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Primo week-end di dicembre per questa mia nuova uscita. Decido di restare in Italia dopo tantissimo estero e di tornare all’estremo nord, dov’ero già stato in estate. Chiedo venia ai puristi di questo periodo…però quando ho prenotato il viaggio ho spudoratamente usato la scusa dei mercatini di Natale per dare un tocco in più alla mia visita; ma chi mi conosce sà bene che io e lo shopping (qualsiasi tipo di shopping…) siamo agli antipodi. Non posso negare di aver visto le bancarelle perchè, girando per i vari centri cittadini, ci si viene letteralmente scaraventati in mezzo; ma ho usato il verbo vedere e non guardare o osservare poichè, dopo una rapida occhiata, sono letteralmente scappato via dalle zone della calca. Non metto in dubbio che l’atmosfera sia particolare e piacevole, però perchè comprare le stesse cose che si trovano in qualsiasi negozio con la sola differenza del prezzo che è come minimo triplicato? Io non ci trovo molto senso, per cui prendo la palla al balzo e cerco di preparare un bell’itinerario alla scoperta di quattro realtà del Sudtirol: Bressanone, Dobbiaco, Merano e Vipiteno; questo è l’ordine con il quale le ho vissute ed ho cercato di farlo al meglio possibile in relazione al tempo a mia disposizione. Sperando di esserci riuscito, direi di iniziare il giro.
La partenza è prevista dalla stazione Termini di Roma, raggiunta in metropolitana da casa: il treno diretto a Bolzano, maggiore città della zona, è in partenza alle ore 23:00 in punto di venerdi. Dopo aver preso qualcosa da bere alla solita botteguccia di fiducia, salgo sul convoglio e prendo possesso del mio posto…o meglio…provo a farlo: come succede nove volte su dieci, ciò che è indicato sul mio biglietto lo trovo occupato dal solito cafone testa a pera (per non superare i limiti della decenza mi fermo qui) che fa fatica a leggere quale sedile gli ha assegnato il sistema prima di poggiare le chiappe nel primo buco di suo gradimento. Come è ormai prassi, non serve parlare perchè i miei occhi dicono tutto; ho una voglia matta di vedermi allo specchio in momenti come questo per rendermi conto delle fiamme che sprigiono; devono essere proprio terribili perchè il tizio si alza e cambia posto. Non è la prima volta che succede e non sarà neanche l’ultima. Ho una speciale allergia contro i maleducati e non manco di tirare fuori il peggio di me quando li ho davanti. Finalmente piazzato, uso il tempo utile prima di addormentarmi per fare una cosa che mi riesce benissimo: prenotare un nuovo viaggio durante quello in corso. Negli altri racconti non l’ho mai scritto anche se succede abbastanza spesso, ma stavolta decido di farlo perchè sono troppo felice: l’anno prossimo un sogno si avvererà e si chiama Iran. Nonostante l’adrenalina per questa mega-notizia, il sonno prende il sopravvento poco dopo l’arrivo dell’e-mail di conferma dei voli e mi risveglio direttamente a destinazione. Bolzano la conosco già a menadito; questa volta non ho neanche il tempo di prendermi un cappuccino che sono già sul treno successivo dopo aver acquistato la “Mobilcard”, tessera che permette di usufruire di tutti i mezzi di trasporto del Sudtirol per la giornata di convalida al modico prezzo di 15 euro. Un incontro però, nonostante la corsa, faccio in tempo a non mancarlo: quello col freddo che definire tagliente è un complimento; sono vestito con abiti degni dell’occasione: mega-maglione di pile, giacca da montagna di Decathlon con grado di calore 5 su 5, guanti e scaldacollo che copre anche mezza faccia. Nonostante questo, il gelo mi tiene lo stesso compagnia. E pensare che Roma la gente si lamenta in continuazione delle basse temperature…; la mia prima tappa, come già detto in precedenza, è la cittadina di Bressanone (Brixen in tedesco) che raggiungo dopo circa trenta minuti durante i quali mi godo il panorama offerto dalle Montagne con la “M” maiuscola che questa parte d’Italia sa regalare. Unica nota negativa di tutto il mio percorso è che avrò il borsone sempre con me, in ogni minuto. Infatti solo a Bolzano è presente un deposito bagagli ma non mi è affatto possibile usufruirne per motivi logistici (e comunque non lo avrei fatto lo stesso perchè ha dei prezzi da ladrocinio). Uscito dalla piccola stazione noto “con estremo piacere” che qui il freddo è ancora più pungente e che ci sono sprazzi di neve e ghiaccio sparsi in qua e in là. Decido di iniziare il mio percorso dalla zona del “Lido Brixen”: si tratta di un parco che ha al suo interno un laghetto che trovo ovviamente ghiacciato per il 90% della sua superficie. In questa zona c’è anche un caffè/ristorante e diversi impianti sportivi, tra cui il campo di calcio della squadra locale che proprio non vuole saperne di decollare oltre il dilettantismo. Mi fermo qualche secondo a guardare il manto erboso (con poco verde e tantissimo bianco causa neve ormai radicata) quando sento e vedo arrivare un gruppo di bambini che si sta preparando per l’allenamento. Sono quasi sicuro che si tratta di una allucinazione da gelo (o almeno lo spero per quelle povere creature), così decido di alzare i tacchi e cambiare aria nel tentativo di scaldarmi un po’. Per farlo passeggio lungo la riva dell’Isarco che qui scorre senza sosta. Capisco che la città che mi ospita è di medio/piccola grandezza quando, dopo pochissimi minuti, già mi trovo nella zona di altri punti di interesse da me segnati sulla mappa. Il primo è il Convento delle Clarisse, mentre poco dopo, quasi chiuso in castigo in un angoletto, c’è il Monastero dei Cappuccini, difficilissimo da fotografare come si deve.
Pochi passi ancora e mi trovo in prossimità del centro: lo testimonia il fatto che, sulla destra, ho la possibilità di ammirare il bellissimo palazzo del Seminario Maggiore. Lo trovo però dopo aver fatto una una deviazione: ho attraversato Ponte Widmann, dove si ha la confluenza tra il Rienza (che termina la sua corsa lunga circa 90 km iniziata dalle famose Tre Cime di Lavaredo) e l’Isarco. Tale incrocio di acque genera una penisola, sede dei Giardini Pubblici Rapp e della statua che potete vedere anche voi.
Proseguo per Via S. Albuino fino a che mi trovo di fronte ad uno slargo: davanti a me c’è la stata di bronzo di San Michele intento ad uccidere il Drago (dovrebbe essere una fontana, ma di acqua non ce n’è neanche una goccia), alla mia sinistra ho la superba Torre Bianca (alta 72 metri) ed alla mia destra c’è Via Ponte Aquila. Decido di percorrerla per prima: qui trovo il Museo della Farmacia e, poco dopo, l’Arco Ponte Aquila.
Poco più avanti trovo il Palazzo Comunale; da lì torno sui miei passi ed entro nel cuore del centro storico di Bressanone che presenta la caratteristica che sarà il filo conduttore dell’intero week-end: i portici. Ovviamente fungono da riparo artificiale per i tantissimi negozi lì ubicati dove si trova proprio di tutto: della storia ci sono i segni ed il ricordo, ma la modernità ha preso il sopravvento anche qui. E’ un piacere camminare per quelle aree semi-chiuse, anche se non posso negare che si sta decisamente meglio al sole, quando si ha la fortuna di incrociare i suoi raggi.
Mi trovo adesso in Piazza del Duomo: qui si concentra l’intero mercatino di Natale della città. Bancarelle addobbate a festa, i soliti cavalli che trainano una carrozza con una numero indefinito di bambini sopra e tanta gente che cammina dappertutto fanno da margine a ciò che mi interessa. Qui infatti si concentrano diversi tesori, primo fra tutti in ordine di posizione è la Parrocchia di San Michele. Entro e ciò che ho davanti non è affatto male. Resto il tempo necessario per osservare l’interno dell’edificio religioso e…per godere di un po’ di tepore (la verità è sempre la miglior cosa); quando decido di uscire lo faccio da una porta laterale: mi trovo in quello che viene chiamato “vecchio cimitero”. Ma non è niente di ciò che si più immaginare leggendone il nome: si tratta di un’area che ha un prato come base e che, su due lati, riporta memorie dei caduti e lapidi alle pareti.
Torno in Piazza e mi addentro quanto basta per poter fotografare al meglio il bellissimo ed imponente Duomo. Purtroppo non è facile riuscirci in mezzo a tutta questa marmaglia; inoltre, tanto per gradire, è stato montato un palco che mi toglie la possibilità di mettermi alla distanza giusta per poter carpire un’immagine perfetta. Provo comunque a fare del mio meglio:
Anche in questo caso decido di visitarne l’interno: è più ricco rispetto alla Parrocchia, ma alla fin fine la differenza non è poi così enorme. Adesso è la volta di visitare il famoso Chiostro, una delle perle di questa località. L’atmosfera che si vive passeggiando nei suoi corridoi e sotto le sue arcate affrescate (i dipinti sono risalenti al X, XIV e XV secolo, ma ancora oggi ben conservati) è particolare.
Qui si nasconde una nota di colore: i pittori dell’epoca si cimentarono nell’impossibile impresa di disegnare un elefante servendosi della loro sola immaginazione. Questo animale non lo avevano mai visto a queste latitudini e ne avevano solo sentito parlare. Hanno quindi lavorato di fantasia, ma non a sufficienza. Questo che segue ne è il buffo risultato:
Dopo questa chicca, rieccomi in piazza della quale faccio una rapida carrellata di immagini
Neanche il tempo di prendere in mano la mappa per capire come muovermi che già mi trovo di fronte la Hofburg, o meglio conosciuta come Palazzo Vescovile perchè dalla sua costruzione e fino al 1973 fu la “casa” dei Vescovi di Bressanone (un tempo anche Principi, poi solo Vescovi). E’ un edificio enorme e perfettamente curato. Oggi è visitabile ed è sede in primis del Museo Diocesano, ricchissimo di opere d’arte che non sto ad elencare per quante sono (decisamente meglio vederle con i propri occhi che leggere un insipido elenco). Molto belli sono il cortile interno e gli appartamenti (sia quello vescovile che quello imperiale). Interessante anche la collezione dei presepi che conta qualcosa come svariate migliaia di statuine intagliate. Per 5 euro di ingresso ne vale davvero la pena.
Davanti all’ingresso dell’Hofburg c’è di nuovo qualcosa che ricorda gli elefanti. Pare proprio una fissazione questa, ma più avanti scoprirò che c’è davvero qualcosa che lega questa ridente località montana ad uno degli animali più esotici del mondo.
Arriva il momento di cambiare zona, così prendo una delle tante vie del centro finchè non mi imbatto nella piccola Chiesa di San Erardo. Durante il mio percorso vedo portici a non finire, in ogni direzione; finchè sopra di me vedo la famosa statua dell’uomo con tre teste. Non è niente di che, però ha una leggenda tutta sua: si narra che il venerdi santo si metta a sputare monete d’oro ai passanti che la fissano. Ricapitolando la situazione: la statua l’ho trovata? SI. La sto fissando? SI. E’ venerdi santo oggi? NO…e quindi niente monete d’oro per me perchè per due risposte esatte su tre non è previsto il premio di consolazione. Siamo alle solite…mannaggia!
Decido quindi di spostarmi verso l’esterno e lo faccio passando attraverso Porta Sabiona. Quando arrivo qui trovo di fronte a me quello che può sembrare a tutti gli effetti il campanile di una Chiesa, ma pare non essere del tutto così. Dopo una blanda ricerca (mi scuso in caso di errore) ho notizia che questo edifdicio sia oggi una casa di riposo.
Non troppo lontano da qui trovo il Forum Brixen, un centro dedicato alla cultura ed ai congressi. Rientro poi nelle strette strade dentro le mura passando da Porta Croce, ma prima mi imbatto in una statua che definire singolare è poco. Soprattutto…chi è e che cosa ci sta a fare all’incrocio di due strade ?
Ho ancora un po’ di tempo a mia disposizione, così decido di ampliare il giro anche a zone più periferiche in direzione della località di Varna (non ha niente a che vedere con l’omonima e bellissima città Bulgara, ovviamente). Inizio a seguire la strada che reputo corretta quando incontro la “Kirche der Congregatio Jesu” che non posso non fotografare, anche se in realtà si tratta di un edificio molto semplice.
Poco dopo faccio una deviazione voluta verso sinistra per svelare un mistero ancora in sospeso. Su una parete di un noto hotel cittadino c’è un dipinto. Senza fare lunghi giochi di parole…è qui riportato:
La storia è questa: il Re del Portogallo Giovanni III, nel lontano 1551, ebbe la stravagante idea di donare a suo nipote Massimiliano II d’Austria…un elefante. A quanto pare la povera bestia fu catturata in Asia e, dopo un estenuante viaggio fino a Vienna, venne fatto riposare qualche giorno nelle stalle di una locanda di Bressanone. Inutile dire che, per gli abitanti della località montana, vedere un pachiderma fu un evento storico e così il tutto fu immortalato sulle pareti delle locanda stessa che lo ospitò. Questo dipinto non ha nulla a che vedere con quello del chiostro, però è singolare come tale animale sia praticamente onnipresente in una parte di mondo nella quale non ha assolutamente nulla a che fare. Fiero di tale scoperta, riprendo il cammino. Ciò che mi aspetta prima di invertire la marcia e di tornare alla stazione per l’avvio della prossima tappa è composto dalla Chiesa di Maria Ausiliatrice e da un bellissimo palazzo che durante l’anno è adibito a scuola privata in lingua tedesca, mentre in estate le camere degli studenti vengono affittate agli ospiti: sto parlando del Vinzentinum. Da parte mia nessuna volontà di pubblicità; posto la foto solo perchè si tratta davvero di un edificio degno di nota.
Con questo, il giro alla scoperta di Bressanone giunge al termine. Mi trovo ad oltre due kilometri dalla stazione, per cui metto in moto le gambe ed inizio a trottare, dato che da lì’ a circa 30-35 minuti avrò il treno per Dobbiaco. Arrivo in tempo e riesco finalmente a fare colazione (sono le 14:30…ma quando sono in giro non ho orari umani) con un cornetto ripieno ai frutti di bosco. Salgo sul convoglio, puntualissimo come sempre. Il viaggio dura esattamente 90 minuti, comprensivi di un cambio alla successiva stazione di Fortezza, importante nodo ferroviario da queste parti.
Giungo a Dobbiaco che sono le 16:05. Durante il tragitto vedo neve a non finire, cioè proprio quello che stavo cercando per chiudere la giornata in bellezza. Faccio così una considerazione mentale: Bolzano (prima veloce tappa di questo sabato) si trova a 262 metri sul livello del mare e non ci ho trovato un filo di neve; Bressanone si trova a 559 metri sul livello del mare ed un po’ di neve (anche se poca) era presente. Dobbiaco si trova a 1.213 metri sul livello del mare e di neve ce n’è in abbondanza. Per rendere meglio l’idea della posizione in cui mi trovo, la fermata successiva del treno è San Candido, l’ultima italiana perchè dopo si entra in territorio austriaco. Di fronte a me ci sono vette spettacolari che decido di portare nel mio album dei ricordi.
Fatto ciò…mi conviene sbrigarmi perchè in questo periodo dell’anno fa buio intorno alle 17:00 e di tempo a dispozione per arrivare dove mi ero prefissato non ce n’è molto: sto parlando del Lago che prende il nome del comune che lo ospita. Dalla stazione la distanza da percorrere (rigorosamente a piedi) è di circa 2,5 kilometri. All’inizio tutto ok perchè la strada è asfaltata (magari un po’ ghiacciata, ma niente di preoccupante). Col passare dei metri cambia completamente il panorama: l’asfalto lascia il posto ad una specie di poltiglia marroncina (non fatevi venire strane idee…) e tutto intorno a me si inizia a vedere solo bianco ovunque.
Altre centinaia di metri più avanti e mi trovo a passeggiare su un sentiero in mezzo al bosco; stavolta il colore bianco ce l’ho sia in ogni direzione che sotto le scarpe: inconfondibile e bellissimo il rumore della neve fresca schiacciata dal mio “leggiadro” peso; se quel pavimento potesse parlare…meglio non dire cosa pronuncerebbe contro di me. La sensazione di silenzio è rotta solo da un paio di altri pazzi scatenati come il sottoscritto che passano in direzione opposta, ma almeno loro sono lì per portare fuori i rispettivi cani. Io invece sono lì per sport…;
Dopo una decina di minuti ancora, emozionatissimo, arrivo a destinazione. Come mi aspettavo, la superficie del lago è quasi tutta ghiacciata; rimane solo una piccola parte ancora allo stato liquido ed è quella dove si trova la cascatella che va ad alimentare il fiumiciattolo della foto precedente. Lo spettacolo è indescrivibile: dietro, in lontananza, cime grandiose coperte di neve. Il lago si distingue dalla riva solo grazie alla differenza di tonalità di bianco. Il silenzio è devastante: in questo momento sono completamente solo di fronte a tanto spettacolo. Il ristorante (ovviamente chiuso) si trova su una palafitta, ma sotto non ha acqua…bensì una lastra di ghiaccio a rendere quell’immagine di uno spettrale pazzesco. E’ qui che scatto le prime foto.
Decido però che non è ancora abbastanza per oggi. La luce del sole è flebile, ma presente, perciò mi spingo oltre per raggiungere un’altra zona del lago ed avere una nuova visuale ed una prospettiva diversa. Qui la neve inizia ad essere davvero alta perchè chissà da quanto tempo non ci passa niente e nessuno a calpestarla…come si vede dalla prossima immagine in cui il mio piede affonda in quel soffice candore.
Raggiungo la sponda est e lì mi fermo. Non mi spingo più di tanto verso la superficie perchè qui davvero si distingue poco: un passo falso ed avrei potuto finire dritto in acqua; e qui…hai voglia a chiedere aiuto. L’importante è avere sempre un po’ di buon senso quando si fanno le cose e non osare mai più del consentito. Io almeno la penso così e fino ad ora non mi posso lamentare. Fermo ed immobile cerco di scattare qualche altra bella foto mentre mi godo il silenzio che solo queste situazioni riescono a regalarmi. Per me che vivo in una metropoli e che, a causa della tensione che si accumula secondo dopo secondo, potrei iniziare a tirare calci a casaccio ogni mattina in metro (per fare un esempio) per quanto viene superato quotidianamente il limite umano di sopportazione…è una scarico di tensione senza pari.
Purtroppo giunge il momento di tornare indietro. La luce del sole comincia davvero a morire dietro alle vette delle montagne che mi circondano ed affrontare il tratto nel bosco al buio è una cosa che proprio non mi è congeniale. Ripercorro lo stesso percorso dell’andata (non è che ci siano molte alternative…) e supero la stazione del piccolo paesino perchè il centro si trova esattamente dalla parte opposta rispetto alla direzione del lago. Questo che oggi ho visto come un luogo incantevole ma spettrale allo stesso tempo, dalla primavera all’autunno assume dei colori indescrivibili: su internet ho visto le foto del Lago di Dobbiaco durante la stagione calda e me ne sono innamorato; motivo per cui organizzerò sicuramente in futuro una nuova passeggiata sulle sue rive. Quando arrivo sulla strada principale del comune che mi ospita, il sole non c’è più ed iniziano ad accendersi le luci artificiali. Incredibile a dirsi, ma sono solo qui quasi come lo ero in mezzo al bosco: in giro non c’è anima viva e le uniche persone che vedo muoversi sono le commesse dei negozi, desolatamente vuoti di sabato pomeriggio. Come facciano a guadagnare i soldi per vivere resta un mistero. Vedo qualcuno rintanato dentro ai bar ed alle pasticcerie, qualcun’altro che fa la spesa ad un market che mi avrebbe fatto molto comodo successivamente, ma per strada non c’è movimento. Avrò il treno alle 17:55, per cui mi metto alla ricerca dei pochi punti di interesse di questo comune. Fortuna vuole che siano praticamente tutti nel raggio di 200 metri l’uno dall’altro ed è così che ammiro, nell’ordine, la Chiesa di San Giovanni Battista, il Castello Herbstenburg ed il Municipio; in più, un paio di statue (di cui la prima sembra un monumento ad una granita per quanto ghiaccio ha intorno) completano l’offerta locale.
Giro di Dobbiaco ufficialmente terminato. E, sempre ufficialmente, inizio a capire perchè la gente se ne rimane in casa o al massimo nei locali al chiuso: senza il tepore dei raggi solari fa un freddo folle! L’escursione termica si sente a distanza di poche decine di minuti, altro che dal giorno alla notte, come normalmente si dice. Ho tutto in regola per coprirmi a dovere, ma è qui che scopro che i guanti non sono adatti a queste temperature. A casa li avrei sicuramente dovuti ricomprare della stessa stoffa dello scaldacollo che sta facendo egregiamente il suo dovere. Il cervello non si è ancora congelato e quindi inizio a fare un ragionamento: il viaggio in treno verso la terza tappa di oggi (Merano, dove avrò l’hotel) durerà 2 ore e 50 minuti. Arriverò nella nuova città alle 20:44. Calcolando che da queste parti nessun negozio resta aperto dopo le 19:00, mi fermo al market lungo la strada per comprare qualcosa da bere per la serata; dopo aver preso il treno non avrei più avuto occasione di farlo. Fortunatamente la mia ingordigia stavolta mi aiuta perchè, oltre ad una bottiglia di Coca Cola e ad un succo di frutta, acquisto anche un pacchetto di cookies ed uno yogurt alla stracciatella da 500 grammi (formato maxi, per capirci). Imbusto il tutto, pago e raggiungo la stazione prendendo il treno. Il tragitto è abbastanza lungo, soprattutto perchè la stanchezza inizia a farsi sentire. Condita col freddo poi…è un vero toccasana. Arrivo così a Merano puntualissimo e qui inizia l’odissea; sembrava finita questa bella giornata…ed invece non lo è neanche per sogno. Per risparmiare ho prenotato da casa un albergo che si trova a 3,7 km dalla stazione. In fase di programmazione mi ero detto testualmente questo: “poco male la distanza, tanto spezzerò la passeggiata con un buon kebab caldo per cena e passeranno tutti i mali”. Ma si sà che le ciambelle non riescono sempre col buco così come i kebab non vengono sempre ripieni: attraverso tutto il centro di Merano ma incrocio solo ristoranti classici, di quelli belli costosi; di Kebab neanche l’ombra. Sono sfinito perchè non ho una stanza dalle 21:30 della sera prima (quasi 24 ore ormai), ho dormito su un treno ed ho camminato per tutto il giorno portando il borsone sulle spalle. Morale della favola: non mi va di mettermi a girare per una città che non conosco cercando un fast food. Decido di andare verso l’hotel e di cenare con lo yogurt ed i cookies. Non sarà sano, ma non ho altra scelta. Il navigatore mi dice che metà strada l’ho già percorsa e questo mi rinfranca, ma perchè indica che ho ancora 37 minuti prima di arrivare? Per poco più di 1,8 kilometri? Poco dopo scopro il motivo: il mio hotel si trova in cima ad una salita folle raggiungibile prima percorrendo decine di scalini ripidi e poi proseguendo lungo un sentiero semi-sterrato e buio al 90%, anch’esso con una pendenza da togliere il fiato. Un film dell’orrore vissuto in prima persona sarebbe stato meno pesante di ciò che mi trovo ad affrontare: non vedo quasi nulla davanti a me ed ho quel cavolo di “maps” che continua a dirmi di proseguire perchè sto andando bene. Se spuntasse fuori qualcuno potrebbe darmi un colpo in testa e derubarmi senza che nessuno se ne accorga. O peggio ancora: da quelle fratte potrebbero uscire fuori anche animali che approfittano della notte per vagare indisturbati. Altro problema da non sottovalutare: ho indosso l’abbigliamento da alta montagna ma qui a Merano non fa poi tutto questo freddo; in più sto trasportando il borsone ed una busta del market con qualche chilo di roba dentro. Sento che sto sudando come se fossi in estate piena perchè sono troppo coperto e la maglietta “a pelle” è già un lago. Alla fine arrivo a destinazione sano e salvo, anche se stanco morto e, ripeto, bagnato fradicio per la salita tanto disumana quanto inattesa. La prima cosa che faccio è una doccia caldissima e lunga, quasi infinita. Poi piazzo gli abiti per i quali non ho un cambio (maglione di pile e giacca da montagna) sopra ai due termosifoni della stanza, in modo tale da trovarli asciutti all’indomani mattina. Fatto tutto questo, prendo il computer e finalmente ho modo di rilassarmi col mio gioco del calcio manager mentre mi godo quella sottospecie di cena: stasera me lo sono proprio guadagnato.
Domenica mattina: la sveglia suona alle 8:00. La prima cosa che faccio è fiondarmi ai termosifoni per controllare i due indumenti messi la qualche ora prima: miracolo! Sono completamente asciutti! Per tutto il resto (l’intimo…per capirci meglio) ho ovviamente il cambio pulito. Preparo tutte le mie cose, scendo a fare colazione e poi lascio la stannza dopo aver pagato la quota pattuita. Riparto quindi per la nuova giornata, sicuramente meno avventurosa della precedente ma non per questo meno bella. La cosa fantastica di un dopo-salita-folle è una mega-discesa-altrettanto-folle che affronto in totale scioltezza. Ripercorro la stessa strada semi-sterrata dell’andata che, con la luce del sole, scopro essere uno dei percorsi panoramici consigliati nelle guide di Merano per poter ammirare la città dall’alto; effettivamente lo spettacolo non è male.
Tornando alla faticaccia della sera prima, mi viene in mente quando ho pensato a quali animali feroci avrei potuto incontrare al buio ed inizio a fantasticare: orsi, linci, iene, serpenti velenosi, gufi assassini, draghi sputafuoco e chi più ne ha più ne metta…ma la creatura più pericolosa che incrocia realmente il mio cammino è questo coso peloso qui:
A metà del percorso mi rendo finalmente conto di dove mi trovo; ma prima, una premessa doverosa: a Merano ci sono diversi percorsi che prendono il nome di “passeggiate” (sarò più preciso in seguito). Davanti a me c’è la statua di tale Franz Tappeiner che, mappa alla mano, dà il nome alla “Passeggiata Tappeiner”, una di quelle che avrei voluto affrontare avendola segnata sulla mappa. L’hotel in cima al cucuzzolo, nel male, mi ha aiutato ad arrivare fino a qui.
Già che ci sono e senza doverci tornare successivamente, arrivo fino alla Polveriera ed al Castello San Zeno, altri due punti di interesse contrassegnati. Decido però di non scendere in città da lì, ma di tornare indietro esattamente da dove era iniziata la mia salita la sera precedente. Finalmente termino la discesa e mi trovo nel centro di Merano: di fronte a me ci sono la Chiesa di San Nicolò (enorme e difficilissima da far entrare nell’obiettivo a causa delle sue dimensioni) che visito anche internamente, e la piccola Cappella di Santa Barbara. Poco più a destra c’è invece il Palais Mamming, sede del museo civico cittadino…ora usato come calendario dell’avvento: cosa non si fà per il Natale…?
Calcolando che avrei dovuto terminare il mio giro arrivando alla stazione per prendere l’ennesimo treno di questo mio fine settimana in Sudtirol, opto per visitare prima la zona della città ad essa più lontana per poi, pian piano, avvicinarmi. E’ così che arrivo lungo le sponde del torrente Passirio (che proprio qui a Merano confluisce nell’Adige): esse prendono il nome una di “Passeggiata Estate” (quella esterna) e l’altra di “Passeggiata Inverno” (quella interna). Prima di percorrerle decido di recarmi alla vicinissima Parrocchia di San Giorgio, una chiesetta che non ha molto da offrire.
Qui devo prendere una importante deicisione e, per come è andata, devo ringraziare “santo tablet” che è sempre a mia disposizione. Spiego: devo decidere se percorrere 1,9 kilometri in andata ed altrettanti al ritorno per andare a visitare i Giardini di Castel Trauttmanadorff. Trattandosi di un punto di interesse che ha a che fare con le piante ed essendo dicembre, prendo prima informazioni sull’eventuale apertura al pubblico. Internet mi salva da una inutile camminata: la riapertura è prevista per il 30 marzo 2018. Se non ci fosse stato questo strumento mi sarei sobbarcato 3,8 kilometri di strada per niente. Da una parte è un vero peccato perchè a casa avevo visto delle foto a dir poco meravigliose di questo luogo. Sarà sicuramente per una prossima visita da queste parti in primavera/estate. Torno quindi sulle sponde del torrente Passirio e mi dedico alla Passeggiata Inverno (quella “Estate” mi pare non abbia grandi attrattive da offrire). La percorro prima in direzione esterna, fino ad arrivare alla “Gola Gilf”: bellissimo il corso d’acqua e particolari anche delle sculture che trovo lungo la strada.
A questo punto inverto la marcia e vado in direzione centro città. Salgo delle scale per poter fotografare Porta Passiria: peccato che ci trovo di fronte uno stramaledetto albero che ne copre quasi l’intera visuale.
Scendo di nuovo sulla Passeggiata Inverno fino ad arrivare al tratto in cui si trova il Wandelhalle: dietro a questo nome poco pronunciabile c’è un loggiato davvero elegante in cui si trovano dipinti e statue di vario genere. E’ abbastanza lungo e la foto che segue ne ritrae solo uno scorcio. Il problema è che, essendo quasi inverno, la vegetazione che dovrebbe adornare il loggiato è scarna e mezza secca, tanto da rendere l’insieme decisamente meno bello di come appare in primavera/estate. Purtroppo occorre usare un po’ di immaginazione.
Di lì a poco arrivo sul Ponte Posta, tanto famoso quanto insignificante. Non mi colpisce per niente, se non per il dettaglio che riporto di seguito.
Da qui, lungo la sponda interna del fiume, inizia il Mercatino di Natale di Merano. La verità? Ci metto i piedi forse per 50 secondi scarsi, giusto il tempo per poter fare una foto alla Kurhaus pur con mille teste in mezzo.
La quantità delle persone presenti è incalcolabile: ci sono file per poter solo osservare le bancarelle e questa cosa non fa proprio per me. Decido di attraversare Ponte Posta (dal quale scatto un’istantanea sulle montagne che abbracciano questa città) per osservare da vicino due punti di interesse siti da quella parte: la Parrocchia del Santo Spirito ed il Museo Ebraico. Quest’ultimo lo trovo ovviamente chiuso e riesco a fare la miglior foto possibile infilando la reflex all’interno delle sbarre del cancello che limita l’accesso.
Riattraverso Ponte Posta e mi dirigo in Piazza alla Rena dove trovo la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù con davanti una statua sacra.
Passo adesso dalla Bozener Tor, una “porta” ad arco aperta alla base di una torretta, e mi infilo nel cuore di Merano, neanche a dirlo…dove sono i portici. Anche qui, come a Bressanone, ci sono intere strade porticate. La più famosa è senza ombra di dubbio “Via dei Portici” (viva la fantasia), dove si trova il Municipio: un palazzo tra i tanti che, se non si fosse attenti a leggere la scritta in alto che lo indica, neanche lo si noterebbe. Proprio qui dietro si ha invece un’attrazione interessante: il Castello Principesco. Ebbene si: un castello vecchio stile in pieno centro città. Non sarà enorme, ma farebbe la sua figura. Uso il condizionale perchè gli addetti ai lavori pubblici hanno deciso di rovinare le foto dei visitatori piazzando dei pannelli per recintare una determinata area alla base del castello stesso. Un sentito grazie a questi rompiscatole di prima scelta che si trovano in ogni parte del mondo.
Faccio ora una deviazione in Corso della Libertà dove trovo un’altra delusione: il “Theater in der Altstadt” non ha alcuna caratteristica che trovo degna di una foto: lo guardo ed alzo e tacchi in cerca di meglio. Proseguendo sulla stessa via arrivo fino al Teatro Puccini (Stadttheater) che…non sarà poi chissà cosa…ma almeno ha una sua struttura, totalmente assente nel precedente edificio.
Altra deviazione, stavolta in Via Mainardo, ed altra delusione: stavolta tocca al Museo delle Donne lasciarmi a bocca asciutta: un palazzo normalissimo che non ritengo interessante da fotografare. Proseguo così per Via delle Corse fino al raggiungimento della Chiesa “Kapuzinerkirche HL Maximilian” (edificio molto semplice) e della “Vinschgauer Tor”.
Il mio giro di Merano sta giungendo pian piano al termine. La direzione che sto puntando palesemente è quella che porta al prossimo treno. Ma mancano ancora tre punti degni di nota, così mi riporto sul lungofiume dove ammiro la bella Chiesa Evangelica di Cristo, forse troppo coperta dalla morsa dell’ombra degli alberi che ha intorno. Più avanti mi imbatto nella Parrocchia di Santa Maria Assunta e, infine, situato nel piccolo parco proprio di fronte all’ingresso della stazione ferroviaria, trovo il monumento dedicato all’eroe tirolese Andreas Hofer.
Sono le ore 14:00 circa quando acquisto la Mobilcard valida per oggi; sicuramente i viaggi che sto per compiere pagati singolarmente mi costerebbero di più. Alle 14:16 parte il convoglio che ha come destinazione Vipiteno, l’ultima tappa di questo mini-tour. Il tragitto dura circa 1 ore e 50 minuti, stavolta senza cambi. E’ così che mi metto a guardare i risultati della Serie A sul mio sito preferito che mi aggiorna di qualsiasi variazione in tempo reale; il mio non è un vero e proprio interesse (un tempo lo era e pure molto vivo, ma dopo lo scandalo di “calciopoli” ho deciso di abbandonare anche quell’ambiente marcio), ma più voglia di passare il tempo in qualche modo. Noto che la partita delle 12:30 è Benevento-Milan. I sanniti vengono da 14 sconfitte iniziali consecutive e, anche oggi, ad un quarto d’ora dalla fine stanno perdendo 2-1 davanti al loro pubblico: una vera e propria maledizione. Ma qualcosa mi dice di non cambiare pagina e di continuare a fissare quel risultato mentre corrono i minuti. Succede l’inverosimile: al 95° , in pieno recupero, il Benevento riacciuffa il pareggio con un goal addirittura del proprio portiere e guadagna il suo primissimo punto nella massima serie dopo decenni di storia…in quel modo rocambolesco. Mi scappa un gesto di gioia incontrollata dentro quel vagone e rivedo il video di quell’impresa almeno venti volte: si sà che io non sono simpatizzante milanista (anzi…tutto il contrario) nè tantomeno di Gattuso, “allenatore” all’esordio in panchina proprio oggi che non mi va per niente a genio; quindi vederli beffati tutti quanti in quel modo ignobile e ridicolo è qualcosa di spettacolare. Al grido di “Brignoli idolo!” continua il mio percorso. Esco dalla stazione di Vipiteno e capisco subito cosa significa essere li: mi trovo a 15 kilometri dal Brennero (confine con l’Austria) ed a 948 metri sul livello del mare contro i 325 di Merano; ci sono tracce di neve e ghiaccio ed il vento colpisce la faccia con la violenza di un una raffica di pugni. Mi chiudo nelle mie “pezze” più che posso ed inizio la passeggiata verso il centro che dura una decina di minuti. Questa località è decisamente più piccola della precedente, però è solo qui che vivo quella che reputo la vera atmosfera natalizia; quando entro nel corso pedonale mi si illuminano gli occhi: tutto è a misura d’uomo, curatissimo e senza un pelo fuori posto. I portici sono immancabili, e sono sovrastati da palazzi coloratissimi che rendono l’ambiente unico. In più ci si mette anche l’ora a fare la sua parte perchè mi trovo lì proprio nel momento in cui iniziano ad accendersi le luci artificiali. E non si tratta solo dei normali lampioni cui siamo abituati ogni giorno: si accende di tutto, compreso un bell’albero di Natale e la stupenda Torre delle Dodici che si staglia di fronte a me.
Accanto a me c’è un palazzo che fa angolo: è il Municipio, segnato come punto di interesse ma che, una volta lì, ha ben poco da dirmi. Faccio una deviazione a sinistra e, date le dimensioni ridottissime di questo comune, raggiungo subito sia la Chiesa di Santa Margherita che, poco distante, la Kapuzinerkirche zur HL Magdalena.
Il sole se ne sta decisamente andando e, proprio come avviene nel film “Silent Hill”, è come se calasse ” l’oscurità ” portando con se conseguenze funeste: le temperature effettiva e percepita calano vertiginosamemte, soprattutto nei punti più ventosi della passeggiata. Purtroppo anche in questo caso mi rendo conto che i guanti che indosso non sono sufficienti perchè le mie mani stanno diventando due moncherini, soprattutto quella che regge la reflex. Ormai manca poco e quindi devo resistere, o almeno provarci. Torno sui miei passi e mi trovo davanti lo spettacolo della Torre delle Dodici completamente illuminata.
A questo punto decido di attraversare la torre: dall’altra parte trovo il mercatino di Natale. E’ piccolo e composto da 3-4 file di banchetti, ma non stancherò mai di ripetere che quello che vince qui è l’atmosfera. Non mi interessa nulla di ciò che è in vendita, ma non posso non fare un giro bancarella per bancarella. Di seguito alcune immagini che, comunque sia, non riescono a far comprendere la sensazione del momento.
Sarebbe da non andare mai via, ma il tempo scorre e non mi dimentico che sono qui anche per portare a termine la mia esplorazione. E’ così che seguo le indicazioni e raggiungo una zona commerciale con qualche negozio aperto (pochi, a dire la verità), ma non è niente di particolare. Prima di lasciare il centro voglio però togliermi uno sfizio: passeggiando avevo notato un Kebab lungo il piccolo corso. Non ho proprio fame, ma la mancanza di ciò che avevo tanto desiderato la sera prima prende il sopravvento: entro nella piccola bottega ed ordino un bel menù ricco. Colgo anche l’occasione per immagazzinare un po’ di calore, cosa che non fa mai male. Con lo stomaco pieno, la mente soddisfatta ed il portafogli meno pesante, saluto questo angolo di Medio Oriente ubicato quasi al confine con l’Austria e me ne vado verso la parte sud del comune che mi ospita. Il primo punto di interesse che vedo è la piccola Cappella di San Salvatore. Poco dopo, sulla destra, vedo la Chiesa di Santa Elisabetta e, nella stessa zona, il palazzo che ospita il Museo Civico ed il Museo Multscher. Infine, ma decisamente non meno importante, trovo ed ammiro la Chiesa di Nostra Signora della Palude.
Si è fatto tardi; decido così di salutare anche Vipiteno e di dichiarare concluso il mio week-end. Faccio dietro front in direzione stazione dove aspetto un pochino e poi prendo il treno per Bolzano. Ci metto circa un’ora a tornare nel capoluogo. Ho del tempo libero prima del “notturno” verso Roma e decido di fare due passi per la città nella quale sono stato molto bene l’estate appena trascorsa. Ovviamente anche qui vedo il mercatino in Piazza Walther ma, delusione delle delusioni, tutte le bancarelle sono chiuse alle 20:20 della domenica. Faccio dunque un salto dal mio “spacciatore” di bibite fresche a queste latitudini e poi, alle 21:10, salgo sul convoglio che mi avrebbe riportato a Termini. Con queste tre immagini di Bolzano, si chiude il mio week-end in Sudtirol:
Qui voglio fare un appunto a Trenitalia: sul treno di andata (Roma-Bolzano) ho scelto ed ottenuto il mio “solito” posto, quello con carrozza comfort e sedili grandi e morbidi, oltre che reclinabili. Sulla tratta di ritorno (Bolzano-Roma) pur avendo lo stesso numero di carrozza e sedile del tragitto precedente, mi trovo in uno dei vetusti vagoni con scompartimenti a sei posti, i mezzi carri bestiame di un tempo, per capirci. La carrozza che volevo è stata invertita con la numero 2, sicuramente per il solito errore di qualche incompetente, categoria della quale il mondo è saturo ormai. Morale della favola: tutte le poltrone erano occupate e la nottata è stata più difficile del previsto con maggiore scomodità e sveglia quasi ogni ora. Non capisco perchè si continui quasi nel 2018 a mantenere vive queste carrozze con scompartimenti chiusi a sei posti che abolirei con effetto immediato. E’ molto meglio il vagone “open”, ma vallo a far capire a quelli che invece di spendere i soldi pubblici come si deve…ci si spartiscono le mazzette a discapito della collettività.
La conclusione di questo tour non può essere che positiva, anche se non totalmente. La mia idea è chiara e la espongo con poche semplici parole: i posti che ho visitato sono belli, ma mi aspettavo qualcosa di più poichè molto famosi e sulla bocca di tutti. Vipiteno a parte, che è una piccola bomboniera (forse troppo piccola…), ho trovato i mercatini di Natale di altri stati molto più belli, ricchi e curati rispetto a questi del Sudtirol. Qui ho amato la neve, i monumenti e l’atmosfera senza ombra di dubbio. Un cruccio però mi resta (anzi, due) ma questa è colpa mia e dell’organizzazione ferrea che ho dato alla due giorni appena trascorsa: a Bressanone c’è un mega-centro acquatico (Acquarena) ed a Merano ci sono delle fantastiche terme…ma io non ho usufruito di nessuno di questi due servizi. Col senno di poi, probabilmente, più di un pensierino ce l’avrei fatto. Un paio d’ore alle Terme di Merano mi avrebbero sicuramente rimesso in sesto, ma sarà per la prossima volta. Mi sento di consigliare una visita a questa parte d’Italia che sicuramente non scopro io per primo (ho sentito dialetti in abbondanza durante le mie passeggiate tra sabato e domenica), ma il mio consiglio è di non partire con eccessive pretese perchè si rischia di rovinare (o per meglio dire, di scalfire) una così bella sorpresa.