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Vuoi vedere il video fatto con le foto più belle di Aix-en-Provence? Clicca qui!
Domanda: come si fa a rinunciare ad una partenza quando il volo Roma-Marsiglia costa 9,90 euro ed hai in mano un voucher Flixbus che azzera totalmente il costo del viaggio di ritorno? Per me è una condizione impossibile da rifiutare e non mi faccio certo pregare per cliccare il mouse nel modo giusto. Sicuramente se fossi rimasto a casa, tra giri per negozi e cavolate varie avrei speso di più. A dire la sincera verità, ad Aix-en-Provence ed Avignone avrebbe dovuto aggiungersi anche Nimes, ma quelle teste di minchia dei gilet gialli stavolta hanno messo i bastoni anche tra le mie ruote creandomi una marea di problemi che descriverò al momento opportuno durante il racconto seguente. L’ho già scritto nel post dedicato ad Amiens e Rouen (primo week-end di questa insulsa e ridicola protesta di un paese viziato all’ennesima potenza) che le persone che danneggiano i loro simili per ottenere i loro comodi sono peggio di coloro che rubano nelle case dei terremotati. Volete protestare? Bene, fatelo pure, ma andate TUTTI QUANTI all’Eliseo e fatevi sentire invece di sparpagliarvi alle rotonde di tutta la Francia bivaccando come dei profughi e bloccando le autostrade in cui deve transitare anche chi lavora. E poi, francamente, se sei uno che per cinque fine settimana consecutivi non ha un cavolo da fare ed ha tempo da perdere in quel modo assurdo…sei solo un poveraccio mentale a mio parere. Nella speranza che per una volta la polizia cominci a manganellare come si deve, è meglio che mi dedichi a ciò che ho visto nelle due città che mi hanno ospitato.
Sabato mattina: la partenza è alle 6:55 dall’aeroporto di Ciampino mentre il ritorno sarà lunedi all’autostazione Tiburtina, per cui non posso assolutamente raggiungere lo scalo con la macchina, altrimenti sarebbe poi un caos andarla a riprendere. L’alternativa che trovo è a costo zero: alle 5:00 prendo il bus notturno “N1” dalla stazione Anagnina e scendo in zona Subaugusta; da lì raggiungo il capolinea del bus “520” che ha la sua prima corsa alle 5:30 ; in quindici minuti mi trovo a destinazione e pronto per effettuare i controlli di sicurezza. Il volo è puntuale ed io mi faccio la solita dormita, anche se stavolta godo poco perchè la durata della tratta è di circa un’ora. Sono le 8:16 quando entro nel Terminal francese e cerco di dribblare tutti per correre alla fermata dell’autobus diretto alla prima fermata di questo mini-tour schedulato per le 8:35. Arrivo in orario ed il programma si immette nei giusti binari. Dal finestrino noto che la giornata è soleggiata anche se freddina, ma non me la sento di volere di più. Circa trentacinque minuti di percorso mi portano fino alla “gare routiere” di Aix-en-Provence e, conscio del fatto di avere solo quattro ore per l’intera visita, decido di incamminarmi sin da subito seguendo la mappa senza perdere neanche un secondo. E’ veramente da tanto che sento parlare di questa città di circa 140.000 abitanti ubicata nella regione PACA (tranquilli, non è una parolaccia…è il modo col quale i transalpini abbreviano la denominazione Provenza, Alpi e Costa Azzurra) e finalmente sono qui. Immancabili e fedeli trovo i lavori in corso ad aspettarmi, ma fortunatamente sono in un’area abbastanza circoscritta. Stranamente non è la cosa peggiore alla quale andrò incontro nell’immediato futuro: è sabato ed un enorme mercato colmo di vestiario e cianfrusaglie (spesso pure usate) con il 90% delle attività gestite da extracomunitari precede la “Rotonde Fountain”. Faccio il possibile (ed anche l’impossibile) per evitare i banchetti e mi concentro sulla fontana.
Sempre in zona ci dovrebbe essere una statua dell’artista locale, tale Paul Cezanne che più di qualcuno sicuramente conosce (per tutta l’area del centro storico sono disseminate nella pavimentazione un marea di targhette commemorative in suo onore), ma del monumento non ce n’è neanche l’ombra. Rifaccio un intero giro della rotonda guardando meglio, ma niente. Probabilmente è stato spostato da qualche altra parte. Col senno di poi, cercandolo su “Google Immagini” lo vedo in varie fotografie in ubicazioni sempre diverse, quindi vai a sapere stavolta dove si sarà cacciato il buon pittore. Subito dopo si apre davanti a me Cours Mirabeau, vale a dire la strada più importante della città. Effettivamente la trovo molto particolare con quasi tutti i palazzi che vi si affacciano di color giallo ocra. E’ metà dicembre ed il marciapiede alla mia destra è occupato da una decina di casette che formano il mercatino di Natale locale. Questa è la passeggiata o lo “struscio” cittadino ed infatti noto, dopo l’attentano di Strasburgo di pochi giorni fa, diversi militari col fucile in mano che camminano lentamente per scongiurare qualsiasi altro funesto evento. Cours Mirabeau è famoso anche perchè ospita tre fontane che vedo in quest’ordine: la Fontaine des Neuf Canons, la Fontaine Moussue e la Fontaine du Roi Renè seguita dalla Chapelle des Oblats. Degno di nota anche l’ingresso del Tribunal de Commerce, davvero originale.
Imbocco “Rue d’Italie”, una vivace via costeggiata da negozi su ambo i lati in cui spiccano soprattutto le frutterie: da noi, seppure i banchi coloratissimi siano piacevoli da guardare, non sono a questo livello; le “nostre” cassette di legno o plastica qui sono sostituite da stupendi contenitori che esaltano ancora di più la merce esposta. Una deviazione mi porta davanti alla bella Chiesa “Saint Jean de Malte” ed al Musèe Granet; qui scopro un particolare non entusiasmante di Aix-en-Provence: mentre in altre realtà i musei sono ubicati all’interno di bellissimi palazzi a loro dedicati, qui si mostrano come portoni di normali edifici. Sicuramente le stanze saranno interessantissime, ma l’esterno non è da fotografare. Poco più avanti eccomi di fronte alla Fontaine des Quatre Dauphins e, infine, nella zona del Gallifet Art Centre, per il quale vale il discorso appena fatto: tutta la sua bellezza si assapora solo tramite una visita all’interno perchè da fuori sembra un negozio d’arte come tanti.
Svoltando per Rue Laborque attraverso da parte a parte Cours Mirabeau ed entro in Rue de la Masse; alla fine di questa strada eccomi di fronte alla Chiesa dello Spirito Santo, talmente incassata con i palazzi che ha di fronte da risultare osservabile ma non immortalabile. Seguendo la strada sulla quale si affaccia l’edificio religioso giungo fino a Place d’Albertas, uno spazio che sembra essere arrivato ai giorni nostri direttamente dal passato: la pavimentazione è grezza, al centro c’è una suggestiva fontana ed il perimetro è formato da un palazzo con facciate uniformi e balconi in ferro battuto. Avendo la fortuna di trovare la giusta illuminazione si nota un bello spettacolo. Al contrario, l’ombra non aiuta più di tanto. Proseguendo il cammino mi aspettano due delusioni: la stessa descrizione fatta per i musei vale anche per i teatri cittadini: non esiste un palazzo storico a loro dedicato; sembrano più garages che luoghi di spettacolo. E’ così che il “La Fonte d’Argent” ed il “Le Filibustier” li passo senza quasi guardarli. Il prossimo punto di interesse che cerco e trovo è la “Chapelle du Sacre Coeur”. Di seguito eccomi in “Place des Precheurs”: qui si affacciano il Palais de Justice (che attualmente è in fase di restauro) e l’Eglise de la Madeleine che, finalmente, mi dà modo di rimettere in funzione la reflex dopo qualche tempo di forzata inattività causa mancanza di obiettivi validi. Di fronte ad essa osservo anche la “Fontaine des Precheurs” e, alla mia sinistra, un curioso Jacquemart che viene chiamato “Le Chinois” (il cinese). Per chi non lo sapesse, un Jacquemart è la rappresentazione di una persona in legno o metallo che scandisce le ore colpendo una campana con un battente.
E’ qui che succede una cosa che, almeno secondo me, ha dell’incredibile. Una mia collega d’oltralpe mi ha detto invece che è normale quando gliel’ho raccontata. Spero di saper spiegare al meglio. Mentre controllo una ad una le immagini scattate sul mini-schermo della fotocamera mi si accosta un signore che, anche quando si accorge che sono straniero, continua imperterrito a parlarmi nella sua lingua (è risaputo che i “cugini” siano dei testoni belli sodi…). Per fortuna ho ancora oggi qualche ricordo di francese dai tempi della scuola (sono passati vent’anni ed ormai sono ben arrugginito in materia) e capisco il senso del suo discorso. Mi chiede se ho fatto fotografie nei secondi precedenti; io lo guardo cercando di capire che cosa potesse volere ed intanto rispondo di si perchè è la verità. Mi chiede di fargli vedere i miei scatti di zona perchè teme che io abbia ripreso la sua faccia. Per me ha il via automaticamente un momento di silenzio (tipo minuto di raccoglimento) che prosegue con lo spalancamento della mia bocca per la totale incredulità di tale situazione. Quando torno in me gli chiedo se sta parlando seriamente e lui annuisce. Non so più cosa dire, perciò la mia bocca si spalanca di nuovo mentre non riesco a smettere di fissarlo. Vorrei dirgli che è un povero scemo, uno che proprio non ha una mazza da fare, un “rinco” e tutto ciò che può essere collegato a questo discorso, ma sono troppo stupìto per dare fiato alle corde vocali. Decido che la cosa migliore è togliermi questo mentecatto di torno e gli mostro le immagini dalle quali vede palesemente che lui non ne compare. D’altro canto…che interesse avrei avuto a fotografare questo malato di protagonismo? Con i soliti modi sdolcinati locali pieni zeppi di “excusez-moi monsieur”, “merci” ed “Au Revoir” a non finire si toglie finalmente dalle scatole. Ma a me la bocca non si chiude ancora; non riesco a capire come in anni di viaggi non mi sia mai capitata una cosa del genere neanche nei paesi del terzo mondo (dove è famosa la credenza che le fotografie rubino l’anima)…com’è possibile che sia successo proprio in Francia? Resto fermo cinque minuti letteralmente basito per poi riprendermi e continuare il giro. Mi attende poco lontano la “Chapelle de la Visitation” che apprezzo più del solito per essere tornato alla normalità.
Proseguendo nella mia passeggiata mi imbatto in “Place de l’Hotel de Ville” dove si trova ovviamente il Municipio di Aix-en-Provence; purtroppo l’immagine seguente non rende a pieno la realtà perchè per scattarla devo fare lo slalom tra un mare di gente, motorini parcheggiati ovunque e banchetti che vendono fiori sparsi qua e là. In più l’edificio è coperto per buona parte da una fastidiosissima ombra scura. Completano l’offerta l’antica Torre dell’Orologio e la Fontaine de l’Hotel de Ville.
Un’altra terribile delusione è “Place Forum des Cardeurs”; il motivo? Non c’è assolutamente nulla tranne un’insipida fontana che prende il nome di “Fontaine des Cardeurs”. E’ un’area rettangolare interamente circondata da edifici che si caratterizza solo per la presenza di locali e ristorantini, poi null’altro. Mi sposto su “Rue Gaston de Saporta” e, quando passo davanti al Musèe Estienne de Saint-Jean, quasi non lo vedo per lo stesso motivo già menzionato prima. Più avanti giungo al Musèe des Tapisseries che un migliore colpo d’occhio lo dà. Ma il pezzo forte di quest’area è senza alcun dubbio la “Cathedrale Saint Sauver” che merita sia di essere immortalata esternamente che una visita. Anche se non è ricca di opere d’arte come altri edifici religiosi che ho visto in passato, mi colpisce molto perchè internamente ha una pianta irregolare (almeno a mio modo di vedere) e pare non seguire uno schema classico. Quando torno sulla strada ho modo di osservare un piccolo mercato monotematico di quadretti e simili opere d’arte che quasi nasconde il monumento dedicato all’astronomo Nicolas-Claude Fabri de Peiresc morto proprio ad Aix-en-Provence nel 1637.
Nella stessa direzione che mi ha portato fino a qui trovo il Mausoleo di Joseph Sec che merita un giro di pochi minuti. Qui sul blog posto la foto dell’ingresso, ma sono costretto a scattarla da posizione obliqua perchè di fronte ha pensato bene di parcheggiare l’autista di un furgoncino. Prendo poi “Avenue Jean Jaures” e vedo il Tourreluque (ciò che resta delle mura difensive di questa cittadina) e poi il Pavillon de Vendome: si tratta di un antico palazzo finemente restaurato (oggi sede di mostre d’arte e fotografia) che si affaccia su di un giardino francese perfettamente curato, proprio com’era in passato.
Non mi resta altro da fare che raggiungere le ultime due attrazioni segnate da casa sulla mia mappa. In ordine di distanza viene prima il “Mur d’Eau” e poi la “Citè du Livre”. Il primo, come dice il nome stesso, dovrebbe essere un muro d’acqua che discende la parete di un ponte…ma purtroppo oggi non è così perchè il sistema idrico che garantisce lo spettacolo è spento. Mi consolo con la parte opposta dello stesso ponte che è completamente invasa da vegetazione regalando un colpo d’occhio davvero particolare. Non molto lontano trovo lo strano ingresso della Biblioteca Mejanes composta da tre libri giganteschi affiancati. Vedere per credere.
Con questo esaurisco i luoghi da vedere in questa cittadina; guardo l’orologio e sono le 12:50; alle 13:20 avrò l’appuntamento con Camille, conducente di Blablacar che mi aiuterà ad arrivare alla seconda destinazione di oggi che è Nimes. L’appuntamento è all’ingresso nord dell’autostazione di Aix-en-Provence che si trova esattamente a 200 metri dalla mia attuale posizione. Non posso far altro che dire che per ore le cose sono andate a gonfie vele. Due paroline su questa località però le voglio scrivere subito senza aspettare le conclusioni: ne avevo tanto sentito parlare e, col senno di poi, non mi ha trasmesso niente di particolarmente positivo. So per certo che comprare una casa qui costa un’occhio della testa, ma perchè? Tantissime vie sono degli angusti sensi unici e quasi tutto il centro è semi-pedonalizzato. Dico “semi” perchè ci sono tantissimi pilastri elettronici che si alzano e si abbassano se qualcuno che ha le autorizzazioni deve passare di lì. Ma una volta messo il muso della macchina in quelle stradine…ti ci voglio ad orientarti e soprattutto ad uscirne se non dopo aver proseguito più lentamente del passo d’uomo. Aix-en-Provence proprio non mi ha entusiasmato; sperando che ciò che segue possa darmi maggiori soddisfazioni salgo in macchina e proseguo il viaggio. Il gruppo è ben assortito: siamo in cinque in una Fiat Bravo; oltre al conducente e ad alla sua ragazza, sui sedili dietro ci sono io (in mezzo), un ragazzetto locale ed una signora Ucraina che parla un francese con accento dell’Est Europa che è la fine del mondo per simpatia. I primi kilometri passano tranquilli, poi comincia l’incubo dei Gilet Gialli. Un primo blocco ci costringe ad uscire dall’autostrada e ci fa perdere un mucchio di tempo. Proviamo una strada alternativa che scorre per un po’, ma poi si blocca anche quella rimettendoci in una fila senza uscita. Quando arriviamo dove si sono accampati si permettono anche di salutare in maniera educata come solo qui sanno fare, ma il driver fortunatamente la pensa come me e li odia a morte, al punto da uscire da quell’area con una bella sgassata senza ricambiare il saluto. Una terza via è quella buona, ma tutto il traffico autostradale è stato deviato su vie secondarie che passano in mezzo ad alcuni paesini costringendoci a viaggiare a 10-20 kilometri orari. Morale della favola? Arrivo a Nimes con due ore tonde di ritardo, cioè alle 16:40 anzichè alle 14:40. Come se non bastasse, proprio quando scendo dalla macchina inizia a cadere pure una leggera pioggia, anche se non è niente di trascendentale. Faccio due calcoli ed arrivo ad una sola conclusione: ho a disposizione solo centodieci minuti per la visita e, con tutta la buona volontà del mondo, non avrei mai potuto vedere una città (seppur di dimensioni ridotte) in questa condizioni. Ci metto una pietra sopra e, senza tirare fuori la mappa dalla tasca, faccio una passeggiata per il centro mordendomi ancora di più le mani perchè ciò che incontro è davvero carino. Prendo la palla al balzo e mi cerco un kebab per mangiare l’unico vero pasto della giornata e lo trovo quasi subito. Ci passerò una quarantina di minuti, tanto per ingannare il tempo. Quando esco e torno in strada si sta facendo buio ed ammiro le luci di Natale che si accendono rendendo ancor più magica l’atmosfera. Addirittura l’Arena è completamente illuminata con vari colori che si alternano creando uno spettacolo non da poco. Arriva il momento di andare verso la fermata del bus che mi avrebbe portato alla terza ed ultima tappa della giornata, cioè ad Avignone; lì avrei dormito in una stanza privata con bagno prenotata tramite Airbnb. Arrivo ovviamente in orario ed aspetto…ma come sempre il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: dando uno sguardo all’applicazione della compagnia Ouibus scopro che, sempre a causa dei Gilet Gialli rompicoglioni, la mia partenza prevede un ritardo certo di quasi due ore, e questo per me è un vero problema. Infatti la tratta che sto per prendere mi avrebbe portato a Marsiglia da dove, con una coincidenza di 45 minuti, sarei poi partito per Avignone. Tale slittamento del primo pullman mi dà la certezza matematica di aver perso il secondo. In queste situazioni c’è ben poco da fare se non mantenere la calma e cercare di salvare il salvabile. Appurato che il mio programma è ormai andato a farsi benedire, mi siedo e prendo sia lo smartphone che il tablet ed inizio a contattare Airbnb per trovare una soluzione e cancellare la prenotazione della camera; fatto questo (e ricevuta un’assistenza DOC da parte del servizio clienti che valuto ben oltre il 10 e lode) cerco prima una soluzione per dormire a Marsiglia stasera e poi per raggiungere Avignone domani mattina. Ci metto esattamente un paio d’ore a fare tutto, ma alla fine riesco a far quadrare ogni cosa con una perdita totale in termini economici di soli sette euro. Nonostante tutto mi ritengo ampiamente soddisfatto. Finalmente il bus arriva e parto per Marsiglia. Altri blocchi mi portano all’autostazione Saint-Charles alle 22:45 e da lì, con solo una breve sosta ad un mini-market ancora aperto per acquistare un paio di yogurt ed una bottiglia di Coca Cola Zero, vado all’hotel in zona Vecchio Porto ed entro in camera. Qui faccio una dovuta ripetizione di ciò che è il mio pensiero: è il 15 dicembre e sono le 23:10 quando apro la porta al quarto piano senza ascensore e trovo una “sorpresa”: la finestra è aperta ed i termosifoni sono spenti. Ricapitoliamo: quando vado in Europa dell’Est (la parte meno abbiente del nostro continente) trovo sempre 40 gradi in stanza, tanto da dover dormire in mutande per non morire di caldo; quando vado in Europa dell’Ovest (la terra della ricchezza, delle banche, degli stipendi gonfiati e dell’accoglienza smisurata senza che realmente lo si possa fare) trovo quasi sempre un freddo glaciale e servizi ridotti al minimo. Sapete cosa vi dico? Preferisco di gran lunga i paesi dell’est che, anche nella loro situazione, hanno più rispetto per il prossimo. Non mi va di scendere di nuovo in reception, così comincio a mettere mano al radiatore fin quando riesco ad accenderlo. Vorrei farmi una doccia bollente ma desisto perchè non immagino neanche cosa significhi spogliarmi con la temperatura attuale. Giocando al mio solito calcio manager mi gusto i due yogurt e poi finalmente mi metto a dormire.
Domenica mattina: la sveglia è per le 6:30, dopo circa cinque ore di sonno. Dopo il check-out mi reco a piedi alla fermata della metropolitana “Vieux Port” con destinazione “Saint Just”; lì attenderò il conducente di un Blablacar verso Avignone. Il cielo è tetro e non solo per l’orario; purtroppo sta scendendo ancora un po’ di leggera pioggia e non vuole saperne di fermarsi. Appena arrivo in fondo alle scale mobili vedo un grosso topo che si sta facendo i beati affari suoi tra le buste dei rifiuti; quando si accorge di me corre a nascondersi in un anfratto. Peccato perchè stavo quasi per fotografarlo ed è mancato solo un nano-secondo. Acquisto il ticket alla macchinetta per 1,80 euro e scendo al binario per gli otto minuti di viaggio previsti. La cosa buffa è che quando visitai Marsiglia per un giorno e mezzo non presi mai la metro, mentre oggi che sono qui solo di passaggio e per sbaglio la devo utilizzare. Il driver è puntuale e ci mettiamo in marcia; si tratta di un giornalista di una radio locale che si occupa proprio di traffico, per cui di cose da dirci ne abbiamo. Per fortuna parla un ottimo inglese, decisamente migliore del mio. La pioggia non solo non accenna a smettere per l’intero tragitto, ma aumenta pure la sua intensità. Restiamo in autostrada per quasi tutto il tempo per poi uscire a dieci kilometri dalla destinazione sempre causa Gilet Gialli, ma ormai manca pochissimo e non ci sono ritardi significativi. Mi lascia al polo commerciale di Sorgues, al capolinea del bus numero 2 che porta in centro. Dopo una ventina di minuti eccomi davanti alla stazione di Avignone pronto per iniziare la visita della città. Se esiste il detto “Sposa bagnata, sposa fortunata”, lo stesso non si può dire per un povero disgraziato che viaggia. Mi armo di impermeabile e mi metto in cammino nonostante tutto. Anche qua, come ad Aix-en-Provence, il giallo ocra va di moda e molti edifici sono colorati in questo modo. Mi trovo su “Cours Jean Jaures” ed ho alla mia sinistra la Posta Centrale ed alla mia destra un enorme palazzo dove prende vita l’amministrazione locale. Il primo punto di interesse segnato sulla mappa è il Teatro “The Palace”, ma appare esternamente come un normalissimo ingresso di un edificio e niente di più. Dall’altro lato della strada si apre la Piazza/Parco “Agricol Perdiguier” ubicata dietro al St. Martial Temple. Immagino che questo posto sia perfetto durante l’estate perchè è un’area verde di piccole/medie dimensioni con un chiosco ristoro al centro (ora chiuso) e diverse panchine; alcune sculture completano il tutto.
Torno in strada e mi imbatto nella Cappella del Collegio dei Gesuiti che oggi ospita il “Musèe Lapidaire”. Una deviazione sulla destra mi porta nella zona in cui si trovano sia il “Musèe Angladon” che l’Eglise Saint-Didier. Proseguo e trovo (finalmente direi) un Teatro che ha un palazzo storico a lui dedicato, proprio come succede praticamente ovunque. Parlo del Theatre des Halles. La passeggiata mi porta poi in “Place Pie”: non è niente di che perchè è quasi tutta occupata da un parcheggio, ma noto una singolare parete vegetale che coglie la mia attenzione. A due passi trovo anche la Tour Saint Jean, la Sinagoga locale e la Basilica di San Pietro d’Avignone.
Decido di cambiare strada e di proseguire verso destra. Dopo una buona passeggiata arrivo davanti al Convento degli Agostiniani, del quale mi colpisce il Campanile; a poche decine di metri osservo anche l’Eglise Saint-Symphorien-des-Carmes che riesco a fotografare facendo uno slalom tra gli alberi presenti. Taglio poi per “Rue Ledru Roullin” e raggiungo prima l’edificio che ospita il Centro Culturale “Ardenome” e poi la “Chapelle des Penitents Noir”.
Adesso punto dritto al vero cuore della città, ovvero Place de l’Horloge. E’ un’area pedonale abbastanza grande piena di Hotel per portafogli discretamente pieni, posti per mangiare e, visto il periodo, l’immancabile pista di pattinaggio sul ghiaccio che fa di tutto per coprire la visuale sul Municipio che risulta così non fotografabile. Altro punto negativo è rappresentato dai lavori invasivi sull’Opera Grand Avignon che è completamente coperta da impalcature. E’ ormai assodato che, dopo Aix-en-Provence, in questo week-end la fortuna mi ha voltato le spalle. Ciò che mi aspetta di qui a poco è però spettacolare: parlo del Palais des Papes. La storia ci dice che in un periodo in cui Roma fu particolarmente afflitta da problemi di ordine e sicurezza pubblica che coincise con un possibile conflitto ideologico tra le chiesa della capitale e quella francese, tra il 1309 ed il 1377 si concretizzò la “Cattività Avignonese”, cioè il trasferimento temporaneo della sede papale nella città in cui mi trovo oggi. Ciò che ho di fronte è il risultato (in termini architettonici) di tale situazione, perchè ovviamente i Papi che si succedettero avevano bisogno di un luogo consono dove stare (mica si potevano accontentare di un monolocalino…). Il risultato è qualcosa di stupefacente, addirittura troppo grande da poter entrare tutto nell’obiettivo della Reflex. Il palazzo è visitabile internamente ed il biglietto intero costa 12 euro. Alla sua sinistra c’è la Cattedrale “Notre Dame” (dentro non c’è niente di particolarmente interessante) ed il “Musèe du Petit Palais”.
Alla sinistra della Cattedrale si apre il “Rocher des Doms”, ovvero un parco dal quale si possono cogliere belle immagini dall’alto di Avignone mentre (magari con la bella stagione) ci si riposa seduti su una panchina o al bordo del laghetto ammirando una delle tante sculture presenti.
Scendo nuovamente al piano strada e mi reco verso un monumento importantissimo da queste parti, ovvero il Pont Saint-Benezet. Attenzione: guai a chiamarlo “Ponte di Avignone” come viene comunemente fatto perchè i francesi ci tengono molto; l’autista del Blablacar me lo ha fatto notare chiaramente. La particolarità è che la struttura è monca, nel senso che arriva fino a metà del fiume Rodano e non tocca l’altra sponda. Tutto ciò perchè, nel corso del 1600, alcune campate crollarono; furono immediatamente ricostruite, ma una successiva piena rese il ponte ciò che vediamo oggi. Da questa posizione posso ammirare chiaramente l’enorme cinta muraria che racchiude tutto il centro storico e la “Porte du Rhone”.
E’ il momento per un nuovo cambio di direzione: dato che ho tempo a mia disposizione decido di attraversare il Ponte Edouard Daladier e di andare a vedere la frazione di Villeneuve-les-Avignone. Per arrivarci supero L’Ile de la Barthelasse (un’isola sul Rodano dove non c’è assolutamente un cavolo da vedere, per cui la salto del tutto). Appena sono sul posto noto che si tratta di un borghetto molto carino e conservato benissimo. Degni di nota ci sono la Tour Philippe le Bel, la Paroisse Saint Pons (anch’essa con lavori di ristrutturazione in corso) e l’Eglise Collegiale Notre Dame. Più lontano, ovviamente in cima ad una collina, si staglia lo scenico Fort Saint-Andrè. Torno poi indietro seguendo la medesima strada (non c’è altra scelta) e dal ponte menzionato poco fa ho modo di scattare una bella immagine del centro storico di Avignone. Strano ma vero, durante la tratta di rientro incrocio il driver del Blablacar di questa mattina che si ferma stupìto chiedendosi che cosa ci faccio così lontano dalla città. Gli dico che va tutto bene e che mi trovo lì perchè l’ho deciso e non per errore; rinfrancato riprende il suo percorso.
In fase di creazione della mappa avevo letto che proprio da queste parti avrei trovato una Ruota Panoramica, ma non ce n’è traccia. Probabilmente la rimetteranno in primavera/estate. Arrivo così ad osservare il “Monument du Comtat”, mentre il “Theatre Le Celimene” ed il “Musèe Luois Vouland” non sono degni nè di tempo prezioso nè di immagini da portare con me. Lo stesso discorso vale per il vicino “Musèe Requien” ma fortunatamente non per il “Musèe Calvet” (sia chiaro che la Maionese non c’entra niente…) che ha un degno ingresso ed una scultura nell’atrio prima del portone d’entrata. Tocca adesso vedere la “Chapelle de l’Oratoire” e l’Eglise Saint-Agricol e non me lo faccio ripetere due volte.
Sono giunto anche oggi al momento dell’unico vero pasto della giornata che consumo a metà pomeriggio. Durante il giro avevo già adocchiato un kebab che mi attirava, così lo raggiungo e mi siedo per una trentina di minuti di meritato riposo. Non mi rimane ormai molto da visitare; quando esco di nuovo su strada punto subito ciò che mi interessa. Il primo obiettivo è l’Eglise des Celestins: è una chiesa che si sviluppa ad angolo e non è del tutto facile da inquadrare, soprattutto quando in questo periodo gli piazzano davanti un mini-zoo comprensivo di asinello, papere, coniglio ed altri animali dell’aia prettamente in tema natalizio.
Come ultima immagine di Avignone che voglio conservare scelgo volutamente la sua strada più particolare: Rue des Teinturiers; per 350 metri si passeggia direttamente in un’altra epoca: la pavimentazione è grezza, gli alberi presenti sono sicuramente secolari poichè hanno un fusto enorme, ed un piccolo corso d’acqua (la Sorgue) sul quale ancora si muovono delle ruote a pale accompagna il visitatore per l’intero percorso. Le parole non sono sufficienti per descrivere ciò che si vive camminando qui, e neanche le foto ci riescono; bisogna esserci e basta. Un paio di teatri (anch’essi anonimi, ma ormai non ci faccio più caso), la Chapelle des Penitents Gris ed il Campanile della Chiesa Conventuale dei Cordeliers completano l’offerta di questa insolita area.
Bene, come si vede dalle ultime immagini sta ormai calando la sera ed è ora di andare alla stazione centrale di Avignone per iniziare il lungo viaggio di ritorno. Alle 17:57 mi attende un TER (treno regionale locale) che in sei minuti mi porta alla stazione del TGV da dove prendo un convoglio ad altà velocità per Marsiglia Saint-Charles. Appena arrivo a destinazione piove in maniera incredibile ed il mio piano di andare a comprare da bere per le lunghe ore che dovrò passare sul Flixbus (pullman diretto Marsiglia-Roma) cade mestamente; devo per forza di cose farmi spennare ben bene dai distributori automatici qui presenti se non voglio rimanere tutta la nottata a soffrire la sete. Il bus si presenta allo stallo con una decina di minuti di ritardo; salgo, mi scelgo il posto e spero che il sedile accanto al mio resti sempre libero…e così accadrà davvero. Il tempo che manca alla capitale è tanto quando ci mettiamo in marcia, ma con quell’enorme spazio a disposizione ed il mio mini-pc trovo il modo di sconfiggere la noia prima di cadere in un sonno profondo. L’arrivo è circa quaranta minuti dopo l’orario previsto, ma questo a causa del traffico di Roma alle 8:00 del mattino: qui non ci sono i Gilet Gialli, ma solo i pendolari sfortunati che ogni giorno sono costretti a sopportare tutto questo. Non ho altra scelta che recarmi direttamente in ufficio.
Il week-end giunge al termine. A proposito di Aix-en-Provence ho già detto praticamente tutto durante il racconto. Di Nimes non posso dire nulla (in attesa del mio prossimo viaggio da queste parti potete chiedere info ai Gilet Gialli che saranno ben lieti di aiutarvi…), mentre Avignone è tutto sommato una bella città, anche se non posso nascondere che c’è di meglio. Sicuramente resta ancora moltissimo da vedere per me, ma questo primo assaggio della tanto rinomata “Provence” non mi ha lasciato segni indimenticabili, sinceramente parlando.