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Ultimo fine settimana di settembre dell’anno topico della pandemia: trovo un’ottima combinazione di treni notturni di andata e ritorno per raggiungere il Trentino Alto Adige, regione che non disdegno mai di visitare ogni volta che ne ho l’occasione. Stavolta la mia attenzione è rivolta su Trento e sulla parte sud della sua provincia: oltre al capoluogo, le mete toccate saranno la vicina Rovereto e le più distanti Arco e Riva del Garda. Dal punto di vista meteo ho una discreta fortuna: mentre a Roma colleghi e conoscenti sono alle prese con l’inizio di un mesetto interminabile che avrà come protagonisti il maltempo ed il freddo, io che sono ben più a nord trovo condizioni mediamente buone; qualche decina di minuti di pioggia spalmati in 48 ore (e per lo subiti maggiormente durante i trasferimenti) sono più che accettabili. Le cose da vedere sono tantissime ed il tempo è come sempre poco, per cui direi di non perderne altro e di andare…
Venerdi sera: ebbene si…oltre al coronavirus ed alle nuvole minacciose che coprono il cielo devo fare i conti con l’ormai solito e disastroso sciopero dei mezzi pubblici; questi “signori” hanno sempre un motivo per paralizzare le città e le loro proteste totalmente infondate cadono perennemente all’inizio del fine settimana. E’ un caso? Assolutamente no; ormai succede da decenni e si può riassumere con due sole e semplici parole: premeditazione diabolica. Quindi ai disagi causati da questo periodo disgraziato si uniscono ulteriori disagi; qual’è il risultato finale? Nessuno, perchè io parto lo stesso. Alle 22:40 mi faccio trovare sul binario di mio interesse della Stazione Termini e di lì a poco prendo il mio solito posto sull’Intercity notte che parte puntuale. Alle 7:15 scendo a Trento e devo ammettere che l’aria è abbastanza pungente, così metto subito il maglioncino supplementare che ho con me. Questa città la vedrò domani, mentre oggi ho in programma di spostarmi; per tale motivo faccio poche decine di metri ed entro nell’autostazione dove acquisto il biglietto del bus che mi porterà a Riva del Garda, prima tappa del mio mini-tour. Nell’immediato ho del tempo libero a disposizione e lo passo in un bar dove faccio colazione con un cappuccino (buono) ed un cornetto alla crema che ha una consistenza mai provata prima: sembra quasi di mordere un pezzo di pane. Alle 7:50 in punto mi siedo sul pullman e, per circa un’ottantina di minuti, mi godo i panorami che questa parte d’Italia sa offrire: bellissime montagne, piccoli paesini o frazioni che hanno tutti la loro chiesa col campanile che svetta e, per finire ma non meno importante, tanto tanto verde composto sia dalla natura che da campagne coltivate ad arte. Quando metto piede a destinazione fa già più calduccio, per cui tolgo l’indumento aggiunto poco prima perchè non voglio sudare; in più guardo in alto ed il cielo è di un azzurro stupendo, mentre il sole sta facendo il suo dovere. Quando arriva un whatsapp sul mio telefono che mi informa della pioggia a catinelle in quel di casa ringrazio doppiamente il fatto di essere partito. Mappa alla mano inizio il mio giro con la bella “Chiesa di Santa Maria Inviolata”. Una deviazione mi porta su Viale Martiri XXVIII Giugno dove trovo la piccola “Chiesa di San Michele” che ha una singolare caratteristica: la porta di ingresso non si rivolge verso la strada, bensì guardando i palazzi sul retro. L’immagine che segue è l’unica possibile e ne ritrae le sante terga.
Attraverso la strada ed entro nei Giardini Verdi, area pedonale ben curata che non prende il nome dal colore delle aiuole, bensì dal notissimo compositore del quale ospita una statua. Una grande delusione ce l’ho quando raggiungo la Parrocchia di Santa Maria Assunta: mi aspettavo di osservare dal vivo ciò che avevo visto nelle foto su internet, ma le impalcature dei lavori in corso mi tolgono tale possibilità. Mi rifaccio totalmente con la vicina “Porta di San Michele” e parzialmente con “Porta San Giuseppe”, un’ex chiesa (e lo si nota ancora oggi) che posso fotografare solo dal lato interno perchè da quello esterno è coperta da un ombrellone e da svariati tavolini di un’attività di ristoro. La successiva “Porta San Marco” completa il trittico di accessi al centro storico della città che mi ospita, ognuno con svariati secoli di storia alle spalle. N.B.: in zona ci sono anche le Terme Romane…non me le sono dimenticate; è solo che come sempre vanno immaginate perchè ne sono rimasti solo pochi centimetri e per me queste cose sono di un’inutilità pazzesca.
Bastano pochi minuti per confermare le mie aspettative: qui è tutto perfetto e tenuto magistralmente, un vero piacere per gli occhi; carinissimo il pozzo al centro della piazzetta tra via Fiume e Via Diaz per fare un esempio. Seguendo i suggerimenti trovati on-line decido di esplorare la zona di via del Marocco, ancora più caratteristica: oltre alle tante case storiche su entrambi i lati della strada vedo un “Antico Lavatoio”.
Spunto su Piazza III Novembre, uno slargo stupendo dove affacciano meravigliosi edifici colorati e la sede del “Municipio”. Sempre qui svetta la “Torre Apponale” eretta nel XIII° secolo ed arrivata a noi dopo essere stata prima sopraelevata e poi modificata; affrontando 165 gradini (il costo del biglietto è ridicolo) è possibile salire fino in cima per godere di un ottimo panorama. Come se non bastasse, è questo il posto che mi regala il primo affaccio sul Lago di Garda nella località che mi ospita ed è superfluo sottolineare che è semplicemente spettacolare. Un’opera dello scultore Osvaldo Bruschetti è tristemente usata dalla gente come punto di appoggio, ma si sa che la maleducazione non ha mai fine. Da notare in zona, sul Lungolago Marinai d’Italia, il “Monumento ai Caduti del Mare”…che forse qui stona un pochino. Prima di procedere oltre faccio qualche metro all’indietro: passando sotto una porta ad arco sono in Piazza San Rocco che vanta l’omonima Chiesa, abbastanza complicata da far entrare nell’obiettivo della reflex.
Guardando sul lato opposto dedico uno spazio anche alla “Centrale Idroelettrica di Riva del Garda”, una costruzione che unisce perfettamente l’utile al dilettevole: utile perchè serve alla produzione di energia pulita e dilettevole perchè l’edificio, progettato dall’architetto Giancarlo Maroni (lo ricordiamo anche per il Vittoriale degli Italiani) è anche esteticamente gradevole tenendo bene in mente la sua destinazione d’uso. E’ visitabile ed il percorso al suo interno comprende sia storia che esperienze multimediali. Il prossimo obiettivo è Piazza Catena che presenta la “Statua di San Giovanni Nepomuceno”. Prendo un altro paio di vedute di questo bellissimo lago, anche spingendomi più avanti grazie ad una passeggiata oltre al porticciolo dal quale partono frequenti battelli verso le città limitrofe.
E’ l’ora della parte faticosa della giornata: ho intenzione di camminare lungo un tratto del Monte Rocchetta per raggiungere sia il “Bastione” che la “Chiesa di Santa Barbara”; calcolando che Riva del Garda si trova a 70 metri di altitudine, per raggiungere il primo obiettivo devo superare un dislivello di 130 metri, mentre per il secondo servono ulteriori 410 metri. Guardo l’orologio e mi rendo conto che facendo tutto quanto a piedi perderei troppo tempo, così eccezionalmente vado contro alle mie abitudini ed acquisto un ticket di andata e ritorno che mi permette di arrivare al Bastione usando un nuovo ascensore panoramico di recente apertura. Non posso nascondere la comodità perchè in due minuti di numero taglio almeno un tratto della salita, ma ripeto che opto per la soluzione più semplice solo per necessità. Fotografo il tutto ed ammiro la visione della cittadina sotto di me; soprattutto ho una panoramica nitidissima di Piazza III Novembre.
Da qui inizia il vero mini-trekking: in verità mi aspettavo un sentiero più agevole…ma scopro sin da subito che si tratta di una stradina che per il 95% della sua lunghezza ha un fondo dissestatissimo, stracolmo di pietre e massi che costringono a camminare a testa bassa per evitare di spaccarsi qualche arto. Quando ho pochi giri di lancette a disposizione non sento la fatica; tutti hanno delle priorità nella vita (o almeno dovrebbero averne) e la mia è proprio il tempo. Inizio a macinare la salita al massimo delle mie possibilità e non riesco neanche a contare quante persone riprendo e supero. Per cercare di non pensare sorrido tra me e me immaginando che per le mie seconde nozze (se mai ci saranno…) sceglierò proprio questa chiesetta per celebrarle costringendo tutti gli ospiti allo stesso destino! Lo sforzo è tanto, ma alla fine il risultato vale molto: l’edificio religioso è carino (stupisce soprattutto la posizione impervia), ma ciò che vince è la vista sul versante trentino del Lago, sulle montagne tutte intorno ed ovviamente su Riva del Garda che è ancora più piccola di come l’ho vista qualche decina di minuti fa.
Quando lo spettacolo mi ha riempito ben bene gli occhi torno giù come una scheggia, stando sempre attentissimo a dove metto i piedi; l’episodio della tibia fratturata due anni fa in Val di Mello è ancora vivo nella mia mente. Di nuovo al piano strada ho ancora diverse cose da vedere, per cui non ci penso due volte e mi dirigo in Piazza delle Erbe dove trovo una semplice fontana. Spunto in uno slargo formato da ben tre piazze che si susseguono una dopo l’altra: Piazza Brolio, Piazza Garibaldi e Piazza Cesare Battisti. L’attrazione principale è senza dubbio la “Rocca di Riva del Garda”, un maniero medievale degnissimo di nota che oggi ospita il MAG (Museo Alto Garda); poi presto attenzione anche al “Monumento a Cesare Battisti”, all’edificio che ospita il “Reptiland” (una galleria di scienze naturali incentrata su serpenti, scorpioni, ragni ecc) ed alla Fontana che ha al centro la Sirenetta dello scultore Aroldo Pignattari. Dato che si parla d’acqua non posso ignorare un’altra lunga vasca color smeraldo piena di piccoli ma numerosi zampilli.
Per concludere questo primo step del week-end in corso effettuo una passeggiata nella zona del Centro Congressi e mi fermo al centro di un giardino ricchissimo di aiuole e fiori colorati, tutto molto curato. In più riesco a portare nel mio album dei ricordi altre favolose immagini del Lago di Garda.
Anche se a malincuore devo salutare e tornare esattamente da dove sono arrivato, ovvero l’autostazione. Manca però un ultimo punto di interesse e si trova poco oltre, per cui quando la raggiungo faccio l’ultimo sforzo per vedere la “Chiesa Parrocchiale di San Giuseppe”: è un edificio enorme che devo fotografare da posizione laterale perchè se lo facessi dal lato dell’ingresso non si vedrebbe assolutamente niente della sua struttura.
Torno agli stalli ed ho la conferma di essere in ritardo sulla tabella di marcia; acquisto alla biglietteria il ticket per la vicinissima Arco e salgo sul primo bus urbano in partenza. Pochissimi kilometri separano le due località, per cui sono a destinazione dopo una manciata di minuti. Mi ritrovo in via Baden Powell: questa strada prende il nome dal fondatore del movimento dello scoutismo, così in un piccolo giardino qui ubicato c’è un monumento dedicato proprio a questo; l’incisione sulla scultura scrive tale termine in una maniera per me molto strana (scautismo con la lettera “a” al posto delle “o”), ma documentandomi scopro che entrambe le versioni vanno bene; è proprio vero che non si finisce mai di imparare. Segue la particolarissima “Chiesa Evangelica Luterana” che ha il difetto di essere coperta da troppi alberi. Raggiungo poi via Mantova dove trovo il “Monastero Serve di Maria” ed un originale “Omaggio a Gianni Caproni”, pioniere dell’aeronautica. E’ da qui che ho la prima nitida visione del “Castello di Arco”, composto da una serie di fortificazioni a scopo difensivo ubicate su un ripido sperone di roccia che sembra spuntare dal nulla e che domina con la sua altezza l’intero centro abitato sottostante.
Mi sposto e mi dirigo all’incrocio fra via Garberie e via della Palme: qui osservo una bella “Fontana Circolare” e, poco più dietro, il bell’Edificio Storico del Casinò: nell’ottocento era un luogo di incontro per i nobili europei che sceglievano Arco come luogo di cura invernale, mentre oggi ospita un centro per congressi e manifestazioni di svariato tipo. Il palazzo è tropo grande per entrare nell’obiettivo della reflex, così posso solo guardarlo e memorizzarlo. Cammino fino al “Monumento all’Arciduca Alberto” e poi, su viale Magnolie, incrocio il “Ricordo per il Colonnello Italo Marchetti” (ex presidente onorario e socio benemerito della Società degli Alpinisti Tridentini) posto in mezzo alle strisce blu dei parcheggi a pagamento locali. E’ la volta di esplorare l’area verde conosciuta come “Giardini Pubblici” dove noto il “Monumento a Giovanni Segantini” ed il “Monumento ai Caduti di Arco”.
Proseguo la mia passeggiata osservano la “Chiesa di Sant’Anna”, per poi passare nel cuore del centro storico dove, nel giro di pochissimi metri, ci sono il “Municipio”, la “Chiesa di Santa Maria Assunta” e la “Fontana del Mosè”. Da qui, proprio come a Riva del Garda, inizia una zona composta da stradine tanto strette quanto curate ed è un vero piacere guardarsi intorno in ogni direzione. Decido di tagliare la testa al toro andando a vedere l’unico punto di interesse alla mia sinistra (la “Chiesa di San Bernardino”) per poi concentrarmi sulla zona opposta; a dire il vero oltre al piccolo edificio religioso ci sarebbe dell’altro nella medesima direzione, e pure qualcosa di imperdibile, ma purtroppo già so che il Parco Arciducale è chiuso per lavori e quindi non visitabile.
Percorro via Giovanni Segantini che considero a pieno titolo lo struscio cittadino; verso la fine di questa arteria pedonale abbastanza ricca di negozietti trovo due punti di interesse che sono la Galleria Civica intitolata al pittore che dà il nome alla strada (sede distaccata del MAG – Museo Alto Garda) ospitata nel Palazzo dei Panni e la “Chiesa di San Giuseppe”.
Davanti a me ho il fiume Sarca che scorre beato all’interno dei suoi argini regalando ai miei occhi un’atmosfera montana. Mi aspetta una lunga camminata di circa tre kilometri a tratta, o forse qualcosina di meno…ma di poco. L’inattesa “Statua a San Venceslao di Boemia” dà il via alla camminata anche se non era segnata sulla mia mappa. Ad un certo punto svolto a sinistra su di uno sterrato che mi accompagna fino al “Monumento ai Legionari Cecoslovacchi”. Il cancello è chiuso, ma vedo che intorno a me non c’è anima viva, per cui metto mano al fermo ed entro giusto il tempo per portare via una foto ricordo, poi esco e richiudo tutto come l’ho trovato. Segue una stranezza: la piccola Chiesetta di Sant’Apollinare” non ha l’ingresso rivolto verso la strada, bensì verso una civile abitazione; non mi resta altro da fare che immortalare la struttura come posso. Torno sulla via asfaltata e noto quasi subito un particolare: da queste parti ci sono molte possibilità di praticare l’arrampicata, ovvero lo sport che permette di superare pareti rocciose verticali col solo uso delle mani e dei piedi, più ganci e corde di sicurezza; in parole povere è una cosa che non ho mai fatto e che sicuramente non farò nella vita…ma evidentemente piace a più di qualcuno considerando il numero delle vie praticabili che leggo su un cartello. Da ora in poi costeggio prima una zona di campeggi e poi grandi piantagioni di mele fino a raggiungere un piccolo pannello alla mia sinistra con su scritto il nome di ciò che sto cercando: “l’Eremo di San Paolo”. La salita per raggiungerlo è breve (poche decine di metri) ma ripidissima. Quando la supero noto che c’è una ragazza che sta dormendo beata su di un sacco a pelo, e sopra la sua testa ci sono le famose corde delle quali ho parlato appena adesso. Sono un po’ a disagio perchè devo scattare delle foto ed il rumore potrebbe svegliarla ed impaurirla, ma alla fine ho fatto fatica ad arrivare fin qui e merito anch’io la mia parte. Nel frattempo dalla salita spunta quello che deve essere il fidanzato/marito che comprende la situazione non di pericolo, mi saluta (io ovviamente ricambio per educazione, anche se sono ancora incredulo per come stanno fuori di testa questi due) e si mette a dormire anche lui. E’ inutile dire che appena fatto il mio dovere giro le spalle e me ne vado a bocca aperta, ma poi la chiudo perchè quella che prima era una salita dura diventa adesso una pericolosa discesa che, se affrontata in maniera sbagliata, potrebbe portare seri danni alle mie ossa.
Per il prossimo ed ultimo obiettivo della giornata servono decine di minuti; una breve sosta sul ponte nei pressi della Chiesa di San Giuseppe mi permette di osservare come si deve il Fiume Sarca, fino ad ora solo intravisto durante il passaggio verso altri lidi. La “Chiesa di San Rocco” è semplice e carina, ma davanti ci trovo la macchina parcheggiata in divieto di sosta dal vandalo di turno che mi rovina parzialmente lo scatto.
E’ il momento di tornare verso l’autostazione e, grazie a Google Maps, lo faccio tramite una strada mai percorsa prima, parzialmente pedonale e ciclabile; è proprio in questo tratto che ho la miglior visione possibile del Castello di Arco, ma soprattutto del colpo d’occhio dello sperone di roccia e dell’abitato alla sua base: secondo me è stupendo.
Sicuramente i più attenti avranno notato le nuvole presenti in cielo nelle ultime fotografie: ebbene si…quella che è iniziata come una giornata clamorosamente bella si trasforma in poche ore in una serata cupa ed inizia pure a piovere; temo sia una poco piacevole caratteristica dell’autunno iniziato da pochi giorni…ma adesso non me ne frega niente di filosofeggiare; l’unica cosa che conta è mettersi al riparo sotto le tettoie dell’autostazione. Più scorrono i secondi e più che aumenta l’intensità delle precipitazioni, così negli ultimi trecento metri sembro Usain Bolt con lo zaino sulla schiena. Alla fine mi bagno il minimo possibile, ma arrivo in biglietteria col fiatone; acquisto il titolo di viaggio che mi permetterà di tornare a Trento e salgo sul primo bus disponibile affrontando la prima parte del tragitto sotto un mezzo diluvio. Fortunatamente questo caos mi ha solo sfiorato, per cui non oso lamentarmi. C’è solo un dettaglio di cui non ho tenuto conto: questo pullman non farà lo stesso percorso di stamattina, ma passerà da Riva del Garda e da Rovereto mettendoci un sacco di tempo; vista la situazione non mi è venuto in mente di chiedere lumi all’autista e quando ho visto la scritta “Trento” mi sono fiondato e basta. Arrivo a destinazione alle 20:05 e, grazie ad una ricerca effettuata sullo smartphone, sono un tantino incavolato perchè tutti i supermercati del centro chiudono tra le 19:30 e le 20:30, quindi non riuscirei a raggiungerli in tempo. Gli unici aperti più a lungo sono un tantino in periferia, ma mi devo accontentare. Calcolando che l’ultimo orario valido per fare il check-in per prendere la stanza prenotata sarà le 21:00 faccio anche adesso ciò che ho fatto per tutto il giorno: inizio a correre per macinare gli 1,7 kilometri a tratta che mi separano dalla cena e dal riposo, con almeno la magra soddisfazione che qui non sta piovendo. Alla fine dei giochi, alle 20:50 sono dentro l’ostello locale con la busta in mano. Ebbene si, un ostello stavolta, ma ovviamente inteso a modo mio: ho una stanza tutta per me che in tempi normali avrebbe accolto tre persone ed un unico bagno che ovviamente diventa privato nel caso specifico. Adesso la giornata è davvero finita: mangio, mi rilasso e mi faccio una doccia di trenta minuti con l’acqua bollente che mi scorre addosso prima di coricarmi.
Domenica mattina: La sveglia è per le 8:00, dato che voglio uscire ed essere operativo per le 8:30; effettuo il check-out e sono di nuovo all’aria aperta…aria che esattamente come ieri sento freschina e pungente, ma stavolta mi sono premunito e non devo fermarmi ed indossare un indumento in più, dato che già l’ho messo. Il mio programma prevede il giro completo di Trento e, in caso di riuscita in tempi non eccessivi, di spostarmi per visitare anche Rovereto. Ho tante ore a disposizione perchè il treno notturno di rientro ce l’avrò alle 22:18, quindi sono ottimista. Inizio dal punto a me più vicino, ovvero dalla bella “Badia di San Lorenzo”. Anch’essa ha l’ingresso rivolto dalla parte opposta della strada ed è il terzo caso su tre località toccate tra ieri ed oggi, quindi inizio ad immaginare che sia un vizio locale.
Attraverso la strada ed entro in Piazza Dante, un ampio spazio pavimentato che accoglie anche aiuole con solo prato ed un laghetto dove sguazzano dei simpatici pennuti ai quali (complice il primo mattino di un giorno festivo in cui la città ancora dorme) una signora sta dando da mangiare in santa pace. Qui trovo la scultura dell’artista Gillian Wearing chiamata “The Family” che, basandosi su uno studio effettuato su nuclei abitativi esistenti, vorrebbe rappresentare il modello di famiglia media trentina; leggo on-line che tale opera ha sollevato ben più di una polemica in alcune menti che ritengono assurda questa classificazione in un’epoca multirazziale come la nostra che va evolvendosi sempre di più in tale direzione. Non metto assolutamente in dubbio che questa appena descritta sia la tendenza attuale e non c’è niente di male, ma ammettere che la famiglia trentina tipo dell’ultimo periodo storico è composta da quattro elementi (padre, madre e due figli) di carnagione chiara più un animale domestico vuol dire essere razzisti anzichè realisti? Se è così, il mio consiglio è di farvi vedere da un medico bravo. Noto poi (tra tutte le opere presenti) la “Stele per Guglielmo Ranzi”, il “Busto per Giosuè Carducci”, “l’Omaggio per Giacomo Bresadola”, il “Ricordo per Eusebio Francesco Chini” e l’imponente “Statua di Dante Alighieri” che è senza ombra di dubbio il fiore all’occhiello.
Il prossimo obiettivo riportato sulla mappa è la “Torre Verde” che non fatico ad individuare; anche il vicino “Palazzo Trautmannsdorf” merita attenzione, ma mai quanta ne va dedicata al “Castello del Buonconsiglio”, ex residenza dei principi vescovi di Trento e caserma prima di diventare l’interessantissimo museo che conosciamo oggi.
L’ingresso che scelgo di fare per quella che posso considerare come l’area del centro storico è via San Marco; da qui iniziano una serie di strade abbastanza strette, tutte pavimentate con cubetti di porfido (spero di non aver scritto una stupidaggine…) e delimitate da edifici sempre curati maniacalmente; purtroppo non li posso citare tutti anche se lo meriterebbero. Incontro quasi subito la “Chiesa di San Marco” timidamente rintanata in Piazzetta Agostiniani. Poi mi sposto in via del Suffragio dove vedo alcuni portici sulla sinistra e la “Chiesa del Suffragio” sulla destra. Mi volto di 180 gradi e proseguo in quella direzione fino a raggiungere la bella “Chiesa dei Santi Pietro e Paolo” che quasi nasconde con fare protettivo la ben più minuta Chiesa di Sant’Anna ubicata in una stradina alla destra della sua facciata.
Galleria dei Legionari Trentini mi porta in Piazza Cesare Battisti: qui c’è il Museo Archeologico S.A.S.S. (sotterraneo); Galleria Giuseppe Garbari mi dà la possibilità di ammirare, uno accanto all’altro, Palazzo Trentini (sede del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento) e “Palazzo Saracini Cresseri” le cui decorazioni mi piacciono molto. Via Paolo Oss-Mazzurana ospita il Teatro Sociale, assolutamente non fotografabile a causa del poco spazio disponibile. Di fronte alla “Chiesa di San Francesco Saverio” si apre via Rodolfo Belenzani che è la casa di tanti punti di interesse: “Palazzo Geremia”, “Palazzo Thun”, “Palazzo Alberti Colico”, la Galleria Civica (oggi non visibile causa impalcature), il “Municipio Vecchio” e la “Chiesa della Santissima Annunziata”.
Finalmente sono nel punto nevralgico di Trento, ovvero Piazza Duomo. Appena ci metto il primo piede inizio a tirare fuori le palline virtuali del mio personalissimo rosario che devo snocciolare una ad una un numero imprecisato di volte perchè la “Fontana del Nettuno” è oggetto di lavori di ristrutturazione; come se non bastasse trovo anche delle installazioni con tanto di promoters intenti a distribuire volantini per pubblicizzare il risparmio energetico, cosa che dà la mazzata finale a chi avesse intenzione di scattare una foto panoramica di quest’area. Fortunatamente qui avevo già fatto una toccata e fuga anni ed anni fa, per cui cercando nel mio archivio ritrovo una vecchia immagine da pubblicare. Completano il cerchio la “Torre Civica”, il Palazzo Pretorio (sede del Museo Diocesano Tridentino) ed ovviamente il “Duomo”. Da notare trovo anche la “Fontana dell’Aquila” e le “Case Cazuffi” (belle costruzioni affrescate).
Cerco un po’ di punti di interesse che, dalla mappa, vedo essere nei pressi della zona in cui mi trovo: inizio dalla “Torre della Tromba” e dalla bella “Chiesa di Santa Maria Maggiore”; proseguo con l’edificio che ospita la “Filarmonica di Trento”, con la “Statua di San Vigilio” e, prima di spostarmi altrove, concludo con la “Fontana del Fauno Innamorato” che è letteralmente incastrata tra i tavolini di un bar. Lo scatto che segue è di pessima qualità a causa di camerieri e clienti che vanno e vengono costringendomi a fare tutto in un nanosecondo.
Gli ultimi obiettivi del centro storico sono tre: nella piazza a lui intitolata (completamente all’ombra e disturbata da quelli che sembrano banchi fissi di un mini mercato) c’è il “Monumento ad Alessandro Vittoria”. Superato il palazzo delle poste, talmente particolare che si può solo amare o odiare senza mezze misure, ecco la “Torre Massarello” seguita a breve distanza dalla “Chiesa della Santissima Trinità”. Al centro della rotonda stradale di Largo Porta Nuova si può osservare la “Fontana delle Naiadi”, mentre nel parco di Piazza Venezia si può ammirare il “Monumento ad Alcide de Gasperi”, secondo me molto particolare.
Viale San Francesco d’Assisi è costeggiato sul lato destro da un’area-giardino: qui noto il “Monumento ai Caduti per la Resistenza in Albania”. Faccio una deviazione che mi consente un passaggio rapido davanti al “Teatro San Marco” e poi torno indietro; superato il bel Palazzo dell’Arcidiocesi mi ritrovo in Piazza di Fiera che mi regala la vista su ciò che rimane delle “Mura Storiche” della città e sul “Torrione Madruzziano”, la cui base sembra occupata da un bar o qualcosa di simile.
Da qui inizia una lunga passeggiata che mi condurrà in periferia; durante il percorso mi pregio di vedere i “Portoni di Santa Croce”, la “Chiesa di San Michele” (o meglio…l’albero che ha davanti e che l’amministrazione comunale si è dimenticata di tagliare), la “Statua di Martino Martini”, “l’Ex Chiesa di Santa Croce”, la “Parrocchia del Santissimo Sacramento”, la “Fontana-Monumento ad Antonio Rosmini” ed alcuni scorci offerti dal Torrente Fersina. Quando raggiungo la “Chiesa del Sacro Cuore di Gesù” e la “Chiesa di San Bartolameo” (che presidia l’omonimo piccolo cimitero) mi trovo nel punto più lontano previsto dal mio giro, per cui inverto la marcia in cerca di altro.
Un nuovo tratto abbastanza lungo mi separa dalla originalissima “Chiesa di San Giuseppe”, ultimo punto di interesse che vedo prima di entrare nel Cimitero Monumentale di Trento: qui mi incacchio, ma ci sta tutto: ci trovo i lavori di ristrutturazione! Ma è mai possibile che tutto il mondo stia cadendo a pezzi nello stesso momento? Smettere di rompere le scatole con transenne ed impalcature non è un’opzione da valutare? Per vedere e fotografare il “Sacrario dei Caduti Austro-Ungarici” devo inventarmi qualsiasi cosa. Ho più fortuna col “Sacrario dei Caduti Italiani”, anche se due maledetti alberi mi costringono ad avvicinarmi troppo e l’immagine viene peggiore di quella che avrei voluto.
Proseguendo per una strada ben poco consona al resto della città che termina con un passaggio non del tutto edificante sotto alla ferrovia (un signore mi ferma e mi chiede se la direzione è giusta perchè gli sembra impossibile che ci sia qualcosa di bello in una zona così malsana…sue testuali parole) arrivo davanti al “MUSE – Museo delle Scienze di Trento”. Paradossalmente girando intorno all’edificio per cambiare area noto un quartiere nuovo di zecca con degli appartamenti che reputo semplicemente meravigliosi e vorrei averne uno tutto per me; questo per spiegare come poche decine di metri possano cambiare il senso della situazione. Via Roberto da Sanseverino mi mostra il “Palazzo delle Albere”, una bella costruzione storica che oggi ospita mostre ed eventi culturali. Subito accanto c’è lo Stadio Briamasco dove la squadra di casa gioca le partite dei campionati minori che bazzica da tempo immemore; diciamo che il calcio non è proprio lo sport più amato quassù. Ovviamente l’impianto è chiuso e mi devo accontentare di vederne l’esterno fotografando almeno lo stemma societario. La successiva via Giuseppe Verdi mi mostra il “Molino Vittoria”, un particolare palazzo nato come fabbrica per la lavorazione dei cereali, mentre oggi è occupato dagli uffici della locale Università e dall’Osservatorio Meteorologico.
Vado avanti osservando prima la “Porta Santa Margherita” e poi la “Torre Vanga”; è qui che adocchio un fast-food/pizzeria che mi piacerebbe molto provare per la cena di stasera, quindi lo imprimo a dovere nella mia memoria. Una rampa di scale e pochi passi ancora mi dividono dall’Adige, il grande fiume che bagna la città che mi ospita. E’ superfluo dire che il panorama offerto è unico, ma se lo uniamo con la Chiesa di Sant’Apollinare ubicata sulla sponda opposta rispetto alla mia si migliorano le sensazioni provate.
La “Chiesa di Sant’Apollinare” appena citata merita di essere osservata da vicino e non mi tiro certo indietro; basta voltarmi verso sinistra per vedere una vera stranezza: le “Gallerie di Piedicastello”. E’ sicuramente un esempio di riconversione di spazi inutilizzati, dato che stiamo parlando di due tunnel stradali che fino al 2007 hanno fatto parte della locale tangenziale ovest e che da quell’anno sono andati in disuso a causa della costruzione di due nuovi tunnel. Oggi, in uno spazio di circa 6.000 metri quadri, ospitano sia installazioni multimediali (galleria nera) che spazi per eventi, congressi ed esposizioni varie (galleria bianca).
E’ ora della sfacchinata quotidiana che non può e non deve mai mancare: i prossimi obiettivi si trovano sulla sommità di una collina (chiamata Dos Trent dagli abitanti) e per raggiungerli serve superare un primo strappo iniziale, poi altra salita più morbida. Non mi perdo d’animo e vado; oltrepasso un tunnel dove al suo interno trovo una scultura che porto nel mio album dei ricordi, poi raggiungo il bel “Mausoleo di Cesare Battisti” ed il “Museo Nazionale Storico degli Alpini”. Dall’alto ho modo di ammirare una veduta completa di Trento e non posso non accorgermi di una cosa: su una parte della città sta piovendo, mentre qui dove sono io non arriva neanche una singola goccia.
La mappa mi dice che ho appena terminato l’esplorazione prevista; guardo l’orologio e vedo che sono perfettamente in orario rispetto alla tabella di marcia stilata a casa, per cui torno al piano strada il più rapidamente possibile e punto dritto verso la stazione ferroviaria. Qui acquisto il biglietto per Rovereto ed aspetto al binario il momento di salire sul convoglio che trovo stranamente stracolmo di gente. Servono pochi minuti per coprire la distanza tra le due località, dato che non ci sono fermate intermedie. Appena scendo sento che le mie gambe gridano vendetta per le corse che gli ho fatto fare in un giorno e mezzo, ma dico loro di non lamentarsi perchè in passato gli ho chiesto sacrifici peggiori (lo farò anche in futuro…ma non fateglielo sapere, per favore) e che quindi necessito del loro aiuto anche per le ore a venire. Basta attraversare la carreggiata (ci si serve di un ponte pedonale per farlo perchè il semaforo verde scatta solo ogni 180 secondi…un’eternità!) per trovare la piccola “Chiesa di Santa Maria delle Grazie”; il prossimo obiettivo è lo strano “Monumento al Fante d’Italia” che non apprezzo affatto: un parte della colpa per il mio giudizio negativo è della pessima posizione del sole che non lo illumina a dovere, ma questo è solo un dettaglio; non mi piace e basta. Proseguendo la passeggiata incontro l’edificio che ospita il “Museo Civico di Rovereto” (bello, ma troppo grande per entrare interamente nell’obiettivo della reflex) e la semplice “Chiesa di Santa Caterina”.
Entro su Corso Antonio Rosmini e ci vuole ben poco a capire che questa città va letteralmente pazza per il filosofo-teologo nato proprio qui nel 1797 che dal 2007 è stato beatificato dalla Chiesa Cattolica. Subito dopo il “Palazzo Balista” (sicuramente degno di nota) ecco il “Monumento ad Antonio Rosmini” da un lato della strada e, dirimpettaia, la sua Casa Natale. Dopo poco incontro una piazza; indovinate un po’ a chi è intitolata? Eh si…proprio a lui. Al suo centro vedo una bella Fontana, alla mia sinistra c’è il “Busto di Riccardo Zandonai” e di fronte c’è lo stupendo “Palazzo del Bene”. Osservandolo da vicino trovo anche la “Statua di Clementino Vannetti”. Due sole cose non mi vanno a genio: la prima è che c’è sempre un traffico bestiale, al punto che ho difficoltà a fotografare un po’ tutto senza includere le automobili; la seconda è che inizia a piovere ed anche con buona intensità.
Dopo una decina di minuti di attesa le precipitazioni diminuiscono ma non finiscono; purtroppo il tempo a mia disposizione non è eterno, per cui decido di andare lo stesso e di fermarmi ancora nel caso di nuovi peggioramenti. Prendo Corso Bettini ed incontro prima il “Teatro Comunale Riccardo Zandonai” e poi uno dei pezzi forti di Rovereto (se non addirittura l’attrazione più conosciuta) che è il “MART – Museo di Arte Moderna e Contemporanea” apprezzato a livello nazionale. La costruzione è moderna e sono costretto ad usare la sua tettoia per ripararmi ancora, esattamente come altra gente nella mia stessa situazione.
Finalmente spiove, così posso tornare all’aria aperta invertendo la marcia; passando nuovamente davanti al Palazzo del Bene prendo Via Orefici: si vede subito che è l’inizio del centro storico essendo stretta, ben pavimentata e senza alcuna traccia di asfalto. Mi appare esattamente così:
Il primo pensiero che ho è scontato: uno qualunque di quegli ombrelli colorati starebbe meglio in mano mia piuttosto che lassù, ma ovviamente non esiste modo per fare una mandrakata. In Piazza Cesare Battisti c’è la “Fontana del Nettuno”: l’orrore è aver dato il permesso ad un bar (con tanto di ombrelloni e tavolini esterni) di aprire la sua attività proprio li. Ammiro anche la “Chiesa di Santa Maria di Loreto” ubicata nelle vicinanze e poi continuo a camminare per le vie storiche fino a quando raggiungo “Porta San Marco”. Un gentilissimo signore mi ferma e mi chiede da dove vengo; scambiamo due chiacchiere e poi mi dice di seguirlo perchè ha una chicca da mostrarmi. Sono incuriosito e faccio come dice; anche se cerco sempre di documentarmi su ogni centimetro quadro delle località che visito sono umano e qualcosa mi potrebbe sfuggire. In via Valbusa Piccola mi indica un “Antico Vespasiano”. Bene…dato che l’educazione va sempre avanti a tutto cerco di mostrarmi stupito positivamente anche se temo che la mia faccia non sappia nascondere la verità sul mio stato d’animo; alla fine dei giochi lo saluto sperando di non averlo urtato. Resta il fatto che mi ha decantato un pisciatoio come se fosse chissà cosa…e sinceramente c’è pure un odore molto acre che spero sia dato solo dalla mia impressione del momento. Se questa è una chicca…io sono Babbo Natale 🙂 .
La vista sulla “Chiesa di San Marco in Rovereto” e della successiva “Torre Civica” cancellano tutti i mali; li trovo davvero belli. Una deviazione mi porta in Piazza delle Erbe dove vedo una fontana niente male; spostandomi ancora giungo in Piazza Malfatti: qui noto una nuova stranezza: la “Chiesa della Madonna Ausiliatrice” eretta nel 1724 sembra essere un tantino in disuso dato che è tutta chiusa e mostra un cartello con scritto “proprietà privata”…abbastanza originale per un edificio religioso (purtroppo nell’immagine del blocco seguente non si legge). Pochi metri ed inizia la famosa Via Portici che si apre dopo aver superato un Arco.
Una nuova passeggiata mi conduce sin davanti alla “Chiesa di Santa Maria del Suffragio”; praticamente accanto c’è il palazzo che ospita il “Museo della Città”, nei cui giardini ci sono un paio di sculture carine (di seguito ne mostro una). Qui incontro per la prima volta il “Torrente Leno” che mi regala scorci unici. Ma non è tutto per la zona dove mi trovo: noto anche la “Casa dei Turchi”, una bizzarria architettonica che si chiama così grazie alle sue verande in legno (che affacciano sul fiume e sullo storico Ponte Forbato) poichè ricordano lo stile arabo. C’è chi dice che questo punto di interesse sia il più ricercato in città, addirittura più del MART. Sarà vero?
Via Calcinari mi regala il “Municipio”, il “Monumento ai Caduti” ed il “Mortaio Skoda”. Imbocco poi per un tratto Via della Terra, ma svolto quasi subito a destra per vedere il “Castello di Rovereto” (che ha al suo interno il famoso “Museo Storico Italiano della Guerra”) e ciò che rimane oggi della “Mura Difensive” della città.
Inizia adesso una lunga passeggiata che, piano piano, mi porterà a scoprire anche la periferia della località che mi ospita; servono comunque pochi metro dopo il Ponte Forbato per vedere la “Chiesa di Sant’Osvaldo”. Ancora avanti ed ecco la “Chiesa di Santa Maria del Carmine”. Una deviazione sulla destra mi porta di fronte al “Monumento all’Alpino” che funge da guardiano per i “Giardini alla Pista”, un’area verde di medie dimensioni che ha come punto di forza la presenza di un laghetto con tanto di pennuti che ci sguazzano beati. Poi, tornando un pochino indietro, inizio una salita fattibilissima senza grossi sforzi attraverso la quale posso osservare prima il “Mausoleo Tacchi” e poi la “Chiesa della Madonna del Monte”.
Ecco la parte brutta e triste della storia; non poteva proprio mancare…anche se parzialmente è colpa mia. Manca ancora molto per i prossimi due obiettivi che mi sono prefissato, ma non importa perchè l’orologio mi dice che ho ancora del tempo a disposizione e lo voglio sfruttare in pieno. Una delusione tremenda mi prende quando vedo che l’Ossario di Castel Dante è chiuso per lavori di restauro conservativo. La cosa clamorosa è che non l’ho letto da nessuna parte durante la preparazione del viaggio e quando scopro che è in questo stato vegetativo dal gennaio 2019 (vale a dire da quasi ventuno mesi…) mi mangio le mani; a saperlo prima avrei evitato questa sfacchinata. Decido di seguire l’indicazione che indica la “Campana dei Caduti” e mi aspetto di camminare su una strada più o meno normale, ma non è così: si tratta di un sentiero dal fondo totalmente sassoso e sconnesso che ad un certo punto si infila nel bosco al punto da non riuscire più a vedere il cielo, ma solo i rami degli alberi. Quando ormai credo di essermi perso spunta l’uscita sul parcheggio dell’attrazione, ma ci arrivo troppo tardi perchè ormai non è più possibile entrare causa chiusura imminente per sopraggiunti limiti di orario. Con i “marroni” che girano come saette recito la mia consueta serie di rosari ed inizio la discesa verso ciò che ancora manca da vedere; colgo almeno l’occasione per scattare una foto a Rovereto e delle montagne che la circondano da una posizione privilegiata. Dopo decine di minuti eccomi ad osservare il “Monumento ai Piloti di Montagna” ubicato proprio davanti al cimitero locale; devo accontentarmi di questo perchè la vicina Chiesa di Santa Croce è totalmente coperta dagli alberi.
Dato che ho fatto trenta, ormai ci sono e faccio anche trentuno. Spinto da questo detto mi rimetto in moto e, costeggiando il Torrente Leno per un lungo tratto, mi pregio anche di vedere la “Chiesa della Santissima Trinità”, la “Chiesa di San Giovanni Battista a Borgo Sacco”, il “Monumento alla Zigherana” ed infine il “Palazzo della Manifattura Tabacchi”, ottimo esempio di fabbrica riqualificata in centro di innovazione industriale.
Le ultime foto sono inequivocabili: il sole ha finito il suo turno per oggi, ha timbrato il cartellino ed è tornato a casa. Ed è ovvio che devo farlo anch’io. La strada verso la stazione non è brevissima e se le mie gambe erano stanche prima…adesso mi stanno mandando direttamente a quel paese. Aspetto il treno e torno a Trento dove ho ancora il tempo di andare a quel fast food adocchiato nel pomeriggio per una lauta cena che comprenda una pizza con doppia mozzarella più una focaccia intera. Si perchè mi sono dimenticato di dire che anche il mio stomaco sta bestemmiando come un turco e va saziato come si deve. Finisco giusto venticinque minuti prima della partenza dell’Intercity notte per Roma. Una volta arrivato nella capitale, la solita tiritera composta da metropolitana ed automobile per l’ultimo tratto mi accompagna a casa dove mi aspetta una nuova giornata di smart working, ma solo dopo aver fatto una doccia lunga e bollente.
In conclusione posso dire che vedere quattro località di questo calibro in due giorni non è stato affatto facile; ho davvero camminato tantissimo, ma ne è valsa la pena perchè il Trentino Alto Adige non delude mai, che si parli di città o natura non fa differenza. Riva del Garda è un gioiellino sull’omonimo lago che va esplorato metro dopo metro, Arco è una piccola perla meno conosciuta ma non per questo da snobbare; Trento non ha bisogno di presentazioni e vederla almeno una volta nella vita è doveroso, mentre Rovereto è sicuramente meno appariscente del suo capoluogo di provincia ma comunque interessante. Sono felicissimo per aver organizzato questo week-end e di aver scritto l’ennesimo lenzuolone condito da tantissime immagini che spero invoglino qualcuno a fare un salto da queste parti.