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Secondo week-end di giugno (detto anche “giugnembre” a causa del tempo da schifo che ci sta riservando) ed anche secondo fine settimana in cui ci si può muovere in tutta Italia. A causa della scarsità di mezzi di trasporto ancora disponibili per tratte, frequenza e prezzi praticati (tutte le compagnie si stanno pian piano riorganizzando) opto per tornare in Umbria per una nuova uscita dalla mattina alla sera, proprio come ho fatto sette giorni fa con Perugia (vedi post dedicato). Dopo aver studiato ed elaborato le mappe di diverse destinazioni in questa regione del centro Italia (tanto piccola quanto ricca di tesori) decido di spendere il mio tempo in quel di Spoleto e Foligno. Se fosse stato per la mia curiosità mi sarei bendato ed avrei lasciato scegliere la sorte tipo estrazioni del lotto perchè qualsiasi tra le mete papabili sarebbe andata bene; peccato che bisogna sempre fare i conti col tempo a disposizione e soprattutto con le coincidenze da prendere. Alla fine la migliore concatenazione me la regalano proprio le due città che ho appena nominato. Non resta altro da fare che andare a vedere cosa è successo…
Domenica mattina: setacciare due cittadine (seppur non grandissime) in un giorno neanche pieno con tanto di spostamenti non è del tutto semplice. Qualche ora fa, dopo un tira e molla con me stesso, sono arrivato ad una conclusione: se non prenderò il primissimo treno disponibile, quasi sicuramente non ce la farò ad ultimare il programma. E’ per questo che la sveglia suona alle 5:30 cogliendomi totalmente impreparato, ma quando si va a dormire alle 3:00 di notte e si consumano solo due ore e mezzo di sonno…è anche facile che ciò accada. Mi alzo dal letto ma dentro di me resto in semi-catalessi almeno fino alla stazione Termini da dove, alle 6:57, parte il regionale veloce da me prenotato. Il viaggio lo passo interamente con l’inutile quanto dannosa mutanda facciale obbligatoria, sempre nella speranza che la gente si renda conto che il problema coronavirus esiste, ma che è stato ingigantito a dismisura fin dall’inizio. Fuori dal finestrino il sole è già alto nel cielo e la giornata sembra tipica di fine primavera, ma lo stesso non vale per il convoglio che mi ospita: credevo di essere a bordo di un mezzo Trenitalia ed invece mi rendo conto di stare in un Polar Express per il freddo che fa. Ma si può sapere perchè alcuni treni (non tutti, per fortuna) hanno l’aria condizionata sparata a cannone a qualunque ora del giorno? Posso essere costretto a portare con me un maglione che sarà un peso inutile per tutto il resto della giornata perchè degli incapaci totali non hanno il minimo senso della cognizione? Detto ciò, alle 8:33 scendo a Spoleto con la consolazione di essere in orario. Esco nel piazzale e già devo armarmi di reflex perchè il primo punto di interesse si trova proprio qui: sto parlando della bizzarra opera dell’artista Alexander Calder che prende il nome di “Teodolapio”. Cammino su Viale Trento e Trieste quando c’è qualcosa da vedere su ambo i lati: alla mia destra, nel Parco di Largo Moneta, trovo il “Monumento al Carabiniere” al centro ed il “Memoriale per i Marinai d’Italia” appena fuori; alla mia sinistra c’è la “Chiesa di Santa Rita – Padri Agostiniani”. Più avanti, in mezzo alla rotonda stradale, osservo la “Colonna del Viaggiatore” di Arnaldo Pomodoro.
Per vedere ciò che ho segnato sulla mappa mi serve ora una discreta passeggiata: devo raggiungere il cimitero comunale che attraverso per un buon tratto caratterizzato da un altissimo numero di tombe di famiglia. Generalmente se ne trovano poche perchè molto costose, ma in questo caso la consuetudine non vale. Alla fine rimango mezzo fregato perchè, quando ci arrivo davanti, la “Basilica di San Salvatore” (patrimonio Unesco) è semi-coperta dai rami di un albero. Per tale motivo sono costretto a scattare la foto da distanza troppo ravvicinata e la qualità è quella che è. Esco da questo luogo di rispetto per i defunti e dopo neanche duecento metri noto la “Chiesa di San Ponziano” che si affaccia su un piazzale, protetta da un portone di ingresso a forma di arco che probabilmente durante la notte viene chiuso.
Un’altra camminata mi porta all’inizio del centro di Spoleto; il Ponte Sanguinario mi delude molto in quanto è oggi interrato e visitabile solo in certi giorni ed orari, ma sicuramente in questo momento di pandemia tale possibilità è sospesa. Mi rifaccio prima con la “Fontana dei Giardini R. Baden Powell” (di fronte) e poi entrando nella vicina Piazza Garibaldi dove vedo il Monumento all’omonimo eroe italiano ed ammiro la “Basilica di San Gregorio Maggiore” che è davvero bella. Poco lontano, in uno spiazzo semi-chiuso da una transenna (ma io me ne frego ed entro lo stesso) posso immortalare “l’Auditorium della Stella” che a prima vista sembra un po’ dimenticato.
Prendo via dell’anfiteatro e purtroppo ho una brutta sorpresa: le impalcature dei lavori in corso coprono l’intera facciata della Chiesa di San Gregorio Minore, quindi niente da fare. Più avanti, sulla sinistra, tocca alla piccola “Chiesa di San Giuseppe” avere il suo attimo di gloria. La “Fontana di San Giuseppe” è il punto di partenza della salita: anche qui, come da buona tradizione umbra, la zona storica è a monte e va raggiunta. Una piccola deviazione mi accompagna fin di fronte alla “Chiesa Santa Maria della Piaggia” che porto nel mio album dei ricordi, poi torno a salire. Cerco il punto migliore possibile per immortalare la “Torre dell’Olio” ed alla fine lo trovo; dopo aver fatto una capatina per osservare “Porta Fuga” torno sui miei passi e svolto a sinistra su via Gregorio Elladio.
Com’è il detto? Abbiamo fatto trenta…quindi possiamo fare anche trentuno: anche il Complesso Monumentale di San Nicolò è chiuso per pandemia; ormai è un vizio. Prendo comunque delle immagini e colgo l’occasione per dedicare più tempo del solito ad un elemento che sembra secondario, ma che in realtà non lo è: come a Perugia, anche qui il fondo stradale è sempre più liscio possibile e camminarci è un piacere; quando ci sono salite da affrontare lo si fa spesso con scalinate dolci, ovvero composte da tanti scalini bassi, elementi che danno un tocco in più al già grazioso borgo. Conclude l’area la “Chiesa di Sant’Omobono” chiusa in una rientranza della strada come se fosse in castigo.
La mia direzione mi porta in mezzo alle stradine strette/strettissime che compongono il reticolato urbano antico ma ben conservato; da questo punto di vista l’Umbria si conferma un gioiello ed un vero patrimonio. Quando ho davanti la Chiesa di San Giovanni e Paolo (di dimensioni ridottissime) ottengo il solito benservito causa Covid-19 perchè le visite non sono concesse; peccato perchè l’edificio religioso conserva affreschi notevoli. Fortunatamente la successiva “Chiesa di San Filippo Neri” mi rialza il morale a mille con la sua imponenza, al punto che la “Chiesa di Santo Angioletto” (ubicata ad una distanza di due-tre passi) fa quasi tenerezza. Dopo tanta salita è la volta di scendere un po’ per poter vedere la “Chiesa di San Domenico” che è posta in una posizione talmente disgraziata da mettere a durissima prova la mia scarsa abilità come fotografo amatoriale. E’ chiusa al pubblico anche la Galleria d’Arte di “Palazzo Collicola”; ormai le parole sono finite.
Piazza della Libertà mi dà la possibilità di osservare il “Teatro Romano”; da qui parto per fare un’escursione in periferia che mi permette di osservare tante cose: in primis la “Chiesa di San Rocco” che porto con me anche se sulla facciata ha qualcosa che la deturpa parzialmente; segue poi la bella “Chiesa di San Pietro Extra Moenia” ed infine mi pregio della possibilità di scattare foto di qualità alla Fortezza Albornoz (che visiterò tra un po’) ed al colpo d’occhio che offre Spoleto da questa particolare posizione.
Usando il tempo necessario ritorno in Piazza della Libertà e, come se non avessi mai effettuato la deviazione, riprendo esattamente da li. Adesso un piccolo quiz: che cosa si può trovare in Piazza Pietro Fontana? La risposta è nella prima foto del prossimo blocco. Poco più avanti vedo il “Convento Parrocchia Sant’Ansano”, praticamente a due passi di numero “dall’Arco di Druso e Germanico”. L’omonima via mi accompagna fino a Piazza del Mercato che regala un buon colpo d’occhio e che ospita la graziosa “Fontana con l’Orologio”. Una svolta a destra ed entro in Via del Municipio dove affaccia il “Palazzo Comunale”. E’ enorme e molto bello, ma lo spazio risicato mi consente di fotografarne solo la parte centrale.
La città è contenuta, per cui serve molto poco per arrivare davanti al Palazzo Vescovile che ospita nello stesso complesso sia il Museo Diocesano che la “Chiesa di Sant’Eufemia”. Il top del top arriva adesso: il “Duomo di Spoleto”; la piazza dov’è ubicato si raggiunge grazie ad una scalinata dolce (ovvero con gradini bassi) che, passo dopo passo, regala sensazioni sempre maggiori. Questo è uno di quei luoghi dove le parole contano poco o nulla a confronto di ciò che si ha davanti agli occhi. Alla sinistra dell’edificio religioso c’è il “Teatro Caio Melisso”.
E’ difficile lasciare questo posto, ma il giro deve andare avanti perchè il tempo comincia a stringere; così cambio zona e mi porto in un’area in cui ci sono ben quattro punti di interesse: sto parlando della “Chiesa dei Santi Simone e Giuda”, della “Fontana del Mascherone”, del “Monumento ai Caduti del 1860” e dell’ingresso della “Rocca Albornoz”, stupenda fortezza che domina Spoleto dall’alto del colle Sant’Elia ultimata intorno al 1370. La visiterò tra poco, ma prima mi dedico a raggiungere un belvedere dal quale si ha una vista spettacolare sul “Ponte delle Torri” che trovo superbo; peccato che l’immagine che segue renda poco la realtà.
E’ il momento di camminare fino alla Rocca Albornoz ed ovviamente il percorso è in salita. Come immaginavo è molto più suggestivo vederla da lontano piuttosto che da vicino, ma sono sicuro che questo momento sia ben speso. Da lassù si può godere di un’ottima panoramica sul resto di Spoleto.
Con questo è davvero tutto: vedo che ho onorato i pallini previsti sulla mia mappa e sono soddisfatto. La stazione ferroviaria è esattamente dalla parte opposta rispetto a dove mi trovo, per cui inizio la piacevole e tranquilla passeggiata che mi porterà a destinazione. Durante il percorso non posso fare a meno di riflettere su quante cose ho visto in una località di circa 38.000 abitanti; il comune dove sono cresciuto per i primi vent’anni della mia vita è grande più o meno allo stesso modo…ma a parte il mare (che qui non c’è) al confronto non ha una beata minchia. L’esperienza accumulata negli anni non si smentisce neanche stavolta: è quando si effettua una discesa che ci si accorge di quanto sia stata lunga la salita affrontata e mi sorprendo di quanto dislivello ci sia tra l’area a monte e quella a valle. A circa tre quarti della strada mi volto e mi fermo perchè voglio portare con me anche un ultimo scorcio niente male.
Alle 13:34 parte il regionale veloce che mi porterà a Foligno, seconda destinazione di questo mio sabato. Sono solo venticinque i minuti di viaggio previsti, da effettuare comunque con la solita mutanda facciale. Il paese di Trevi, ubicato esattamente a metà percorso, appare perfettamente abbarbicato al colle che lo ospita creando un effetto visivo davvero singolare. Peccato che le foto scattate da un vagone in corsa e per di più attraverso un vetro lurido non vengano bene, altrimenti ne approfitterei volentieri. Una cosa è certa: non sarà facile battere Spoleto…anzi, anche sulla base delle informazioni prese da casa, il compito che spetta a Foligno è ben più che arduo. Non faccio neanche in tempo ad uscire dalla stazione che già ripongo l’odiata maschera nello zaino; credo sia ormai ovvio che la porto il meno possibile e solo nei luoghi in cui vige l’obbligo tassativo che, se infranto, provocherebbe una multa molto salata per il sottoscritto. Giuro che appena i divieti saranno tolti le darò fuoco con le mie mani perchè questo periodo in cui il mondo fobico mi impedisce di viaggiare da mesi deve sparire dalla mia mente per sempre. Prendo ciò che ho preparato da casa ed inizio il giro osservando la “Porta San Felicianetto”. Da qui comincia Via Umberto I° che si chiude sbattendo dritta sulla facciata della “Chiesa del Suffragio”, edificio religioso molto grande che sinceramente qui non ci sta molto bene perchè, causa spazio insufficiente, non può essere ammirato come merita. Sono da poco passate le 14:00 e per strada non c’è nessuno se non extracomunitari; sembra che la città sia tutta loro in questo momento ed è un effetto particolare. Entro giusto un attimo nei vicoli che troverò a bizzeffe anche in questa località per vedere “l’Oratorio della Nunziatella” per poi spostarmi oltre.
Via Giuseppe Garibaldi mi conduce fino all’omonima piazza dove al centro c’è il monumento all’omonimo eroe. Anche stavolta ringrazio il solito vandalo che, nonostante ci sia posto libero in abbondanza, ha parcheggiato la macchina proprio dietro alla statua; il mio dubbio più grande al momento è perchè non abbia completato l’opera posteggiando direttamente davanti facendo bingo. Ma la piazza ha altro da offrire: bellissimi sono anche la “Collegiata di San Salvatore” ed il “Santuario della Madonna del Pianto” qui presenti.
Rimetto in moto le gambe con destinazione Piazza della Repubblica, quello che a mio parere è il salotto buono di Foligno. Due sono i padroni di casa incontrastati, ovvero la “Cattedrale di San Feliciano” ed il “Palazzo Comunale”, entrambi davvero notevoli. In una viuzza accanto a quest’ultimo edificio c’è l’ingresso per il Museo della Stampa, mentre un po’ più spostato c’è “Palazzo Trinci”, una residenza patrizia che oggi ospita il Museo Archeologico, la Pinacoteca ed un museo multimediale su tornei, giostre e giochi. Vale assolutamente la pena mettersi tra la cattedrale ed il municipio e fare un giro a 360 gradi per riuscire ad ammirare tutto l’insieme.
Grazie a Via Antonio Gramsci raggiungo Piazza don Minzoni con l’obiettivo di osservare sia la “Chiesa di Sant’Apollinare” che la simpatica fontana che ha delle tartarughe giganti come protagoniste. Mentre per l’edificio religioso va tutto come da programma, per la fontana devo fare lo slalom tra i tavoli e le sedie di un bar/ristorante di zona che si è preso tutto il posto possibile. Va bene tutto, anche considerando che questi poveri disgraziati sono stati chiusi oltre due mesi a causa del lockdown e che c’è almeno metà della popolazione che vive nella fobia del coronavirus e che quindi ancora oggi non si fida ad andare a mangiare fuori…però almeno i monumenti lasciamoli stare e non usiamoli come poggia-sedie.
Svolto a destra e percorro altri vicoli, anche loro antichi e mantenuti come meglio non potrebbero. Riesco a dare un’occhiata anche ad un piccolo pezzetto del “Canale dei Molini” che attraversa la città e che pare sia stato ripulito proprio in questi giorni. La “Chiesa di San Giacomo” è un nuovo pezzo da collezione, illuminato ad arte dal sole che mi sta tenendo compagnia. Più avanti incontro il fiume Topino che bagna Foligno: qui colgo l’occasione per immortalare il corso d’acqua, il “Ponte della Liberazione” ed uno scorcio cittadino degno di nota. Imbocco poi Viale Firenze per portare nel mio album dei ricordi sia la “Chiesa del Santissimo Nome di Gesù” che la piccola “Chiesa della Madonna della Fiammenga” ubicata sola soletta al centro di una rotonda stradale.
Un percorso abbastanza lungo e tortuoso mi permette di arrivare alla mastodontica “Chiesa Parrocchiale di San Paolo Apostolo”, edificio ultra-moderno che ha ben poco da offrire dal lato estetico. Sarà sicuramente un centro di aggregazione molto funzionale, ma in quanto a bellezza esteriore lascia a desiderare perchè mi ricorda un po’ Moby Dick. Quando attraverso nuovamente il Fiume Topino so per certo che mi sto riavvicinando al centro a grandi falcate. Il prossimo obiettivo è la “Chiesa della Madonna delle Grazie” che non mi lascio sfuggire, così come una rapida del corso d’acqua che regala un colpo d’occhio insolito per questa località.
Da qui rientro nei vicoletti e, su Via della Scuola d’arti e Mestieri, incontro prima la “Chiesa Parrocchiale di San Nicolò” e poi la piccola “Chiesa di San Tommaso di Cippischi”. Decido di allungare un po’ il giro per andare a vedere il Teatro San Carlo, ma quando ci sono capisco che la scelta è stata pessima: è troppo vicino ai palazzi di fronte affinchè io possa portare via una foto degna, oltre al fatto che mi pare abbastanza anonimo e che quindi avrei desistito comunque. Torno quindi sui miei passi e, dopo aver superato l’Oratorio del Crocifisso, giungo su Piazza San Domenico che ospita la “Chiesa di Santa Maria Infraportas” e “l’ex Chiesa di San Domenico”, oggi usata come Auditorium. La stessa sorte è toccata anche all’ex Chiesa di Santa Caterina (anche lei auditorium), ubicata in una viuzza talmente stretta da costringermi ad immortalarla in maniera monca.
Approfitto della mia posizione attuale per andare a fare una capatina anche al vicino Parco dei Canapè, che però è un’area verde senza niente di particolarmente interessante; l’unica cosa che trovo da notare è una rotonda stradale che ha al centro una fontana ubicata comunque fuori dal parco. Visto ciò, torno sui miei passi continuando a guardarmi intorno metro dopo metro, ma le prossime tre attrazioni si dimostreranno delle delusioni: la Chiesa di San Francesco è completamente coperta dalle impalcature dei lavori in corso; come se non bastasse, il Centro Italiano Arte Contemporanea è ospitato all’interno di una costruzione molto grande di color ruggine che, nonostante le mie tante prove, non mi dà modo di prendere uno scatto decente della struttura esterna. Infine, il trittico si conclude con Porta Romana, ovvero la porta che non esiste più: è stata infatti demolita nel 1871 ed oggi ciò che prende l’attenzione del visitatore è composto da due propilei appartenenti al centro sportivo edificati nel 1932. L’unica cosa da vedere qui è la “Statua per Nicolò di Liberatore” (detto l’alunno) dell’artista Ottaviano Ottavini. Nelle vicinanze noto anche un piccolo “Monumento a Sandro Pertini”. La mappa mi dice che è il momento di recarmi alla “Parrocchia Maria Santissima Immacolata” e lo faccio; una volta lì mi pare di avere di fronte più una torre di controllo di un aeroporto (a causa delle vetrate piazzate su tutto il perimetro della parte alta) che un edificio religioso.
Guardo l’orologio e vedo che sono circa le 18:00; mi rendo conto di aver finito tutto ciò che avevo segnato e soprattutto che si sta alzando uno strano vento nello stesso attimo in cui il cielo inizia ad incupirsi. Incredibile ma vero, l’estate non vuole ancora saperne di arrivare in questo anno funesto. Anche se mancano quasi cinquanta minuti e che avrei potuto fare due passi senza meta in centro decido di dirigermi verso la stazione e non avrei potuto fare scelta migliore: poco prima del mio arrivo inizia a piovere e mi salvo per un pelo. Non mi resta altro che aspettare sulla panchina del binario numero tre giocando con i videogames che ho sul tablet e poi, alle 18:47, salire sul regionale veloce proveniente da Perugia che mi riporta a Roma Termini in due ore esatte. La metro A e la macchina mi riaccompagnano a casa e si conclude così un’altra ricca giornata.
In conclusione, l’Umbria si conferma una regione meravigliosa ed incredibile; se solo avesse il mare a completarla darebbe enorme filo da torcere a parecchie zone d’Italia, d’Europa e del mondo. Non finirò mai di ribadire come le sue città siano un perfetto connubio tra antichità ed esempio di cura e mantenimento. Venendo al caso specifico, Spoleto l’ho trovata davvero favolosa; Foligno mi è piaciuta, ma non mi è sembrata all’altezza. Comunque sia entrambi sono posti da visitare e, come ho appena dimostrato, si potrebbero setacciare entrambe centimetro per centimetro dalla mattina alla sera, se uno ne avesse voglia. Io ce l’ho avuta, per cui…perchè non lo fate anche voi?