzo e non ho altra scelta che rifugiarmi in uno dei due supermercati che vedo nelle vicinanze per comprare qualcosa da mangiare nella speranza che “San Meteo” mi faccia la grazia. Quando finisco, la situazione pare in via di miglioramento ma qualche goccia cade ancora. Non ho tutto il week-end da passare qui, per cui devo andare lo stesso. Proprio in zona stazione qualche punto di interesse c’è: immediatamente dopo l’uscita vedo il Monumento all’8° Reggimento alpini dello scultore locale Giovanni Basso; davanti allo stravagante edificio di una banca locale trovo due opere dell’artista cinese Mi Qiu (pare che quelle esterne alla struttura siano tre, ma io ne vedo due): una è in metallo e l’altra è in pietra. Il Museo della Grande Guerra è ubicato dall’altro lato della strada, in un vecchio palazzo cui andrebbe data probabilmente una ristrutturata; infine, all’interno di Parco Italia, trovo il Monumento ai Caduti.
Passando attraverso Porta dell’Arsenale Veneto mi trovo ufficialmente nel centro storico di Cividale del Friuli. Mi imbatto quasi per caso (ops…forse sbagliando strada…) in una bella area verde che non saprei come chiamare; so solo che vi scorre in mezzo un piccolo canale e che c’è una ruota che sembra far parte di un antico mulino ormai in disuso. Per aiutare a trovare questo posto posso dire che un cartello qui presente recita testualmente “Sede di Cividale dell’Associazione Nazionale Alpini”. Via Silvio Pellico mi fa arrivare in Piazza del Foro Giulio Cesare dove affaccia il Liceo Classico “Paolo Diacono” e che ha al centro la statua dedicata ad Adelaide Ristori, attrice teatrale natìa di Cividale.
A pochi passi entro in Piazza San Francesco dove trovo l’omonima Chiesa. Ci sarebbe altro da vedere in zona, ma non riesco a non precipitarmi sul Ponte del Diavolo per osservare lo scorrere del Natisone, il fiume che bagna la città e che anche in una giornata cupa come questa ha un colore folle.
Attraverso il ponte e trovo la Chiesa di San Martino subito sulla mia sinistra. Da questa parte del corso d’acqua non mi risulta esserci altro di interessante da vedere, così torno indietro e proseguo.
Prendo Via del Monastero Maggiore e mi trovo davanti all’Ipogeo Celtico. Ancora oggi nessuno ha chiarito e provato quale uso venisse fatto di tale luogo: si tratta di una cavità naturale che è stata poi scavata ed adattata per qualcosa di sconosciuto (si ipotizza vi venissero praticati dei riti, o che fosse un carcere ecc. ecc.): un ambiente sotterraneo particolare formato da corridoi e sale e vegliato da tre “facce” (altro vero mistero) anch’esse intagliate nella roccia. Esco e proseguo la visita entrando nel cortile che porta alla Chiesa di San Giovanni. Ci sono purtroppo dei lavori in corso che non fanno ammirare l’ambiente come si dovrebbe; attualmente da qui si accede, previo acquisto del relativo biglietto, al Monastero di Santa Maria in Valle ed all’altra importante attrazione di Cividale dei Friuli: il Tempietto Longobardo.
Il prossimo obiettivo dichiarato è la Chiesa dei Santi Pietro e Biagio: è davvero originale con la facciata completamente affrescata. Sto per tornare indietro e cambiare strada quando vedo con la coda dell’occhio che più avanti avrei avuto la possibilità, stando attento a non scivolare, di andare fino alla riva del Natisone. Ovviamente non me lo faccio dire due volte: ho modo di scattare altre foto bellissime ed anche di vedere una cascatella con alcuni residui di ghiaccio provenienti direttamente dall’inverno da poco concluso.
Risalgo in superficie e mi dirigo stavolta su Piazza del Duomo dove mi aspettano un sacco di cose da vedere. Il Museo Archeologico Nazionale fa gli onori di casa, seguito poi dallo storico Palazzo de Nordis, dalla Loggia del Palazzo Comunale che ha davanti il monumento a Giulio Cesare e, ultimi ma non meno importanti, il Duomo ed il Museo Cristiano. Complimenti davvero.
Mi rimetto in moto, stavolta con direzione Piazza “Paolo Diacono” dove posso vedere la fontana a lui dedicata. Ma prima, seguendo Via Patriarcato, osservo la piccola Chiesa di Santa Maria in Corte e poi, poco più avanti, la Chiesa di San Giovanni in Xenodochio.
Concludo il mio giro raggiungendo la vicina Chiesa dei Santi Silvestro e Valentino. Da qui raggiungere la stazione ferroviaria è un gioco da ragazzi.
Rieccomi al punto di partenza; acquisto il biglietto verso Udine ed aspetto l’arrivo del treno. Stavolta c’è un po’ più gente rispetto all’andata: la condizione meteo è migliorata e probabilmente i locali andranno a passare il sabato pomeriggio/sera nel vicino capoluogo di provincia. Neanche il tempo di arrivare che già compro il ticket verso la terza ed ultima destinazione di oggi: Monfalcone. Premessa doverosa: non devo visitarla, ma solo dormirci per due motivi: il primo è che si trova molto vicina al primo punto di interesse che vedrò domani mattina; il secondo è che ho trovato la stanza con miglior rapporto qualità/prezzo della zona. Quando esco dal vagone noto che qui piove, tanto per cambiare. Poco male per il momento perchè devo aspettare il proprietario del B&B che si è offerto di venirmi a prendere gratis e non ho saputo rifiutare. Faccio mie le chiavi per le prossime ore e mi congedo da lui. Per prima cosa vado ad acquistare le bevande per la serata ad un supermercato che oggi, sabato, chiude alle 19:30. Se non fossi andato a controllare l’orario sarei rimasto a bocca asciutta, salvo cercare qualche negozio di extracomunitari da qualche parte in centro. Una considerazione: il nord è bellissimo ed ha una marea di cose da vedere, ma certe abitudini dei negozi cozzano clamorosamente con quelli del centro sud. Per carità: nessuno chiede alla gente di lavorare dodici ore al giorno, ma con una sana turnazione si potrebbe prolungare l’apertura adeguandola ai limiti “moderni”. Anche qui smette di piovere dopo un po’ ed ho modo di fare un giro esplorativo con l’obiettivo di trovare un posto per la cena. Lo faccio in una pizzeria napoletana durante la partita di Serie A con gli azzurri partenopei protagonisti della corsa scudetto; vi lascio immaginare chi e cosa ci ho trovato. Subito dopo, complice la stanchezza per il viaggio notturno e le due località e mezza setacciate, torno in camera e mi dedico alle solite attività serali prima di dormire.
Domenica mattina: La sveglia suona poco prima delle 8:00; preparo tutte le mie cose ed esco in direzione della stazione ferroviaria. Anche oggi ho due posti da vistare, uno più rapido e l’altro che mi porterà via un tempo maggiore. Intanto mi dedico al Sacrario di Redipuglia, poi vedrò di organizzare il resto. Acquisto il biglietto per la fermata di Sagrado (immediatamente successiva a Monfalcone, circa 9-10 minuti di tragitto) e salgo sul treno. Scendo e mi trovo davanti ad un piccolo agglomerato urbano sulle rive dell’Isonzo. Ma la mia destinazione non è qui, bensì a circa 2,5 kilometri di distanza che percorro ovviamente a piedi: pare che la giornata si metta decisamente meglio di quella di ieri dal punto di vista del meteo. La strada non merita particolare attenzione, se non per una cosa che però studierò meglio in fase di ritorno. Eccomi di fronte al più grande Cimitero Militare d’Italia e ad uno dei maggiori del globo; custodisce le spoglie di oltre 100.000 soldati caduti durante la Prima Guerra Mondiale ed è stato costruito con tre anni di lavori iniziati nel 1935 e terminati nel 1938, quindi durante il regime fascista. Senza essere ancora entrato mi trasmette sensazioni particolari. Premetto che chi scrive odia la guerra e la ritiene sempre una cosa stupida e la peggiore delle soluzioni possibili; chi scrive odia qualsiasi forma di violenza, ai tempi in cui era ancora obbligatorio servire la nazione per dieci mesi ha scelto il servizio civile ed è quindi un obiettore di coscienza. Chi scrive non comprende neanche per un millimetro la vita militare ed è in totale contrapposizione con tale pensiero e modalità. Chi scrive non è qui per la patria (ormai nel 2018 io e tutti quanti siamo cittadini del mondo ed i confini dovrebbero servire solo per amministrare territori piccoli con l’obiettivo di farlo bene) ma solo per vedere un monumento e per versare una lacrima pensando a come tanti, troppi giovani possano essere stati mandati a morire brutalmente per insulsi ideali invece di permettergli di fare le loro vite in santa pace, sposarsi, avere una famiglia, una lavoro e tutto il resto. Non appena si entra nella struttura si legge questo:
Per quanto mi riguarda mi ispira a dire “NO” a certe situazioni. Mi trovo su di un ampissimo piazzale in pietra che va verso la scalinata monumentale e percorro la “Via Eroica”. Da ambo le parti vi sono in totale 38 targhe bronzee con inciso il nome di tutte le località contese nel conflitto bellico. Qui di seguito riporto un esempio:
Raggiungo le Sei tombe dei Generali, di cui cinque sono uguali (Prelli, Monti, Paolini, Riccieri e Chinotto) ed una è invece più grande e fatta di marmo rosso (Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, comandante della Terza Armata).
Il Sacrario prosegue con la sua parte più maestosa: 39.857 soldati di cui si sono potute individuare le generalità hanno le loro spoglie contenute in 22 gradoni lunghi 12 metri ed altri 2,5 metri cadauno. E’ semplicemente impressionante solo provare a leggere i nomi di questi ragazzi: sono un’infinità e la lettura si interrompe dopo poco perchè impossibile da proseguire con attenzione; gli occhi provano a mettere a fuoco i dettagli ma ciò che resta davanti è tutto l’insieme. Il silenzio è la cosa che accompagna la mia visita, dal primo fino all’ultimo passo. Il rispetto per le persone è ciò che mi spinge ad essere qui e ad andare avanti. La scritta “PRESENTE” ripetuta chissà quante volte a caratteri cubitali fa ben più che riflettere.
Voglio salire fino in cima e per farlo posso decidere se andare sul lato destro o sinistro dei gradoni. Personalmente opto per il sinistro per pure questioni logistiche. Ci sono ovviamente delle scale che lo permettono, anch’esse in pietra. Sono tante perchè il tratto da percorrere è lungo ed il dislivello non è affatto misero.
Una volta in cima si possono vedere, una per lato, due enormi tombe coperte da una lastra di marmo cadauna che recita testualmente “Trentamila Militi Ignori”. Custodiscono le spoglie di coloro ai quali non è stato possibile individuare le generalità. Esattamente al centro tra esse è presente la Cappella Votiva. Sopra a tutto ciò ci sono tre grandi Croci di Bronzo.
L’immagine che segue è per far capire quanto spazio occupa il Sacrario. Se non si è qui di persona sarebbe difficile crederci.
Questo memoriale monumentale non è altro che il fulcro di un parco ben più grande e, continuando la passeggiata, si possono vedere residuati bellici e monumenti come per esempio quello dedicato al Sergente Giovanni Rossi da Teramo, Medaglia d’oro al valor militare.
Arrivato a questo punto credo sia tutto, per cui riprendo la scalinata nella direzione inversa e mi porto fino all’uscita; mi fermo più volte durante la discesa e mi volto a guardare ancora quei gradoni con tanta tristezza; inutile sperare che certe cose non si ripetano più perchè tanto ogni giorno in più parti del mondo ci sono persone innocenti mandate a morire, anche oggi stesso, domani, dopodomani e così via. Rassegnamoci: tanto non capiremo mai. L’ultima cosa che vedo prima di lasciare questo posto è la seguente:
Concludo scrivendo che, come per la pietra letta all’entrata, non posso essere d’accordo: io mi sento mortificato di come si possano usare persone per certi scopi. Volete fare guerra a qualcuno? Dovrebbero andarci solo coloro che l’hanno dichiarata senza coinvolgere chi non ci vuole andare. Obbligare qualcuno ad andare a morire equivale ad essere degli assassini perchè non esiste ideale che possa essere più alto della vita. Vergogna.
Durante il tragitto di ritorno verso la stazione ferroviaria di Sagrado mi fermo ad osservare un piccolo cimitero di guerra austro-ungarico.
Acquisto il biglietto, il penultimo di oggi, con destinazione Gorizia: non vedo l’ora di arrivare per scoprire cosa questo ennesimo capoluogo di provincia del Friuli Venezia Giulia ha da mostrarmi. Arrivo in brevissimo tempo e noto subito che la stazione “centrale” è molto piccola e che soprattutto si trova in periferia. Ma non ci metto molto a trovare il primo punto di interesse: poche decine di metri e, su Piazzale Umberto Saba, c’è la Parrocchia dei Santi Giovanni Di Dio e Giusto.
Seguendo Corso Italia raggiungo il Parco della Rimembranza che, come recita il nome stesso, ospita monumenti che servono a tenere sempre viva la memoria della Guerra che si combattè da queste parti esattamente un secolo fa. Ho la conferma di ciò che già immaginavo, e cioè che quassù il ricordo è molto più sentito rispetto ad altre zone d’Italia; qui ci convivono tutti i giorni con quel terribile avvenimento storico.
Arrivo fino a Viale XXIV Maggio e lì svolto a destra fino a giungere al Convento dei Frati Cappuccini che si trova in Piazza San Francesco insieme alla Statua dell’omonimo Santo.
Cammino ancora un po’ e raggiungo lo Stadio Comunale “Baiamonti”; va bene che il Gorizia non milita in alte categorie…però l’impianto sportivo non è niente di che. Evidentemente la cosa non interessa. Seguo il mio percorso e mi trovo davanti a Palazzo Lantieri, antica foresteria dei conti locali costruito verso la metà del XIV° secolo. All’inizio di Via Rastello (storico “struscio” goriziano oggi caduto un po’ in disuso a causa dei centri commerciali che hanno “delocalizzato” gli acquirenti verso la periferia) c’è la statua dedicata a Carlo Michelstaedter (scrittore e filosofo nato proprio qui).
In zona si trova anche la Cattedrale dei Santi Ilario e Tiziano, però è ubicata molto male per poterla immortalare come si deve e servono due foto per coglierne le parti salienti: una frontale per la facciata e l’altra laterale per il campanile.
Il monumento a Cesare Augusto mi introduce nel punto in cui nascono Via De Gasperi a sinistra e Via Roma a destra. Di fronte posso osservare il bell’edificio che ospitala Camera di Commercio locale; faccio giusto due passi su Via Roma e provo ad intravedere in mezzo a troppi alberi l’Auditorium.
Devio ora su Via De Gasperi finchè non vedo l’edificio che ospita il Comune di Gorizia. Si può tranquillamente entrare nell’atrio (dove oggi c’è parcheggiata in bella mostra una carrozza) ed accedere al Parco del Municipio, piccola area verde che al suo interno non ha niente di particolare tranne un gazebo in pietra e la Lupa Capitolina.
Imbocco Via Giuseppe Garibaldi e vedo prima la piccola Chiesa dell’Immacolata e poi il Teatro Comunale “Giuseppe Verdi” che nei prossimi giorni metterà in scena un “dramma” probabilmente non adatto ai più piccoli. Vedere per credere.
Subito dopo l’incrocio inizia Via Armando Diaz che ospita la bella Chiesa Metodista; un’azzeccata deviazione in Via Nizza mi porta davanti alla Parrocchia del Sacro Cuore, davvero particolare.
Torno sui miei passi e mi dirigo verso il Giardino Pubblico di Corso Giuseppe Verdi; poco prima, in Piazza Cesare Battisti, vedo il monumento dedicato al bersagliere Enrico Toti. Seguono vari busti e sculture, ma la più significativa ed imponente è quella al Fante d’Italia. Una semplice fontana completa l’offerta.
A pochissima distanza mi aspettano lo storico edificio oggi sede della Posta Centrale cittadina ed il Museo Santa Chiara. Via Goffredo Mameli mi porta nella bella Piazza della Vittoria dove si affaccia la Chiesa di Sant’Ignazio e dove trovo la Fontana del Nettuno.
In Via Carducci ho modo di vedere prima la Cappella dell’Esaltazione della Croce e poi il palazzo che ospita la Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, luogo in cui sono effettuate mostre ed esposizioni sia permanenti che temporanee.
Prendo Via del Seminario (dove trovo ovviamente il Seminario Arcivescovile locale) ed arrivo a Via Italico Brass: qui osservo il Kulturni Dom, ovvero la casa della cultura slovena di Gorizia.
Passando davanti alla Chiesa dei Sainti Vito e Modesto arrivo nel parco che ospita la dimora storica “Palazzo Coronini Cronberg”, sede della fondazione omonima. Il defunto ha così voluto rendere di pubblico accesso l’intero suo patrimonio che è visitabile.
Cambio ora zona e mi dirigo verso un luogo che ha a che fare con la storia in maniera bizzarra, ma ne parlerò tra poco. Prima ci sono altri punti di interesse da vedere e non me li lascio certo scappare. Inizio con la piccola Chiesa di San Giovanni, seguita dall’antica Sinagoga ubicata così male da impedire qualsiasi foto decente. Quando mi trovo di fronte alla Chiesa di Maria Santissima Regina sono quasi a destinazione.
Eccomi, finalmente ci sono: metto piede su Piazzale della Transalpina. Cos’ha di strano quest’area? In passato c’era il confine tra Italia e Slovenia che divideva in modo difficilmente valicabile Gorizia da Nova Gorica. Sembra incredibile che una cosa simile possa essere accaduta davvero, eppure è così e per ben 57 anni dal 1947 al 2004. Davanti a me ho la Stazione Ferroviaria di Nova Gorica. Mi guardo intorno e vedo tante cose (soprattutto immagini di repertorio) che ricordano sia il passato che il momento in cui, con cerimonia solenne strapiena di politici e giornalisti, fu abolito il confine. Magari per molti non è una cosa importante, ma per me si; fa tutto parte di quell’idiozia umana che mi ha fatto salire la bile da stamattina al sacrario e che di sicuro non passerà presto.
Oltre a questo non c’è molto altro, per cui mi guardo intorno per l’ultima volta e torno indietro. E’ bellissimo vedere gente che dall’Italia va a piedi in Slovenia e viceversa senza impedimento alcuno; sarebbe dovuto essere sempre così, ma vallo a spiegare ai sapientoni che bramano potere da tutti i pori. Nel tragitto di avvicinamento al centro di Gorizia percorro una strada diversa rispetto all’andata per cercare di cogliere il più possibile. E’ così che mi trovo di fronte allo storico Palazzo Attems, dimora settecentesca che prende il nome dalla famiglia che lo ha costruito; è visitabile a pagamento (tranne nella prima domenica del mese quando sono attive le giornate speciali per i musei). Tra le tante bellezze che custodisce ricordo il giardino all’italiana e la pinacoteca.
Tagliando in Via del Santo mi trovo di fronte alla Chiesa di Sant’Antonio Piccolo. Da qui inizia una passeggiata abbastanza lunga che mi porta fino all’ingresso della zona più particolare di Gorizia: quella del suo castello. Si accede passando attraverso la Porta Leopoldina risalente al 1660. La fortificazione è senza dubbio l’attrazione regina del complesso, ma non intendo tralasciare la Chiesa del Santo Spirito ed i musei della Grande Guerra e della Moda.
Oggi è una di quelle giornate di cui parlavo poco fa (musei gratuiti) e quindi la visita del castello è totalmente “free”; non me lo lascio dire due volte ed entro. Me lo giro in lungo ed in largo e vedo che ci sono più o meno sempre le solite cose di tanti luoghi simili: collezioni di armi ed armature, di strumenti musicali, plastici che rappresentano le battaglie che hanno visto protagonista l’edificio ed il suo comprensorio ecc. ecc.; purtroppo continuo a credere che pagare certi tickets sia davvero poco utili. Per carità, l’ambiente è bellissimo e per qualche decina di minuti ti riporta indietro nel tempo, però la cosa più bella secondo me è la veduta della città dall’alto. Arrivato a questo punto, il mio giro volge al termine e con esso anche la luce del giorno: il tramonto inizia il suo iter che mi accompagnerà verso la notte. Scendo da Borgo Castello e mi ritrovo davanti al monumento dedicato a Gabriele d’Annunzio; poco dopo rieccomi a Via Rastello e successivamente a Piazza della Vittoria dove posso fotografare un punto di interesse mancato durante la prima visita: la Prefettura.
Ho ancora del tempo prima di andare via, così decido di mettermi a vagare dove non sono stato, ancora in cerca qualcosa di nuovo. Ormai è buio, ma trovo lo stesso la Chiesa di San Rocco.
Metto la parola fine a questo week-end e mi dirigo verso la stazione centrale; acquisto l’ultimo ticket con direzione Pordenone e poi, arrivato a destinazione, vado a Cena presso un kebab della zona. Non mi resta che aspettare il treno notturno che mi riporterà a Termini seguito dalla metropolitana per l’ufficio.
Le conclusioni: con queste quattro nuove località posso dire che il Friuli Venezia Giulia comincia a non essere più tanto un mistero per me. Questo giro è sicuramente stato variegato ed interessantissimo allo stesso tempo. Ovviamente le cose si possono fare anche un pochino più con calma di come le organizzo io, però credo che snobbare del tutto certi luoghi sia sbagliato: una visita va fatta perchè, per quanto piccole possano essere, sono realtà che hanno tantissimo da mostrare.