Ecco l’ultimo fine settimana del mese di giugno di questo disgraziato 2020; se solo la mia libertà contasse ancora qualcosa invece di un soldo bucato, nel caso specifico avrei potuto passare ben tre giorni fuori. Ebbene si, per me che lavoro a Roma non poteva esserci occasione più ghiotta del santo patrono cadente di lunedi, ma l’unione tra il Covid-19 che non vuole saperne di sparire e le menti dei fobici che comandano (ed appestano) il mondo mi costringono ancora a ridimensionare drasticamente le abitudini sommando altre rinunce a quelle già fatte. Sia chiaro: di stare fermo non se ne parla proprio perchè ogni secondo delle nostre vite è prezioso e gettarlo al vento è, oltre ad un’occasione perduta, anche un affronto a chi di tempo non ne ha più. Dedico così il sabato alla scoperta di due località della mia Toscana che passo letteralmente al setaccio e, nonostante siano concentrate entrambe nell’arco dello stesso giorno, scrivo un racconto per ciascuna per dar loro lo spazio e l’onore che meritano. Sto parlando di Arezzo (protagonista di questo post) e di Siena (vedi post dedicato). Anche se sono abbastanza conosciute, la realtà dei fatti ci dice che sono due città contenute come dimensione, per cui in fase di pianificazione degli itinerari sono quasi certo di riuscire a completare i miei intenti. Ovviamente una grande mano me la dà l’estate che, finalmente, decide di fare capolino regalandomi tante ore di luce e di sole dopo che le ultime settimane hanno troppo spesso lasciato a desiderare dal punto di vista del meteo. Il titolo che ho scelto ha un significato abbastanza evidente e polemico: Arezzo è una città storica di indubbio valore, ma viene ricordata dai più quasi esclusivamente per essere stata il maggiore set cinematografico scelto da Roberto Benigni per le riprese del film “La Vita è Bella”; per carità…tanto di cappello…ma non credo che tale misero dettaglio possa solo pensare di bypassare secoli e secoli di trascorsi dell’umanità. Anche se il preludio è più che interessante so già che ciò che mi aspetta non sarà una passeggiata, per cui andiamo a vedere cosa è successo senza perdere ulteriore tempo…
Sabato mattina: La sveglia suona alle 4:15 e quando apro gli occhi è ancora buio pesto fuori dalla finestra della mia camera; ringrazio sempre la mia organizzazione maniacale che mi impone di preparare il 99% delle cose prima di coricarmi, così adesso devo solo andare in bagno prima di uscire di casa. Alle 5:00 parte il bus notturno che dalla stazione Anagnina mi porta fino a Termini e poi, alle 6:02, lo stesso Regionale Veloce di Trenitalia con direzione Firenze della settimana scorsa mi ritrova a bordo con tanto di mutanda facciale obbligatoria in posizione. La tratta scorre tranquilla ed è un vero piacere guardare tutto ciò che passa al di là del lurido finestrino tipico dei treni italiani. Sono le 8:43 quando l’altoparlante annuncia che siamo in arrivo ad Arezzo, così prendo tutte le mie cose e scendo appena possibile. Il piazzale della piccola stazione locale mi accoglie con una discreta dose di lavori in corso che mi regalano le stesse sensazioni delle iniezioni, vale a dire odio totale. Poco male perchè tanto qui non avrei avuto nulla da osservare. Bastano pochi passi per notare una cosa: generalmente a quest’ora del mattino del week-end le città dormono ancora, nel senso che sono quasi del tutto prive di persone ed automobili; questa è invece l’eccezione che conferma la regola poichè le strade già pullulano di gente in maniera incredibile. Guardando l’orologio ho conferma del tempo a mia disposizione per completare il giro studiato, ovvero poco meno di cinque ore. Non sono tante, ma neanche poche per chi ha i miei ritmi. Il benvenuto in città me lo dà il sontuoso “Monumento a Guido Monaco” (o Guido d’Arezzo, benedettino ed importantissimo teorico della musica) che che si trova al centro dell’omonima piazza decorata da coloratissimi fiori.
Come mio solito opto per buttarmi prima in periferia in modo tale da togliermi gli obiettivi più distanti per poi dare al centro storico il tempo che si merita. Prendo via Roma per qualche decina di metri per poi svoltare a destra su Corso Italia fino a Piazza San Iacopo; la stradina immediatamente a sinistra mi conduce di fronte a due punti di interesse: il primo è la “Chiesa di San Bernardo” mentre il secondo è l’Anfiteatro Romano. Quest’ultimo mi fa rimanere a bocca aperta per la delusione e lo salto in un attimo: si tratta della solita accozzaglia di sassi e pietroni che ti costringono ad immaginare ciò che un tempo era lì; no grazie, ma non fa per me. Io voglio vedere con gli occhi e non con i sogni.
Proseguo la passeggiata nella medesima direzione e l’inizio di Viale Giotto è da mettersi le mani nei capelli: il mercato settimanale è già in piena attività e ci sono molte anime intente a concludere affari; qui mi salta all’occhio un’altra curiosità: sono all’aperto, ma non c’è nessuno che non indossa la mascherina; io sono l’unico essere umano con la faccia scoperta ed una cosa del genere non mi era mai capitata prima d’ora dal via libera al turismo dopo il lockdown concesso ormai un mese e mezzo fa. E’ mostruoso e sembra di essere in un film dell’orrore in cui il male è pronto ad attaccarti ad ogni centimetro. Dal 18 maggio ad oggi ne ho girati di posti, ma nessuno di essi stava messo così e non riesco a capacitarmi di cosa frulli nel cervello della gente. Cioè…alla fine sono io l’anormale, ma da che mondo e mondo è chi scappa come i topi che ha più di qualche rotella fuori posto e non chi cerca di affrontare i problemi con la giusta attenzione. Tornando alle cose davvero importanti, su di una piazza che più semplice non potrebbe essere (con tanto di fontana non funzionante) si affaccia la “Parrocchia del Sacro Cuore e Santa Margherita Redi” la cui immagine risulta parzialmente disturbata dagli alberi qui presenti.
Visto questo cerco di uscire dal mercato prima possibile, anche perchè in lontananza intravedo dei vigili che sicuramente sono li per cazziare qualcuno ed io temo di diventare la vittima sacrificale se non riuscirò a dileguarmi alla svelta. Una camminata un pochino più lunga mi accompagna fino a “Santa Maria delle Grazie”, bel complesso religioso racchiuso da mura.
Da questa parte non c’è altro, per cui torno indietro seguendo la stessa strada dell’andata. Eseguo una deviazione per dare un’occhiata allo Stadio Comunale che, come immaginavo, trovo chiuso. La società calcistica locale (militante in serie C) ha deciso di rinunciare ai play-off per la promozione che danno il via al ritorno all’attività per il terzo livello del pallone nostrano. Nel caso in questione (come per altre realtà) è stata fatta una valutazione oggettiva che ha portato ad una amara conclusione: la spesa da sostenere per il rispetto dei protocolli sanitari e tutto il resto è eccessiva per un’azienda già in difficoltà dal punto di vista economico come l’Arezzo. Non contesto assolutamente tale decisione perchè, anche se dovrebbero contare sempre di più i valori sportivi, purtroppo il dio denaro comanda ogni cosa. Quello che non mi va giù è leggere diversi striscioni che se la prendono con chi invece ha scelto di ricominciare; usano spudoratamente il fantomatico rispetto mancato verso i morti per coronavirus per dire al resto del movimento di vergognarsi; secondo questi signori non si sarebbe dovuto riprendere. Eh no, su questo non ci sto: il mondo ha il dovere di tornare alla normalità e finire i campionati senza troncarli a metà fa parte del pacchetto complessivo. Mi dispiace ma questa l’avete proprio toppata, cari amici aretini. Restando in tema calcistico cerco di dribblare nuovamente il mercato: il vigile stavolta mi vede e mi punta, ma passo sul marciapiede dietro ai banchi e non in mezzo dove c’è la folla mascherata, così non può dirmi nulla anche se si vede lontano un miglio che sta pregando perchè io commetta un minimo errore. Ho modo di vedere il “Monumento agli Artiglieri caduti per la patria” che, a dire il vero, era rimasto fuori mappa. Peccato solo che la tinta del palazzo alle sue spalle sia davvero troppo accesa.
Il vicino Viale Luca Signorelli mi permette di vedere il “Monumento ai caduti in mare”, poi dò inizio alla visita del centro storico osservando a dovere la “Chiesa di Sant’Agostino”. Da qui entro nelle viuzze della città, antiche ma con la pavimentazione fatta di lastroni abbastanza lisci; solo a Roma ci sono quegli stramaledetti sampietrini pronti a rompere le caviglie a chi si distrae un attimo. Carino il contesto che trovo subito dopo con la “Chiesa dei Santi Michele e Adriano” ubicata su una piazzetta.
Rientro su Corso Italia, anche se stavolta è il troncone opposto rispetto al primo passaggio. Si presenta come la via dello struscio cittadino, con negozi su ambo i lati ed un buon passaggio di gente. La strada è abbastanza larga, ma sicuramente non sufficientemente per mostrare come si deve la facciata della bella “Chiesa di Santa Maria della Pieve” che sono costretto a fotografare da lontano proprio per mancanza di spazio utile. Una svolta a destra mi conduce nel cuore della città, ovvero in Piazza Grande. Il colore rosso chiaro della pavimentazione, la pendenza e gli edifici che ne fanno da perimetro regalano un gran bel colpo d’occhio; ovviamente buona parte della visuale è rovinata dai soliti maledetti tavolini dei bar, ma questa ormai è storia nota. In particolare ammiro il “Pozzo Antico”, le “Logge Vasariane”, il “Palazzo della Fraternità dei Laici” ed il retro della chiesta vista poco fa; temo che se i progettisti dell’epoca avessero invertito il senso dell’edificio religioso avrebbero fatto bingo, ma ormai è andata così.
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E’ difficile lasciare questo posto, ma il giro deve continuare. Il prossimo obiettivo che trovo con facilità è una “Dedica a Giorgio Vasari”; pittore, architetto e storiografo riconosciuto a livello mondiale, è uno dei maggiori vanti di Arezzo, cittadina che ha dato i natali ad un numero incredibile di personaggi storici (scorrendone l’elenco di facile consultazione on-line noto anche un certo Azzo degli Azzi a cui i genitori non dovevano volere poi così bene…). Pochi passi sono sufficienti per trovarmi davanti al “Palazzo Pretorio” che oggi ospita la Biblioteca Comunale.
Per par condicio passiamo ad un’altra celebrità locale, ovvero lo scrittore Francesco Petrarca. Di lui posso ammirare la casa-museo ed un bel Monumento ubicato all’interno di un’area verde di grandi dimensioni che, oltre a consentire una discreta vista sulla campagna circostante, ospita la Fortezza Medicea, costruita a scopo difensivo nel XVI° secolo.
Impossibile non vedere il prossimo punto di interesse: la “Cattedrale dei Santi Pietro e Donato” è davvero molto grande, anche se esternamente abbastanza semplice. A farle da guardia c’è il “Monumento a Ferdinando I° De’ Medici”. Di fronte c’è il Palazzo Vescovile che ospita il “MUDAS” (il Museo Diocesano di Arezzo). Dall’altro lato della stretta carreggiata si apre Piazza della Libertà dove si affacciano il “Palazzo dei Priori” (sede del Municipio) ed il “Palazzo della Provincia”.
Cento metri più avanti mi imbatto nel “Monumento a Ferdinando III° di Lorena”; alla sua sinistra c’è una piccola chiesa che scopro essere la sede dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose. Una breve deviazione in Via del Sasso Verde mi permette di osservare la “Chiesa di San Domenico” che affaccia sull’omonima piazza, poi torno indietro e continuo a seguire la mappa preparata da casa.
Scendo una scalinata e, poco dopo, noto la “Parrocchia di Santa Maria in Gradi”; per fotografarla devo aspettare che un genio di signora tolga di mezzo la sua macchina dopo aver effettuato settantamila manovre allo scopo di parcheggiare. Seguono “l’ex Chiesa di San Vito e Modesto” ed il palazzo che ospita il “Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna” che resta fuori dal mio album dei ricordi a causa della sua posizione disgraziata. Il prossimo punto di interessa è la “Parrocchia Santissima Annunziata”: è semplice ma allo stesso tempo graziosa. A causa delle fronde di due alberi posti a pochi metri dalla sua facciata sono costretto a scattare un’istantanea da posizione molto angolata, con scadenti risultati. Chiudo anche questa zona osservando la vicina “Porta San Lorentino”.
Rientro in centro da Via Porta Buia, ma non senza aver notato prima il “Cavallo di Rame” dell’artista Nicola Zamboni che orna la rotonda stradale di via Petrarca e poi il “Monumento ai Caduti di Nassiriya”. Via Giuseppe Garibaldi mi mostra la “Chiesa della Santa Trinità” e, nella piazzetta di fronte, il “Monumento ai Caduti del Risorgimento”.
Via Cavour mi regala alcuni degli ultimi punti di interesse di Arezzo: la “Parrocchia di Badia delle Sante Flora e Lucilla”, l’edificio che ospita la Galleria Nazionale d’Arte Contemporanea, la “Basilica di San Francesco” ed il “Monumento a Vittorio Fossombroni” (ingegnere, economista e politico anch’egli aretino). La “Chiesa di Sant’Ignazio” è invece incastonata tra i vicini vicoletti e questo rende molto difficile la mia attività di fotografo amatoriale. Fatto ciò, imbocco Via Guido Monaco dove trovo il “Teatro Petrarca” che conclude la mia visita.
Sono nella direzione giusta per la stazione ed ho ancora il tempo per fermarmi a prendere qualcosa da mangiare ad un market, per cui direi che la mattinata è andata benissimo e che ho rispettato programmi e tempistiche studiate. Arrivo al capolinea dei pullman dove, alle 13:40, è in partenza il bus della Tiemme che mi condurrà a Siena in poco più di un’ora. Faccio appena in tempo a vedere una copia della scultura “La Chimera di Arezzo” (simbolo del quartiere di Porta del Foro) mentre l’originale è conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze) prima di salire a bordo e salutare questa città.
In conclusione posso dire che, nonostante le dimensioni abbastanza ridotte, Arezzo ha molto da offrire. Come avete potuto capire si gira in poche ore, ma la visita è comunque intensa. Sarò anche ripetitivo, ma è altissimo il numero di personaggi storici nati qui che hanno influenzato il territorio italiano nel corso dei secoli. Vedendo oggi tutti gli abitanti andare in giro con la mascherina anche all’aperto…sicuramente si rivolterebbero nelle loro tombe. Ritengo di aver speso davvero bene questo sabato mattina e consiglio di inserire questa località all’interno di un itinerario più ampio, magari unendola con una delle realtà vicine per riempire una positiva giornata fuori.