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Ultimo fine settimana di novembre dell’anno topico della pandemia: al momento le regioni gialle (le uniche con libertà di spostamento tra di loro) sono solo Lazio, Molise, Sardegna e Veneto. Purtroppo la scelta sul dove andare è ridotta al lumicino, ma non intendo restare a marcire dentro casa neanche stavolta. Divido i due giorni a disposizione per altrettante partenze diverse: per oggi (sabato) rispolvero un itinerario che ho dovuto rinviare una quindicina di giorni fa causa maltempo e torno in Molise. Le due realtà alle quali dedico la giornata sono (in preciso ordine di visita) Venafro ed Isernia; aggiungo poi una toccata e fuga al vicino Santuario di Castelpetroso ed il gioco è fatto: con questi ingredienti riesco a scoprire posti nuovi e poco battuti che aggiungo al mio bagaglio delle esperienze. Vediamo com’è andata…
Sabato mattina: la sveglia è alle 4:30; con due occhi abbastanza gonfi causa sonno completo gli ultimissimi preparativi in fretta e furia perchè il programma inizia già in modo ferreo e non sono previste sbavature, altrimenti tutto andrà in fumo. Alle 5:00 finisce il coprifuoco imposto dalla politica e qualche minuto dopo esco di casa; fa abbastanza freddo ma sono coperto per l’occasione. Parcheggio l’auto al solito posto collaudato e vado verso la metro Anagnina: posso prendere solo la prima corsa delle 5:30 per non fare tardi. Trovo una fila di persone già pronte ad entrare non appena il cancello sarà aperto ma riesco nel mio intento. Scendo a Termini e corro a comprare il biglietto alle macchinette automatiche; solo adesso che ho il ticket in mano so di avercela fatta al 100%, così aspetto l’assegnazione del binario davanti al tabellone luminoso. Sono le 6:03, il treno è previsto in partenza alle 6:15 ed ancora non viene mostrato da dove partirà. So bene che una larga tratta della ferrovia molisana è chiusa per lavori da tempo e lo sarà ancora per molto; infatti la volta scorsa per arrivare a Campobasso dovetti scendere a Roccaravindola e prendere un bus da lì. Sono pronto a fare lo stesso anche stavolta, ma le cose sembrano non andare in questa direzione. Finalmente alle 6:08 compare qualcosa: leggo la scritta “PE” al posto dei soliti numeri e deduco che significhi Piazzale Esterno. Manca pochissimo alla partenza e così…o la va o la spacca: immagino che la via ferrata in questo caso specifico sia stata completamente sostituita dal trasporto su gomma, ma la verità è che sul sito di Trenitalia consultato ieri prima di addormentarmi non ce n’era alcuna traccia e qui non c’è un cane che informi i passeggeri. Esco su Piazza dei Cinquecento e ci trovo diversi pullman parcheggiati, così chiedo al personale presente e salgo su quello di mio interesse a trenta secondi dalla chiusura delle porte. Ma…porca miseria…è normale questa cosa o è la classica schifosa disorganizzazione italiana? Un povero straniero come potrebbe capire cosa significa “PE” in un lasso di tempo tanto breve ed arrivare in orario nel luogo indicato? O semplicemente un anziano che non può correre per ovvi motivi come farebbe? Personalmente resto sempre più basito pensando che ho rischiato di rimanere lì come un’idiota dopo essermi svegliato alle 4:30 del mattino ed aver già incastrato una serie di variabili. Fortunatamente fuori è ancora buio pesto ed il bus è bello caldo, così non tengo compagnia all’autista ed a due dipendenti di Trenitalia seduti davanti a me (non c’è nessun’altro a bordo…) e mi sparo una bella dormita ristoratrice. Riapro gli occhi alle 7:40 e mi godo gli ultimi venti minuti del percorso che nel frattempo il sole ha provveduto ad illuminare. Alle 8:00 finisce questo primo viaggio e mi trovo davanti alla piccola stazione di Venafro, comune di circa 11.000 abitanti situato a pochissima distanza sia dal Lazio che dalla Campania. Ho tre ore scarse per vedere tutto ciò che ho segnato sulla mappa, per cui decido di fare colazione alla conclusione del giro se ne avrò il tempo; adesso è ora di iniziare e lo faccio dirigendomi verso la “Basilica-Convento di San Nicandro” che reputo molto carina. Nel tratto di strada fatto per raggiungerla ho notato che l’altra attrazione di zona, ovvero il “Cimitero Militare Francese”, potrebbe essere interdetto. Ne ho conferma tornando indietro: leggo su un cartello che tale luogo è aperto solo dal lunedi al venerdi; ci tengo davvero a riempire di complimenti chi ha avuto un vero e proprio lampo di genio ed ha deciso di chiudere un posto simile proprio nei giorni in cui la maggior parte della gente non lavora. Scatto l’unica foto possibile attraverso il cancello sbarrato e mi rimetto in moto.
Prendo Corso Molise e ci trovo un piccolo mercato cittadino ancora in fase di allestimento; nel punto in cui la strada cambia nome diventando Via Roma c’è un “Omaggio a Tre Carabinieri Eroi” (lo battezzo io così perchè on-line non ne esiste traccia) che commemora Alberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti per essersi consegnati al nemico morendo davanti al plotone di esecuzione pur di salvare la vita a tanti innocenti. Più avanti arrivo in Piazza Vittorio Veneto: qui trovo il “Monumento ai Caduti di Venafro” e, di fronte, la “Chiesa del Purgatorio” parzialmente coperta da un po’ troppi alberi. A pochi passi ecco la storica “Torre del Mercato” (detta anche Torre Caracciolo) ed il semplice edificio che ospita il municipio.
I prossimi passi mi permettono di entrare nel centro storico della località che mi ospita composto quasi totalmente da vicoletti strettissimi; la cosa clamorosa è che in quasi tutti ci passano le automobili e l’abilità dei guidatori è elevatissima. Orientarsi in questo dedalo è comunque semplice e ci metto pochissimo a trovare la “Chiesa di Cristo”. Comincia un tratto in salita che mi porta prima davanti alla “Chiesa dell’Annunziata” (tanto bella quanto incassata tra gli edifici vicini) e poi alla piccola “Chiesa di San Paolo” che ha accanto “l’Edicola Sacra dei Santi Nicandro, Daria e Marciano”. Conclude questa zona l’attrazione sicuramente più conosciuta di Venafro, ovvero il “Museo Nazionale di Castello Pandone” che, grazie alla nostra cara politica ed alle sue decisioni scellerate e senza alcun senso, non sarà visitabile fino al prossimo 3 dicembre, salvo ulteriori proroghe. Almeno il colpo d’occhio non sono riusciti a togliermelo.
Inverto la marcia e ripercorro un paio di strade già viste per poi cambiare direzione in cerca di nuovi punti di interesse. La “Chiesa di Sant’Agostino” è senza infamia e senza lode, anzi…credo sia usata più come piazzale per parcheggiare che per scopi religiosi. La musica cambia con la successiva “Chiesa di Sant’Antuono” che, seppur non eccezionale, è comunque piacevole da vedere.
Proseguo il giro e lo faccio osservando la “Chiesa di San Sebastiano” che si affaccia in Piazza Porta Nuova; supero poi il Museo Archeologico (anch’esso interdetto ai visitatori) e raggiungo la bellissima “Chiesa di San Francesco” che mostra con fierezza tutti gli anni di storia che ha alle spalle.
Una passeggiata fuori centro mi accompagna nel piazzale della “Cattedrale di Santa Maria Assunta” che ammiro per tutto il tempo necessario. Sulla sinistra, a breve distanza, vedo anche la “Chiesa della Madonna del Carmine”. Cambio totalmente area per raggiungere la moderna “Chiesa di San Luigi Orione”. E’ venendo qui che ho modo di scattare una bella panoramica (anche se solo parziale) del centro storico di Venafro.
Ho lasciato volutamente per ultimo un pezzo che mi aspetto come molto particolare: arrivando da Via Latina noto un vascone nel quale pullulano un numero incredibile di pesci; si tratta di un allevamento di trote ed anguille dal quale non riesco a staccare gli occhi. Provo anche a scattare una foto, ma il risultato non ha sufficiente qualità. Mi volto e dò spazio alla “Fontana Quattro Cannelle”. E’ il momento di osservare come si deve la “Palazzina Liberty” ubicata subito dietro ad una specie di piazza fatta di acqua. L’edificio nacque come mulino per poi diventare centrale idroelettrica, cinema ed oggi centro polifunzionale. Per poter prendere le immagini migliori le provo tutte ed entro anche nei Giardini Pubblici Villa Maria. Termino visitando anche quello che un tempo era il Lavatoio Comunale e che oggi è un punto molto scenografico dove sguazzano oche e germani.
A dire il vero un’altra cosa ci sarebbe, ma se uso il condizionale significa che non è come sembra. Sto parlando dell’anfiteatro Romano conosciuto anche come il Verlasce; di quest’opera dell’antichità si può solo immaginare la struttura ellittica poichè nel medioevo è stato totalmente distrutto e le sue pietre adoperate per la costruzione di stalle e casotti per gli attrezzi dai contadini dell’epoca. Ad oggi è in corso una ristrutturazione che senza ombra di dubbio sta migliorando la situazione, ma dell’anfiteatro non resta neanche l’ombra…quindi perchè continuare a chiamare così questo posto? Guardo l’orologio e con sommo piacere noto che ho ancora una trentina di minuti a disposizione prima del prossimo trasferimento, giusto il tempo per fare la colazione rimandata al mio arrivo. Scelgo con cura un bar che mi ispira ed entro, ma scopro che alle 10:20 del mattino hanno già terminato tutti i pezzi dolci classici; la proprietaria mi dice che c’è rimasto solo un biscotto tipico locale e prendo quello: ovviamente non mi piace (tanto per cambiare…) e ciò non fa altro che confermare la mia teoria che mi spinge sempre e comunque a comprare cose che già conosco per evitare di restarci fregato. Con l’amaro in bocca mi dirigo alla stazione dove prendo il prossimo bus che concluderà la corsa a Campobasso ma che mi vedrà scendere ad Isernia. Arrivo alle 11:30 circa già sapendo di dover seguire alla lettera il programma studiato a casa per poter vedere proprio tutto nei tempi previsti. Mi trovo più o meno al centro rispetto alla totalità dei punti segnati sulla mappa, per cui scelgo la zona dove ci sono meno cose e vado lì iniziando con la strana “Chiesa di San Giuseppe Lavoratore”.
Non ho altra scelta se non quella di ripercorrere esattamente la strada dell’andata e così faccio, anche se a malincuore; attraverso la ferrovia notando come sia effettivamente oggetto di lavori in corso invasivi. Nel piccolo Giardino dei Giovani Ricercatori trovo una semplice fontana che voglio portare nel mio album dei ricordi. Più avanti è la volta della “Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta” che ha di fronte il “Busto di Giustino d’Uva”. Subito dopo ecco la Fontana al centro della piazza dedicata al medesimo personaggio. Prima di invertire nuovamente la marcia raggiunto l’imponente struttura che ospita “l’Auditorium Unità d’Italia”.
Anche stavolta posso solo tornare indietro tramite le arterie già conosciute ed arrivo a superare la stazione per andare alla scoperta della parte opposta della città. Mi fermo in Piazza Ferdinando Veneziale dove, in mezzo ad una marea di alberi, c’è una fontana che purtroppo non ha neanche una goccia d’acqua al suo interno; è un vero peccato perchè sarebbe stata molto carina. Dietro a questo pseudo-bosco spunta la “Chiesa del Sacro Cuore” che ha alla sua destra la sede locale dei Frati Cappuccini ed una casa per anziani nel cui piazzale condiviso noto una “Statua di Padre Pio”.
Il prossimo obiettivo è la Villa Comunale (chiamata anche Piazza Tullio Tedeschi), uno spazio totalmente pedonale composto da vialetti e verde pubblico. Sinceramente non c’è molto da vedere tranne la “Spirale della Vita” (monumento dedicato a Giovanni Palatucci, ex questore di Fiume, morto in maniera atroce nel campo di concentramento di Dachau) ed un laghetto che, a dire il vero, ricorda più una piscina. Ci sono le bocchette per degli zampilli, ma anche in questo caso trovo tutto fermo. Bastano pochi passi per entrare nel vicino Parco delle Rimembranze dove il padrone incontrastato è il “Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale”. All’esterno noto anche “l’Omaggio a Tullio Tedeschi”.
Giunge il momento di fare l’ingresso nel centro storico di Isernia mentre controllo l’orologio; è mia intenzione vedere il più possibile adesso e non dover fare le corse più tardi, ma ciò si vanifica appena scorgo le prime bancarelle del mercato cittadino che coprono ogni cosa con i loro tendoni. Ok…come non detto; senza nessuna fretta torno indietro e mi fermo alla stazione degli autobus. Mancano poco meno di trenta minuti alla partenza di un mezzo pubblico locale che fa al caso mio, l’unico che mi condurrà in circa quindici minuti al Santuario di Castelpetroso. Ci sono vari stalli (se così si possono definire perchè il tutto è molto spartano) ma nessuno di essi riporta orari e destinazioni. La zona è pressochè deserta: ci sono tre persone ognuna piazzata su di una fermata diversa, ma non mi va di disturbare; capisco però che un certo ordine c’è, ma ancora non so quale. Faccio una piccola digressione e riporto un episodio che mi è capitato durante l’organizzazione del viaggio: contatto via e-mal l’Azienda Trasporti Molisana (ATM) che gestisce la tratta di mio interesse. Mi occorre un’informazione di servizio e la modalità di acquisto dei biglietti poichè sul loro sito c’è davvero tutto, ma non viene spiegato questo particolare (o almeno io non sono stato capace di trovarlo). Sono sempre molto scrupoloso quando mando un messaggio di posta elettronica ed includo ogni dettaglio per aiutare chi si trova dall’altra parte del computer. Ricevo una risposta (anche in tempi rapidi, visti gli standard italiani) composta da un solo rigo in cui vengo inviato a contattarli tramite il numero di cellulare da loro fornito. Ma che cavolo di sistema è questo? Se io scrivo un’e-mail significa che per mille motivi non voglio telefonare, altrimenti lo avrei fatto subito. Fosse anche una mia stupida tara mentale (e non lo è) il servizio clienti è tenuto a fornire notizie utili anche in forma scritta. Alla fine il problema si è risolto come sempre: ho perso ulteriore tempo on-line ed ho fatto da solo capendo che i titoli di viaggio si acquistano a bordo senza maggiorazione. Chi fa da sè non fa per tre…fa per sette miliardi, ovvero il numero delle persone inutili del globo terrestre. Tornando all’autostazione, mentre cerco di orientarmi nel nulla più totale arriva un autobus che riporta la destinazione che mi serve, per cui vedo dove si ferma, vado, acquisto il ticket e salgo senza problemi. Dato che la fermata di mio interesse sarà nel bel mezzo di una strada statale chiedo aiuto all’autista che, con una cortesia incredibile, mi accontenta dandomi tutti i ragguagli necessari. Il pullman mi lascia al piano stradale, ma il “Santuario di Castelpetroso” è più in alto, per cui metto in moto le mie gambe e vado sapendo di avere un’ora esatta a disposizione prima di dover prendere il bus per il ritorno…che sarà l’ultimo della giornata: se lo perderò dovrò chiamare un taxi per tornare in città e ciò non deve succedere. Adesso un po’ di storia: si dice che il 22 marzo 1888 una pastorella di nome Fabiana (detta Bibiana) ebbe l’apparizione della Madonna in una grotta; la cosa si ripetè il 1° aprile e fu vista anche dall’amica Serafina. Da quel momento in poi ce ne furono altre ed a ciò si unì anche la nascita di una sorgente poi definita miracolosa. Un particolare che non posso non notare è che il sole è totalmente dietro alle montagne qui presenti, per cui tutta l’area è in una specie di mega-ombra che, oltre a non essere il top per le foto che dovrò scattare, regala un freddo non indifferente. Dall’inizio della salita ho questa vista:
Raggiungo un bivio: proseguendo dritto arriverò al Santuario, mentre mantenendo la sinistra e continuando a salire potrò vedere la “Cappella delle Apparizioni”. Ebbene si, per comodità è stato deciso di costruire il santuario più in basso rispetto al luogo sacro (siamo alle solite, insomma). Ovviamente vado su perchè voglio depennare la parte più difficile. Prima di proseguire mi fermo ad immortalare il santuario anche da qui.
Torno allo step intermedio e dedico il mio tempo alla vista del Santuario da vicinissimo: esternamente si conferma molto molto bello, ma internamente è una mezza delusione poichè non ha niente di particolare.
Scendo fino alla statale e mi metto ad attendere il bus che passa con cinque minuti di ritardo rispetto all’orario prefissato, per cui anche questa coincidenza va di lusso . All’autostazione di Isernia ci torno quando sono le 15:45 e da ora in poi avrò due ore esatte per ripartire da dove avevo lasciato e concludere il mio giro. Come pensavo, il mercato non c’è più ed ho il centro storico tutto per me. L’inizio è col botto, ovvero con la “Fontana Fraterna” considerata da molti come una delle più belle d’Italia. Al suo fianco c’è la “Chiesa della Concezione” e, nella medesima piazza, la “Statua di Celestino V°” ed un “Gazebo”.
Seguo Corso Marcelli (non bisogna farsi ingannare dal nome perchè si tratta di una via sì lunga, ma molto stretta) e mi stupisco quando vedo vicoli pedonali a volte meno ampi di quelli di Venafro. Arrivo in Piazza X Settembre ed osservo il bel “Monumento alle Vittime del X settembre 1943” il cui lato frontale, manco a dirlo, è ostruito dalle macchine parcheggiate dai soliti vandali. Dalla parte opposta spicca la “Chiesa di Santa Chiara”.
Pochi passi e posso ammirare la “Cattedrale di San Pietro Apostolo”, il cui campanile viene comunemente chiamato “Arco di San Pietro” poichè il corso prosegue attraverso tale apertura. Una passeggiata in Piazza Andrea d’Isernia mi permette di vedere “l’Antica Porta Mercato” ed un punto panoramico degno di nota.
Un Caffè Letterario affaccia su una piazzetta carina caratterizzata da una piccola fontana: secondo me l’insieme vale una foto ricordo. Più avanti mi fermo ad osservare lo storico “Palazzo d’Avalos-Laurelli” che occupa un intero lato di Piazza Trento e Trieste; oggi lo si vede in perfetto stato, ma fu devastato da due terremoti ed in seguito restaurato. I suoi due nomi ricordano chi ne ordinò/finanziò la costruzione e chi il ripristino. E’ la volta poi della “Chiesa di San Francesco” che sulla destra ha il Municipio.
La mappa mi segnala anche la “Fontana di Piazza Sant’Angelo”, ma una volta lì noto che è ben poca cosa. Un bell’edificio sarebbe quello che ospita la Biblioteca Comunale, ma causa spazio risicato non è fotografabile con sufficiente qualità. Visibilissima senza alcun problema è la “Chiesa di San Pietro Celestino”. Faccio un salto anche nei pressi del “Ponte Cardarelli”, anche se risulta più faticoso del previsto portarne via un’immagine decente. Quasi per caso osservo la “Statua di Santa Birgitta”, eretta in mezzo ad un’aiuola stracolma di foglie secche; poi mi dirigo verso il “Santuario dei Santi Cosma e Damiano” (per raggiungerlo c’è un sali-scendi niente male) che è l’ultima attrazione che Isernia ha da offrire.
La tratta di ritorno me la prendo con calma perchè l’orologio mi dice che sono ancora in tempo senza dover correre. Riesco così a portare con me ancora un po’ dell’essenza della città che mi ospita, oltre alle immagini di Corso Marcelli, del Gazebo e del laghetto della Villa Comunale illuminati dalla tenue luce artificiale del post-tramonto. Infine riesco per la prima volta a trovare libera da persone (sedute o in piedi a bivaccare) la scultura di Pietro Cascella chiamata “L’Incontro” ubicata proprio di fronte alla stazione ferroviaria.
Acquisto il biglietto alla macchinetta automatica ed aspetto il pullman che mi riporterà verso la capitale. La totale assenza di traffico tipica della pandemia mi permette di scendere nel piazzale antistante Roma Termini con venticinque minuti di anticipo e lo stesso vale ovviamente per il rientro a casa dopo aver preso la metropolitana e la macchina al parcheggio. Questa gradita sorpresa mi permette di gustarmi una bella partita tra le tante trasmesse in serata fin dal fischio d’inizio e non dal secondo tempo come temevo di dover fare.
In conclusione posso dire che la giornata di oggi è stata piacevole oltre le aspettative; Venafro ed Isernia sono due cittadine abbastanza piccole, ma che sanno regalare spunti e momenti interessanti. Un lato positivo (sicuramente l’unico) di questo periodo storico disgraziato è la possibilità di scoprire località abbastanza vicine a casa e l’uscita appena descritta ne è l’ennesimo esempio. Comunque ci tengo a dire agli “amanti dello stivale” che certe zone non le ho mai depennate dalla mia lista delle cose da vedere; è solo che avevo destinato loro un periodo della mia vita nel quale avrei avuto meno forze per sobbarcarmi 10-12 ore di aereo e non adesso che certi viaggi li posso ancora affrontare senza problemi. C’è un tempo per tutto secondo me, solo che qualcuno mi ha costretto con la forza ad anticiparlo. Nonostante ciò consiglio a chi si trovi nei dintorni di fare una bella e lenta passeggiata sia a Venafro che ad Isernia, altri due chicche di quel famoso Molise che non esiste.