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Il secondo week-end di settembre dell’anno topico della pandemia riesco a raggiungere un obiettivo che avevo da tanto tempo: visitare le Cinque Terre. Già…ma cosa c’entra col titolo del post? Apparentemente nulla, ma il viaggio complessivo che ha La Spezia come base di arrivo e ripartenza mi permette di dedicare qualche ora alle due città toscane protagoniste del racconto che segue. Distano l’una dall’altra solo dieci minuti di treno, ma appartengono a due diverse province: la prima (più piccola) fa capo a Lucca mentre la seconda è lei stessa capoluogo e divide questo onore con la vicinissima Carrara. In fase di programmazione dell’itinerario sono state le due località più carine e meglio collegate tra quelle papabili, così non ho perso l’occasione per esplorarle a modo mio. Vediamo com’è andata…
Sabato “mattina”: pochi minuti dopo la mezzanotte parte dalla stazione di Roma Ostiense l’Intercity da me prenotato che mi fermerà a La Spezia dopo qualche ora. In condizioni normali questo treno ferma nella città ligure intorno alle 4:30, minuto più o minuto meno. Anche se nella vita ho fatto di peggio ed anche se non è niente che con un po’ di buona volontà non si possa superare, ammetto io stesso che raggiungere una destinazione a quell’ora e non sapere dove andare o cosa fare fino almeno alle 7:00 è dura. Un aiutino me lo dà proprio Trenitalia: sono previsti lavori straordinari di manutenzione sulla linea ferroviaria che ci bloccheranno per oltre sessanta minuti a Civitavecchia facendo slittare l’arrivo programmato alle 5:30 ed è la prima volta che un allungamento dei tempi di percorrenza è una cosa buona (meglio stare in un vagone che all’aria aperta nel cuore della notte, secondo me); un piccolo ritardo tipico del belpaese mi fa mettere i piedi a terra alle 5:45. Per l’amor di Dio…è ancora molto presto, ma senza dubbio è meglio delle 4:30. Il meteo è previsto non buono, ma addirittura ottimo per entrambi i giorni di permanenza; si sta benissimo anche adesso nonostante sia buio pesto; volendo trovare un lato positivo in tutto direi che sto accumulando un po’ di fresco in previsione del solleone del mattino, del pomeriggio e della sera a venire. Faccio una passeggiata in centro senza obiettivi che serve solo a passare un po’ di tempo, poi alle 6:30 rientro in stazione per fare colazione in un bar che sembra spartano ma che offre dei pezzi dolci niente male. Poco dopo le 7:00 (ed a pancia piena) acquisto il biglietto che mi porterà a Pietrasanta e mi siedo all’interno del nuovo vagone. Nella cittadina toscana che conta circa 24.000 abitanti ci sono alle 7:50, ma è più che normale dato che il giro studiato per oggi prevede il solito tour de force. Non perdo neanche un attimo e mi metto subito in moto. Prima però è doverosa una premessa: questa cittadina è situata ad una manciata di kilometri dalle Alpi Apuane e ad una manciata di kilometri dal mare della Versilia, in una posizione assolutamente invidiabile; un altro punto a favore di Pietrasanta non è proprio poca cosa: viene comunemente riconosciuta come Capitale Mondiale della Scultura grazie ai suoi numerosi laboratori per marmo e bronzo di altissimo livello, e ancora Piccola Atene poichè una marea di illustri artisti l’hanno scelta come luogo dove comprare casa; ciò regala a chiunque sia fortunato la possibilità di incontrarli comunemente in giro per le strade. In più, come se tutto questo non fosse sufficiente, il piccolo centro storico funge da museo a cielo aperto per opere che vengono installate temporaneamente e poi sostituite con altre; ciò significa che visitando Pietrasanta oggi e di nuovo tra un po’ di mesi potrebbe apparire diversamente. Piazza Giosuè Carducci ospita le prime due opere che vedo in ordine cronologico: sto parlando di “Mano – Divition III” di Bernard Bezzina e della “Statua di Arlecchino” di Joseph S. Sheppard.
Il pezzo forte di questa località non tarda ad arrivare: Piazza del Duomo è senza alcun dubbio l’area più bella e, oltre ad alcuni caffè con tavolini all’aperto che si stanno pian piano riempiendo di turisti intenti a fare colazione, posso ammirare il “Duomo” (il cui sagrato mostra la “Statua dell’Imperatrice Zita di Borbone Parma), il palazzo che ospita il “Museo Archeologico Versiliese Bruno Antonucci”, il “Monumento a Leopoldo II°”, le “Fontane del Marzocco” ed il famoso “Museo dei Bozzetti” (lo stesso edificio ospita anche la biblioteca). Lo spettacolo che offre l’insieme è assicurato. In una traversa che costeggia il Duomo trovo il piccolo “Oratorio di San Giacinto”.
Ci tengo a precisare che in questo caso non ho menzionato le altre opere itineranti che si trovano lungo la piazza. Alzo gli occhi quanto basta per capire più o meno quanta salita dovrò percorrere per arrivare più vicino possibile ai prossimi due obiettivi che sono la “Rocca di Sala” (che domina Pietrasanta dalla cima di una collina) e la “Big Bench”. Questa panchina di colore verde è davvero gigante come recita il suo nome; dico solo che per sedercisi sopra occorre usare una scaletta a di tre gradini. Per far capire davvero bene le sue dimensioni scatto una foto che comprende il mio zainetto da viaggio testato per le compagnie aeree Ryanair e Wizzair che misura 40x30x20 centimetri. Stando in piedi sulla panchina stessa si può godere della miglior vista possibile sull’agglomerato urbano di Pietrasanta. N.B.: L’immagine che segue della Rocca è quanto di meglio ho potuto fare; non è affatto facile trovare un punto dal quale portare via qualcosa di qualitativamente decente.
Se l’andata è un tantino faticosa…bisogna prestare molta attenzione al ritorno in discesa: il fondo totalmente sconnesso del sentiero e la ripidità del percorso potrebbero riservare brutte sorprese. Da quando sono scivolato in Val di Mello nel luglio 2018 rompendomi la tibia sto molto più attento di prima nell’affrontare certe situazioni. Tornato nuovamente in Piazza Duomo prendo via Giuseppe Mazzini che vanta negozietti su ambo i lati. Raggiungo la “Chiesa di San Biagio e Sant’Antonio Abate” ed il “Peace Frame” (o Cornice della Pace, tradotta in italiano). Immortalarla equivale a scattare una foto nella foto perchè riesce a racchiudere nel suo perimetro la vita nella strada che ho appena percorso.
Entro in Piazza Statuto mentre è in corso un piccolo mercato. Al centro della stessa c’è il “Monumento ai Caduti”, mentre nella medesima zona vedo altre opere che osservo. Quelle che mi piacciono di più sono “Danzatore” di Anna Chromy, “La Balançoire” di Daphne du Barry e “Sfinge e Colomba” di Alba Gonzales.
Proseguo il giro: nel punto in cui si uniscono via Oberdan e via Crocialetto c’è la strana ma affascinante opera chiamata “Flame” di Helaine Blumenfeld. Poi, nello spartitraffico tra via Guglielmo Marconi e via Provinciale Vallecchia spicca “Il Guerriero” di Fernando Botero che non smentisce proprio mai il suo stile. Alla fine di una traversa, completamente illuminato dal sole, ecco il “Municipio di Pietrasanta”.
Una successiva deviazione sulla destra mi porta fin di fronte alla “Parrocchia del Santissimo Salvatore in San Francesco”. Una nota al Comune la faccio: ma…tagliare tutti quegli alberi che coprono la quasi totalità della facciata di questo edificio religioso non è un’idea da prendere in considerazione? Praticamente non si vede niente di ciò che si cela dietro alle fronde ed è un peccato.
Da qui inizia la visita alle zone periferiche; in parole poverissime significa che c’è tanto da camminare per vedere pochi punti di interesse. Se poi ci aggiungi il fatto che la Parrocchia San Bartolomeo è completamente invasa dalle impalcature dei lavori in corso direi di aver fatto bingo. Fortunatamente durante la passeggiata ho trovato un’inaspettata rotonda stradale che ha in parte compensato la sfortuna: al suo centro c’è un’opera molto particolare che prende il nome di “Mr Kiribaty” dell’artista Emanuele Giannelli. Arrivo fino alla “Parrocchia del Santissimo Sacramento” perchè on-line avevo visto immagini degnissime, poi una volta lì devo affrontare la realtà: da vicino questa grande struttura non merita poi così tanto.
Ormai sto camminando, così decido di arrivare all’altra estremità della città per poi tornare indietro e terminare la parte centrale. All’altezza del cimitero locale svolto a sinistra e trovo la “Pieve di San Giovanni”. Durante il percorso inverso rientro nell’area urbana da Via Giuseppe Garibaldi e non posso non notare un Campanile senza chiesa. Invece di esserci qualcosa che ha a che fare con la religione vedo una scuola che si sta preparando per referendum ed elezioni regionali del prossimo fine settimana. Sulla mappa non c’è indicato niente di tutto ciò, per cui mi documento meglio perchè vorrei conoscere la storia di questo posto. Scopro che dal XVI° secolo in poi qui era presente il Monastero di San Leone (formato da un Chiostro e dalla Chiesa di Santa Chiara), ma poi l’edificio è stati demolito negli anni ’50 del secolo scorso dopo aver subito diversi cambi di destinazione d’uso nel corso della sua storia; oggi resta solo questo reperto che viene indicato come “Campanile Isolato”.
Secondo i miei appunti termino qui la visita di Pietrasanta; guardo l’orologio e sono abbastanza nei tempi anche se un pochettino ho sforato la tabella di marcia, ma non è niente di irreparabile. Vado a comprare il biglietto per il primo treno disponibile che mi porta a Massa in una decina di minuti. A differenza della località precedente, qui la stazione ferroviaria è distante dal centro, ma non è un problema perchè ho un percorso studiato che inizierà dalla periferia. Mi trovo in una cittadina capoluogo di provincia (che divide con la vicinissima Carrara ubicata a soli sei kilometri) abitata da circa 68.000 persone. Il caldo si fa sentire man mano che mi avvicino all’ora di pranzo, ma una leggera brezza lo mitiga rendendo ancor più piacevole ciò che mi aspetta. Mi metto subito in moto perchè anche qui vale la regola del “prima si finisce, meglio sarà” per il prosieguo della giornata. Il benvenuto me lo dà la “Parrocchia Madonna Pellegrina” e non è niente male. Una piccola delusione arriva invece quando raggiungo il “Monumento ai Caduti di Turano” perchè ci trovo una macchina parcheggiata esattamente dietro che rovina la relativa immagine del prossimo blocco; praticamente si vede più il veicolo che altro.
Proseguo lungo la via Aurelia e, passo dopo passo, vedo avvicinarsi sempre di più il “Castello Malaspina” che domina il panorama dall’alto della collina della quale occupa la vetta. Mi fermo ad osservare la “Chiesa Madonna del Monte”, poi prendo una strada che mi fa assaggiare un po’ del centro storico a partire da “Porta Martana”.
Il prossimo punto di interesse sarebbe il RAM, ovvero il Rifugio Antiaereo della Martana. Se uso il condizionale significa che qualcosina non va: vorrei visitarlo, ma non è possibile. I responsabili lo aprono al pubblico solo il venerdi ed il sabato sera nei mesi esitivi. Il periodo è quello giusto, ma l’orario non combacia col tempo che ho a disposizione. Entro in Piazza Mercurio, un’area di medio/grandi dimensioni il cui perimetro è composto da edifici storici molto ben curati. Degni di nota ci sono il Palazzo Bourdillon (ex sede del comune danneggiata dal sisma del gennaio 2012), Palazzo Colombini che ospita la “Biblioteca Civica Stefano Giampaoli”, la “Chiesa di San Giovanni Decollato” e la “Colonna-Fontana che ha alla sommità la Statua del dio Mercurio” che dà il nome alla piazza stessa.
Faccio una deviazione e prendo la salita che conduce al Castello Malaspina per vedere se è visitabile, ma come spesso accade non va come vorrei: il cancello all’ingresso è chiuso e pieno di cartelli. Una buona parte di essi recitano le ormai consuete norme anti-covid che hanno letteralmente fracassato le palle (la prossima volta che qualcuno mi chiederà il codice fiscale sicuramente mi verrà da dirgli Covid-19…), mentre uno informa i visitatori che l’accesso è chiuso causa lavori di restauro. Se non altro non ho fatto la passeggiata a vuoto perchè da quassù è possibile avere una visione panoramica della città che dà soddisfazione. Seguendo le indicazioni della mia mappa arrivo in una zona residenziale dove vedo una fonte che sgorga acqua fresca e mi disseto; alla sua sinistra noto un “Monumento ai Caduti di tutte le Guerre” e, un paio di stradine più a destra, la “Chiesa di San Rocco alla Rocca”.
Dalle immagini viste on-line ci tengo a raggiungere il Santuario di Nostra Signora delle Grazie. Per arrivare occorre salire un numero imprecisato di scalini irregolari e, una volta lì, si rimane delusi: è costruito quasi su un precipizio ed il piazzale antistante è troppo piccolo per darmi lo spazio minimo necessario per far entrare questo punto di interesse nell’obiettivo della reflex. Mannaggia… ; va meglio con la “Chiesa e Convento dei Cappuccini”: stavolta lo sforzo vale il risultato. Durante la discesa mi imbatto in una singolare fontanella che ha una testa ed una zampa di leone come elementi più visibili. Di diversa importanza è invece la Fonte detta “Battì del Barilo”, una delle più antiche ed amate dai cittadini locali; rappresenta un personaggio che nel passato svolgeva la funzione di acquaiolo, ovvero colui che trasporta o vende l’acqua dietro compenso. Molto molto bella è la vicina “Basilica Cattedrale di San Pietro Apostolo e San Francesco d’Assisi”.
Supero “l’Arco del Salvatore” e percorro via Palestro. La Chiesa dei Servi di Maria si trova all’interno di un comunissimo palazzo, per cui non ha niente di particolare. Proprio di fronte noto il “Portale del Pomerio Ducale”: con questo nome era noto un giardino all’italiana realizzato nel XVI° secolo del quale non è rimasto niente; lo spazio che occupava è oggi preso da palazzine piene di appartamenti e per la nostra vista è rimasto solo l’arco di ingresso. Una buona passeggiata mi porta all’interno di quello che sembra un quartiere storico fatto di viuzze strette e belle casette: qui trovo prima la “Fontana del Borgo del Ponte” e poi la “Chiesa di San Martino”.
Sul Maps vedo che il prossimo obiettivo è abbastanza vicino, ma quando gli chiedo di darmi le indicazioni mi propone una strada lunga che fa un giro stranissimo. Cerco di capirci qualcosa ed alla fine scopro di essere a due passi da un dirupo in fondo al quale scorre il fiume Frigido, attualmente con una portata di due-tre gocce d’acqua al massimo. Vado nella direzione indicata senza più pormi altre domande…o forse una si: il Ponte su cui scorre viale Trieste (e sul quale sto camminando io) è in condizioni disastrate e per questo è stato recentemente istituito un senso unico di marcia per le autovettura…sarà sicuro??? Cerco di sbrigarmi perchè potendo notare quanto sia danneggiato non ho alcuna fiducia. Mi spingo fino alla “Pieve di San Vitale Martire e San Giovanni Battista” che apprezzo particolarmente, poi inizio il ritorno passando dalla zona del Cimitero di Mirteto dove vedo la “Chiesa di Nostra Signora del Suffragio”. Chiudo la periferia con la “Parrocchia della Beata Vergine del Pianto”. Nota di colore: la vicinissima piazza Castagnola si pregia di tre grandi sculture di Coccodrillo dell’artista siciliano Girolamo Ciulla.
Rientro in centro per finire ciò che ho iniziato qualche tempo fa e lo faccio partendo dall’imponente “Chiesa di San Sebastiano”, davvero molto originale. A poca distanza c’è un “Monumento alla Resistenza” brutto come pochi altri visti al mondo…non so neanche da che parte fotografarlo. Per carità, il mio è un giudizio soggettivo ma non mi capacito di quale sostanza abbia sniffato l’autore la sera prima. Va molto meglio quando osservo la figura del “Teatro Guglielmi”.
Sono nei pressi di Piazza Aranci, uno dei punti più belli ed importanti di Massa. Chi legge si chiederà cosa sto aspettando a procedere ed a fare il mio dovere, ma non è così facile oggi perchè l’intero perimetro è recintato a causa della presenza di una specie di mercatino di quelli totalmente inutili. Si accede all’interno solo dopo essersi igienizzati le mani col gel a disposizione ed indossando la mascherina. Non siamo ancora nel folle periodo in cui vige l’obbligo di stare mascherati da ospedale anche all’aperto, così mi rifiuto e mi metto a fotografare il famoso “Obelisco” qui presente un millimetro prima del limite imposto. La signorina addetta al controllo (che non ha nessuna colpa perchè anche lei è una povera vittima del sistema) mi osserva, ma non sto contravvenendo a nessuna regola, così appena sono soddisfatto del mio scatto alzo i tacchi e me ne vado. Purtroppo però, a causa di quella bellissima trovata del sabato pomeriggio ed ai tanti/troppi alberelli che ornano la piazza mi è impossibile portale nell’album dei ricordi un’immagine decente del Palazzo Ducale e devo limitarmi solo a guardarlo. Un sentito grazie a tutti quanti per la terribile collaborazione dimostrata.
Passo un attimo per via del Mercato dove trovo la “Fontana Trionfo di Afrodite”. Poi mi sposto in Piazza della Liberazione, uno spazio atipico perchè quasi completamente occupato dalla via Aurelia e dove passano macchine senza soluzione di continuità. Ci metto un po’ per trovare un momento libero da traffico e ad immortalare la “Fontana del Littorio”. Ha una storia strana e la rammento: fu inaugurata nel 1928 ed aveva una struttura diversa da quella attuale: al centro aveva elementi della simbologia fascista, ma d’altra parte all’epoca il potere era in mano a quella fazione ed era meglio non protestare. Dopo la fine del secondo conflitto bellico mondiale un po’ tutti decisero di cancellare il più possibile i segni del periodo nero appena terminato, così fu modificata anche questa fontana senza però dargli un nome. I cittadini, da buoni toscani quali erano, la chiamarono Fontana dei Culi riferendosi alle terga nude mostrate dai quattro putti presenti.
Prendo viale Eugenio Chiesa dove raggiungo e noto la “Parrocchia di Sant’Antonio Abate”, mentre nella dirimpettaia piazza Garibaldi osservo la statua dedicata all’eroe dei due mondi. Mi reco poi davanti alla “Chiesa Parrocchiale di San Pio X°”, ma altri alberi non mi consentono di scattare l’immagine che vorrei.
Mi manca solo un punto di interesse da vedere per poi salutare anche Massa e si trova dietro alla stazione centrale, per cui sono relativamente tranquillo perchè è la direzione che dovrò seguire da ora in avanti. Guardo prima l’ora e poi dò un’occhiata al sito di Trenitalia per vedere quando avrò il treno che mi riporterà a La Spezia. Mi prende un colpo: tra ventuno minuti esatti ce ne sarà uno, mentre il successivo sarà addirittura quarantacinque minuti dopo, tempo prezioso che devo dedicare alla città ligure e che non posso assolutamente perdere. Non ci penso due volte e metto in moto i piedi aumentando il passo in maniera clamorosa. Alla fine arrivo in tempo utile addirittura per poter acquistare il biglietto alla macchinetta e non sull’applicazione, ma devo sacrificare la Parrocchia-Santuario Quercioli che invece avrei voluto vedere. Sono dispiaciuto, ma non potevo fare altrimenti e quando salgo sul convoglio che passa in orario mi convinco che l’ho fatto per una giusta causa.
In conclusione, quello che avrebbe dovuto essere un giro soft in due località medio-piccole si è rivelato un tuffo nella storia e nell’arte che di certo non dimenticherò. Pietrasanta è piccola, ma ha caratteristiche uniche che città più grandi si sognano. Massa non è certo il classico capoluogo di provincia toscano preso d’assalto dal turismo, ma a mio parere dice tranquillamente la sua. Torno via con un bagaglio di esperienze superiore rispetto a ciò che pensavo e sono contento di essere passato da queste parti. Sperando di aver dato qualche spunto utile a chi ha letto questo racconto, consiglio a chi è in zona di dare a Pietrasanta e Massa l’attenzione che meritano.