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L”ultimo week-end di questo maggio stranissimo (e terribile…) dal punto di vista del meteo lo passo abbastanza vicino a casa, ovvero nelle Marche. Per me, che sono abituato a viaggi ben più lunghi anche con poco tempo a disposizione, restare in Italia è quasi sinonimo di relax allo stato puro ed è per questo motivo che studio un itinerario tale da consentirmi di vedere più località possibile. La scelta cade su Urbino, Pesaro ed il capoluogo di regione Ancona. Tre città da vedere in due giorni possono andare bene, anche se nella manica ho sempre un asso con me (in questo caso sarebbe Senigallia) che però non posso utilizzare proprio causa maltempo. Direi di darci un taglio ed andare a vedere cosa è successo…
Venerdi pomeriggio: alle 16:45 esco dall’ufficio e mi dirigo alla stazione Termini con la solita metropolitana; in zona vado a comprare un paio di lattine di Coca cola zero super-gelate ed un pacchettino di cookies da un market di mia assidua frequentazione. Con me ho, oltre al classico zainetto contenente tutto il necessario, anche una busta con la cena di stasera. Sono diretto a Rimini ed il Frecciabianca in partenza alle 17:30 mi porterà in Romagna solo alle 21:30, cioè con i negozi già abbondantemente chiusi. Ecco il motivo dell’aver pre-acquistato le cose da mangiare a Roma. Il viaggio scorre abbastanza tranquillo, tranne per due situazioni: la prima riguarda il bagno, talmente sporco che una fogna farebbe più figura; la seconda è la temperatura all’interno del vagone: va bene che siamo al 25 di maggio e che dovrebbe essere primavera avanzata, ma è anche vero che la stagione è del tutto anomala per il periodo e le temperature sono ben al di sotto delle medie stagionali; qualcuno mi deve spiegare perchè solo su determinati treni (le frecce, per l’appunto) ci si ostini ad accendere l’aria condizionata a cannone anche quando non ce ne sarebbe bisogno. La morale della favola è che io, senza giacchetto per scelta, patisco letteralmente quattro ore piene di freddo polare, roba da battere i denti. Vedo le persone che mi circondano coprirsi in tutti i modi possibili, addirittura avvolgendosi la testa con tutto ciò che hanno a disposizione in stoffa. Anche volendo fare un reclamo non ne avrei la possibilità perchè il controllore non si è mai degnato di passare; a saperlo avrei tranquillamente potuto viaggiare senza biglietto; lo so che non si fa, ma è modo di comportarsi quello di Trenitalia? Si può sapere come sono possibili certe cose nel 2019 su un Frecciabianca? Ovviamente no! Nessuno saprà mai rispondere alle mie domande e tutto passa in cavalleria come sempre. A quest’ora alla stazione di Rimini non c’è praticamente nessuno; noto dall’altro lato della strada la presenza di un paio di negozi gestiti da extracomunitari dove compro la bottiglia di Coca Cola Zero per la serata; ero stra-sicuro che l’avrei trovata, ma ciò non vale per il resto: roba come affettati, pane e prodotti “freschi” preferisco comprarli da market nostrani. Adesso ho veramente tutto e vado in hotel, che dista una decina di minuti di passeggiata. La receptionist, palesemente russa (ma a Rimini è cosa normale al punto che le indicazioni nelle strutture sono scritte anche in caratteri cirillici) mi dà la chiave della stanza. Mi trovo nel fulcro del divertimento italiano (anche se ancora fuori stagione), per cui potrei uscire e fare qualsiasi cosa…ma il mio calcio manageriale è più forte e mi metto tranquillo a cenare mentre porto avanti il campionato virtuale. La verità è che, se non fossi stato solo, un paio di salti in centro li avrei pure fatti volentieri, ma non in questa situazione.
Sabato mattina: la sveglia suona alle 5:15; ho giusto il tempo di prepararmi e fare il check-out prima di tornare in zona stazione centrale, luogo della fermata del bus che devo prendere. Ci arrivo con una decina di minuti di anticipo per capire esattamente quale degli stalli presenti sarebbe stato quello corretto. La partenza è prevista proprio da qui, ma pare che qualcosa non stia andando per il verso giusto: alle 5:50, orario di inizio della corsa, ci sono solo io presente in zona; nessuna traccia nè di altri passeggeri nè tanto meno del mezzo. Sicuramente sono troppo abituato all’estero dove la puntualità è d’obbligo, ma inizio a preoccuparmi ed a cercare una soluzione alternativa nel caso in cui la compagnia avesse abolito la corsa per qualsiasi motivo. Sto per andarmene quando, alle 7:02 vedo spuntare un pullman diverso rispetto a quelli di linea della città di Rimini, con la scritta “Bonelli Bus” sulla fiancata, cioè l’azienda che mi interessa; decido così di dargli una possibilità ed attendo che passi. Mi tocca fermarlo alzando la mano perchè sembra addirittura fregarsene del capolinea proseguendo dritto; solo un cieco non vedrebbe che si tratta di un mezzo abbastanza vecchio e scassato. Una volta sinceratomi che è proprio lui che va in direzione di Urbino, pago il biglietto e salgo. Scopro che si tratta di una corsa “studentesca”, cioè fatta appositamente per portare i ragazzi della provincia a scuola; mi rendo conto che sarò un pesce fuor d’acqua per l’intera tratta ed infatti ci vuole poco per averne conferma: durante il tragitto salgono solo ragazzini e la mia fortuna è che sono pochi (una quindicina al massimo) perchè è l’ultimo sabato di maggio e molti non si sognano neanche di fare questa levataccia per qualche misera ora di lezione. Ma le disgrazie possono essere già finite? Ovviamente no e lo scopro quando sento l’autista parlare al cellulare mentre guida: sta chiamando la sede e sta dicendo all’addetto di turno che il mezzo ha qualche problema. Teme che di lì a poco perderemo il differenziale per strada, così chiede quasi in ginocchio che gli venga fatto trovare un bus sostitutivo lungo la via per non rischiare di rimanere a piedi. Succede esattamente questo e, non so proprio indicare dove, ci fanno scendere tutti da un pullman per salire su un altro. Detto ciò, vado alle cose buone: le circa due ore di percorrenza passano positivamente perchè attraversiamo da una parte all’altra la Repubblica di San Marino ed anche perchè le campagne che abbracciano la direttrice sono a dir poco stupende, soprattutto a quest’ora del mattino. Noto anche lo stile di vita dei ragazzi che abitano i borghi ed i paesi della provincia di Pesaro-Urbino: ogni mattina per studiare devono fare i pendolari per raggiungere la città capoluogo, quella in cui sono tutte le scuole del circondario. Per me che avevo le scuole elementari a quattro minuti a piedi da casa, le scuole medie all’inizio della via e le superiori a cinque minuti scarsi di scooter mi sembra una vera barbarie per questi poveretti. Giunti in città, gli studenti iniziano a scendere a piccoli gruppi in concomitanza delle varie scuole; rimaniamo solo in tre fino al capolinea di Borgo Mercatale , cioè io ed una coppia di ragazzi che evidentemente non devono andare a lezione. Sono le 8:00 del mattino e, nonostante il ritardo in partenza, la puntualità all’arrivo è eccellente. Decido di non perdermi in quisquiglie e di iniziare subito il giro accedendo al centro storico della città (interamente dichiarato patrimonio UNESCO) da Porta Valbona. Si apre una strada pavimentata abbastanza ampia con negozi su ambo i lati; un bivio sulla sinistra mi manderebbe verso due punti di interesse che vorrei vedere, ma devo desistere perchè prima delle 10:00 non apriranno, per cui ci tornerò dopo. Osservo quindi la Chiesa di San Francesco di Paola e, ad una angolo di Piazza della Repubblica, la Chiesa di San Francesco (senza “di Paola” in questo caso) sembra non voler essere fotografata causa la pessima posizione in cui si trova rispetto all’obiettivo della mia reflex.
Prima di procedere oltre ho modo di osservare meglio Piazza della Repubblica; infatti (finalmente) un paio di furgoncini adibiti al carico e scarico della merce che stavano usando quest’area come un vile parcheggio fanno la grazia di levarsi dalle scatole. Oltre ad ospitare una fontana, qui si affacciano bei palazzi storici. Urbino è conosciuta da tutti come la città di Raffaello Sanzio (grande artista del rinascimento) più comunemente conosciuto come “Raffaello”. Prendo la via che porta il suo nome e ci metto pochissimo ad arrivare davanti all’ingresso della sua casa natale che oggi è un museo. Noto che questa giornata è nata con i migliori auspici perchè il cielo è abbastanza libero dalle nuvole e la luce del sole filtra che è una bellezza; cercando di sfruttare al massimo la situazione decido di fare una deviazione che mi porta al Parco della Resistenza: oltre ad ospitare la Fortezza Albornoz, da quassù si ha una vista della città vecchia decisamente bella. Vedere per credere.
Tanto per soddisfare la mia curiosità mi affaccio anche dall’altro lato del Parco della Resistenza, quello opposto al centro storico, per capirci meglio; qui vedo uno dei più acerrimi nemici delle mie esplorazioni: il mercato cittadino settimanale! Maledetto…pure qui lo fanno di sabato mattina? Possibile che solo nella città nella quale sono cresciuto lo facciano di martedi senza rompere le palle ai visitatori? Sembra strano ma pare sia proprio così. Cerco di seguirne l’intera estensione e fortunatamente noto che si estende completamente fuori dalle mura, quindi cerchiamo stavolta di tollerarci a vicenda. Per un breve tratto sono costretto a passarci in mezzo, ma la sorpresa che ho appena arrivo a destinazione è pessima: il monumento in onore di Raffaello è completamente rinchiuso da pannelli ed impalcature per una ristrutturazione. In fretta devo tirare fuori il contenitore dove far defluire la mia bile bollente prima che zampilli dappertutto. Con le dovute proporzioni sarebbe come andare a Roma e trovare il Colosseo interamente coperto causa lavori in corso. Opto per fare una lunga camminata che, ne sono sicuro, mi darà una mano a recuperare un po’ di serenità. Attraverso Porta Santa Lucia ed inizio a camminare per poco più di un paio di kilometri. Durante il tragitto ho modo di osservare prima la Chiesa della Santissima Annunziata e poi la piccola Chiesa della Madonna di Loreto che apre la strada al Parco della Rimembranza in onore dei caduti della Prima Guerra Mondiale.
Dopo diversi minuti vedo in lontananza un cartello con scritte bianche su sfondo marrone che indica il “Santuario del Sacro Cuore”; mi sto dirigendo proprio lì e sono finalmente felice di essere quasi arrivato…ma passo dopo passo non posso non notare una recinzione di color arancione che segue l’intero perimetro della struttura: anche questo posto è chiuso per lavori. Per poter guardare e scattare delle foto ho solo una direzione da poter adoperare, cioè quella totalmente contro sole. Arrabbiarsi non serve a nulla, ma forse incazzarsi come delle belve sì!!! Già l’ho scritto in altri miei racconti: ma com’è possibile che tutto il mondo stia crollando all’unisono e proprio in concomitanza delle mie visite? Sembra quasi tutto deciso di proposito. Comunque sia, l’unica testimonianza che posso portare con me è la foto che segue; è stata ritoccata nella luce e nel colore (cosa che non faccio mai) perchè in caso contrario si sarebbe vista solo una sagoma nera. Fa schifo anche così, ma è sempre meglio di una pseudo-macchia.
Torno indietro e rientro nel perimetro cittadino attraversando Porta Santa Lucia, ovvero la stessa dalla quale ero uscito qualche decina di minuti fa. Il monumento a Papa Clemente XI° apre la piazzetta sulla quale affaccia la Chiesa dell’Adorazione (o di Santo Spirito). Prossima tappa è Porta Lavagine: la piacevole discesa che percorro per raggiungerla viene poi compensata dalla salita per tornare in Piazza della Repubblica e prendere da lì una nuova strada.
Eccomi nel fulcro di questa piccola ma interessantissima città: in poche decine di metri trovo nell’ordine: il Municipio, il bellissimo Duomo, il Palazzo Ducale (sede della Galleria Nazionale delle Marche), l’Obelisco Egizio e la Chiesa di San Domenico. L’unico neo di questo ben di Dio è proprio lo spazio ridotto a disposizione per immortalare il tutto, ma con un po’ di attenzione si riesce a fare un buon lavoro.
Vorrei visitare l’Oratorio della Grotta ma, nonostante l’ora, lo trovo stranamente chiuso. Imbocco una stradina proprio di fronte al Duomo e vado in cerca della Cappella Musicale; la trovo più facilmente seguendo l’esecuzione di canti che provengono da lì dentro piuttosto che la mappa: qui si gira in un vero e proprio mini-dedalo di viuzze ed orientarsi tenendo in mano una stampa sommaria in bianco e nero non è facilissimo. Comunque l’obiettivo in questione non è niente di che. Proseguo fino alla Chiesa di San Bartolo, ma prima di raggiungerla (esattamente all’altezza della Chiesa di San Sebastiano) mi viene fatta pagare una tassa da un esigente abitante del luogo: un mega micione dal lungo pelo bianco e nero (gravissima pecca di questa bella creatura…ma è anche vero che i gatti color amaranto non esistono) chiede ed ottiene coccole.
A questo punto mi trovo nel punto più vicino alla seconda ed ultima “escursione” prevista fuori città; una via ripidissima fa da inizio del mio percorso che sarà lungo circa 1,6 kilometri e che mi porterà fino alla Chiesa di San Bernardino, conosciuta anche come Mausoleo dei Duchi. Dalla collinetta dove sorge è possibile avere un panorama suggestivo di Urbino da un’altra angolazione rispetto a quello già pubblicato poco fa.
Torno indietro e mi riaffaccio nuovamente davanti al Duomo, da dove riparto verso una direzione ancora non visitata; la Chiesa di Santa Caterina si trova in Via Aurelio Saffi, una strada strettissima che mi consente solo di guardare l’edificio religioso ma non di portarlo nel mio album dei ricordi. In compenso la piccola chiesa di San Paolo che segue è decisamente più fotogenica. Un’altra bella struttura è quella del Monastero di Santa Chiara: il cancello è aperto, ma non c’è nessuno che entra; la sensazione del non poter varcare quella soglia senza un motivo serio e valido mi frena, così mi limito ad osservare il tutto dall’esterno. La passeggiata mi porta poi davanti al Teatro Sanzio che guarda il retro del Palazzo Ducale, ovvero la parte dove si trovano i famosi torricini. Chiudo l’esplorazione di questa zona scendendo la Rampa Elicoidale: si tratta di una bellissima scala a lumaca ubicata all’interno di un torrione. Fu costruita per permettere al duca Federico da Montefeltro di raggiungere il Palazzo Ducale a cavallo partendo da Piazza Mercatale. Negli anni ’70 è stata poi oggetto di un intervento di recupero e riqualificazione che la mostra come la sto vedendo io. Se si pensa all’opera c’è da togliersi tanto di cappello, ma faccio una fatica immensa a digerire il fatto che una tale struttura fosse stata eretta a causa del culo di piombo del signor duca; ci fossi stato io sarebbe sceso da cavallo e avrebbe fatto la salita a piedi come tutti quanti.
Bene, senza che mi metto a guardare l’orologio so per certo che le 10:00 sono passate da un pezzo, per cui non mi resta altro da fare che dirigermi verso gli ultimi due punti di interesse della città prima di salutarla. Ripassando da Porta Valbona svolto a sinistra e raggiungo prima l’Oratorio di San Giuseppe e poi l’Oratorio di San Giovanni Battista. La visita interna è fattibile tramite pagamento di un ticket del valore di tre euro per ciascun ingresso, oppure cinque euro comprando un biglietto cumulativo. Ho letto cose egregie di questi luoghi e decido di investire la cifra richiesta…ma ancora adesso me ne mangio le mani. Si perchè, come è noto, non sono certo un esperto d’arte e non so apprezzare a dovere certe opere. Faccio un esempio pratico: in un quarto d’ora finisco di vedere entrambi i siti e garantisco che mi sono sforzato di rimanere il più possibile, mentre un signore anziano che ho trovato già all’interno del secondo oratorio è rimasto dentro fin dopo la mia uscita; l’ho visto fotografare ogni centimetro degli affreschi presenti ed anche un cieco avrebbe capito che l’interesse e la competenza tra lui e me hanno divari enormi. Comunque, anche se da totale profano, ho apprezzato i dipinti sulle pareti ma insisto a dire che non valgono cinque euro.
Con questo posso archiviare la città di Urbino e non mi resta altro che andare all’autostazione e prendere il primo bus con direzione Pesaro, prossima destinazione per oggi. Il pullman parte alle 13:00 ed è a due piani; ovviamente mi accomodo di sopra e mi rilasso per i circa quaranta minuti del tragitto. Durante il percorso la bella giornata che mi ha accompagnato durante la mattinata sta facendo posto alle nuvole minacciando pioggia ogni minuto di più. L’arrivo nella località marittima sull’Adriatico è proprio accanto alla stazione centrale; sarebbe l’ora di pranzo, ma prima di fermarmi da qualche parte vorrei aver visto prima i punti periferici intorno a questa zona, così mi incammino mappa alla mano. Arrivare alla bella Chiesa di San Francesco d’Assisi è un gioco da ragazzi, mentre un tantino più di impegno occorre per raggiungere prima lo Stadio “Tonino Benelli” (dove gioca le gare interne la Vis Pesaro, squadra della serie C italiana) che trovo aperto e poi la semplice Parrocchia “San Carlo Borromeo”, senza infamia e senza lode. Circa un kilometro più in là posso prima guardare e poi passare attraverso un bell’arco che mi permette l’accesso al Parco Miralfiore: si tratta di un’area verde di buone dimensioni che i locali usano per rilassarsi e fare pic-nic nelle giornate in cui il meteo lo consente. Completano il quadro generale un anfiteatro, un monumento in memoria del genocidio degli armeni (donato direttamente dalla città amica di Erevan) ed un laghetto al quale però è vietato l’accesso.
Esco dal parco e mi dirigo verso il centro città; sulla mia strada incontro un grande monumento in onore di tale Giuseppe Garibaldi, uno che qualcosina ha fatto nella vita. Sulla destra osservo anche il Teatro dell’Opera “Gioacchino Rossini”, compositore conosciuto in tutto il mondo e per questo vanto di Pesaro, città che gli ha dato i natali. Camminando verso il prossimo obiettivo vedo alla mia sinistra un’insegna familiare e gradita: Kebab. Sono le 15:00 passate e non c’è più nulla che si possa frapporre tra me ed una piadina. Entro e, mentre ne aspetto la preparazione, scambio due chiacchiere col loquace gestore pakistano: mi dice che Pesaro è diversa da Rimini e Riccione perchè quelle sono città casinare, mentre qui vengono in vacanza le famiglie che cercano tranquillità; va avanti parlando del fatto che questo non sia ancora pieno periodo di vacanza (ma và??? Se non ci fosse stato lui non lo avrei saputo) e che in giro non c’è quasi nessuno. Cosa sarebbe potuto uscire dalla mia bocca se non un altisonante “meglio così” ? Figuriamoci se quando vado a visitare una città voglio un casino di gente in mezzo alle scatole; sinceramente se potessi farlo evacuerei tutti quanti. A cosa mi serve qualcuno che quando passo mi giudica perchè ho sempre uno zaino dietro la schiena, perchè porto le scarpe da trekking anche d’estate (camminando 20 kilometri al giorno devo evitare il rischio di vesciche sotto ai piedi) o perchè mi trovo il sabato pomeriggio nello “struscio” cittadino non tutto in tiro come loro ma probabilmente sudato e con abiti non perfettamente puliti dopo una giornata faticosa? A cosa mi serve qualcuno che mi giudica perchè ho sempre in mano una reflex e così via? Tutta questa gente saccente si ferma mai a farsi una domanda sul perchè mi vede in quel modo prima di fissare e giudicare? Si ferma mai a chiedersi se la persona piccola ed insignificante non sia lei che fa una vita monotona e di merda tanto che quella di un bradipo è da considerarsi eccitante? Si ferma mai a chiedersi se oltre a Pesaro (in questo caso specifico) conosce qualcos’altro del mondo oppure se il suo spazio vitale finisce al cartello con il nome della sua città barrato di rosso tipo gallina che non esce mai dal pollaio? La risposta a tutte queste domande è una sola: sarebbe meglio che la gente si facesse un sano pugnetto di cazzi propri e guardasse solo il suo orticello perchè se mi mettessi io a giudicare loro potrei andare avanti per anni senza pause per respirare e sull’argomento potrei scrivere libri interi pieni solo di cattiverie corrispondenti a verità. Finalmente arriva il pranzo, così chiudo le orecchie e non ci sono più per nessuno per i prossimi venti minuti. Amen.
Il concetto che con la pancia piena si viaggia meglio vale sempre, e posso confermarlo anche sravolta. Cammino su Via Giovanni Branca (piena di negozi da ogni parte) e sulla sinistra intravedo la Chiesa dall’Adorazione totalmente incastrata da altri edifici, quindi impossibile da fotografare; sempre a sinistra, la traversa successiva è Via Almerici che mi conduce dritto in Piazza Olivieri: qui affacciano sia la Chiesa di San Giacomo che il Conservatorio intitolato ovviamente a Gioacchino Rossini. Per capire che quel palazzo è adibito a tale uso non serve aver studiato la mappa da casa e neanche leggere eventuali cartelli o iscrizioni in loco: si sentono persone cantare a squarciagola da decine di metri di distanza e credo sia un indizio sufficiente. La vicina Chiesa di Santa Maria Maddalena segue le orme della precedente, cioè quella che era stritolata tra i palazzi…quindi la posso solo guardare.
Il prossimo punto di interesse dovrebbe essere la Chiesa di San Giovanni Battista con annessa biblioteca, ma l’uso del condizionale fa capire che qualcosa non va nel verso giusto: le impalcature si stanno divorando tutta la facciata. Su un cartello posso leggere che si tratta di lavori di consolidamento post sisma del 2016 ed in casi come questo non posso di certo prendermela, così me ne faccio una ragione e proseguo il giro. La piccola Chiesa del Nome di Dio è un tantino deludente. Per fortuna che mi rifaccio poco dopo con la Parrocchia di Sant’Agostino, sia per il piacevole edificio che per la piacevole folla che ha davanti, in quanto si sta per celebrare un matrimonio. In queste situazioni è sempre meraviglioso dare una sbirciata per vedere dove si può spingere la fantasia femminile nel vestirsi (spendendo milioni di euro per abiti di stoffe che sembrano arrivare direttamente dal passato o da un altro pianeta) e nell’acconciarsi; anche questa situazione non fa eccezione e se ne vedono delle belle. Ciò che delude è la Sinagoga: trovo l’indirizzo ma esternamente è un palazzo come nel centro storico di Pesaro ce ne sono tanti altri; so che il bello è all’interno, ma trovo chiuso e quindi zero possibilità di visita. La successiva Chiesa dell’Annunziata è anch’essa schiacciata contro la costruzione che ha di fronte, e così anche lei rimarrà poco più di un ricordo perchè mai mi sognerei di chiamare fotografia quella “sogliola” che sto per pubblicare…però la scelta è tra questo o niente.
Alla fine della strada raggiungo ed osservo lo storico Palazzo Mosca, oggi sede dei Musei Civici. Di fronte ad esso, nella piazzetta, si possono ammirare delle sculture dell’artista Giuliano Vangi, legato a questa città poichè insegnò all’istituto d’arte locale tra il 1950 ed il 1959. Sulla sinistra invece mi colpisce la figura di Casa Vaccaj. Lascio questo posto per dirigermi sia verso l’edificio che ospita il Museo Diocesano che davanti alla Cattedrale di Santa Maria Assunta che sono dirimpettai. Fatto ciò, passo di fronte alla Casa Natale di Gioacchino Rossini che oggi è visitabile; anche in questo caso una foto dell’esterno è interdetta a causa della posizione difficile e del poco spazio a disposizione per l’inquadratura.
Eccomi arrivato in Piazza del Popolo, ovvero il fulcro del centro storico di Pesaro. Una fontana è piazzata esattamente in mezzo a quest’area; poi, in senso orario, posso osservare il Palazzo del Comune, la Posta Centrale con annessa facciata di ciò che rimane della ex Chiesa di San Domenico (un tempo questo edificio era una chiesa), e del Palazzo Ducale “Malatesta” oggi sede della Prefettura.
Prendo Via San Francesco d’Assisi e mi imbatto quasi subito nel Santuario della Madonna delle Grazie mentre, alla fine della strada, trovo ad attendermi una piccola ma interessante fontana. Pochi passi sulla sinistra e si staglia “Rocca Costanza degli Sforza”: costruita tra il 1474 ed il 1483 e restaurata più volte durante i secoli successivi, ha avuto varie funzioni tra cui quella più bizzarra è senza dubbio il carcere, chiuso molto di recente (1989 per l’esattezza). Adesso è un’area adibita a rappresentazioni culturali estive.
Mi ributto fuori dal centro storico e per questo le distanze diventano un pochino più ampie; lungo il percorso trovo il monumento dedicato a Felice Cavallotti (garibaldino, parlamentare e giornalista); successivamente raggiungo prima la Chiesa Santa Maria di Loreto e dopo la Basilica di San Decenzio, ubicata all’inizio dell’omonimo cimitero. La passeggiata continua in direzione del mare; una pausa d’obbligo la faccio per osservare la Chiesa di Cristo Re prima di percorrere un vialone pieno zeppo di alberghi su ambo i lati.
Raggiungo Piazzale della Libertà e qui ammiro sia il Villino Ruggeri (stupendo esempio di stile liberty in Italia) che la Sfera Grande di Arnaldo Pomodoro; peccato per la presenza di una giostra a forma di torre proprio dietro a quest’ultima opera d’arte perchè un po’ rovina la foto che scatto. Il lungomare qui presente è scoglioso, ma poche decine di metri più avanti si fa largo un arenile molto ampio che si estende a perdita d’occhio, caratteristica della sponda italiana della Riviera Adriatica conosciuta nel mondo. Ma in questa giornata uggiosa e nuvolosa purtroppo non è il mare il pezzo forte perchè la mancanza del sole rende cupa l’acqua snaturando la realtà. Mi sposto verso il Parco Comunale “Molaroni”: a quest’ora è pieno di bambini che giocano e di mamme attentissime a svolgere il loro momentaneo ruolo di cani da guardia. Degno di nota c’è il Museo della Marineria “Washington Patrignani”, ma non solo: un cartello ormai consunto che ha fatto la storia ricorda a tutti l’ora del silenzio dalle 14:00 alle 16:00; vorrei tanto poter tornare in questa fascia oraria per vedere quanti rispettano davvero il divieto.
Ho ancora tempo prima che finisca questa giornata, per cui ordino ai miei piedi di non fermarsi; stavolta l’obiettivo è la Chiesa del Sacro Cuore che individuo agevolmente. Prima però attraverso un piccolo ponte all’inizio della “Strada Panoramica Adriatica”; permette di oltrepassare sia una Darsena con tante barche ormeggiate (che mi regala la possibilità di portare con me uno scatto niente male) che il fiume Foglia, il cui colore è un terribile marrone fango. Col Cimitero Ebraico invece mi va male, nel senso che riesco ad arrivarci nonostante sia abbastanza nascosto, ma ho la sfortuna di trovarlo chiuso; purtroppo strutture di questo genere sono aperte una volta su cento quando sono di passaggio. Sembra fatto di proposito.
Su internet ho visto foto suggestive del Faro di San Bartolo, così decido di avvicinarmi per capire dove si trova. Quando metto piede su Via Parigi ho pieno campo visivo e mi prende un colpo: lo vedo, ma è un puntino piccolo ed insignificante in cima ad una collina e nel bel mezzo di un bosco. Calcolando che sono le 19:00 passate da qualche minuto, non credo che sia una cosa saggia andare fino lassù. Il navigatore che imposto per puro scrupolo conferma i miei sospetti: sono circa quattro kilometri a tratta e non ce la farei in nessun modo ad andare e tornare prima del buio. Colgo però l’occasione per fotografare il mare, qui meno “turistico” rispetto a quello che ho visto prima, ma più suggestivo grazie alla strana luce solare causata sia del tramonto in arrivo che dai nuvoloni che non vogliono proprio darmi tregua.
L’albergo in cui ho prenotato la stanza per stanotte sta a metà strada tra qui e la stazione centrale, per cui non mi rimane altro da fare che andare nella sua direzione. Prima però devo fermarmi ad un market per acquistare qualcosa per cena e trovo ciò che fa al caso mio. Faccio ancora in tempo a vedere la Chiesa di Santa Maria del Porto e poi entro nella reception. Sono quasi le 20:00 quando prendo le chiavi e salgo al quinto piano, con l’ascensore che si ferma al quarto costringendomi a proseguire a piedi.Sono sveglio dalle 5:15 di questa mattina ed ho visitato due città alla mia maniera, cioè passandole al setaccio. Credo di poter dire tra me e me che sono stancuccio, per cui mi piazzo sul letto davanti al mio solito calcio manageriale e mi riempio lo stomaco tirando fuori dalla busta della spesa il ben di Dio che ho scelto poco fa. Nonostante tutto non vado a nanna prima dell’una di notte abbondante, perchè tanto io non imparerò mai che le energie che si perdono vanno recuperate. Buonanotte…
Domenica mattina: anche oggi la sveglia non è per niente amica e suona alle 6:15. Apro l’avvolgibile e fuori dalla finestra vedo il cielo completamente invaso dalle nuvole. Oggi è la classica giornata in cui il meteo ha previsto pioggia e freddo da Aosta a Palermo; la speranza di un errore c’è sempre, ma quando il raggio d’azione è così ampio è difficile che lorsignori tòppino così tanto. Preparo le mie cose e poi esco dall’hotel sentendo immediatamente alcune gocce cadermi sulla testa. In circa venti minuti arrivo alla stazione, compro il biglietto alla macchinetta automatica mentre il titolare dell’edicola qui a fianco mi guarda con odio: vende anche lui titoli di viaggio, ma io (che sono tanto strano…) adoro interfacciarmi con ciò che è inanimato quando ne ho la possibilità. Il treno ha cinque minuti di ritardo, ma non è un problema: è prestissimo e sono partito per tempo per poter fare tutto con la massima calma. Arrivo a destinazione alle 8:00 precise dopo aver percorso un buon tratto di costa adriatica abbastanza scenografico; per quanto la ferrovia passa vicino al mare ci mancava solo di finirci dentro tipo acquasplash. Scendo dal vagone, ma non posso fare molto altro perchè la pioggia continua a cadere senza sosta. Decido di aspettare che la situazione migliori, ma prima di poter muovere il primo passo servono trenta minuti buoni di attesa. Alla fine però chi l’ha dura la vince. Mi trovo ad Ancona, città particolare che si trova a metà tra la montagna ed il mare: la zona abitata è adagiata su di un lato del Monte Conero e quindi le salite e le discese anche abbastanza ripide sono normale amministrazione; dall’altro lato finisce esattamente dove inizia il suo Porto, enorme fonte di lavoro della zona. Sin da subito si nota come questa città abbia tutte le caratteristiche tipiche delle aree portuali; posso descriverle con la mia personalissima espressione che le definisce “ordinatamente trasandate”, valevole nel 100% dei casi simili da me visitati. Attenzione: questo mio pensiero non intende offendere niente e nessuno, ma è semplicemente realista su ciò che l’occhio vede. Via Guglielmo Marconi è un po’ così: da una parte c’è il nulla, mentre dall’altra è caratterizzata da portici che potrebbero essere curati un po’ di più. Ad un certo punto vedo una costruzione fortificata di forma pentagonale: è l’ex Lazzaretto, oggi meglio nota come Mole Vanvitelliana, nome che deriva dall’architetto che l’ha progettata. Fu costruita su di un’isola artificiale all’interno del porto di Ancona ed allora era raggiungibile solo tramite imbarcazioni; il nome di Lazzaretto fa capire benissimo la destinazione d’uso che aveva: serviva ad ospitare persone e cose provenienti da località ritenute non sicure che quindi dovevano stare in quarantena. Oltre a questo svolgeva anche un’azione difensiva. Oggi la situazione è ben diversa perchè la struttura è collegata con la terraferma ed ospita mostre ed eventi culturali. Al suo interno c’è il Museo Tattile Statale Omero, il Tempietto di San Rocco ed una singolare scultura di Velasco Vitali che prende il nome di “Sbarco”. La zona che circonda questo edificio sembra essere il “parcheggio” riservato ai pescherecci; ce ne sono moltissimi ancorati qui, ognuno con le reti a bordo e l’incuria tipica di tali imbarcazioni. Il colpo d’occhio offerto è degno di nota e questo non lo si può negare. Infine, al centro di una rotonda stradale c’è un’immancabile ancora gigante di metallo. Lascio questa zona e mi dedico a cosa c’è nelle immediate vicinanze, cioè ciò che rimane oggi di Porta Pia (antica via di accesso alla città) ed una scultura in onore delle donne vittime di violenza.
La passeggiata prosegue con la vista, sulla sinistra, di quello che è uno dei maggiori porti turistici d’Italia; da qui partono navi da crociera, traghetti verso l’altra sponda del Mar Adriatico ed altro ancora; per questo motivo il via vai di macchine è continuo. La Statua di Traiano mi dà il benvenuto nell’area urbana che si apre poco dopo con Piazza della Repubblica: qui affacciano il Teatro delle Muse e la Parrocchia del Sacramento. Poco lontano faccio una piccolissima deviazione per osservare l’ex Chiesa di Sant’Agostino.
Entro adesso in Corso Garibaldi, ovvero la strada principale di Ancona; è pedonale ed elegante, con negozi su ambo i lati, anche se per la maggior parte sono chiusi perché è ancora presto. Quando arrivo a Piazza Roma faccio una deviazione sulla sinistra per ammirare la Fontana del Calamo (detta anche delle Tredici Cannelle) e la Fontana dei Cavalli. Vado avanti lungo Corso Mazzini dove osservo la Parrocchia dei santi Cosma e Damiano, senza infamia e senza lode. Un bello spazio cittadino è Piazza Cavour: spazi verdi e floreali lasciano la scena all’enorme monumento in onore di Camillo Benso. Più avanti ho modo di vedere il bel palazzo che ospita il Municipio, oggi in fermento anche se domenica perché è tempo di votazioni per il rinnovo del parlamento europeo.
Proseguendo nella medesima direzione ci sarebbero altri punti di interesse da vedere, ma decido di rimanere in centro perché in questo momento non sta piovendo; mi dedicherò più tardi ad andare oltre, meteo permettendo ovviamente. Riprendo così il giro raggiungendo Piazza del Plebiscito tramite Via Giacomo Matteotti (la deviazione finale si fa poco prima di Porta San Pietro) dove c’è un colpo d’occhio stupendo sulla Chiesa di San Domenico che ha davanti a sé una bellissima scalinata con alla base il monumento per Clemente XII° ed il Museo di Città. L’offerta si chiude con il bel Palazzo del Governo. Una breve discesa mi separa dalla Loggia dei Mercanti, un edificio del quattrocento la cui facciata è stata realizzata da Giorgio Orsini da Sebenico; oggi è utilizzato come sede per convegni e conferenze di alto rilievo. Ci provo in mille modi, ma proprio non esiste possibilità di scattare una foto decente alla loggia a causa della troppa vicinanza con gli altri palazzi di fronte. Mi spingo un po’ più avanti perché voglio vedere una delle tante chicche di questa città, ovvero la Chiesa di Santa Maria della Piazza.
Salgo una scalinata e torno al “piano superiore” dove mi aspetta la bella Chiesa di San Francesco alle scale; anche il colpo d’occhio dell’intera area è particolare. A seguire, in fase di parziale ristrutturazione ed in posizione non facile da fotografare mi si presenta la Chiesa del Santissimo Nome di Gesù. Davanti ad essa c’è il Palazzo degli Anziani, tornato nel 2011 ad essere sede municipale dopo una parentesi (dal 1945 al 2010) in cui perse questa funzione avuta addirittura dal XIII° secolo. Una brevissima passeggiata mi consegna un nuovo blocco di punti di interesse composto dall’edificio che ospita il Museo Archeologico delle Marche, dal Palazzo del Senato e dalla Chiesa dei santi Pellegrino e Teresa che ha una enorme cupola verde come caratteristica principale.
E’ la volta di iniziare un’altra salita fatta di scale e la condivido con un signore che ha voglia di attaccare bottone; mi dice che per lui è faticosa perchè l’età avanza ed io gli rispondo che è faticosa solo perchè è ripida, dato che si è vecchi solo se ci sentiamo di esserlo. Ho quarant’anni tondi tondi e conosco ventenni che si stancano affrontando un centesimo di ciò che faccio io; quelli sono davvero vecchi nonostante anagraficamente non sia così. Lo congedo quando arriviamo in cima e mi dedico ad ammirare la Cattedrale di San Ciriaco che ha il campanile “staccato” alla sua destra e la sede del Museo Diocesano alla sua sinistra. Da quassù si ha un’ottima vista sul Golfo di Ancona, oltre che della scultura in onore di Giovanni Paolo II°.
Dopo tanto salire, adesso è la volta di scendere; lo faccio andando verso due attrazioni situate una accanto all’altra: sto parlando della Chiesa di San Gregorio Illuminatore e dell’Anfiteatro Romano. Mentre la prima attrazione ha il suo perchè, la seconda lascia il tempo che trova poichè la migliore descrizione che posso fare è “un mucchio di sassi messi li”. Siamo alle solite: la mia teoria è che se una cosa sta in piedi, allora ok; se è nello stato in cui si trova questa, allora va definitivamente rasa al suolo. E’ totalmente inutile conservare dei ruderi. A questo punto mi trovo abbastanza vicino alla zona dei due Fari di Ancona (sia quello storico che quello nuovo) e mi dirigo lì. Fotografo il Faro antico, per poi trovarmi in piena zona militare. Per questo motivo non immortalo il Faro nuovo, memore dell’esperienza della chiesetta a Bolzano che mi fu interdetta perchè si trovava dieci centimetri dentro al perimetro di una caserma. Non intendo certo rischiare di avere una nuova discussione per una cosa del genere. Arrivo fino ad un punto di affaccio dal quale vedo il mare ed uno dei diversi parchi che punteggiano la città che mi ospita: in questo caso parlo del Parco del Cardeto, forse il più conosciuto tra tutti. In lontananza noto della lapidi in mezzo all’erba; avevo letto della presenza di un cimitero ebraico proprio all’interno del parco, ma immagino che (come sempre o quasi) sia chiuso ed inaccessibile.
Torno indietro e stavolta scendo fino al livello del mare perchè il mio obiettivo è quello di vedere la zona del Porto Antico. La passeggiata non è brevissima, ma alla fine arrivo. Se fino ad ora il cielo ha alternato pioggia debolissima (quasi impercettibile) a momenti di tranquillità, qualcosa di nuovo sta arrivando: proprio adesso inizia a venire giù una quantità d’acqua che non posso snobbare. Fortuna vuole che sulle mura qui presenti ci sia un’insenatura che uso come riparo; tutto sembra andare per il meglio e che io debba solo aspettare la fine delle ostilità, ma non è così perchè ad un certo punto inizia a piovere a vento proprio verso di me. Posso solo schiacciarmi il più possibile contro l’angolino più riparato della fessura in cui mi sono cacciato, anche perchè di uscire e camminare con la bufera non se ne parla. Alla fine devo restare li una trentina di minuti buoni che non passano mai; se penso che oggi è il 26 maggio e che in certe annate si stava già col sole a 40 gradi mi prende male. Tornando al mio giro riesco a vedere, nell’ordine, l’Arco di Traiano, l’Arco Clementino ed una cosa informe e terribile che prende il nome di “Fontana dei due Soli”. Segnando questo nome sulla mappa mi era venuto in mente qualcosa di incredibilmente bello, ed invece è questa cosa oscena…
Concluso il centro città non mi resta altro che concentrarmi sulla parte periferica e non me lo faccio dire due volte; una bella camminata mi fa passare da Viale della Vittoria dove, nella zona pedonale compresa tra le due carreggiate, tanti espositori stanno provando a portare avanti un mercatino; peccato che la pioggia vieti alla gente di andarci e comprare. Il primo obiettivo è la Parrocchia Sacro Cuore Servi di Maria, seguita dal vecchio Stadio Dorico (sostituito da qualche anno dal nuovo Stadio del Conero) e dal bellissimo Monumento ai Caduti.
Dedico un paragrafetto a parte a ciò che sto per vedere; lasciando il monumento si prosegue sulla destra per circa 200-300 metri per poi scendere al Parco dei Laghetti. Da qui parte una scalinata abbastanza ripida che scende fino ad un punto davvero suggestivo della costa anconetana: sto parlando delle Grotte del Passetto. Faccio però un passo indietro parlando dell’omonima spiaggia, la più famosa in zona tra quelle rocciose: una serie di scogli permette sia di crogiolarsi al sole che di effettuare tuffi in acqua alta. Uno di questi scogli, grazie alla sua particolare conformazione, prende il nome di “Seggiola del Papa”. Ma cosa sono queste grotte? Sono delle “stanze” scavate nella roccia tra la metà dell’ottocento e la metà del novecento. Servono soprattutto per i pescatori della zona che le usano come rimessa per le loro piccole imbarcazioni. I portoncini delle grotte sono uno accanto all’altro e tutti coloratissimi, capaci di rendere l’ambiente davvero unico e particolare. Io non posso testimoniarlo perchè quando vi scendo è giorno e sono completamente da solo, ma pare che durante le sere d’estate questo luogo si animi di luci e di persone, tanto da renderlo unico. Quello che posso dire per certo è che si tratta di una vera e propria rarità, chicca o qualsiasi altra cosa renda l’idea di qualcosa di difficilmente imitabile. Percorro l’intero tratto delle grotte realizzando anche un paio di video che resteranno nel mio album dei ricordi, poi devo risalire perchè qui ho fatto ciò che dovevo.
Tre kilometri e mezzo mi separano dal prossimo punto di interesse, strada che però mi dà la possibilità di osservare dall’alto lo splendore della Mole Vanvitelliana; una sosta di qualche minuto è d’obbligo anche se sta piovendo. Quando arrivo alla Parrocchia di Santa Maria delle Grazie trovo una discreta struttura, ma devo arrendermi al fatto che si possa fotografare malissimo poichè la sua parte frontale ha un baratro dopo pochissimi metri di piazzale; faccio del mio meglio ma già so che il risultato è pessimo. Mi muovo verso la Parrocchia di San Francesco d’Assisi e poi concludo la visita di Ancona con la Chiesa di San Luigi.
Eccomi dunque in zona stazione quando manca circa un’ora al treno di ritorno verso casa, un Regionale Veloce che avrà proprio Ancona come capolinea e Roma Termini come ultima fermata. Sta continuando a piovere ed io non reggo più la situazione, quindi decido di andare in uno dei tanti negozi gestiti da stranieri che si trovano in questa zona per acquistare un pacchetto di biscotti che mi aiuteranno ad affrontare meglio il viaggio. Quando vado al binario (il 3 ovest) trovo il convoglio già lì quaranta minuti prima, e la cosa bella è che vi si può già accedere. Non me lo faccio ripetere due volte e scelgo il posto a me più congeniale (cioè quello “singolo” solitamente locato in fondo ad ogni vagone). Inizio già a sgranocchiare i dolcetti mentre carico il telefono in attesa della partenza. In circa quattro ore scendo nel principale scalo ferroviario romano, prendo la metro “A” seguita dalla macchina ed alle 23:30 circa sono dentro casa.
Così termina anche questo fine settimana che definisco più che positivo; ho visitato tre belle realtà e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso. Urbino è una piccola chicca…peccato che troppe volte pecchi di spazio sufficiente per poter scattare foto come si dovrebbe. Pesaro, anche se è conosciuta soprattutto come località balneare, ha i suoi punti di interesse e non sfigura affatto. La vera sorpresa della “tre giorni” è però Ancona. Diciamoci la verità: chi mette questa città, seppur capoluogo di provincia e di regione, tra le mète turistiche in Italia? Credo quasi nessuno. E’ conosciuta soprattutto per il suo Porto che permette di unire la nostra nazione con le altre al di là dell’Adriatico, ma io ho visto molto molto di più. L’ho trovata accogliente e piena di punti di interesse come proprio non mi aspettavo. Il fatto di non aver avuto nè modo nè tempo (causa pioggia) di fare un salto anche a Senigallia me l’ha fatta visitare con più calma rispetto al preventivato e posso dire senza paura di essere smentito di non aver buttato via il mio tempo. A coloro che non lo hanno fatto suggerisco di dedicare almeno una giornata a questi luoghi perchè sono troppo dimenticati oppure accostati solo a situazioni ludiche rispetto a quanto davvero meritano.