Bulgaria Parte 7: Vidin e la particolarissima Belogradchik

di admin

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Settima volta in Bulgaria; ormai questo trend mi è impossibile da interrompere. I voli continuano a costare pochissimo, le cose da vedere non mancano nella nazione meno turistica d’Europa (…)  ed ogni volta riesco ad organizzare itinerari diversi e sempre nuovi. Stavolta mi spingo un po’ oltre e vado ad inserire nel mio album due località sconosciute al 99,9% degli italiani: la città di Vidin al confine con la Romania e l’area di Belogradchick che si rivelerà un’autentica sorpresa per la meraviglia naturale che ospita. Andiamo e scopriamo…

Sabato mattina: arrivo all’alba all’aeroporto di Ciampino; il mio volo con destinazione Sofia partirà alle 8:00. I controlli di sicurezza scorrono perfetti come sempre e l’imbarco è puntuale. Il sonno perduto per essermi svegliato nel cuore della notte lo recupero durante la tratta come sempre accade e riprendo conoscenza solo quando l’aeromobile tocca terra. Avendo volato con Ryanair, dopo il controllo passaporti mi trovo già al nuovo Terminal 2, capolinea della metropolitana che ormai conosco a menadito. Scendo alla fermata “Railway Station” dopo aver effettuato un cambio alla centralissima “Serdika” e mi reco all’autostazione situata a breve distanza. Mi metto a cercare la biglietteria corretta (non ce n’è una unica, bensì una per ogni compagnia) che scovo tentando di interpretare i caratteri cirillici usati per indicare le località. Alla fine esco nel piazzale dove si trovano gli stalli col biglietto in mano: Vidin mi aspetta. Poco più di tre ore servono per raggiungere la città di confine; il viaggio è piacevole, quasi tutto passato in mezzo al verde che caratterizza questa parte di mondo. Come prima cosa, dato che mezza giornata è già andata via, vado a cercare la stanza che mi accoglierà per la serata e che, soprattutto, mi permetterà di depositare il borsone in un luogo sicuro. Già dai primissimi passi noto che la caratteristica principale di Vidin è la bellezza decadente: intendo dire che intorno a me ci sono quasi solo edifici che hanno fatto il loro tempo e che andrebbero ristrutturati di netto, cosa che nessuno fa per mancanza di possibilità economiche. Coloro ai quali non piacciono certe realtà sarebbero saliti sul primo autobus per scappare via, ma sicuramente non io. Il mondo va apprezzato tutto per quello che è: sono belli i grattacieli, la modernità, la natura rigogliosa ed incontaminata…ma è troppo facile apprezzare solo questo; trovare del bello anche in ambienti come quello in cui mi trovo adesso è la vera essenza del voler viaggiare. Non posso non notare come ci siano davvero tanti, forse troppi edifici abbandonati; è come se questa località avesse vissuto un certo fasto in passato che ormai non c’è più. L’albergo dove ho prenotato sta proprio in un palazzo di questo tipo; entro e mi accoglie un signore taciturno che non parla una parola di inglese, ma ci capiamo in qualche modo. Il suo POS non legge la mia carta di debito ed io non ho abbastanza valuta locale per pagarlo in contanti, per cui esco dalla struttura e mi reco ad un vicino bancomat per prelevare ciò che mi serve. Alla fine tutto va per il meglio ed ho le mie chiavi. Ma resto in stanza solo qualche secondo, giusto il tempo di preparare la mini sacca con le cose essenziali per la visita e poi scappo fuori. Il confine tra Bulgaria e Romania è esattamente qui ed è sia politico che naturale: il Danubio svolge perfettamente tale funzione. Capita spesso che io mi imbatta in questo importantissimo fiume (tra l’altro qui decisamente pulito e con acqua trasparente), ma stavolta ci sono davvero vicinissimo perchè la mia sistemazione sta a trenta metri dalla sua riva. Impossibile non cominciare il giro proprio da qui.

Prima veduta del Danubio a Vidin

Prima veduta del Danubio a Vidin

Qualcosa di più di un marciapiede che costeggia il corso d’acqua arriva sicuramente fino in centro, ma io decido di impostare il giro in maniera diversa, per cui torno sulla strada dove si affaccia l’albergo e mi dirigo verso la stazione. Sul piazzale antistante osservo il Monumento alla memoria delle vittime della guerra serbo-bulgara del 1885. Guardandomi intorno noto l’aumento il costante aumento del numero dei negozi presenti e mi rincuoro trovando un market aperto 24 ore, sempre utile per ogni evenienza.

Monumento alle vittime della guerra tra Serbia e Bulgaria del 1885

Monumento alle vittime della guerra tra Serbia e Bulgaria del 1885

Poco lontano sono già nel fulcro di Vidin; sapevo che fosse un centro abbastanza piccolo e per questo motivo ho accettato di avere solo un pomeriggio per vederla tutta. Passo davanti ad una fontana e poi mi trovo in una piazza che prende il nome di “Bdintsi”: qui ammiro un’altra fontana (più bella della precedente) ed il fantastico monumento dedicato al terzo reggimento di fanteria. Su quest’area si affacciano il grattacielo che ospita il Municipio ed un edificio polifunzionale che ospita il tribunale e la biblioteca. La giornata di sole mi aiuta ad apprezzare le cose ancora meglio.

La Prima Fontana

La Prima Fontana

Fontana in Piazza "Bdintsi"

Fontana in Piazza “Bdintsi”

Dedicato al Terzo Reggimento di Fanteria

Dedicato al Terzo Reggimento di Fanteria

Il Municipio di Vidin

Il Municipio di Vidin

Qui ha inizio un unico grande parco che abbraccia praticamente tutta la città: una striscia di verde che funge da intervallo tra un’area costruita e la successiva. Diverse statue adornano lo spazio a disposizione mentre un “tetto” fatto di ombrelli colora la situazione ed innesca un sorriso di sorpresa. E’ sabato pomeriggio di una bellissima giornata ed un buon numero di abitanti è qui per fare una passeggiata oppure per sedersi e gustare qualcosa di sfizioso ai tavolini dei bar.

Scultura nel Parco - 1

Scultura nel Parco – 1

Scultura nel Parco - 2

Scultura nel Parco – 2

Il tetto fatto di ombrelli colorati

Il tetto fatto di ombrelli colorati

Il Teatro Drammatico “Vladimir Trendafilov” si prende ora la scena. Poco dopo posso osservare la storica “Stambol Kapia”, una delle porte che facevano parte delle antiche fortificazioni di Vidin.

Teatro Drammatico "Vladimir Trendafilov"

Teatro Drammatico “Vladimir Trendafilov”

Stambol Kapia

Stambol Kapia

Torno indietro e supero Piazza “Bdintsi” trovando a breve distanza la Fontana delle Tre Sorelle. Ma attrazione ben diversa è la successiva: la Cattedrale di St. Dimitar è davvero imponente e degna di nota. Proseguendo la passeggiata mi trovo di fronte prima al monumento alle vittime della seconda guerra mondiale e poi al bell’edificio che ospita la Scuola Superiore “Tsar Simeon Veliki”, tutto dipinto di rosa.

Fontana delle Tre Sorelle

Fontana delle Tre Sorelle

Cattedrale di St. Dimitar

Cattedrale di St. Dimitar

Cattedrale di St. Dimitar

Dedicato alle vittime della seconda guerra mondiale

Dedicato alle vittime della seconda guerra mondiale

Scuola Superiore "Tsar Simeon Veliki"

Scuola Superiore “Tsar Simeon Veliki”

Prendo Ulica “Rayna Knyaginya” e devio su Ulica “General Skobelev” per arrivare alla Chiesa di Sv. Nikolai (da una parte) e ad una Moschea ubicata sul lato opposto della strada; tale moschea si trova sotto a tantissimi alberi e l’immagine che segue è purtroppo scurita da troppa ombra. In mezzo ai due edifici religiosi si trova il Mausoleo di “Antim I°”.

Chiesa Sv. Nikolai - fronte

Chiesa Sv. Nikolai – fronte

Chiesa Sv. Nikolai - retro

Chiesa Sv. Nikolai – retro

Musoleo di Antim I°

Musoleo di Antim I°

Moschea di Vidin

Moschea di Vidin

A questo punto rientro nel parco e lo seguo per un po, fino ad arrivare al Monumento per la Libertà: è composto da un obelisco molto alto con in cima una statua, e da sculture alla base in tipico stile sovietico. Più avanti c’è uno dei pezzi forti di Vidin,: la Sinagoga abbandonata. L’edificio religioso cade a pezzi e la vegetazione se lo sta letteralmente mangiando dall’interno, però mantiene lo stesso il suo fascino.

Sinagoga Abbandonata

Sinagoga Abbandonata

Vado ora nella zona della Fortezza di Vidin, ma prima posso osservare una bella scultura femminile situata in mezzo ad un’aiuola piena di rose.

Bella scultura nel roseto

Bella scultura nel roseto

La fortificazione arriva a noi molto ben conservata e devo dire che vederla in riva al Danubio fa pure un certo effetto. Faccio il giro dell’intero perimetro e, incredibile ma vero, trovo i giapponesi anche qui. Ma cosa ci fanno a Vidin??? Chi ha detto loro di far tappa in questa sconosciuta cittadina? Semplicemente pazzesco…

Fortezza di Vidin - lato Danubio

Fortezza di Vidin – lato Danubio

Fortezza di Vidin - lato entroterra

Fortezza di Vidin – lato entroterra

Il prossimo punto di interesse è un piccolo edificio religioso che ha come principale caratteristica quella di essere abbastanza lontano; ho ancora un po’ di tempo e non mi tiro indietro. Quando arrivo trovo la pessima sorpresa degli alberi che coprono parte della facciata. E’ talmente “nascosta” come realtà che on-line non c’è alcuna traccia del suo nome.

Chiesa a Vidin

Chiesa a Vidin

Da dove mi trovo non posso fare altro che tornare indietro fino alla Fortezza ripercorrendo la medesima strada dell’andata. Quando arrivo decido di superare una porta di pietra e di accedere alla riva del Danubio; anche se il sole sta tramontando e la giornata volge al termine riesco a vedere (ma non a fotografare perchè troppo distante) l’Europe Bridge, ponte che da pochissimi anni mette in collegamento Bulgaria (Vidin) e Romania (Calafat), il tutto soggetto al pagamento di un pedaggio. Fino a quanto tale infrastruttura non c’era, la spola tra una riva e l’altra del grande fiume veniva fatta usando dei traghetti.

Porta sul Danubio

Porta sul Danubio

Tramonto sul Danubio

Tramonto sul Danubio

E’ il momento di rientrare alla base e stavolta lo faccio seguendo il corso d’acqua fino ad arrivare al punto in cui vedo il Teatro Drammatico “Vladimir Trendafilov”, già osservato qualche ora fa. Da qui in avanti c’è l’unico tratto ancora non visto, per cui vado sparato.  Però prima mi soffermo qualche secondo ad osservare dei barconi (non messi proprio bene, per la verità) che hanno la funzione di bar/ristoranti romantici.

Bar/Ristoranti sul Danubio

Bar/Ristoranti sul Danubio

Termino ufficialmente il giro per oggi osservando un memoriale, la scultura dedicata a Georgi Rakovski (giornalista, poeta ed eroe nazionale bulgaro) ed il monumento per le vittime del comunismo.

Memoriale

Memoriale

Dedicato a Georgi Rakovski

Dedicato a Georgi Rakovski

Monumento per le vittime del comunismo

Monumento per le vittime del comunismo

Sposto il timone in direzione del market: stasera mangio in stanza. Camminando per le strade di Vidin non ho trovato niente che mi ispirasse per cenare fuori. Pare ci sia una pizzeria italiana ma è abbastanza piena di gente e temo ci sia una cerimonia, per cui lascio perdere. Senza sole arriva il momento di rifugiarmi in stanza, riempirmi lo stomaco, portare avanti le mie solite attività serali e magari anche di dormire un po’.

Domenica mattina: Mi sveglio abbastanza presto perchè ho un treno da prendere; sistemo le mie cose, effettuo il check-out e via. La giornata sembra soleggiata e spero lo sia anche quando arriverò alla prossima destinazione. Acquisto il biglietto verso il semi-sperduto paesino di Oreshets ed aspetto il convoglio al binario. La tratta scorre via liscia e senza intoppi. Quando scendo dal vagone ed esco dalla stazione mi ritrovo un attimino spaesato: davanti a me c’è poco più che un villaggio fatto di piccole case basse; niente da fare e niente da vedere, ma soprattutto nessun orario scritto per eventuali bus navetta che portino a Belogradchik. Mi rendo conto che oggi è un giorno festivo e che non è mezzogiorno…però la gente è veramente poltrona ed ha la voglia di fare pari a quella di un gruppo di bradipi, questo è sicuro. E ora che faccio? L’unica cosa è andare alla biglietteria a chiedere informazioni accendendo un centinaio di ceri virtuali perchè l’inglese in Bulgaria sta bene come il cavolo a merenda. Ho conferma del fatto che l’addetta spiccica ben poco della lingua comune, ma provo a farmi intendere lo stesso ripetendo più volte la parola “Belogradchik”; almeno questa sarà comprensibile? Alla fine, dato che ci sono solo io e che non ha niente da fare, l’impiegata si alza e va a parlare con la capostazione. In quei secondi faccio un ragionamento tra me e me: va benissimo che state lavorando per le ferrovie e che tutto il resto non vi compete, ma un attimino di amor proprio per cercare di migliorare il servizio conoscendo e suggerendo i collegamenti che avvengono dal piazzale della stazione…proprio non vi interessa? Si lavora per compartimenti stagni nel 2018? Personalmente non sono così e cerco sempre di sapere sempre di più, ma evidentemente differisco dalla massa anche in questo. Alla fine arriva il lampo di genio che mi fa capire ancora più cose: la capostazione se ne sbatte di essere in servizio pagata dalle ferrovie bulgare e mi offre di accompagnarmi con la sua auto per 15 leva. Non ci credo lì per lì…ma accetto. Che altro avrei potuto fare? La distanza è di circa dodici kilometri (impossibile da percorrere a piedi col tempo a mia disposizione) e la cifra mi pare più o meno onesta. Mi lascia nella piazza principale del piccolissimo centro, in teoria quella dalla quale sarebbero partiti i bus per tornare indietro…sempre che ce ne siano. La saluto e vado a vedere i cartelli con gli orari e noto che di domenica non è prevista una beneamata mazza. C’è però un foglio che indica i numeri di telefono di tre taxi e colgo l’occasione per ringraziare di nuovo la mia “fortuna”: è l’11 giugno 2017 ed il roaming in Europa sarà abolito per legge da tutte le compagnie tra quattro giorni, ma oggi è ancora attivo e chiamare il driver mi costerà una tombola. Ma la soluzione c’è sempre per chi la sa cercare e per chi è testardo come me: sulla strada parallela a quella in cui mi trovo adocchio il centro di informazioni turistiche che è incredibilmente aperto. Sono “quasi” sicuro che chi lavora lì dentro mastichi un po’ di inglese ed infatti è così. Spiego l’accaduto e risolvo: all’ora che vorrò dovrò tornare lì e l’addetta chiamerà un taxi per me. Missione compiuta anche stavolta. Tra l’altro scopro che una corsa in taxi da Belogradchik ad Oreshets costa ufficialmente 8 leva, per cui la capostazione assenteista (che comunque ringrazio per la cortesia) mi ha fregato ben bene con un aumento del 100% esatto. Incasso anche questa e la metto nel mio libro delle fregature che non si ripeteranno mai più; ormai ho una serie infinita di attenzioni che uso ogni volta che parlo con qualcuno per capire se mi sta fottendo oppure no che mi fanno essere “un tantino” prevenuto, ma in questo mondo è assolutamente necessario per non essere schiacciati. Preferisco mettere la testa in bocca ad un leone che avere a che fare con qualche estraneo e, certe volte, la cosa si estende pure con coloro che conosco. Finalmente è ora di iniziare il giro e di pensare a cose davvero serie. Il motivo principale per il quale sono qui è di visitare la Fortezza locale che, a differenza di quasi tutte quelle sparse nel globo, è davvero particolare. Seguo il percorso indicato dai cartelli e passo in mezzo alle vie del paesino: anche qui le case, come a Vidin, sono messe così così, ma sono dignitose ed è questa la cosa che conta. Il monumento a tale Todor Titorenkov (anche se sono state rimosse diverse lettere del suo nome dalla scultura ci sono arrivato lo stesso) mi accompagna durante la passeggiata; in più noto un particolare scorcio su una scalinata non del tutto sicura che mi colpisce.

Dedicato a Todor Titorenkov

Dedicato a Todor Titorenkov

Scalinata a Belogradchik

Scalinata a Belogradchik

Eccomi nel piazzale che dà accesso al punto di interesse ed ovviamente il cielo ha deciso di farsi più cupo coprendosi di nuvole; l’importante è che non piova, poi tutto il resto va bene. La biglietteria mi aspetta: 6 leva per entrare, contro probabilmente un range tra 10 e 20 euro che tale attrazione sarebbe costata se fosse stata in Italia. Eccomi al dunque: come mai sono arrivato qui prima possibile? Semplice: perchè un luogo del genere va visitato da soli o quasi. Il probabilissimo arrivo dei bus turistici sarebbe iniziato sul tardi, sempre per la regola che la massa è tendenzialmente pigra; mi guardo intorno e vedo che siamo in sei in totale (un primo intelligente gruppo che incredibilmente era già qui sta finendo e sta andando via) e la cosa mi rende felicissimo. Non perdo altro tempo e vado verso il primo ingresso:

Primo accesso alla Fortezza di Belogradchik

Primo accesso alla Fortezza di Belogradchik

Si apre una specie di corridoio erboso abbastanza ampio (con sterrato che indica la via da seguire) e che termina davanti ad una seconda porta di pietra. Quelle che si vedono dietro sono le rocce di Belogradchik: rendono questo posto decisamente originale, forse unico. E’ una fortezza adattata dall’uomo basandosi su una ulteriore fortezza naturale formata da rocce di arenaria e pietra calcarea che, nel corso dei secoli, sono state modellate dagli agenti atmosferici; qualcosa che non si può spiegare a parole e che occorre vedere dal vivo per poter essere apprezzato come si deve.

La Fortezza di Belogradchik

La Fortezza di Belogradchik

Segue una serie di scale abbastanza semplici da salire, anche se un po’ di fatica si fa sentire. Quando supero la terza ed ultima porta di accesso alla struttura sono finalmente dentro e lo spettacolo si eleva ancora di più.

Scale verso la sommità della collina

Scale verso la sommità della collina

Terzo ed ultimo accesso alla Fortezza

Terzo ed ultimo accesso alla Fortezza

Una volta dentro, oltre che ammirare lo spettacolo presente, noto altre scale che permettono di andare ancora più in alto salendo su alcune rocce. Ovviamente non me lo faccio ripetere due volte e, quando esaurisco le cose da vedere, procedo.

La Fortezza di Belogradchik dall'interno - 1

La Fortezza di Belogradchik dall’interno – 1

La Fortezza di Belogradchik dall'interno - 2

La Fortezza di Belogradchik dall’interno – 2

La Fortezza di Belogradchik dall'interno - 3

La Fortezza di Belogradchik dall’interno – 3

Ci sono barriere di protezione installate per evitare di far cadere di sotto i visitatori, ma la verità è che non sono sufficienti; è assolutamente necessario fare attenzione a dove si mettono i piedi. Una bella vista del paesino oltre le rocce mi fa soffermare qualche minuto ad osservare il panorama.

Belogradchik visto dalle rocce della Fortezza

Belogradchik visto dalle rocce della Fortezza

Sono sulla parte più alta della collina e lo spettacolo è ancora migliore rispetto a prima.

Panoramica dalla sommità

Panoramica dalla sommità

Dettaglio delle rocce

Dettaglio delle rocce

Rocce in lontananza

Rocce in lontananza

Resto tutto il tempo necessario, mi guardo intorno decine di volte per essere sicuro di non essermi perso nulla e, quando capisco che è così, prendo la stessa strada in direzione opposta verso l’uscita. La felicità raddoppia perchè vedo arrivare persone a raffica mentre io mi sono appena gustato questo posto quasi in solitudine. Il centro abitato non ha moltissimo da offrire, ma non ci sono problemi: cosa avrei dovuto volere dopo lo spettacolo appena toccato con mano? Una piccola moschea, un trenino che sicuramente serve per portare al piazzale della fortezza coloro cui pesano le chiappe e dei bellissimi fiori completano l’offerta.

Moschea a Belogradchik

Moschea a Belogradchik

Il trenino

Il trenino

Ce ne sono tantissimi di questi

Ce ne sono tantissimi di questi

Guardo l’orologio e mi rimane qualche decina di minuti per riposarmi e rifocillarmi; lo faccio seduto su una panchina sulla piazza del trenino, che poi temo sia quella centrale e forse l’unica degna di questo nome in tutto il paese. All’ora giusta mi faccio chiamare il taxi dall’ufficio informazioni turistiche e torno alla stazioncina di Oreshets, da dove entro breve partirà il treno per Sofia. Un giro nella capitale bulgara che già conosco mi permette di scoprire altri particolari prima non visti, ma il momento di tornare all’aeroporto arriva presto. Stavolta il mio volo (con destinazione Bologna) partirà dal vecchio Terminal 1, per cui mi metto in moto per tempo. La tratta scorre via nel sonno più totale; una volta nel capoluogo dell’Emilia Romagna è troppo tardi per raggiungere Borgo Panigale e prendere l’ultimo treno diretto al centro. Come sempre non mi va di pagare 6 euro per quella maledetta idiozia dell’aerobus e, calcolando che avrò il pullman notturno per Roma tra almeno tre ore piene e che la serata si presenta bellissima dal punto di vista del meteo, decido di farmi a piedi i circa 8 kilometri che mi separano dal McDonald di fiducia (quello che mi lascia oziare li dentro fino a mezzanotte acquistando un menù). Il percorso è tranquillo e mi godo la città da un altro punto di vista: l’unico inconveniente è la presenza del mio pesante borsone sulle spalle, ma non si può volere tutto dalla vita. Anche il bus è puntuale e mi ritrovo prima all’autostazione Tiburtina e poi in ufficio in men che non si dica.

Arrivato alle conclusioni non posso che confermare che questo week-end è stato poco convenzionale anche per me. Tranquillo e con molti spostamenti se rapportati al tempo totale a mia disposizione, però unico nei contenuti. Vidin mi ha colpito nella sua semplicità; se penso che Calafat (la città di confine dal lato rumeno) non ha assolutamente nulla da vedere mi viene strano pensare che qui ci sia così tanto. La Fortezza di Belogradchik non ha parole per essere spiegata a dovere; già l’ho scritto che bisogna esserci di persona per ammirare cosa ha creato la natura e cosa l’uomo ha solo adattato un pochino ai suoi usi. Si…forse non è del tutto semplice da raggiungere senza un mezzo proprio, però con la volontà si può fare praticamente tutto. Chiudo qui il settimo capitolo della scoperta della Bulgaria ricordando per l’ennesima volta che i luoghi comuni sono sbagliati e che anche in questa nazione ci sono tantissime cose belle da vedere.

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