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Dopo diversi “toccata e fuga” degli anni passati in cui ho spudoratamente usato la capitale del Belgio come punto di arrivo e partenza per raggiungere altre località mi sono reso conto di aver tralasciato un piccolo particolare: questa città merita molto di più della funzione di tappabuchi che le ho riservato fino ad ora. Decido quindi di dedicare un week-end tutto per per lei per due motivi: il primo è ovviamente quello di visitare alla mia maniera una destinazione che mi affascina non poco, mentre il secondo è sfatare il mito che vede Bruxelles avere solo un putto che fa la pipì ed una bella piazza come luoghi da vedere. Conosco abbastanza bene il Belgio per essere sicuro che ci sia molto ma molto di più: per scoprirlo ho a disposizione poco meno di un giorno e mezzo che intendo sfruttare come meglio non potrei. Andiamo a vedere che cosa è successo…
Sabato mattina: ebbene si, per una volta non passo il venerdi notte sulle scomode sedie di un aeroporto e mi concedo una partenza diversa. Ad un primo pensiero sembra più semplice, ma in realtà non lo è affatto; per poter essere a Fiumicino alle 5:00 (il volo sarà alle 6:35) potrei optare per i mezzi pubblici oppure per raggiungere l’area parcheggio con navetta in macchina. Nel primo caso dovrei muovermi con i bus notturni della capitale uscendo di casa massimo alle 3:00, mentre nel secondo caso dovrei girare la chiave nel cruscotto alle 4:00. Facendo due conti della serva, per due euro di differenza mi conviene guidare autonomamente, anche perchè domani sera potrò tornare ad u orario decente senza dover fare i soliti mille trasbordi; per una volta ed in casi limite come questo si può procedere. Inutile dire che per portare avanti milioni di cose ho potuto dormire solo un’ora scarsa, ma ormai la mia vita è questa e non posso farci molto. I controlli di sicurezza vanno via con la massima scioltezza possibile, ma la Ryanair riesce a tardare quasi trenta minuti la partenza nonostante si tratti del primo aereo della mattina; sicuramente la colpa è del principale scalo romano che proprio non vuole saperne di studiare un piano per gestire le molte partenze previste: sono anni che lo bazzico e non c’è modo di evitare inutili supplementi di orario. La tratta la passo in un sonno che più profondo non potrebbe essere, ma dura solo un paio d’ore e quando mi sveglio in fase di atterraggio sento che non è assolutamente sufficiente. L’arrivo in terra belga non è dei migliori: l’aeroporto di Zaventem non è famoso per regalare i trasferimenti verso centro: quello più rapido è col treno e costa qualcosa come 15 euro, quasi come il biglietto aereo dall’Italia. Ovviamente non ci penso nemmeno e preferirei percorrere la strada a piedi piuttosto che buttare questa cifra. Ci sono due alternative: una a medio costo e l’altra a basso costo. Preferirei la seconda (il prezzo del ticket è di 1,80 euro se pre-acquistato da APP oppure 3,00 euro se pagato al conducente), ma l’arrivo non in orario mi fa perdere il primo bus disponibile ed aspettare il secondo mi obbligherebbe a buttare via un’ora esatta del prezioso tempo a disposizione; devo quindi optare per il pullman della linea n. 12 che costa 4,50 euro. Non è proprio un regalo, ma ci si può stare. Durante il percorso noto che il meteo è un po’ uggioso con qualche nuvolone minaccioso, ma niente di preoccupante dal punto di vista della possibile pioggia. Quando scendo dal mezzo pubblico mi trovo alla fermate della metropolitana chiamata “Trone”, in buona posizione per andare un po’ ovunque. In fase di studio della destinazione ho avuto la conferma che la capitale del Belgio non ha solo il bimbo che fa la pipì e la piazza centrale come punti di interesse: ho una mappa con oltre 100 cose da vedere, ovvero un numero impressionante che mi metterà sicuramente a dura prova. Ho diviso il tutto in settori e decido di iniziare da quello più consono alla mia attuale ubicazione. Di fronte a me ho la Statua Equestre dedicata a Leopoldo II°, ex re che è tristemente ricordato per la terribile gestione delle colonia del Congo (sfruttata all’inverosimile) che provocò la morte di milioni di cittadini locali. Proprio dietro al monumento c’è una cancellata del retro del Palazzo Reale difesa dagli immancabili leoni, elemento principale dello stemma del Belgio.
Inverto la marcia e per il momento mi dedico ad altro raggiungendo “Piazza Frere-Orban”, classica area pedonale con aiuole e vialetti che ospita la scultura per colui che presta il proprio nome e per Alexandre Gendebien (entrambi ex politici); infine noto anche una commemorazione per l’Esercito Segreto, un movimento armato della resistenza belga attivo dal 1940 al 1944. Su uno dei lati della piazza stessa si affaccia il pezzo forte, vale a dire l’Eglise Saint-Joseph.
Mi sposto nel modernissimo Quartiere Europeo: sappiamo tutti che Bruxelles è chiamata la “capitale d’Europa” perchè sede di diverse istituzioni a livello politico-economico del nostro continente e la più importante è proprio il Parlamento. Place de Luxembourg mi accoglie senza infamia e senza lode, con una buon cornice di palazzi a fare da perimetro, ma altrove ho visto sicuramente di meglio. Al centro vedo l’omaggio a John Cockerill, imprenditore di origine britannica che ha sviluppato la rete ferroviaria locale; se oggi è una delle più efficienti lo dobbiamo anche a lui. Pochi passi ed entro nella zona calda, ovvero quella che permette di accedere gratuitamente sia al Parlamentarium (il centro visitatori) che all’Hemicycle (il luogo in cui i deputati si riuniscono in seduta plenaria per votare le decisioni più importanti…o almeno così dicono loro…). Tra i due palazzi noto un cerchio realizzato con sedie colorate di pessima qualità che sembrano voler rappresentare in piccolo la ben più famosa assemblea appena citata, solo che sono troppe rispetto al numero dei paesi della UE. Forse mi sfugge qualcosa o magari non c’è alcun collegamento logico? Nessuno me lo spiegherà mai.
Ovviamente qui gli uffici si sprecano ed ho citato solo i due più importanti tra tutti quelli presenti; nel resto del racconto ne seguiranno altri. Faccio il mio ingresso nel “Parc Leopold”, altra zona verde stavolta di grandi dimensioni. Mi imbatto quasi subito nella “Biblioteca Solvay” seguita da un liceo ospitato da un edificio che sembra tutto tranne una scuola per quanto è interessante; lì accanto c’è un altro punto di interesse gratuito ed è la “Casa della Storia Europea” prima di poter godere degli scorci che offre un piacevole laghetto abitato da simpatici pennuti.
La prossima destinazione prevede un primo passaggio dal “Parc du Cinquantenaire” che divido in due tronconi per comodità: vedrò a momenti la parte destra mentre rinvierò al ritorno la parte sinistra. Neanche faccio il primo passo che mi trovo davanti un minaccioso cane di bronzo intento a fare la guardia; se tanto mi dà tanto…mangia solo il Ciappy di bronzo e non ne ho neanche una scatoletta con me. Se questo è il benvenuto significa che cominciamo maluccio. Ma purtroppo è solo l’antipasto: proseguendo non posso fare a meno di notare che sia la “Torre di Tournai” che l’Art and History Museum sono sotto manutenzione; la prima è completamente coperta dalle impalcature, mentre il secondo si salva almeno un po’, ma l’immagine che segue risulta comunque rovinata. Faccio un salto sull’altro lato della carreggiata per osservare la “Maison Cauchie”, una casa la cui facciata è stata decorata in maniera originale dall’omonimo architetto Paul Cauchie. Tornando a bomba sul parco…i problemi sembrano non essere finiti con alcuni lavori di ristrutturazione, ma c’è ben altro: dopo aver superato una bellissima fontana in posizione centrale ed aver osservato a dovere il particolare Memoriale dell’Aeronautica ubicato alla mia destra trovo stands inattesi piazzati dappertutto che coprono il Museo “Autoworld” (dedicato alla locomozione privata) e che rovinano la vista dell’Arcata del Cinquantenario. Non ci metto molto a leggere uno dei manifesti esposti per l’occasione e capisco che domani sarà in programma la maratona di Bruxelles. La solita fortuna che mi porto dietro non mi abbandona neanche stavolta; mi domando ancora oggi come faccio a beccare sempre questo tipo di manifestazioni quando decido di visitare una località, ma succede sempre. L’unica consolazione che ho è che proprio per domattina è prevista una discreta pioggia; non sarà un buon auspicio per il mio giro, ma andrà male anche ai rincoglioniti che partecipano agli stupidi eventi cittadini come questo. Dopo aver osservato il palazzo che ospita Il “Museo Reale dell’Esercito e della Storia Militare” saluto momentaneamente quest’area.
Mi aspetta una discreta passeggiata per ammirare una prima parte di periferia; in casi come questo si cammina tanto per coprire medio-grandi distanze e si vedono poche cose dal punto di vista numerico, ma spesso buone o ottime dal punto di vista della qualità. L’opera di Arthur Dupagne (scultore specializzato in statue che rappresentano figure africane) chiamata “Il tiratore con l’arco” mi apre la strada alla “Chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore”. Raggiungo poi il Monumento al Generale Montgomery (dietro di esso c’è una bella fontana che adorna una rotonda stradale) dopo una sosta davanti alla “Chiesa di San Giovanni Berchmans”, davvero niente male.
Imbocco “Avenue de Tervueren” e vedo il Monumento per la Cavalleria Belga che si staglia altissimo in Piazza Leopold II°. Qualche minuto dopo ecco “Palazzo Stoclet”, un edificio ideato dall’architetto Josef Hoffmann per il mercante d’arte Adolphe Stoclet. Si dice che gli interni siano di gran lunga migliori dell’aspetto esteriore, ma non lo saprò mai perchè il sito non è aperto al pubblico, perciò mi devo accontentare di quello che passa il convento. Il punto di interesse successivo è il “Monumento in onore dei caduti della guerra in Corea” e chi ti trovo una volta lì? Un simpatico raduno di militari belgi e coreani in divisa intenti a scattare foto di gruppo proprio davanti al memoriale. L’immagine che pubblico è di bassa qualità perchè presa da lontano; non me la sento di scattargliela in faccia, magari chiedendo a tutti di dire “Cis”. Comunque sia ho beccato anche questa ricorrenza; ma cavolo…perchè non riesco a vincere alle scommesse sportive con la stessa facilità con la quale azzecco tutte queste budinate? Mistero…; concludo questa parte di Bruxelles con la Chiesa di San Pietro per poi invertire la marcia.
Imposto il navigatore in direzione del Parc du Cinquantenaire (me ne rimane ancora una metà da vedere) e passo per strade diverse rispetto a quelle dell’andata; una di esse è molto lunga ed oggi chiusa al traffico veicolare per lo svolgimento di un mercatino di roba usata…o per meglio dire…di quelle schifose e luride cianfrusaglie inutili che dovrebbero finire dritte nelle discariche. Allungo il passo perchè voglio uscire di lì’ poichè sicuramente la mia espressione sta esternando il mio pensiero ad ognuno dei presenti. Grazie a questa accelerata fuori programma raggiungo il mio obiettivo prima del previsto e mi dedico ad osservare nell’ordine il “Monumento ai Pionieri belgi in Congo”, il “Padiglione Horta-Lombeaux” e la “Grande Moschea di Bruxelles”. Uscendo definitivamente dal parco noto anche l’omaggio al Generale Albert Thys, ricordato per il suo attivismo nell’ex colonia africana.
Un nuovo fulcro della politica si frappone tra me ed i miei prossimi “bersagli”: sto parlando del “Palazzo Berlaymont” che ospita la “Commissione Europea”; lo fotografo dal centro di una rotonda stradale nelle immediate vicinanze. Attraverso nuovamente il Quartiere Europeo per vedere il “Museo Antoine Wiertz” ed il “Museo di Scienze Naturali” che si trovano a pochi metri l’uno dall’altro. Ancora una buona camminata mi conduce fino alla “Chiesa di San Bonifacio” ed è la prima volta che, nella capitale d’Europa, mi sento quasi un estraneo: sono moltissimi gli extracomunitari presenti e quasi tutte le attività commerciali della zona sono gestite da loro. Lì per lì non ci faccio caso perchè ogni città ha questo tipo di area, ma col senno di poi posso dire che sarà la prima di una lunghissima serie, quasi infinita. Bruxelles è piena zeppa di extracomunitari in ogni suo punto cardinale e forse solo il centro storico/turistico si salva un pochino. Per carità, non sto dicendo niente di male perchè mi sento un cittadino del mondo, adoro il kebab e molte cose extra-europee, per cui non vorrei essere frainteso, ma non possiamo negare il fatto che così non abbiamo più una nostra identità. Sono questi i casi in cui mi tornano in mente tanti flash di Varsavia, di Budapest, di Minsk…e sono questi i casi in cui mi chiedo almeno se in qualche modo non abbiano ragione loro. Proseguo la marcia in direzione della “Chiesa dei Carmelitani Scalzi”, la cui facciata è troppo vicina ad un gruppo di alberi per darmi un campo visivo decente, per cui faccio ciò che posso. Poco distante è presente la particolare scultura dell’artista Luk Van Soom che prende il nome di “L’Uomo di Atlantide”.
Andando dritto vedo il Monumento che prende il nome di “De Smet de Nayer” e poi ho una brutta sorpresa: il meraviglioso Palazzo di Giustizia, ubicato subito dietro, è completamente coperto da impalcature in ogni suo centimetro. Mi affaccio quindi su Place Poelaert dove pare esserci una vista clamorosa sulla città e non vorrei farmela sfuggire, ma prima dedico la mia attenzione al “Monumento alla Gloria della Fanteria Belga” (la foto ha una qualità pessima perchè qualche cervellone ha pensato bene di piazzare una ruota panoramica esattamente dietro alla scultura) ed al Memoriale Anglo-Belga. Alla fine, la verità è che quel punto panoramico non mi entusiasma poi tanto. Se dicessi che è brutto sarebbe peggio di una bestemmia, ma la prima parte dello sguardo è ostruita dai tetti di costruzioni decisamente troppo alte che fanno la loro parte dal punto di vista negativo. Mi fermo quindi meno del previsto e riparto quasi subito alla volta della “Chiesa di San Giovanni e Santo Stefano”.
Avanti così perchè chi si ferma è perduto: è la volta della Grande Sinagoga di Bruxelles, seguita dalla curatissima “Piazza-Giardino Petit-Sablon” sulla parte destra della carreggiata (peccato per la troppa ombra presente) e dalla “Chiesa Cattolica di Nostra Signora del Sablon” sulla parte sinistra. Qui vicino c’è anche la semplice “Fontana di Minerva” mentre, seguendo Rue Joseph Stevens, giungo di fronte all’imponente “Chiesa di Notre Dame de la Chapelle”; nel piazzale dove affaccia l’ultimo edificio religioso elencato vedo “l’Obelisco Chapelle” ed una scultura molto carina e particolare che rappresenta un uomo intento a dipingere la sua tela.
Il pensiero che domani è prevista pioggia mi spinge (e mi costringe…) a non avere pause, per cui continuo il giro usando tutte le forze che ho. La “Fontaine Rouppè” mi sta aspettando al centro di una rotonda stradale, mentre un enorme flop è in agguato di lì a poco: la “Cattedrale dei Santi Arcangeli Michele e Gabriele” è contenuta all’interno di un normalissimo edificio, per cui passo il turno e niente di fatto. Raggiungo il Memoriale “Aux Forains morts pour la Patrie” e poi cambio zona.
Mi avvicino a grandi falcate verso il centro storico ed il primo punto di interesse che trovo è proprio lui, il simbolo di Bruxelles: sto parlando del “Manneken Pis”, il putto che fa la pipì più famoso del mondo. Durante i miei rapidi passaggi del passato in questa città lo avevo già visto, per cui non mi impressiona più di tanto. Intendo dire in senso negativo…perchè è veramente sopravvalutato. E’ alto pochi centimetri ed ancora oggi mi chiedo che cosa abbia di così bello e particolare. Temo che la stessa cosa la pensino anche i locali perchè in certi momenti della giornata si divertono a vestirlo con abitini realizzati su misura che poi, una volta usati, vengono conservati gelosamente all’interno di un apposito museo ubicato non molto lontano. Dato che si tratta della maggiore attrazione qui, ci trovo una marea di gente; come se non bastasse un trio di artisti di strada ha deciso di esibirsi proprio davanti al putto, per cui scattare fotografie è un’impresa titanica sia per le tante teste che mi trovo a dover evitare che per questi maledetti rompicoglioni che non avevano altro posto dove strimpellare i loro strumenti. Adesso quel cosetto è vestito, per cui ci tornerò in un secondo momento per vedere come mamma l’ha fatto; lo specifico perchè sto per pubblicare entrambe le immagini qui di seguito per rendere l’idea nella maniera migliore possibile. Ma prima è il momento di dedicare il meritato tempo al vero e proprio capolavoro del Belgio, almeno secondo me: sto parlando del “waffle” (in fiammingo) o “gaufre” (in vallone). Non me ne frega una cippa di come lo si vuole chiamare; so solo che il biscotto belga è assolutamente divino e che stasera al supermarket ne comprerò una confezione da dieci pezzi che mi finirò prima di andare a dormire senza lasciar cadere a terra neanche una briciola, come mia tradizione millenaria che si ripete ogni santa volta che metto piede da queste parti. I punti ristoro locali si sbizzarriscono a farcirlo con qualsiasi gusto che va dalla frutta alle creme passando per chissà cosa, ma a me piace senza niente, con i granelli di zucchero che mi si spaccano tra i denti e si fondono perfettamente con la parte morbida. Ovviamente tutti hanno i propri gusti che rispetto totalmente; qui mostro un’immagine dei waffles farciti che ho appena descritto.
Inizio a muovermi per le vie centrali che sono decisamente più trafficate da turisti ed avventori rispetto a quanto visitato fino ad ora. Qui i punti di interesse sono a brevissima distanza l’uno dall’altro. Inizio proprio con la strada in cui c’è il museo degli abiti del Manneken Pis ed ho modo di vedere un’altra caratteristica di questa bella città: i dipinti murali. So che ce ne sono tantissimi e cercherò di fare in modo di immortalare i più belli; personalmente non sono un’amante folle di questo genere di arte alternativa, però ammetto che certe volte si trovano dei veri e propri capolavori. E quale poteva essere il primo “murale” della serie se non quello che rappresenta il piccolo putto in versione moderna e fankazzista? Poco dopo ecco le statue di “Jacques Brel” (cantautore) e di “Gabrielle Petit” (spia presso i servizi segreti britannici durante la prima guerra mondiale). Conclude l’area l’edificio che ospita il Parlamento della Regione di Bruxelles Capitale.
Mi sposto verso un’altra zona importante della capitale del Belgio, ovvero quella del “Monts des Arts”. Si tratta di una piazza-giardino che, sinceramente parlando, mi aspettavo molto più curata. L’attenzione che l’amministrazione comunale ha verso le piante che dovrebbero adornarla sembra abbastanza blanda ed è un peccato perchè potrebbe essere un luogo davvero spettacolare. Per fortuna che qui ci sono tante altre cose da vedere, per cui dedico la mia attenzione alla “Cappella di Maria Maddalena”, alla “Statua della Regina Elisabetta del Belgio”, al “Monumento equestre di Re Alberto I°”, al “Museo Beyond Bruegel”, alla “Biblioteca Reale del Belgio” ed al “Carillion di Monts des Arts”. Direi che ce ne sono di cosette per non perdersi d’animo a causa delle piante lasciate a loro stesse, non vi pare?
Salgo una breve scalinata e mi trovo un piano più in alto rispetto a poco fa; da qui godo della vista della quale ho sentito parlare e letto in fase di preparazione del viaggio. Come nel caso precedente, potrebbe essere migliore. Soprattutto si nota in maniera disarmante il colore cupo delle piante (ancora…) e la colpa non è tutta quanta del periodo autunnale cominciato da pochissimo. Appena dietro di me c’è una particolare fontana che prende il nome di “Oreille Tourbillonnante” , qualcosa come orecchio rotante tradotto in italiano. Questo perchè il protagonista della fontana è un orecchio che gira su se stesso, realizzato dallo scultore Alexander Calder; si dice che ascolti tutto ciò che accade a Bruxelles. Alla mia destra si erge la “Statua per Charles-Alexandre de Lorraine” (ex politico e militare) mentre alla mia sinistra vedo “l’Old England”, l’edificio che ospita il Museo Storico degli Strumenti Musicali. Il “Museo Reale delle Belle Arti” ed il “Museo Fin-de-Siecle” mi accompagnano ad ammirare Place Royale, bella perchè vi si affaccia la “Chiesa di Saint-Jacques-sur-Coudenberg” e perchè ospita la “Statua Equestre di Godefroid de Bouillon” (da noi meglio conosciuto come Goffredo di Buglione, visto che ci piace storpiare i nomi di chiunque traducendoli in italiano invece di imparare quelli originali). I palazzi che formano il perimetro della piazza stessa sono belli, ma la verità è che ne ho visti di migliori.
Passo davanti al “Palais de Coudenberg” e finalmente vedo uno dei punti salienti della città, ovvero l’enorme “Palazzo Reale” nel quale ancora oggi vivono i sovrani del Belgio. Ovviamente cerco di immortalarlo in tutte le salse possibili per poi scegliere a casa lo scatto migliore. Di fronte ad esso si apre il Parco Cittadino che, tranne per una bella fontana, mi appare fin troppo spoglio; c’è solo verde e poco poco di più. Esco dalla parte opposta rispetto a quella dalla quale sono entrato e li mi trovo davanti il Palazzo della Nazione.
Dò l’arrivederci al centro per qualche tempo perchè mi dirigo verso una nuova zona periferica che si apre dal lato in cui mi trovo attualmente. Sarà una lunga camminata, ma le aspettative mi dicono che quasi sicuramente ne varrà la pena. Inizio con la scultura in onore del “Generale Henri Alexis Brialmont” seguita dall’altissima “Colonna del Congresso”. Il successivo “Giardino Botanico” (La Botanique in lingua locale) mi colpisce davvero molto, ma mai quanto la stupenda “Chiesa Reale di Santa Maria”, un vero capolavoro rovinato da un maledetto teppista alla guida di un furgone bianco che ha deciso di parcheggiare il proprio mezzo davanti al portone principale dell’edificio religioso. Giusto il tempo di tirargli qualche maledizione delle mie e poi inverto la marcia.
Anche il prossimo punto di interesse non mi delude affatto: mi riferisco alla “Concattedrale di San Michele e Santa Gudula”; davanti ad essa c’è il “Busto di Re Baudouin”. Proseguo la passeggiata fino a trovare, a breve distanza, un piazzale monopolizzato da extracomunitari che mi guardano male quando ci metto piede, come se avessi varcato la loro soglia. Eh no cari, questa è ora e sarà sempre la nostra soglia e voi siete ospiti, così entro quanto mi pare e piace in un luogo che ancora è pubblico. Dirimpettaie ci sono le statue per “Don Chisciotte e Sancho Panza” (protagonisti del più famoso romanzo di Cervantes) e per “Bela Bartok” (compositore). Ancora oggi mi sto chiedendo quale sia il nesso tra le due sculture e perchè siano state messe proprio qui, in un punto di raro passaggio. Anche in questo caso non ho una risposta e credo che non l’avrò mai.
La successiva piazza racchiusa tra Rue du Marchè aux Herbes e Rue de la Montagne vede come protagonista la “Fontana Charles Buls”: è il punto di Bruxelles che, se toccato, porta fortuna. Ormai di posti credo di averne girati abbastanza ed in ogni dove c’è una diceria simile; ma a qualcuno la fortuna è davvero arrivata? La risposta è no. il problema è che la leggenda attira un sacco di gente (soprattutto asiatici creduloni) che mi fanno attendere minuti e minuti per trovare la fontana libera e fotografabile. Un nuovo interessante dipinto murale si nasconde in una stradina alla mia destra: lo scorgo con la coda dell’occhio e lo raggiungo. Vagando quasi senza mèta mi imbatto anche nella Stazione Centrale e capisco che il momento è maturo per fare il mio ingresso nel cuore pulsante della capital belga, ovvero la meravigliosa Grand Place. Mi porto al suo centro e giro su me stesso a 360 gradi: ogni centimetro è spettacolo allo stato puro. Vorrei evitare di scrivere ancora una volta che la troppa gente presente rovina il colpo d’occhio, ma poi mi viene detto che sono asociale, per cui stavolta tengo il pensiero per me. Un aneddoto però lo voglio raccontare: una coppia di visitatori sta cercando di farsi una foto con uno dei bellissimi palazzi che fanno da perimetro alla piazza come sfondo; quattro ragazze se ne accorgono e si piazzano dietro di loro cominciando a saltare a più non posso alzando le mani fino all’inverosimile con il solo scopo di rovinare lo scatto a quei due poveretti. La cosa più orribile è che mentre fanno questo sghignazzano e starnazzano come oche. Ecco, questa secondo me è cattiveria pura; non stupidità o goliardia, ma cattiveria alla massima potenza. Avrei voluto dar loro una palata in faccia ciascuna per insegnargli l’educazione, ma dimentico ancora una volta la verità…cioè che sono io ad essere asociale, non gli altri che sono teste di cazzo da allontanare il più possibile. Meglio tornare alla Grand Place che merita davvero: gli edifici citati poco fa sono esattamente le Case delle Corporazioni, il Municipio di Bruxelles e la Maison du Roi. Nonostante l’ampiezza della piazza, i palazzi sono talmente alti che per fotografarli occorre allontanarsi molto da ognuno di loro, mentre un unico colpo d’occhio è letteralmente impossibile.
Fatto questo non posso non notare che sta iniziando a calare il sole e che sto camminando da quasi dieci ore senza sosta. Per concludere la visita della città mancano ancora tantissime cose sparse in diverse aree, per cui decido di fare tutto il possibile finchè ci sarà luce e poi rimandare ciò che resta a domani sperando che il meteo si sbagli perchè la pioggia complicherebbe molto le cose costringendomi a rallentare la marcia. La mia volontà ed i miei propositi però durano molto poco, ma c’è un motivo: mi sposto in una delle traverse che si diramano dalla Grand Place con l’intento di vedere la “Chiesa di Saint Nicholas” ed il “Palazzo della Borsa” che so essere particolare; per ciò che riguarda l’edificio religioso va tutto bene, ma quando mi sposto sul secondo obiettivo trovo l’intera area con la pavimentazione dilaniata, un percorso obbligato per i pedoni e macchine escavatrici parcheggiate ovunque: i tanto odiati lavori in corso che sembravano essere assenti almeno qui sono arrivati e non riesco a sopportarli. Decisamente meglio andare a riposarmi e dormirci su. Faccio giusto un salto a vedere una chicca che pochi conoscono e poi chiudo: si tratta della “Jeanneke Pis”, ovvero la bambina che fa la pipì. Ebbene si, c’è anche lei ed è ubicata in un vicolo senza uscita davanti ad un pub-ristorante e custodita da una grata che mi dà grossi problemi per poter scattare fotografie decenti. Ma il succo del discorso è uno solo: la trovo e la porto nel mio album dei ricordi. Vedere per credere.
Adesso ho una sola direzione da seguire e punta dritto verso un supermercato abbastanza grande visto poco fa dove voglio comprare la cena, nonostante il mio alloggio (prenotato su AirBnb) sia a 2,5 kilometri di distanza da qui. Non conosco quella zona e non so se troverò negozi di mio interesse durante il percorso; in caso negativo sarà troppo tardi per tornare indietro sperando che qualcosa sia ancora aperto. Acquisto tutto ciò che mi serve, compreso il pacchetto da 10 waffles che bramo da mesi. Poco meno di trenta minuti mi portano alla sistemazione scelta per la notte nel quartiere di Molenbeek: si tratta di una stanza in un appartamento nel quale i proprietari non sono presenti, per cui sarà tutta pacchia per me. L’unico inconveniente, seppur minimo, è che devo prendere e riportare le chiavi presso un vicino bar. La cosa si svolge in totale facilità e passo il tempo a disposizione mangiando, giocando al mio solito calcio manageriale e spuntando sulla mappa tutto ciò che ho visto oggi, cosa che mi faciliterà non poco l’individuazione dei punti di interesse da raggiungere domani. Appena concludo il tutto noto che è arrivato il momento di mettermi a letto perchè le mie gambe gridano vendetta.
Domenica mattina: La sveglia è per le 7:30 perchè ho intenzione di uscire dalla stanza alle 8:00 in punto; ancora con gli occhi stropicciati mi affaccio alla finestra e vedo che è ancora buio, ma ormai non è più una sorpresa avendone viste di tutti i colori in giro per il mondo. L’oscurità è dovuta a due fattori: il primo è l’orario, mentre il secondo è dato dalla coltre di nuvole che stazionano su tutto il cielo. Ebbene si…il meteo ci ha preso: sta piovendo. Per tale motivo si prospettano ore quantomeno complicate. Mi preparo indossando il k-way che metto anche allo zainetto. Lui è piccolo (è un bagaglio a mano delle dimensioni consentite da Ryanair) per cui non è ancora autosufficiente; quando crescerà e diventerà un valigione farà tutto da solo. Cazzate a parte, è ora di mettermi in moto. L’obiettivo è quello di vedere tutto ciò che posso iniziando dalla periferia vicino alla stanza per poi rientrare e finire ciò che manca del centro. La passeggiata iniziale è abbastanza lunga, ma il risultato è degnissimo di nota: la “Basilica del Sacro Cuore” è enorme e molto bella; già so che se l’avessi ammirata col sole sarebbe stata tutta un’altra cosa, ma ancora non sono in grado di spostare le nuvole. Un’altra camminata mi porta davanti alla “Chiesa di Saint-Jean”, poi faccio ritorno nella zona dalla quale sono partito dove mi accoglie la “Chiesa di Saint-Remi”.
E’ la volta di una scultura goliardica che prende il nome di “De Vaartkapoen”; mostra un simpaticone che esce da un tombino nel momento giusto per far cadere a terra un passante riuscendo a portare a termine il suo piano diabolico. Ben più seria (forse anche troppo) è l’immagine che mi regala la “Chiesa di Saint-Jean Baptiste”. All’estremità di un parchetto noto il “Memoriale al Piccione Soldato” e, proprio lì di fronte, la “Fontana Anspach”
Anche la “Chiesa di Santa Caterina” (che affaccia sull’omonima piazza) è meritevole di attenzione; il campanile è staccato rispetto al corpo centrale. Seguendo il fianco destro dell’edificio religioso raggiungo la “Black Tower”, una torre che fa parte dei resti delle antiche fortificazioni di Bruxelles risalenti al XIII° secolo. Dato che questa è la città di qualunque cosa faccia la pipì, non posso assolutamente esimermi dal cercare l’ultimo esemplare rimasto ancora inosservato: anche lo “Zinneke Pis” (un cane che urina…) finisce nel mio album dei ricordi e ci arrivo con una deviazione fatta di proposito. L’unica differenza è che la pipì dell’animale non scende liquida come nei due casi precedenti, ma è rappresentata da delle strisciate di vernice di inequivocabile colore giallo. Torno alle cose serie quando incontro il “Teatro de la Monnaie” e poi succede una mezza catastrofe: raggiungo la stravagante opera chiamata “La Chatte a Bicyclette” (che Google Translate mi traduce testualmente in “la figa della bicicletta”…provare per credere) un secondo e mezzo in ritardo rispetto ad un gruppo di turisti asiatici; vi lascio solo immaginare quanto tempo ci ho messo per avere quell’oggetto solo per la mia reflex. Si sono scattati fotografie in centinaia di posizioni inenarrabili, ma purtroppo quando ci sono loro funziona così e non ci si può fare nulla tranne che portare pazienza.
La bella “Place des Martyrs” mostra pienamente l’essenza del suo nome grazie ad un perimetro formato da curatissimi palazzi; tre sculture sono ubicate nell’area pedonale; alla mia destra c’è quella in memoria di “Jenneval” (attore-poeta francese deceduto durante i combattimenti per la rivoluzione belga del 1830, ancora oggi ricordato come l’autore dell’inno nazionale del paese che mi ospita), mentre alla mia sinistra c’è quella in memoria di “Frederic de Merode” (anch’egli impegnato nella suddetta rivoluzione). Al centro della piazza si erge invece il Monumento dedicato a tutto il resto dei martiri della medesima sommossa. Non lontana, ma comunque all’esterno di questo rettangolo di cemento, vedo la “Chiesa Notre-Dame du Finistere”.
Concludo questa parte di Bruxelles raggiungendo prima la “Chiesa di San Giovanni Battista al Beghinaggio” e poi la strana “Fontana Pol Bury”. Mi trovo a poche decine di metri dalla fermata “Rogier” della metropolitana, ovvero nel punto più vicino alla Stazione Nord; da qui dovrò prendere tra qualche ora il bus della compagnia De Lijn che mi condurrà all’aeroporto per la partenza del volo delle 16:50 con destinazione casa. Il tempo che mi resta è sufficiente per esplorare un’ultima zona, ma per non perdere neanche un attimo prezioso è necessario farlo tramite il trasporto pubblico. Scendo al piano interrato ed acquisto un ticket del valore di 2,10 euro ad una delle macchinette automatiche presenti aspettando in banchina l’arrivo del treno giusto. La tratta è abbastanza lunga e si porta via circa una trentina di minuti per raggiungere la fermata “Heysel”. Appena riemerso al piano strada noto subito lo “Stadio Roi Baudouin”, ovvero l’impianto che resterà per sempre nella storia come quello della strage dei 39 tifosi della Juventus deceduti durante la finale di coppa dei campioni del 1985. Sono sicuro al 99% di trovarlo chiuso ed inaccessibile, per cui rivolgo la mia attenzione verso un simbolo che realmente rende Bruxelles famosa nel mondo, ovvero l’Atomiun (altro che Manneken Pis…). Questa struttura è bellissima fuori e terribile dentro perchè ospita una mostra di scarsissimo interesse, almeno questo è il punto di vista mio e quello di tanta altra gente; basta leggere le recensioni su Tripadvisor dove le persone si sbizzarriscono nel definire il costo del biglietto come i peggiori soldi spesi durante un viaggio nella loro vita.
Faccio un rapido calcolo e mi rendo conto che tornando a piedi da qui alla Stazione Nord arriverei addirittura in anticipo rispetto all’orario previsto per il bus diretto allo scalo aeroportuale cittadino. Quindi non me lo lascio ripetere due volte e mi metto in marcia. Osservo subito una fontana che ha l’Atomium sullo sfondo ed è particolare vederlo sfumare nella foto in mezzo ai getti d’acqua. E’ poi la volta della “Chiesa di San Lamberto” che si staglia alta nel cielo dietro ad una marea di alberi che però riesco in qualche modo ad evitare. Faccio poi il mio ingresso nel curatissimo “Giardino Stuyvenberg” che però mi appare molto al di sotto delle sue reali potenzialità causa pioggia e cielo terso che non ne permettono la meritata esposizione alla luce; è un vero peccato. Segue il “Castello di Laeken”, ma anche lui una cattiva sorpresa me la riserva: il cancello di ingresso è chiuso al pubblico, per cui sono costretto ad osservalo da lontano ed a fotografare usando lo zoom della reflex; il risultato anche in questo caso avrebbe potuto essere decisamente migliore. Di fronte, dall’altro lato della carreggiata, ammiro il “Memoriale a Lepoldo I°”, ex sovrano del Belgio. Una passeggiata abbastanza lunga mi conduce fin davanti alla “Chiesa di Nostra Signora di Laeken”; poi, dopo un giorno e mezzo di pura sfacchinata, la “Chiesa Ortodossa Rumena di Saint Nicholas” chiude definitivamente la mia visita di Bruxelles.
Alla Stazione Nord mancano circa 1,1 kilometri; sto imprecando come un turco per la situazione, sono stanco ed ho gli abiti fradici nella parte bassa del mio corpo, cioè quella che il k-way non riesce a coprire. Nel corso di tutta la mattinata la pioggia andava e veniva a suo piacimento e la punta di massima intensità è in corso proprio adesso. Non ho altra scelta che fare un passo dopo l’altro a testa bassa nella speranza che la mia destinazione arrivi prima possibile per potermi riparare sotto un tetto ed è così che imbocco Rue d’Aerschot tenendomi sulla parte sinistra della strada. Quasi non faccio in tempo a girare l’angolo che mi trovo a due centimetri esatti dal naso un giovane angelo che indossa solo un perizoma e mi fissa mentre sembra intenta a sistemare una vetrina. – “Cazzo!!! Ma che negozio è questo che ha una commessa conciata così???”. E’ questo il pensiero che mi viene in mente nel primissimo attimo in cui la mia testa si dimentica per un momento di maledire la pioggia e decide di tornare a connettersi con gli occhi. Nei successivi due secondi realizzo al 101% cosa sta accadendo, e soprattutto intuisco che cosa si venda in quella bottega e nelle tante altre a seguire: anche Bruxelles, come la ben più famosa Amsterdam, ha la sua zona a luci rosse con le donne in vetrina, solo che non è pubblicizzata come punto di interesse turistico. Da parte mia giuro che non ne conoscevo l’esistenza prima di finirci dentro per puro caso. La stazione che sto cercando è alla fine di questa via e ciò significa anche che l’ultima striscia d’asfalto che attraverserò nella capitale belga prima di andarmene è proprio questa. Il destino si sà che è beffardo, ma stavolta lo è al quadrato: le restanti “signorine” (e ce ne sono a decine, anche tre-quattro per vetrina) quasi non valgono uno sguardo di sfuggita tranne rarissime eccezioni, ma la ragazza iniziale era di quelle che rimangono impresse e che non si cancellano facilmente. Ma se per un maschietto questo spazio può essere definito quantomeno curioso, ha anche e soprattutto tanti lati marci: l’area è bazzicata al 99% da extracomunitari, le cui facce sono tutto un programma; dall’altro lato della carreggiata si intravedono degli orinatoi pubblici formati da pezzi di lamiera lurida, ed infatti si sente ovunque una puzza di pipì da far vomitare. Mi domando perchè il comune li abbia messi proprio qui, quando nel resto della città non ne avevo visto neanche uno fino ad ora. Dei bagni pubblici moderni avrebbero forse snaturato la “ridente” zona? Quando prendo il sottopassaggio della stazione nord, anch’esso puzzolente da far paura, ho ben saldo dentro di me il fatto che a quasi quarantuno anni non ho mai usufruito di una “prestazione a pagamento” e sono felice così, anche ripensando a chi c’era nella prima vetrina che ho visto qualche minuto fa. Anche se lo si descrive come il “mestiere” più antico del mondo, a me non sembra nè normale nè corretto usufruirne, mentre gli amici ai quali ho raccontato l’accaduto non hanno lesinato complimenti dandomi dell’idiota e pure del tirchio…come se la mia scelta fosse stata dettata da un problema economico; sono io ad essere sbagliato? Forse si, ma anche forse no. Sono le 14:05 quando metto piede nell’atrio della stazione ed ho ancora il tempo per una cosa che, se non la farò, me ne pentirò amaramente: cerco e trovo un market dove compro un altro pacco da 10 waffles che riesco con fatica a far entrare nel bagaglio a mano con l’intento di portarlo a casa sano e salvo. Alle 14:35 passa il bus della compagnia De Lijn sul quale salgo obliterando il biglietto elettronico acquistato da casa sull’Applicazione scaricata sullo smartphone. E’ inutile sottolineare che sul pullman ci sono il 5% di europei ed il 95% di extracomunitari perchè ormai è storia nota. Mi dispiace ripetermi, ma è una cosa strana. Alle 15:35 scendo al terminal dell’aeroporto di Bruxelles e sono in tempissimo per effettuare i controlli di sicurezza, andare in bagno e dirigermi al gate di imbarco. Il volo è puntuale ed alle 19:00, dopo il classico sonno da viaggio, sono già in macchina dopo il breve viaggio in navetta fino al parcheggio. Volete fare una risata finale? Varco la soglia dopo oltre un’ora causa traffico nella caotica Roma, quindi ho fatto quasi prima a rientrare dal Belgio in Italia che a percorrere 35 kilometri da Fiumicino a casa mia. Questa città dà sempre più disagi…e mi sà tanto che prima o poi mi trasferirò a Bergamo dove “mamma Ryanair” (ma non solo lei…) ha molte più tratte a disposizione e dove quasi sicuramente si vive meglio. Ciò che conta è che anche quest’avventura è finita positivamente.
Eccoci alle conclusioni che inizio con una domanda d’obbligo: dopo un post con 7.200 parole e 127 fotografie…Bruxelles ha davvero da vedere solo un putto che fa la pipì ed una piazzetta? Beh…credo sia superfluo dire di no, soprattutto perchè ho ammirato tantissimi punti di interesse, ma non tutti quanti. Sono sicurissimo che, con più tempo a disposizione per girare in periferia, qualche altra chicca sarebbe venuta fuori. Sarà che personalmente adoro tutto il Belgio ed i paesaggi che offre, ma ho trovato la sua capitale bellissima ed interessante; sono stato ultra-felice di aver scelto (come sempre) di non dare ascolto alla massa e di aver organizzato le cose a modo mio; fino ad ora questo atteggiamento mi ha ripagato 98 volte su 100, e sono cifre abbastanza importanti. Quindi il mio consiglio è semplice: visitate Bruxelles, ma fatelo nella maniera migliore e più completa possibile perchè solo così potrà stupirvi. Se vi limiterete a fare i “turisti da centro” tornerete via delusi dicendo che bastano due ore per vedere tutto e che il gioco non vale la candela.