Premessa: avendo già visitato le due località più famose del Mar Rosso (Sharm El Sheik e Marsa Alam), ho sempre nutrito grande curiosità per la destinazione di vacanza più vicina al confine col Sudan. Il nome locale è Baranis, ma noi tutti la conosciamo come Berenice. Al momento in cui ho deciso di prenotare, la situazione tra occidente e paesi arabi stava iniziando a farsi pesante; dentro di me sapevo perfettamente che quella sarebbe potuta essere l’ultima occasione per chissà quanto tempo per fare una vacanza da quelle parti in un clima di sufficiente sicurezza. Dato che il “fai-da-te-totale” che adoro ed al quale non rinuncio mai, se non in casi limite, in questa zona di mondo non è consigliato, ho cominciato a setacciare internet con ricerche minuziose per almeno 5 settimane; ero convinto che una buona offerta sarebbe arrivata e così è stato: 7 notti in un villaggio all-inclusive (solo a pronunciare queste parole mi vengono i brividi, ma non avevo altra scelta), voli e trasferimenti compresi, sono costati la bellezza di 475 euro. Direi una miseria per una destinazione in cui, solo un paio di anni prima, non ti potevi neanche avvicinare se avevi un budget inferiore ai 1.000 euro. Le alternative di soggiorno tra le quali scegliere erano davvero pochissime: c’è un villaggio che mantiene ancora un prezzo irraggiungibile, un paio di livello intermedio e poi, alla fine, quello scelto da me poichè low-cost. Basta così. La curiosità di capire perchè Berenice abbia prezzi più alti e meno resorts rispetto al resto del Mar Rosso era tanta, per cui si parte!
Dato che, ripeto, mi è toccato per forza di cose acquistare un pacchetto turistico, le “immancabili” meraviglie iniziano già da Fiumicino. Un paio di giorni prima ricevo i documenti di viaggio e, leggendoli accuratamente per vedere se, come spesso accade, mi hanno rifilato qualche fregatura ormai insanabile, noto che la compagnia aerea è tale “Mistral Air”: viaggio da anni, eppure non l’ho mai sentita nominare. Superato il gate salgo sulla solita navetta rompiscatole e maledetta che accompagna 11 voli su 10 al principale scalo romano. Sono abituato a percorrere quasi interi chilometri per raggiungere gli aerei, ma questa volta viene superato ogni limite: sembra che non si arrivi davvero mai e che i 475 euro pagati comprendano sì il viaggio, ma in pullman come la gita di Fantozzi a Venezia. Quasi certo di vedere prima o poi l’imbocco dell’autostrada, finalmente il bus si ferma. “Orrore!!! Ma si può sapere che è quell’affare?” ho pensato tra me e me quando mi sono trovato davanti agli occhi l’aereo delle Poste Italiane. Mistral Air, o meglio come essere spediti in Egitto come dei pacchi. Scherzi a parte, non c’è niente di male. E’ solo che non mi aspettavo quel tipo di logo. Tutto qui. Infatti il volo scorre tranquillo e regolare, con personale cordiale e sufficienti servizi di bordo. Mi sembra anche leggermente più comodo del volo “Blue Express” che mi portò anni prima a Marsa Alam, per cui sono stati bravi a scacciare ogni possibile pregiudizio. E per andare a Berenice si atterra proprio a Marsa Alam, che è l’aeroporto più vicino. Da lì vengo caricato sul minibus diretto alla destinazione finale del viaggio che avrei raggiunto in circa un paio d’ore per percorrere 170 km. La strada è, come sempre in questa parte di Egitto, molto dritta e lineare. Costeggia da vicinissimo il bellissimo mare in molti punti del tragitto, per poi allontanarsi e lasciare spazio a pochi resorts attivi e, soprattutto, moltissimi mostri in costruzione che non verranno mai terminati; restano così delle carcasse terrificanti in mezzo al deserto senza alcun senso. Tutto questo sicuramente eretto quando si pensava che il turismo del Mar Rosso sarebbe lievitato a dismisura; ed invece, come succede per tutto, un po’ le cose “passano di moda” ed un po’ ci si è messa anche la situazione di tensione internazionale a rallentare o anche ad azzerare gli arrivi dei viaggiatori.
Arrivo al resort e mi viene anche lì propinata la solita prassi dei portatori di bagagli che mi faranno trovare la valigia dritta in stanza, per poi non schiodare più fino a quando non avranno intascato la banconota da 5 euro per “quell’enorme” servizio. Ovviamente non gliel’ho negato, ci mancherebbe altro. Però resta il fatto che nessuno gli chiede certi comportamenti e questo non fa altro che rendere i pacchetti turistici in villaggio sempre uguali ovunque si vada nel mondo. A partire dalla reception iniziano alcune note dolenti:
- La connessione wi-fi c’è, ma a pagamento. 20 euro a settimana e passa la paura. Ovviamente l’ho dovuta acquistare per non restare tagliato fuori dal mondo e soprattutto per mantenere contatti con l’ufficio che sarebbero poi serviti.
- L’accesso al mare della struttura è praticamente inesistente dalla spiaggia. L’acqua incontra l’arenile dopo aver superato metri e metri di barriera corallina sulla quale ovviamente non si può e non si deve camminare. L’unico accesso esistente è dal pontile, o meglio dal “coso di legno e ferro arrugginito” che non dà proprio quella sensazione di sicurezza. In compenso però scoprirò che la temperatura del mare è semplicemente sublime.
- La struttura è in fase di decadimento galoppante, ma è comprensibile poichè in quella settimana eravamo in 18 ospiti (mi raccomando di tenere a mente questo numero perchè più avanti sarà motivo di una furiosa litigata). Come si possono fare interventi di miglioramento quando i membri dello staff sembrano essere a prima vista maggiori dei turisti? Per fortuna non c’è ombra di animazione, per cui si prospettano sette giorni di relax senza “giochi aperitivo” o di squadra; Tutto nel villaggio si sta lentamente disgregando: su quei lettini ci hanno sicuramente preso il sole i faraoni per quanto sono vecchi e decrepiti, l’arredamento del bar sulla spiaggia andrebbe regalato ai rigattieri (sempre se sono disposti a prenderselo) e sostituito di sana pianta. Le camere sono discretamente spaziose ma arredate con mobili vecchi (non antichi…badate bene la differenza) ed il bagno lascia un po’ a desiderare.
Disfatta la valigia, mi metto il costume e vado al mare; fuori dal villaggio non c’è assolutamente nulla; nessuna Naama Bay e nessun Port Ghalib nelle vicinanze. Ci sono soltanto gruppi di casupole di abitanti locali che vivono in uno stato davvero poco degno per degli esseri umani. Quindi la mia vita nei successivi 7 giorni sarà basata all’interno del perimetro della struttura, per poi toccare i suoi massimi picchi durante le escursioni acquistate in loco. Arrivo in spiaggia ed incontro l’amico di ogni vacanza che si rispetti sul Mar Rosso: il vento. Non ha mai cessato di soffiare per tutto il periodo. La sola differenza tra un giorno e l’altro è dara dall’intensità che ha, ma “lui” c’è sempre stato. Serve a mitigare il gran caldo che andrebbe sopportato senza la sua presenza, quindi ben venga in ogni caso. Esploro subito la zona, ma non scendo immediatamente a vedere i coralli con maschera e pinne. Dò prima un’occhiata per capire la profondità del mare scendendo dal pontile e che tipo di corrente avrei trovato una volta immerso completamente. Non è proprio come fare il bagno sulle spiagge a pelo d’acqua di Marsa Alam; qui bisogna accontentarsi di sani tuffi dalla vecchia struttura e davvero poco di più. Capisco subito che sarà una vacanza un po’ particolare, ma sono lì e la cosa più sensata che posso fare è cercare di goderla il più possibile. Finalmente mi decido a prendere “l’attrezzatura” e ad andare a fare il primo snorkeling. Sono arrivato fino a Berenice proprio perchè avevo letto da anni che è il punto con la migliore barriera corallina di tutto l’Egitto, l’unica rimasta ancora quasi incontaminata dopo le devastazioni “turistiche” degli altri lidi. Ma come spesso accade quando ci si aspetta tanto da un luogo…si rimane delusi. I coralli ci sono, ma non sono come mi aspettavo. Mi sposto nuotando senza troppa fatica grazie alle pinne, ma dovunque mi reco il panorama subacqueo non cambia. Forse le vere bellezze le godono coloro che fanno vere immersioni (poco più là c’è, guarda caso, un diving center) mentre noi comuni mortali dobbiamo accontentarci delle briciole. Non c’è niente da fare: secondo me la migliore barriera corallina sta a Marsa Alam. E’ una valutazione assolutamente soggettiva e non influenzata da niente e da nessuno; quindi l’ho scritto e lo confermo. Alterno così il caldo sole di ottobre a bagni in mare ed uscite di snorkeling; poco distante c’è anche la piscina abbastanza grande e confortevole, anche se non proprio un esempio di charme. Sono queste le attività svolte nelle 4 giornate di permanenza totale nel resort. Queste, unite poi alla parte culinaria. Essendo così pochi nella struttura (rammento il numero 18 per precisi scopi futuri), sono attivi un solo ristorante, un solo bar sulla spiaggia ed un solo bar “a bardo piscina”. Quindi la colazione, il pranzo e la cena si consumano sempre nella stessa sala. Qui spezzo una lancia a favore del villaggio che mi ospita: la cucina è internazionale e varia al punto giusto (niente di trascendentale) ma è abbastanza piacevole. Ho sentito storie di persone che in Egitto non riuscivano a mangiare nulla che non fosse terribile. Qui invece, tutto il contrario. Il personale è sempre stato gentile e cortese con me e con tutti gli altri ospiti. Nella stanza accanto al ristorante è presente una “sala giochi” molto scarna, ma una cosa però c’è: il biliardo. A me piace molto giocarci, così quando i ragazzi della cucina terminavano il loro turno ci mettiamo a fare delle sfide. Lì ho capito che in quella struttura non c’è veramente un tubo da fare tutto il giorno. Sapete da cosa ? Dal fatto che i giovani egiziani mi hanno fatto un cesto enorme, come mai ne avevo presi in vita mia. Non ne ho vinta neanche una in tutta la settimana. E’ un dato di fatto che sia l’unico diversivo che hanno tra un turno ed un altro e che, in anni di pratica, siano diventati davvero bravissimi. Non mi sono mai sentito tanto piccolo davanti al tavolo verde…quindi complimenti a loro. Per terminare il discorso dei pasti manca solo il momento dopo il mare e prima della cena: ogni sera, dopo una bella doccia, mi siedo al bar della piscina a sorseggiare una buona tazza di karkadè, bevanda davvero buona se consumata in Egitto…mentre quella che si compra in Italia non riesco proprio a reggerla. Quello è il momento in cui cala il sole e si può godere del particolare tramonto locale.
Passando invece a parlare delle escursioni, ne ho fatte tre: due acquistate in anticipo ed una “rimediata”. Inizio col dire che, a differenza di altri posti in Egitto, non potendo uscire liberamente fuori dal villaggio non si possono neanche cercare e contattare delle agenzie locali per la comparazione delle attività extra e soprattutto dei prezzi; dove mi trovo è tutto completamente gestito da un egiziano che si fa chiamare Mimmo. E’ facile comprendere che si tratta di un vero e proprio monopolio e che o si fa come dice lui…oppure ci si attacca al tram ed anche a qualcos’altro che è meglio non nominare. Dato che il tutto è molto molto informale, lo incontro al bar della piscina e lì acquisto due uscite: una alla baia dei delfini e l’altra a Sharm El-Luli.
Inizio proprio da quest’ultima: Sharm El-Luli è un tratto di costa che dista pochi chilometri dal resort; avevo letto articoli su internet e visto tante foto, ma posso garantire che esserci di persona è davvero fantastico. I colori sono indescrivibili: il mare è chiarissimo come difficilmente si può immaginare ed il contrasto con la sabbia e le rocce dorate del deserto rende tutto magico. L’escursione purtroppo è solo di mezza giornata, per cui il tempo a disposizione vola letteralmente via. Qui posso postare delle foto, ma non hanno il potere di rendere giustizia a quel vero e proprio paradiso in terra.
Capitolo a parte dedicato alla baia dei delfini. Arrivo col minibus al porto di imbarco perchè il programma prevede una navigazione di circa due ore verso un punto di mare racchiuso dalla barriera corallina all’interno del quale interi branchi di delfini nuotano quotidianamente. Quindi, in questo genere di uscita, non vedere i delfini è praticamente impossibile…ma qualcuno di coloro che sono con me non ci è riuscito. E si è pure incavolato! Ma c’è una cosa che Mimmo non ci ha detto: quella vera e propria traversa sul Mar Rosso andava affrontata con un’imbarcazione totalmente inadatta alle onde incontrate, tanto che diverse persone si sono sentite male durante il tragitto. Anch’io non posso negare di aver avuto problemi di stomaco dovuti a quel “coso”; per non causare fraintendimenti, si tratta davvero di una bella barca e su questo non ho dubbi, ma non è assolutamente in grado di affrontare un mare aperto in quel modo. Serviva un natante più grande. Ma tornando al motivo principale per cui sono arrivato fin lì, posso raccontare di aver fatto il bagno a qualche metro dai delfini; certo, non ho potuto toccarli come magari si può fare tuffaandosi nella vasca di un circo acquatico o con una attività simile, ma essere lì all’interno del loro habitat naturale e guardarli nuotare a piccoli gruppi tutti insieme vale un miliardo di volte di più.
La seconda parte dell’escursione ha visto la barca ancorarsi in un punto molto vicino alla barriera corallina per permetterci di fare snorkeling: anche qui, senza infamia e senza lode. Ho avuto quindi la conferma che tutta questa presenza massiccia di coralli a Berenice è più che altro una leggenda. Viaggio di ritorno che definirei “splendido” esattamente come quello di andata. Soliti problemi di stomaco, anche se stavolta di minore intensità.
E qui viene il bello: scrivo adesso a proposito della terza escursione, quella che prima ho definito “rimediata” e che tratta la storia di questo benedetto/maledetto numero 18. Cosa è successo esattamente ? Bene, ormai si è capito che nel villaggio siamo 18 ospiti in tutto. Il nostro Mimmo probabilmente ha bisogno di qualche soldino in più, per cui pensa bene di organizzare una nuova uscita non prevista durante il briefing del primo giorno. Ma purtroppo deve aver fatto i conti senza l’oste perchè, poverino, ha a disposizione solo un minibus con 16 posti a sedere. Troppo pochi per tutti noi, avrà pensato. E allora in questi casi che si fà ? Ricordo quando ero bambino: certe volte volevamo organizzare una partita di calcetto tra compagni di classe, quindi servivano 10 giocatori, ma noi eravamo 11 maschi. Allora usciva fuori quello meschino che chiedeva ad altri 9 di non informare della partita il piccolo Alfredo (nome completamente inventato e di pura fantasia) perchè gli stava sulle scatole; in questo modo il problema per lui era risolto. Alfredo non avrebbe mai saputo della partita, non l’avrebbe presa male perchè non ne aveva motivo…e noi saremmo stati esattamente in 10, cioè due squadre da cinque. Quindi idea meschina, ma non si può nascondere che fosse geniale. Però quello che la pensava allora era un bambino…non un uomo adulto e navigato. Mimmo ha fatto lo stesso: è andato privatamente da 16 ospiti su 18 e li ha invitati alla terza escursione, mentre ad altri due (tra cui io) non ha detto un beneamato cavolo. Ma si sà che le bugie hanno le gambe corte, soprattutto se uno non è stupido ed io non credo di esserlo. Stranamente quella mattina noto uno strano movimento sulla spiaggia: quasi tutti vanno via dal mare troppo presto rispetto al solito. Lì per lì la cosa mi incuriosisce, ma non ci faccio caso più di tanto. Poi vedo tutti uscire dalle loro stanze con i vestiti addosso e non in costume. Guardo l’orologio e vedo che il ristorante ha appena aperto e che tutti quanti, zainetto in spalla, stanno andando a pranzo. A quel punto sono quasi sicuro che stia succedendo qualcosa poco chiara, però mi manca un dettaglio per completare il puzzle: non so esattamente che cosa sta per succedere. Non posso però starmene con le mani in mano…non è da me. Per cui mi metto ciabatte e maglietta e corro anch’io al ristorante. Ho la conferma che sono tutti li a tavola. Non ho fame perchè è prestissimo, ma mi metto in fila col piatto per prendere qualcosa da mangiare e sento due persone davanti a me parlare dell’imminente escursione alla spiaggia delle mangrovie. A quel punto sono sicuro al 101% di ciò che sta succedendo, così parlo con quei signori; mi spiegano che di lì a 40 minuti sarebbe arrivato il solito minibus che li avrebbe portati alla spiaggia delle mangrovie per 3 ore al costo di 10 euro a testa e che era stato il sig. Mimmo a proporre questa cosa a tutti, non loro ad essersi organizzati per chiedergli una cortesia. Non ci vedo più dalla rabbia e dallo sdegno, per cui ringrazio quelle persone per la preziosa informazione e corro a cercare Mimmo. Non lo trovo da nessuna parte, così mi precipito in reception come un masso in caduta libera e racconto ciò che ha combinato all’addetto dietro al bancone. Concludo il mio discorso dicendogli che nessun minibus avrebbe dovuto lasciare il villaggio se prima non avessi avuto modo di parlare con Mimmo. Mi viene risposto che Mimmo in quel momento è raccolto in preghiera, una delle cinque quotidiane che un buon musulmano è tenuto a rispettare. Bene, io sono il primo che rispetta tutto e tutti, comprese le usanze di chiunque che sono per me fondamentali e che contribuiscono a dare ad un popolo intero un’identità ben precisa. Da viaggiatore non reputo nessuno come uno straniero o un diverso; sono convinto che siamo tutti uguali e cittadini del mondo, nessuno escluso. Ma tu, meschino che non sei altro, che cavolo ti preghi ??? Fai i tuoi comodi nella tua vita e ti permetti anche di pregare ??? Ma perchè invece non ne salti una di preghiera e cerchi di essere una persona migliore, corretta e moralmente a posto durante le ore in cui non sei con le mani incrociate ??? Se io facessi qualcosa che non va, di sicuro non mi sentirei meglio andando in chiesa a pregare ma mi rimarrebbe comunque un groppo in gola che non si deciderebbe a scendere in nessun modo. Questo è quello che penso. Sono arrabbiato nero perchè sono stato trattato da ospite di Serie “B” e questo non lo mando giù per niente al mondo. Chiedo al receptionist di informare Mimmo che lo sto aspettando ad un tavolo esterno del ristorante; avrei dovuto dirgliene quattro e farlo dentro una stanza che avrebbe potuto rimbombare la mia voce alterata non mi sembra carino. Dopo venti minuti lo vedo arrivare con la coda tra le gambe. Lo guardo negli occhi senza parlare, poi gli chiedo semplicemente “perchè?”. Risponde che non lo aveva fatto di proposito e che non mi aveva trovato per dirmelo. “Certo, siccome c’è una spiaggia enorme e qui siamo 2000-3000…è normale che non mi trovi, giusto?” rispondo io. Alla fine mi sono fatto spiegare il programma dell’escursione che, guarda caso, mi interessava pure. Ovviamente, dopo aver ricevuto le sue scuse, mi sono autoinvitato a partecipare. La prima sensazione è stata quella di dirgli “prenditi la tua gita e mettitela dove non batte il sole”…ma poi ho pensato che avrei fatto un favore a me stesso andando a vedere quella spiaggia particolare e, allo stesso tempo, sul minibus avrei occupato il suo posto a sedere costringendolo a farsi andata e ritorno in piedi e piegato in due per il soffitto troppo basso. Quella soddisfazione non me la potevo proprio togliere ed è stato proprio così che è successo. Arrivo a destinazione e davanti a me c’è un altro paradiso marino; non è più bello della precedente Sharm El-Luli, ma ha un fascino particolare. Il mare ha due colori: uno chiaro (segno di acqua bassa) ed uno decisamente più scuro (zona in cui si poteva nuotare per la presenza di acqua alta); camminando per una decina di minuti verso “il largo” arrivo in un punto in cui ci sono diverse magrovie, l’unica pianta al mondo che può far crescere le proprie radici nell’acqua salata. Lo spettacolo anche qui è davvero stupendo ed il contrasto cromatico tra il mare celeste ed il verde delle mangrovie è unico.
Peccato che tre ore, viaggio compreso (anche se breve) passino troppo in fretta. Mi sembra di stare li da pochissimo ma invece è già ora di rientrare.
Arriva così l’ultimo giorno ed il momento della partenza, ma faccio ancora in tempo a “tanare” sul pontile un bellissimo aquilotto che stava facendo uno spuntino dilaniando un povero pesce. L’immagine può essere un po’ cruda, ma ritengo sia molto bella; sembra che il rapace mi stia chiedendo il motivo per cui lo sto disturbando con aria alquanto minacciosa.
Lascio rigorosamente in stanza una piccola mancia per coloro che mi hanno messo a posto la camera per l’intera settimana e, prima di salire sul minibus, saluto calorosamente Mimmo come se fosse stato il mio migliore amico sin dai tempi dell’asilo. Non avrei mai mostrato nessun altro sentimento e nessun’altra espressione di rancore in quel momento e se tornassi indietro lo rifarei altre 1000 volte. Se non si è capito, mi spezzo in infinite parti per aiutare tutti coloro che ne hanno bisogno, ma se qualcuno prova a prendermi in giro è dura che la cosa finisca lì e soprattutto che io dimentichi. Ognuno è fatto a modo suo, giusto? Post scriptum per far capire la situazione paradossale in cui ho vissuto per 7 giorni: uno degli ospiti, essendo in Egitto, ha chiesto all’organizzatore se poteva procurargli la possibilità di fare un giro nel deserto su un cammello/dromedario. La risposta è stata che non era possibile in nessuna maniera. Ma come cavolo si fa ad aprire bocca in quella maniera sconsiderata quando la nazione in cui ti trovi ha cammelli/dromedari a dismisura e, soprattutto, quando una delle escursioni che proponi (e che alla fine non ha voluto fare nessuno) è verso il confine col Sudan (ad Al Shalaten, per la precisione) proprio per vedere il più grande mercato di cammelli della zona ? Alla fine quel povero signore incredulo se n’è andato senza salire su un cammello/dromedario; e questo solo perchè a qualcuno non andava di organizzare quella semplicissima escursione…
Ma quell’avventura non poteva finire senza un altro colpo di scena: in quel preciso periodo si era diffusa nel mondo un’epidemia, ma adesso non ricordo bene di cosa si trattasse. Fatto sta che, arrivato l’aereo delle Poste Italiane a Fiumicino, sbarco dopo quasi 50 minuti perchè a bordo ci sono un paio di passeggeri con la febbre e questo era proprio il primo sintomo di quella malattia infettiva. E’ ovviamente scattata una sorta di “quarantena” per tutti i passeggeri con tutte le operazioni del caso svolte dalle persone preposte per poi scoprire fortunatamente che non era nulla di grave.
Conclusione: dico che Berenice, a parte le tre escursioni fuori dal villaggio, mi ha un po’ deluso. I coralli non sono più belli di quelli di Marsa Alam e soprattutto il mare non è direttamente accessibile tranne che dal pontile. La baia di Sharm El-Luli, invece, mi è rimasta nel cuore e difficilmente sfumerà via il ricordo dalla mia testa. Le sue immagini sono state lo sfondo del mio desktop per lunghi mesi a seguire. Oggi non lo sono più “a causa” di altri viaggi più recenti, ma adesso che ci penso, un amarcord non può farmi che bene. Addio Berenice, non ci rivedremo più.
4 Commenti
Mi dispiace per questa esperienza che non rende merito a Berenice: credo, in realtà, che lei sia capitato nel posto sbagliato; sono stata a Sharm, a Marsa Alam e per ben 3 volte a Berenice presso il lahami bay. Qui trovi ben 5 barriere coralline raggiungibili dalla spiaggia, sono meravigliose e di grado di complessità diversa… Berenice per la mia esperienza è unica… spero che tu possa avere l’occasione di ritornarci, ma andando al lahami… fa la differenza…
Salve Maria Pia. Sono felice di leggere esperienze positive come la tua, anche se non sono stato ugualmente fortunato. Purtroppo però un resort non dovrebbe fare la differenza sul “cosa vedere” in una destinazione come invece sembra succedere a Berenice. Ad avvalorare questa tesi c’è anche il fatto che le informazioni sulle varie barriere coralline della zona non erano facilissime da reperire (ci sono stato qualche anno fa e magari oggi la situazione è cambiata). Il mio blog si basa sui viaggi low-budget e la scelta è caduta per ovvi motivi su quella struttura, ma è logico che se avessi saputo che avrei avuto limitazioni non solo sui servizi offerti del resort avrei probabilmente evitato di partire invece che fare le cose a metà. Anzi, quando ho prenotato non si parlava da nessuna parte del fatto che il posto dove ho soggiornato non avesse un singolo centimetro di spiaggia…; ti ringrazio per il tuo intervento che sarà senza dubbio utile ai futuri lettori.
Ciao Anna! Grazie per il tuo intervento.
Già durante il mio soggiorno giravano voci su un resort non troppo lontano dal nostro in cui la situazione era decisamente migliore.
Tu avevi un biologo marino ed io…quel soggetto di cui sicuramente avrai letto ?
Purtroppo, a suo tempo, ho trovato davvero poche informazioni in merito e mi sono fidato.
Comunque sia, come già scritto nel racconto, approvo la tua scelta di Marsa Alam come destinazione migliore tra le due. Anche Berenice merita un viaggio perché, inconvenienti a parte che dipendono dalle persone e non dai luoghi, vi ho scattato foto spettacolari ed ho goduto di un ambiente davvero bellissimo durante le escursioni…però Marsa Alam mi è rimasta nel cuore mentre Berenice purtroppo no.
Io sono stata a Berenice l’anno scorso in un resort buono con accesso diretto al mare e tre reef spettacolari. Avevamo un biologo marino che ci illustrava e spiegava pesci e coralli. A piedi abbiamo raggiunto la spiaggia delle mangrovie (gratis ovviamente). Due giorni senza vento e con una bella barca siamo andati alle isole maldiviane e a nuotare coi delfini. Devo dire che avendo provato sia Marsa Alam che Berenice…voto per Marsa alam sia per i coralli che per la quantita’ e diversita’ di pesci visti. Purtroppo il vento la fa da padrone e non e’ stato possibile vedere bene il reef banana dove in molti avevano avuto un tete-a-tete con uno squalo.