Metà febbraio, week-end breve (sabato-domenica) in Italia. Fa freddo, ma serve ben altro per fermarmi a casa sotto ad una spessa coperta di pile decorata a quadrettoni. Anzi, se e quando succederà una cosa del genere, chi mi conosce è autorizzato a ricoverarmi ed a buttare la chiave perchè significa che mi sarò ammattito di brutto. Dilemma: dove andare? Ragionandoci bene, anche dirigendomi all’estremo sud del nostro stivale non avrei trovato mai caldo e sollievo, ma forse solo un clima leggermente più mite (ripeto: forse); non ne vale la pena…certi posti sono belli dalla primavera in poi. Allora che resta di meglio che sfruttare il pieno periodo invernale per visitare per la prima volta una piccola regione dove avrei trovato temperature ancora più basse di quelle di Roma ? Un rapido sguardo on-line, pochi clicks sull’offerta volo giusta al momento giusto ed il gioco è fatto: parto per la Valle d’Aosta, nella speranza di trovare paesaggi da fiaba anche grazie all’aiuto della neve che da quelle parti cade copiosa.
A dire proprio tutta la verità parto di venerdi sera dall’aeroporto di Fiumicino con destinazione Torino; il volo è puntuale e, senza alcun problema, arrivo allo scalo piemontese dove in breve tempo mi ritrovo fuori dall’area del ritiro bagagli pronto per prendere la macchina noleggiata a suo tempo. Gli “amici” del desk fanno l’ennesima brutta figura in nome del “Dio Denaro” quando mi propongono di effettuare una piccola aggiunta al mio contratto prendendo in prestito anche le catene da neve. C’è da calcolare un dettaglio non da poco: nel nostro paese, dal 15 novembre al 15 aprile di goni anno quasi metà delle strade hanno L’OBBLIGO (e non la facoltà) di montare pneumatici invernali oppure di avere all’interno dell’abitacolo proprio le catene. Quando mi vengono chiesti 30 euro (trenta euro!!!) per due giorni chiedo al dipendente se sa che sta lavorando a Torino e non alle Maldive; probabilmente quasi ogni strada extra-urbana della zona è soggetta a tale legislatura, per cui questo servizio sarebbe dovuto essere compreso e gratuito per fornire ai noleggianti dei mezzi in regola, non facoltativo, a pagamento e per giunta ultra costoso. La risposta è sempre la solita, di quelle che fanno uscire gli occhi dalle orbite: “Questa è la politica dell’azienda, io non posso fare niente”. Ma allora perchè cavolo ce le mettono queste persone ? Facile: perchè se ci fossero coloro che avallano tali decisioni li prenderei tutti a calci in bocca. Per cui meglio evitare. E’ bello nascondersi nella stanza dei bottoni e parlare attraverso un pezzo di carta invece che metterci la faccia. Ma è bene fare l’abitudine a cose del genere perchè oggi addirittura moltissimi (se non tutti) i call centers si trovano in Europa dell’Est o più lontani ancora ed era “meraviglioso” quando chiamavo le grandi aziende e mi sentivo dire “Pronto sono Irina da Vladikavkaz, come posso di essere utile?”; per chi non l’ha notato, ho usato i verbi al passato nell’ultima frase perchè ormai non telefono più ai numeri generici quando ho un problema essendo la cosa totalmente improduttiva; devo ovviare scrivendo messaggi diretti ai social network dove, chissà per quanto ancora, rispondono interlocutori italiani che sanno indirizzarti dove serve. Lasciatemi dire CHE SCHIFO DI PAESE è questo e poi proseguire. Tornando al “gentile” dipendente dell’autonoleggio, le catene da neve se le può dare in testa perchè certamente non posso pagarle quasi più del volo di andata e ritorno per un prestito di 48 misere ore. Giocando sulla buona sorte di non essere fermato e controllato in un lasso di tempo talmente breve prendo la macchina, esco dall’aerostazione e mi dirigo verso un albergo poco lontano dove mi aspetta una camera per la notte. Non disfo neanche il bagaglio a mano perchè è già tardi; esco subito e vado a mangiare una pizza al volo per poi rientrare e dormire come un sasso.
Il mattino seguente (sabato) mi sveglio presto e poco dopo mi trovo già in posizione di guida pronto per partire; la giornata è meravigliosa ed il sole invernale è alto nel clielo. Il mio alloggo si trova intelligentemente fuori Torino, per cui imboccare l’autostrada è un gioco da ragazzi. La prima tappa di quel breve itinerario è la più lontana di tutte quelle pianificate: infatti, in fase di preparazione avevo deciso di fare un percorso “più o meno” a ritroso (con rarissime eccezioni) partendo dalla parte più estrema per poi fermarmi volta per volta durante il ritorno. E’ così che in circa un’ora e mezzo mi trovo a destinazione. Parcheggio la macchina e, già appena sceso dall’abitacolo, posso ammirare la bellezza delle montagne che circondano letteralmente il piccolo ma famosissimo comune che mi ospita; ovunque mi giro vedo cime elevatissime colme di neve e lo spettacolo non trova parole per essere descritto. Purtroppo però…lo stesso non vale per la località oggetto di visita: Courmayeur non ha grandi attrattive turistiche o punti di interesse particolari, se non la passeggiata per la centrale Via Roma in cui si passa in mezzo a negozi grandi firme e boutiques di ogni genere, tutti posti per me inavvicinabili. E’ però fuori da ogni dubbio che ci sia tantissimo da fare per chi ha tempo libero ed ama gli sport invernali: è considerata a giusta ragione la “regina delle località” sciistiche della Valle d’Aosta con oltre 100km di piste praticabili ed impianti di risalita all’avanguardia. La presenza della funivia più lunga del mondo (la Courmayer-Chamonix) è un altro fiore all’occhiello che regala punti e notorietà, senza dimenticare che partendo da qui si può arrivare in tempi brevi al Rifugio Bertone ed al Plan Gorret, luoghi dai quali si può godere delle migliori viste in assoluto del Monte Bianco. Molto vicinà è anche la cittadina termale di Prè Saint-Didier, unica nota negativa del mio puzzle di viaggio deciso da casa: mi sarebbe davvero piaciuto passare quella serata nelle calde acque delle sue vasche soprattutto perchè ci si può rilassare anche all’esterno con la neve ai bordi e le montagne di fronte. Si, è vero: il prezzo del biglietto di ingresso è molto alto, però questa è una delle poche esperienze che vale davvero quello che costa. Sono sicuro che prima o poi proverò questa emozione perchè, quando lascio Courmayeur, il mio è solo un arrivederci e non un addio. Ovviamente…non facendo per me la mondanità di quel luogo, tornerò solo per le terme…ma tornerò. Salgo in auto e mi dedico ad una delle cose che in Valle d’Aosta non si può assolutamente mancare: la visita dei Castelli. Il primo della lista è il bellissimo ed imponente Castello di Aymavilles; è davvero impossibile da non riconoscere per via della sua eleganza e delle sue quattro torri circolari merlate poste agli angoli del corpo centrale. Inutile rimarcare che si staglia perfettamente rispetto a ciò che lo circonda.
Mi rimetto alla guida e mi dirigo verso il secondo “maniero” in programma: il Castello di Sarre; questo è indubbiamente più palazzo rispetto al precedente, ma ha il pregio di trovarsi in una posizione invidiabile: le bellissime cime alpine innevate alle sue spalle colmano ampiamente il non perfetto stile favolesco che invece ci si può aspettare. La particolarità è la torre centrale che svetta verso l’alto rispetto al resto della costruzione. Anche questo punto di interesse è davvero degno di nota e di una sosta prolungata per poterlo osservare nel modo più completo possibile.
Proseguendo il percorso arrivo al castello forse più famoso di tutta la regione perchè sembra uno di quelli che si descrivono nelle fiabe o che si vedono nei films con ambientazione medievale: il Castello di Fenis. Trovarsi li davanti a lui, fare il giro del suo perimetro e cercare l’angolatura migliore per scattare delle foto complete dell’intera struttura è una sfida che accetto volentieri. Alla fine il risultato è quello che potete vedere qui sotto. Non so se ho fatto un bel lavoro, ma è il meglio che ho potuto.
Dopo aver dedicato a quella fantastica struttura il tempo necessario mi rimetto alla guida verso il capoluogo della Valle d’Aosta, unica regione italiana mono-provincia. Aosta, oltre ad essere la città più importante, più grande e la maggiore attrazione del mio viaggio, è anche il comune che mi darà dove dormire. Ho infatti un appartamento che mi aspetta in una posizione non molto centrale, ma va bene così perchè tanto ho la macchina e mi sposto dove e come voglio. Mi reco in loco dopo aver avvertito il proprietario del mio imminente arrivo, prendo possesso della stanza ed abbandono per qualche ora il bagaglio a mano. Porto con me solo alcuni effetti personali e, prima di visitare il centro storico, vado verso il punto di partenza della funivia che collega proprio Aosta con la località sciistica di Pila. Come già detto, non sono lì per solcare le piste innevate, però poter toccare con mano un bellissimo panorama color bianco candido è una cosa che non posso lasciarmi sfuggire; faccio il biglietto di andata e ritorno e salgo a bordo della prima cabina disponibile. Per fortuna sono solo all’interno, così posso fare tutto ciò che desidero senza scocciature. Inizio ad ammirare ciò che ho intorno mentre i cavi metallici trascinano sempre più su quella “scatoletta ” con me all’interno. Provo anche a scattare delle foto, soprattutto quando si vede la città in tutta la sua estensione, ma ovviamente il risultato è pessimo perchè le pareti della cabina, seppur trasparenti, sono sporche e piene di graffi. Qualche minuto ed inizia la prima neve; non molto dopo sono a destinazione. Lascio l’abitacolo e mi avventuro all’esterno, dove posso solo confermare che oltre alla possibilità di sciare ed alla vista splendida delle montagne candide…non c’è poi molto da fare; provo a camminare, ma devo stare attento. Non avendo gli scarponi, ogni passo potrebbe essere fatale sia per le mie articolazioni che per la mia privacy: l’ultima cosa che vorrei è dare un colpo di sedere per terra di fronte a decine e decine di persone vestite tutte allo stesso modo (solo il colore degli abiti è diverso) pronte a ridere dell’eventuale spettacolo. Scatto istantanee dove l’orizzonte si mostra più interessante e poco dopo farcio dietro front e risalgo sulla funivia per la discesa: giunge così il momento di vedere cosa il capoluogo della Valle d’Aosta ha da offrire.
Posizionata la macchina in un parcheggio a pagamento, mi dirigo in centro ed inizio l’esplorazione. Aosta la definirei come una città “sorniona”, nel senso che all’inizio sembra essere semplice e senza punti di interesse, ma non è affato così: la verità è che custodisce gelosamente i suoi tesori uno dopo l’altro e non le si può dare torto. Le cose da vedere sono diverse e queste che seguono, almeno secondo me, sono le più significative (sempre descritte in ordine sparso, come mio solito):
- La bella Piazza Emile Chanoux che ospita il Municipio
- Il Teatro Romano
- Una particolare scultura realizzata in legno di castagno chiamata “Suonatori di Fisarmonica” in Piazza Plouves
- La Collegiata, La Torre ed il Chiostro di Sant’Orso
- L’Arco di Augusto
- Cattedrale di Santa Maria Assunta
- Chiesa di Santa Croce
- Porta Pretoria
Resto a vagare in città anche dopo che il sole decide di lasciare il posto di comando alla luna: vivere quelle vie antiche illuminate dalla luce artificiale è una bella esperienza. Ma oltre al giro culturale faccio spazio anche alla ricerca di un posticino per l’imminente cena; non trovando niente di particolarmente economico, adocchio un ristorantino semplice e gli assegno la medaglia di “prescelto”. E’ ormai buio e fa abbastanza freddo, per cui decido di tornare in stanza per poi uscire nuovamente ad un’ora decente per mangiare: adesso è troppo presto. Una volta in camera riordino un po’ tutte le mie cose e, per la prima volta da quando ho lasciato Fiumicino la sera precedente, posso disfare il mio bagaglio a mano tirando fuori solo ciò che avrei indossato per andare a tavola e quello che mi avrebbe aiutato a rilassarmi (finalmente e meritatamente) davanti al mio computer durante il dopo cena. Il tempo scorre veloce ed in un batter d’occhio mi ritrovo fuori dal quel caldo riparo; torno allo stesso parcheggio di qualche ora prima dove trovo molte meno macchine: la bassa temperatura ed il vento che si diverte a tagliare in due la pelle non invitano molto ad uscire ed infatti per strada ci sono praticamente solo io. Arrivo al locale, mi siedo e mangio qualcosa di veloce spendendo una cifra tutto sommato equa. Quando esco di lì, la situazione meteo è peggiorata e non è il caso di fare qualcosa di diverso dal rientrare alla base e dedicarmi al relax.
Arriva così il mattino seguente; la sveglia non suona affatto presto perchè il giro in programma per oggi è molto tranquillo. Mi prendo il tempo per una buona colazione, per riporre al meglio le mie cose dentro al borsone e per salutare Aosta. Fortunatamente la nuova giornata è bella, soleggiata e quasi calduccia. Così, riconsegnate le chiavi al legittimo proprietario, metto in moto l’auto e mi avvio seguendo il percorso prefissato. La prima tappa mi porta ad ammirare un altro pezzo di storia di questa regione: il Castello di Ussel a Chatillon. La vista è davvero molto particolare: si tratta di una costruzione medievale “monoblocco” (ultima evoluzione tra le tecniche di costruzione di edifici “da difesa” di quel periodo storico) a base rettangolare situata su di un promontorio. Definirei questa struttura, senza ombra di dubbio, un’inespugnabile fortezza.
Dopo le foto di rito ed un altro pezzo di strada percorsa, sono ospite di un’altra località famosa e d’elite di questa regione: Saint Vincent. Come spesso accade, questo genere di luoghi tanto decantati lascia un po’ l’amaro in bocca: il corso centrale è carino e ben curato ma niente di particolare; passo davanti all’edificio che ospita l’attrazione più conosciuta, il Casinò Municipale, ma non mi dice niente essendo tutto sommato solo una sala da gioco. Ci sarebbero gli stabilimenti termali che potrebbero alzare il livello di gradimento…ma a causa del semplice bagaglio a mano non sono attrezzato per quel genere di relax; e poi chissà quanto mi avrebbero sparato per un ingresso! Se avessi deciso di investire una cifra importante per qualche ora “termale” avrei senza dubbio optato per Prè Saint-Didier vicino a Courmayeur per le tante ragioni già descritte. L’unica cosa degna di nota è la Chiesa Parrocchiale. Poi definirei il tutto come la normalità più assoluta.
Dopo aver trascorso il tempo necessario nella cittadina a cercare qualcosa che non c’è, faccio tappa al Castello di Verres. La particolarità che regala questo maniero (monoblocco proprio come il precedente da me visitato) è la vista dello stesso che si ha “dal basso”: infatti è costruito in cima ad un picco roccioso e da lassù domina il sottostante borgo; anch’esso somiglia più ad una fortezza che ad un castello da fiaba, ma ciò è normale perchè edifici di questo tipo dovevano assolutamente essere studiati in primis per la loro sicurezza.
Da lì, l’ultima tappa valdaostana del breve tour che sta per concludersi vede la visita completa al bellissimo Forte di Bard. Andando da Torino verso Courmayeur non si nota troppo bene (almeno per me che devo concentrarmi sulla guida), ma percorrendo la strada opposta ci si trova questa enorme costruzione proprio di fronte, abbarbicata ad arte su di un colle/promontorio e, devo ammettere, lascia davvero senza fiato. Se per errore non lo si è messo in programma è letteralmente impossibile non tornare indietro. La vista più bella e particolare la si ha dal piano strada: trovo un punto in cui fermarmi per pochi minuti situato sulla riva della Dora Baltea ed il risultato all’interno dell’obiettivo è davvero unico.
Il Forte di Bard non ha subìto mutamenti di rilievo dal momento della sua costruzione ad oggi ed è un esempio perfetto di Fortezza di Sbarramento. E’ costruito su 3 livelli per un totale di 283 locali: davvero un’opera monumentale. Dal piano alto si ha ovviamente la vista migliore sulla vallata sottostante, mentre internamente si ha accesso al Museo delle Alpi (che, essendo un museo, non ho visitato) ed alla zona delle prigioni, 24 celle molto piccole (1,3 X 2 metri ciascuna) nelle quali hanno “soggiornato” decine di prigionieri in passato. Dal Borgo di Bard si raggiunge la sommità della fortezza attraverso ascensori panoramici di rara bellezza. Dopo tutti questi cenni storici e pratici, la cosa migliore che qui si possa fare è provare a perdersi col pensiero immaginando cosa avrebbe potuto significare vivere lì secoli fa; oggi il forte, come già detto, è luogo di visite e di esposizione; ma un tempo era invece molto attivo e svolgeva a dovere la funzione per il quale fu costruito. Io stesso che dò questo consiglio a chi leggerà queste parole, riesco a perdermi al punto che non voglio più andare via; pur di non farlo mi faccio colpire di proposito dalla “sindrome del pesce rosso”: si dice che egli abbia una memoria talmente corta che, quando fa il giro del suo contenitore di vetro, riesce a non impazzire per la noia e la monotonia; così sono io adesso: vado a rivedere parti del forte già visitate poco prima e con nuovo stupore. Basta però! è ora di andare. O meglio…è ora di pensare a qualcos’altro perchè mancano ancora diverse ore al volo di rientro da Torino a Roma. Mi rimetto in marcia deciso a scovare una sorpresa, un posto non programmato prima della partenza che mi avrebbe regalato ottime soddisfazioni. Ma lungo il primo tratto di strada non mi viene alcuna ispirazione. Nessuna deviazione mi colpisce al punto da lasciare la via principale per tentare l’avventura. Ma non sarà sempre così: ad un certo punto vedo dei cartelli che indicano un paesino, poco più di un borgo, che potrebbe valere la pena di una visita. Prendo quindi la strada per Agliè…luogo del quale (lo ammetto) non conoscevo neanche l’esistenza. Ma la mia pazienze ed il mio intuito sono presti premiati: questa località si dimostra in tutto il suo splendore, ricca com’è di edifici e testimonianze storiche. Primo fra tutti è il bellissimo Castello Ducale che è la prima costruzione che si vede arrivando.
A seguire, sempre non in ordine preciso, si possono ammirare la Chiesa di Santa Marta, Villa “Il Meleto” (famosa per essere stata la casa di campagna di Guido Gozzano), il Santuario della Madonna delle Grazie, Il Santuario di Santa Maria della Rotonda, il Parrocchiale di San Massimo e la Chiesa di San Gaudenzio.
Tutte queste cose in uno spazio così limitato: davvero incredibile, sopratutto per il fatto di essere arrivato qui per puro caso. Ma anche questo è il bello di viaggiare: la scoperta di posti nuovi quando meno te lo aspetti. E’ troppo facile andare a Parigi, Londra e Berlino…luoghi in cui si sà di trovare tantissimo; quello che non è affatto facile è riuscire a scovare bellezze nascoste come in tale caso. Lascio Agliè davvero soddisfatto; nel poco tempo ancora a disposizione faccio una capatina a Torino (città che già conosco e che comunque mi fà sempre piacere rivedere perchè la trovo davvero bellissima) e poi vado di corsa in aeroporto. Riconsegno l’auto, ma non le catene da neve. Per forza…non le avevo prese 🙂 (il tutto alla faccia della politica di quella specifca compagnia di autonoleggio. Tiè!!! Ben ti sta. I trenta euro che avevano chiesto per noleggiare quell’optional me li sono mangiati al ristorante sabato sera ed ho fatto non bene, ma benissimo). Il volo di rientro parte abbastanza puntuale e mi ritrovo a casa in tarda serata.
Anche in questo caso “i giochi sono fatti”: la Valle d’Aosta mi ha lasciato davvero un’ottima impressione complessiva. Non l’ho visitata tutta per intero, per cui un’altra tappa futura la farò sicuramente, magari in primavera avanzata per vedere un nuovo paesaggio. Ho avuto la conferma che nella regione la vita scorre con la massima tranquillità e con il rispetto di tutto e tutti. Confermo, ma questo lo si sapeva già, che i punti di forza sono i paesaggi alpini ed i castelli sparsi un po’ ovunque. Le città, a parte la storica Aosta, non lasciano molto nel libro dei ricordi. Con questa considerazione finale dò un “arrivederci” ad uno dei paradisi europei e mondiali per quanto riguarda gli sport invernali.