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I soliti stramaledetti luoghi comuni distruggono il turismo; questa è una cosa reale, confermata e purtroppo di difficile risoluzione almeno nel prossimo futuro. La Bulgaria è vista come una delle nazioni (se non addirittura “la nazione”) col minor turismo tra i paesi facenti parte l’Unione Europea. Si legge troppo spesso che non ci sia niente di interessante da vedere e quando, parlando con gli altri, manifesto l’intenzione di andarci, la prima risposta è qualcosa di simile a questo: “si può sapere che ci vai a fare???”. Mi rivolgo a chi sta leggendo ponendo una domanda aperta: come si può ancora oggi credere, con l’avvento di internet e della comunicazione globale, con tutte le foto ed i video che circolano, che ci siano parti d’Europa in cui davvero non c’è nulla da poter essere considerato interessante ? Il nostro è un continente antico e ne ha viste di tutti i colori, vi sono passati da grandi popoli ad insiginificanti gruppi, vi sono religioni più disparate e chi più ne ha più ne metta. Mi pare del tutto improbabile che una qualsiasi delle nazioni presenti sia del tutto spoglia di attrattive che meritano almeno un week-end. La bestia più brutta è ancora l’ignoranza che circola senza fine, questa è l’unica verità. La Bulgaria è una nazione abbastanza estesa e nel suo territorio nasconde tesori inestimabili dal punto di vista storico, architettonico e naturale. E’ un paese che merita ben più di una visita e che stupisce, proprio perchè chi ci va non si aspetta certo di trovare ciò che invece si rivelerà di fronte ai suoi occhi. Questa mia “prima volta” nasce così, non dando niente per scontato e sapendo dentro di me tutto ciò che ho appena scritto. Il risultato di questa esperienza ? Ho acquistato in loco un libro in inglese che descrive una marea di luoghi da vedere che su internet sono quasi snobbati, qualcosa che occuperà sicuramente almeno 10-15 fine settimana. E questo in un paese che non ha niente di niente. Figuratevi che cosa sarebbe successo se invece avesse avuto qualcosa… 🙂 . Spero che chi proseguirà questa lettura possa ricredersi e pensare almeno di pianificare un’avventura in questo stato posizionato ad est rispetto alla nostra Italia.
Per poter trovare le condizioni di volo migliori (andata e ritorno più congeniali sia come orari che come prezzi) mi tocca nuovamente organizzarmi spostandomi fino ad Orio al Serio per la partenza. Ci arrivo con un bus notturno da Roma a Milano e poi, con tutta calma, con il transfer fino allo scalo bergamasco. Manca ancora del tempo al momento in cui avrei dovuto fare i controlli di sicurezza, per cui decido di passarlo passeggiando tra gli ampi spazi e le vetrine dell’Orio Center, enorme centro commerciale che i viaggiatori in attesa possono raggiungere facilmente a piedi dal terminal. Quella è stata la mia salvezza perchè un difetto di prudenza mi aveva portato a non mettere nel bagaglio a mano un maxi-felpone per l’evenienza freddo. Durante il mio viaggio sarei andato in alta montagna e partire senza i giusti indumenti avrebbe rovinato tutto. Purtroppo il mio peggior nemico è il tempo a disposizione sempre insufficiente. A me servirebbero giornate di almeno 36 ore, se non addirittura di 48 perchè le 24 canoniche mi stanno clamorosamente strette. Vetrina dopo vetrina trovo ciò che fa al caso mio: un negozio che ha di tutto a prezzi bassissimi, tanto che trovo la felpa che stavo cercando al modico costo di 7,99 euro. Non ci penso due volte e pago riponendo il nuovo acquisto nel già pienissimo borsone. Mangio poi qualcosa al volo comprandolo all’interno del supermarket presente in loco ed all’ora dovuta ritorno sui miei passi fino ad arrivare al gate. Il volo parte con 15 minuti di ritardo, ma per fortuna non avrei avuto fretta all’arrivo: il programma della serata prevede solo di trovare la stanza prenotata e riposare con al massimo una breve passeggiata nelle vicinanze. Scendo in terra bulgara e stavolta qualche difficoltà la devo affrontare perchè non va sempre tutto liscio come l’olio.
Comincio col dire che i voli delle compagnie low-cost transitano tutti dal “vecchio” Terminal 1 e che la metropolitana che porta direttamente in centro per neanche 80 centesimi di euro (altro che Leonardo Express a Fiumicino che di euro ne vuole 14 a tratta!!! Vergogna e stra-Vergogna!!!) ha il suo capolinea al Terminal 2. Tra me e me cerco con gli occhi di capire dove sia la strada per il Terminal 2 quando il chiosco informazioni mi dice che, a differenza di altre realtà, la distanza tra le due strutture non è poca: circa 3 km. Ma è tutto ok, mi dicono, perchè proprio appena fuori dalla porta di uscita c’è la piazzola di un bus navetta che fa gratuitamente la spola tra i due Terminals. Esco contento per aver risolto, ma la felicità dura poco: arrivo dove mi è stato indicato e leggo il cartello che spiega l’orario di partenza dell’ultima navetta: 18:30…ma ora sono le 19:00. Mi rendo conto che ho un problema da risolvere e che i tassisti mi stanno guardando, ma stavolta decido di non cedere e di non regalare mai più un singolo centesimo a quella categoria di ladri patentati a qualsiasi costo, anche se avessi dovuto arrivare in centro a piedi. E’ così che vengo accostato da altri due turisti; mi parlano in inglese ma sento l’immancabile accento maccheronico, così mi rivolgo in italiano dicendo loro che siamo sulla stessa barca. Uniamo le nostre forze e ci mettiamo alla ricerca di una soluzione chiedendo informazioni alla gente del posto. Alla fine troviamo un gentilissimo bulgaro che si offre di portarci al Terminal 2 con la sua macchina. Se fossi stato da solo sicuramente non avrei accettato, ma essendo in tre ci siamo guardati e siamo saliti. Dopo 5 minuti arriviamo, scarichiamo i bagagli a mano dall’auto e proviamo ad offrirgli dei soldi ma lui rifiuta; allora proviamo con degli oggetti che avevamo con noi, ma non c’è modo di smuoverlo. Non vogliamo offenderlo e così non abbiamo altra scelta che ringraziarlo in cinquanta lingue. Devo dire che è un bel punto a favore per una popolazione che ho sempre letto non essere tra quelle che noi italiani consideriamo tra le più simpatiche e benevole d’Europa. E se invece ci fossimo proprio noi in fondo a questa speciale classifica? Ce lo siamo mai chiesti ??? Dubito che qualcuno in Italia avrebbe fatto quel gesto GRATIS… ma è meglio cambiare discorso altrimenti inizio ad elencare i punti che mi fanno schifo di questo paese e non finisco più. Tutti e tre arriviamo alla metro e lì le nostre strade si dividono alle rispettive fermate. Io cambio linea per poi scendere alla stazione di Lavov Most. Salgo le varie scale che mi riportano in superficie e lì scatta l’apocalisse: ci sono solo io fuori, o meglio…io e decine di poliziotti su ambo i lati del vialone in stato di sommossa. Per un po’ di tempo mi chiedo che cosa stia succedendo e se potessi stare li oppure no. Provo a muovermi con la solita noncuranza di chi non ha fatto niente di male e, seguendo il navigatore, cerco l’hotel. Mi guardano tutti in silenzio mentre passo, ma non fanno niente nè per fermarmi nè per dirmi qualcosa. E’ una sensazione clamorosa, anche perchè continuo a non capire che cosa ci sia di così strano da dover dispiegare una tale armata; finalmente il tablet mi dice di svoltare su un’altra via e lo faccio più che volentieri. La stanza è lì a due passi e mi sento meglio solo quando arrivo alla reception. Eseguo la solita registrazione, prendo le chiavi e parlo con l’impiegato chiedendo lumi sulla situazione. Mi dice che è normale routine per questo particolare momento: è in corso solo una manifestazione in cui circa 400 Skin Heads pagati dal governo Bulgaro (?!?) vanno da un punto all’altro della città per far capire a tutti che loro ci sono e che non vogliono i migranti a Sofia. Pare che la polizia stia monitorando solo che quel gruppo enorme di degenerati non si metta a prendere a bastonate chiunque passi per strada ed abbia la pelle più scura dei cittadini locali. Se ci pensiamo bene, la Bulgaria è una delle nazioni che i rifugiati hanno attraversato in massa arrivando a piedi dal medio-oriente. Ad un certo punto sento che il gruppone si avvicina a dove mi trovo grazie a cori assordanti che scandiscono “Bulgaria! Bulgaria!” , ma durano pochi secondi per poi passare ad altre zone della capitale. A quel punto tutto è finito ed il receptionist mi rassicura dicendomi che non devo temere niente perchè non sono a rischio in quanto sembro un bulgaro e non un profugo; a me non avrebbero torto un capello… ; entro in stanza, sistemo le cose e poi decido di uscire perchè sono senza cena e proprio davanti alla metro avevo visto un supermercato aperto fino alle 23:00. Ci vado e, camminando, un po’ capisco (anche se non comprendo) il motivo di tale ribellione: il pezzo di strada che va dal mio hotel fino alla fermata Lavov Most è letteralmente invaso dai migranti che girano per strada senza una mèta, che guardano chiunque passa e ciò che ha in mano o addosso. Sono tantissimi e la sensazione non è quella di essere a Sofia in una capitale europea, bensì in uno dei peggiori souk o similare. Qui si propone come un macigno il problema dell’accoglienza o della non accoglienza da dare a queste povere persone. L’animo umano spinge verso la prima ipotesi, ma se le nostre città devono trasformarsi in questo modo ignobile mancando addirittura della sicurezza minima per poter uscire di sera, ciò non va bene ed occorre prendere immediati provvedimenti perchè l’Europa non è la Siria o qualcosa del genere. Abbiamo conquistato dopo secoli i nostri equilibri e non si possono buttare al vento in questa maniera facendoci letteralmente invadere da chi ha abituidini, usi e costumi che con la legalità ed il buon semso hanno poco a che vedere. Per fare un riassunto: ben venga chi lavora ed è pronto a migliorare la situazione, mentre a casa subito chi invece vuole vivere di accattonaggio. Le persone sono tutte uguali, qualsiasi colore o religione abbiano; però si differenziano tra cittadini attivi e cittadini passivi; chi porta solo scompiglio deve essere espulso e rimandato da dove viene. Termino le mie compere e ripercorro quel tratto di strada avendo la conferma dello scempio che si registra. Arrivo in stanza, ceno, collego il computer alla wi-fi e preparo tutto per l’indomani mattina. La sveglia avrebbe suonato presto per l’avventura tanto sognata.
Ore 6:30: la musica mi dice che è l’ora di alzarmi, di sistemarmi e di vestirmi. Prendo la mia attrezzatura che metto all’interno del borsone/bagaglio a mano ed esco dalla struttura. Alle 7:20 in punto, come da appuntamento, un furgone mi viene a prendere con già a bordo altre persone. Si tratta della società “Rila Shuttle” prenotata su internet dall’Italia qualche giorno prima. Effettuano il servizio di solo trasporto da Sofia verso varie località turistiche; quel minibus ci avrebbe portati tutti in un vero e proprio paradiso naturale in cui si trovano i 7 laghi di Rila. Il percorso dura circa due ore che alterno tra osservare il paesaggio bulgaro e…dormicchiare un po’ causa stanchezza e sonno arretrati. Quello che non ho detto è che il meteo non promette niente di buono per la giornata: a Sofia stava piovendo alla partenza e lungo il tragitto la situazione sembra non avere alcuna intenzione di migliorare. Arriviamo a destinazione e scendiamo dal furgone: nevica!!! E viene giù anche abbondantemente.
Senza pensarci due volte, ognuno di noi si appoggia ad uno stand che probabilmemte avrebbe venduto prodotti tipici locali fatti in casa e si arma come può; personalmente indosso tutto ciò che mi sono portato come vestiario (maglietta “a pelle”, felpone comprato all’Orio Center, giacchetto) e completo l’opera mettendo su tutto il corpo due impermeabili che non potevano lasciar passare una singola goccia d’acqua al loro interno. Ammetto che sembro dover andare sulla Luna o su Marte anzichè in montagna, però la cosa è davvero necessaria. Alle 9:30 apre puntuale la seggiovia che porta gli avventurieri ad un rifugio utilizzato come vero punto di partenza per l’escursione ai 7 laghi. Tale punto è raggiungibile anche a piedi, ma occorrono circa 2 ore in salita. Calcolando che avrei poi dovuto raggiungere la vetta di quelle montagne e che alle 16:30 il minibus sarebbe ripartito alla volta di Sofia, decido di non chiedere troppo al mio fisico da impiegato di concetto ed acquisto i biglietti di andata e ritorno. La traversata sulla seggiovia mi dà il benvenuto in zona: non nevica più, ma il paesaggio è fosco e spettrale al punto che sembra di stare in uno di quei films del terrore tipo “La Casa”.
Nonostante gli indumenti che porto avverto un freddo bestiale, così mi metto in testa il cappuccio e tiro le cordicelle: sembro letteralmente il povero Kenny di “South Park” e prego qualsiasi cosa ci possa essere per non fare la sua stessa fine 🙂 . Dopo più di venti minuti in quelle condizioni arrivo in cima e scendo con un balzo portando con me anche il borsone. Dò una rapida occhiata ad un cartello li presente e noto che ci sono due percorsi disponibili: uno giallo ed uno rosso. Quello giallo è il più leggero e permette di vedere 4 laghi; quello rosso è il più pesante e permette la visione di tutti e 7 i laghi. La cosa bella è che entrambi i percorsi hanno una stessa strada iniziale e solo successivamente si biforcano. Per questo motivo decido di partire per affrontare il percorso rosso, ma nel caso in cui non ce l’avessi fatta avrei potuto seguire quello giallo al momento in cui le due strade si sarebbero separate. Ma è solo una remota possibilità: io sono un testone di prima scelta e non mollo mai di fronte a nessuna difficoltà; avrebbero dovuto gambizzarmi per impedirmi di arrivare in cima, anche se avrei dovuto farlo carponi a causa della fatica. Sono a quota 2.000 metri quando inizio la camminata e la vetta è oltre quota 2.600. Ci sono oltre 600 metri di dislivello da salire e, ripeto, per me che vivo davanti ad una scrivania non è un proprio un gioco. Inizio a camminare ed il primissimo tratto è subito da cardiopalma: c’è infatti uno “strappo” da superare assolutamente non indifferente, ma sfiatando come un cavallo ci riesco. Non è la prima volta che faccio escursioni di montagna e so che tutto questo è normale: si tratta della prima faticaccia di assestamento. Superata quella poi scorre via tutto più liscio. Perciò non mi spavento affatto e proseguo in un tratto che sembra abbastanza pianeggiante,ma tornando nel pomeriggio scoprirò che non è affatto così.
Dopo un po’ vedo sotto di me il primo lago chiamato “Lago Inferiore” proprio perchè è alla minor altitudine trai sette.Nel frattempo il cielo si è schiarito e la vista che ho è a dir poco meravigliosa.Scatto una marea di fotografie come se non ci fosse un domani, non sapendo che cosa mi sta aspettando più avanti.
Appena capisco di aver contemplato a dovere quella splendida creazione della natura riprendo il cammino e dopo un altro po’ raggiungo la vista del secondo lago chiamato “Lago Pesce” poichè pare vi sia un allevamento di pesci.
Da dove mi trovo si vedono i due laghi uno accanto all’altro e ci dò ancora più dentro con la macchina fotografica. Altro tratto più o meno pianeggiante ed arriva un nuovo lago, sempre abbastanza lontano e sempre visto dall’alto in basso. Si tratta del “Lago Trifoglio” per la sua forma irregolare.
Proseguo ancora e dalla parte opposta ai precedenti e, per la prima volta alla mia stessa altezza, vedo il quarto lago chiamato “Lago Gemello”, il più grande di tutti dal punto di vista della superficie.
Inutile dire che, potendo finalmente farlo, arrivo fin sulla sponda e ne percorro un tratto. Sono esterrefatto da tanta meraviglia; metto una mano nell’acqua ed ho conferma che è stra-gelata, ma limpidissima. Per di più sta tornando qualche nuvoletta che mi sfiora la testa: mi trovo circa a 2.250 metri sul livello del mare ed è normale poter toccare le nuvole con le proprie mani.
L’atmosfera creata dalla luce, dalle nuvole e da quello specchio d’acqua è a dir poco fantastica e indescrivibile. Ed è proprio lì, in quel momento magico, che noto la biforcazione tra percorso giallo e percorso rosso. E’ circa mezzogiorno ed ho altre 4 ore e mezzo a disposizione. Se avessi seguito la tratta più facile sarei tornato al rifugio tramite un percorso diverso da quello fatto all’andata; se invece fossi andato avanti avrei ammirato anche gli ultimi 3 laghi. Che fare ? Volgo lo sguardo al sentiero rosso e noto lo stesso identico “strappo” (se non addirittura peggiore) del primissimo tratto dopo il rifugio. Paura, terrore e stanchezza mi prendono. Dico fra me e me che non avrei potuto affrontare nuovamente quella salita, memore della precedente. Ma ricordo di avervi già detto che sono un testone da competizione, per cui metto da parte tutti i brutti sentimenti e penso a cosa avrei potuto trovare lassù. E’ davvero dura e decido dopo non molto tempo di fermarmi per una sosta. La mia stessa scelta l’hanno fatta anche altri due turisti. Col fiatone da ambo le parti ci salutiamo, ci diamo la mano e ci mettiamo a parlare qualche minuto. Mi chiedono se sono da solo ad affrontare quelle montagne e, mio malgrado, devo dir loro la verità ed annuisco. Effettivamente se mi fosse successo qualcosa sarei rimasto lì stecchito senza anima viva a darmi soccorso, ma è meglio non pensarci; e poi…meglio soli che male accompagnati, non è vero? In neanche 10 minuti scopro che i due sono in questa nazione da una decina di giorni e mi suggeriscono almeno 4 posti incantevoli da visitare (com’era l’inizio del post? Ah già…in Bulgaria non c’è niente da vedere…giusto.); quando ci sentiamo meglio ci salutiamo. Io ho stranamente il passo più veloce del loro e li semino durante la salita (incredibile!). A differenza dei primi 4 laghi, questi ultimi 3 si raggiungono solo salendo senza percorsi piani intermedi di nessun tipo. Guardando in alto vedo che dopo una specie di “bordo” non c’è più niente: capisco che il quinto lago è proprio lì, per cui dò qualche altra spinta e scopro di avere ragione. Uno spettacolo assurdo si pone davanti ai miei occhi: il lago chiamato “L’occhio” è il più bello di tutti quelli incontrati fino a quel momento. Proprio in quel punto inizia ad essere presente uno strato di neve che diverrà sempre più spesso continuando la salita. Quel candore incredibile unito alla limpidezza dell’acqua del lago, all’imponenza delle montagne ed alla luce che filtra dalle poche nuvole presenti creano un colpo d’occhio memorabile che davvero non dimenticherò mai. Sembra davvero il paradiso questo posto.
Scattate le dovute foto decido di ripartire. Altro strappo durissimo fino alla cima ed altra soddisfazione: in un panorama totalmente innevato si vede la figura del lago chiamato “La Lacrima” per la massima limpidezza delle sue acque. Inutile dire che ogni nuovo lago è più bello del precedente; ciò è dato sicuramente dalla posizione sempre più impervia, ma anche dalla fatica impiegata per raggiungerlo che non può venire delusa in alcun modo.
E’ davvero stupendo, ma manca ancora l’ultimo dei 7 laghi, “Il Rene” che vedo camminando ancora più avanti fino ad un ciglio a strapiombo: si trova parecchio sotto di me ma è comunque bello e degno di nota.
Mi guardo intorno: non sono solo perchè in quello stesso raggio c’è un’altra comitiva di turisti; saranno poco meno di dieci. Sono circa le 13:30 quando guardo l’orologio. Mi avevano detto che dal quarto al settimo lago sarebbero servite circa due ore, mentre io ci ho impiegato solo 1 ora e mezzo a completare il percorso. Merito un premio, per cui torno al lago “La Lacrima” e scelgo una roccia senza neve (e quindi non bagnata) per gustarmi il mio pranzo in una sensazione di pace assoluta sia per me che per le mie povere gambe alle quali ho chiesto uno sforzo non da poco, non calcolando che lo stesso percorso avrei dovuto rifarlo per tornare, ma quella sarebbe stata un’altra storia essendo tutto in discesa. Tiro fuori i miei panini vuoti che riempio con formaggio e salame locali presi la sera prima al supermercato. Prendo una lattina di Coca-Cola che, senza alcun frigorifero, trovo gelata al punto giusto. Mi gusto tutto come più tranquillamente non ho mai fatto prima di quel momento fino a quando decido di riporre i miei oggetti nel borsone e ripartire. Saluto quei bellissimi laghi di alta montagna uno ad uno man mano che, scendendo, li rivedo così splendenti. Ho fatto comunque i conti senza l’oste perchè, come detto all’inizio di questo racconto, non mi ero reso conto realmente di cosa significhino 600 metri e passa di dislivello. Le mie gambe risentono quasi di più di quella ripida discesa che della salita precedente poichè vengono per la prima volta sforzati muscoli differenti. Soprattutto mi accorgo di quanto in realtà fosse ripido quel tratto che all’andata ritenevo pianeggiante. “Un corno!!!” ho detto fra me e me sentendo la parte anteriore delle mie cosce prendere letteralmente fuoco nel tentativo di arginare la discesa. Poi però, passo dopo passo, arrivo finalmente al rifugio dove tutto aveva avuto inizio qualche ora prima e lo benedico perchè mi permette di sedermi e prendere una cioccolata calda. Dopo tutto quel freddo è una manna dal cielo! Esco da lì e con stupore vedo che mancano circa 50 minuti alle 16:00, ora in cui avrei dovuto prendere la seggiovia per essere alle 16:30 alla fermata del minibus. Che fare? Mi guardo intorno e vedo lo spettacolo della montagne già esplorate; poi guardo in alto e vedo un sole meraviglioso. Trovato! Mi tolgo qualche strato di indumenti di dosso e mi sdraio su una bella panchina vista poco prima a prendere un po’ di caldo a quell’altitudine. Non avrei potuto fare scelta migliore: godo letteralmente di quei minuti e riscaldo tutto ciò che si era gelato in precedenza. E’ quasi meglio che stare al mare perchè si sente quello stesso tepore, ma senza l’afa che non fa respirare. Anzi, lì si respira da Dio. Ahimè…arrivano le 16:00, così prendo “ghingheri e piattini” e mi dirigo alla seggiovia. Guardando verso il basso però vedo che la perturbazione è rimasta a valle, così mi ricopro di nuovo “multistrato” con tanto di cappuccio allacciato e riaffronto quelle tenebre fino alla destinazione. Lì trovo tutti i miei compagni di furgone (io sono l’ultimo, come sempre), ma dell’autista non cè traccia. Arriva con un quarto d’ora di ritardo, così saliamo agli stessi posti dell’andata e rientriamo a Sofia uno dopo l’altro. Arrivo in albergo e la sola cosa che voglio fare è perdermi sotto ad una doccia bollente e di certo non me lo faccio ripetere due volte.
E’ lora di cena e non ho alcuna intenzione di passarla in stanza come la sera prima; allora ero stanco dal viaggio intrapreso e forse oggi lo sono ancora di più dopo l’escursione in alta montagna, ma davvero non mi va di stare dentro 4 mura quando mi trovo all’estero, soprattutto in una nazione in cui sono per la prima volta. Mi vesto adeguatamente, prendo le mie cose ed esco dalla camera. Passo davanti alla reception e trovo una signora al posto dell’ormai mio amico che mi ha accolto. Senza neanche salutarmi mi chiede dove sto andando. Le rispondo educatamente che ho intenzione di andare a mangiare qualcosa di veloce fuori e di andare a vedere il centro di Sofia di notte, pensando che non ci fosse nulla di male. Mi chiede se sono sicuro delle mie intenzioni e mi fa capire che il giro che ho pensato di fare è decisamente meglio se effettuato con la luce del sole. Mi sta invitando a desistere dalle mie intenzioni ed a restare in albergo perchè fuori a quell’ora non è affatto sicuro neanche passeggiare. Sinceramente non voglio crederle. Cavolo non siamo in una città dell’Asia centrale in cui tutti sanno che di sera è meglio riposare; siamo a Sofia, siamo nella comunità europea e dovrebbe essere lecito fare due passi anche con la luce artificiale. Non è mia madre, per cui non può fare molto se non parlarmi. Quando capisce che non l’avrei ascoltata mi dice di stare molto attento e di tenere strette le mie cose; inoltre mi dà un bigliettino da visita dell’hotel con tutti i recapiti da chiamare in caso di bisogno. Certamente non è un bel preambolo di sicuro, ma esco lo stesso. Mi reco verso la fermata della metro successiva alla mia, quella “Serdika” che rappresenta lo snodo centrale della città. I circa 300 metri che mi separano dalla destinazione sono effettivamente non accomodanti, e rimango molto soft con gli aggettivi. I soliti migranti della sera precedente non sono andati altrove; anzi, sembrano moltiplicati. Non c’è molto movimento tranne loro, per cui mi guardano più o meno tutti nonostante la mia noncuranza e nonostante i miei occhi non incontrino mai i loro, come faccio sempre in situazioni di relativa insicurezza. Quando arrivo in loco vedo l’insegna di un McDonald e decido di entrare per mangiare qualcosa al volo e rientrare di corsa in hotel. Certo, non sarà un ristorante tipico bulgaro dei quali ho sentito parlare molto bene, ma almeno è un luogo sicuro. Ordino e termino il mio solitò menù col Chicken Wrap pagato una cavolata rispetto all’Italia anche se la qualità è esattamente la stessa, mi metto il giacchetto ed esco. Non mi va di rischiare calcolando anche il mio carattere abbastanza fumino quando qualcuno mi rompe le scatole e considerando la mia poca tolleranza per quel genere di presenze che assolutamente non dovrebbero stare li. Per questo decido di “investire” 80 centesimi del mio patrimonio per arrivare in hotel con la metro percorrendo l’unica fermata che divide “Serdika” da “Lavov Most”. Passo però prima dal supermarket per qualche schifezza che mi avrebbe tenuto compagnia davanti al computer poco dopo e, quando rientro in albergo, ritrovo la signora alla reception. La saluto e soprattutto le dico che aveva ragione e che uscire a Sofia di sera in quelle condizioni non è possibile. Magari non accade niente, ma perchè rischiare ? Mi congeda con una frase shock: mi dice che non capirà mai i tedeschi, nel senso che alcuni decenni prima Hitler voleva fare pulizia etnica mentre nel 2016 la Merkel ha perso letteralmente il cervello accogliendo chiunque capiti. Frasi troppo forti anche per me che comunque non sono totalmente d’accordo con la cancelliera, così decido di congedarmi e collegarmi alla wi-fi dal poco comodo letto messomi a disposizione.
Il mattino comincia abbastanza presto, ma non troppo. Tra una sistemazione e l’altra lascio la stanza intorno alle 9:00 consegnando in custodia il bagaglio a mano alla reception in cui fortunatamente è tornato il mio “amico” della prima sera. Mi dice che sarebbe stato li anche alle 16:15 quando sarei ripartito, così non lo saluto definitivamente perchè avrei potuto farlo nel pomeriggio ed esco. Sofia è finalmente quella che immaginavo: i migranti ci sono ancora, ma in numero minore rispetto alla sera; la gente del posto cammina per le strade normalmente e fa compere nei negozi presenti senza curarsi di loro. C’è finalmente un clima di tranquillità, sicurezza e coesione. Riesco così ad abbassare un pochino la guardia ed a concentrarmi solo su ciò che ho da vedere. Percorro quello stesso tratto di strada che poche ore prima ho evitato prendendo la metro ed arrivo in zona “Serdika”. Da lì proseguo la passeggiata fino ad arrivare al cuore pulsante della vita della capitale bulgara, cioè Vitosha Street. Ma prima mi imbatto in una bellissima cattedrale ortodossa che prima ammiro dall’esterno e poi dall’interno assistendo alla funzione religiosa in corso in quel momento.
E’ davvero particolare vedere i bulgari entrare e dirigersi verso le loro immagini sacre, pregarvi davanti, toccarle e congedarsi con un inchino ed un lieve tocco delle loro labbra prima di incamminarsi verso quella che sembra una “biglietteria” dove comprano molte candele da accendere insieme alle altre già presenti nei braceri. Ho totale rispetto, anche da non credente, in questi atteggiamenti. Essere non credente non significa essere contro ad ogni religione; dal mio punto di vista significa non credere e basta, ma anche non mancare di attenzione verso coloro che lo fanno e che praticano ciò in cui ripongono fiducia. Esco e proseguo la mia passeggiata verso Vitosha Street: è una strada totalmente pedonale piena di negozi, bars, ristoranti e posti per mangiare di ogni tipo; il classico centro cittadino di ogni capitale europea anche se molto ridotto come dimensioni. Camminando ed osservando passa il tempo: alle 11:00 in punto ho appuntamento all’angolo del Palazzo di Giustizia all’inizio della strada commerciale. Lì avrebbe avuto inizio il “Free Sofia Tour”. Come dice il nome stesso tradotto alla lettera, si tratta di una visita guidata offerta gratuitamente da un’associazione locale che segue un preciso progetto. La gente presente è tantissima, al punto che le sei guide si prendono gruppi di circa 15 persone a testa ed a turno partono per il giro. Dato che è gratis si potrebbe pensare ad una mezza ciofeca (so bene che alcuni di voi lettori stanno pensando questo, ma stavolta resteranno delusi), invece è un tour completo a piedi della città che porta via circa un paio d’ore durante le quali ci si ferma in oltre 30 punti di interesse e viene raccontata alla perfezione (in inglese) la storia di ciò che si sta vedendo. La realtà delle cose è che Sofia è davvero la capitale europea più piccola e con meno cose da vedere di tutta l’Unione, per cui si fa questo ed altro pur di attirare turisti senza fregarli. C’è chi organizza tours a pagamento anche qui, ma sinceramente non so come faccia al mattino a guardarsi allo specchio. Lo stesso giro gratuito si ripete ogni giorno sia alle 11:00 che alle 18:00 ed è un’iniziativa davvero lodevole. Alla fine ognuno dei partecipanti ha lasciato un contributo volontario alla guida per ringraziare per ciò che aveva fatto. Guardo l’orologio: ho ancora 3 ore nette da passare nella capitale bulgara, per cui decido di rifare lo stesso percorso a ritroso per avere più tempo (e meno gente intorno) per scattare le dovute fotografie.
In più, terminato anche quello, ho impiegato l’ultima parte del tempo a disposizione per “perdermi” tra le via meno turistiche e più reali della città. Durante la mia passeggiata ho infatti incrociato diversi mercati, tra cui quello dei libri abbastanza famoso, un parco pubblico con una chiesa ortodossa non segnalata nei normali itinerari e tanta gente autentica.
Ma come nelle migliori occasioni, anche oggi il tempo giunge al termine e faccio davvero una volata per poter tornare in albergo a prendere il bagaglio a mano, salutare il receptionist meno pazzo dei due incontrati ed intraprendere il percorso verso il gate dell’aeroporto composto da 300 metri a piedi, una linea di metro per una fermata, una seconda linea di metro fino al capolinea del Terminal 2 e finalmente la famosa navetta non usufruita al mio arrivo fino al Terminal 1. Tutto fila liscio e mi trovo in tempo dove devo essere. Il volo di rientro ha come destinazione Bologna dove esco dall’aeroporto alle 20:30 circa. Da lì il successivo bus notturno per Roma ce l’ho a mezzanotte e cinquanta minuti, per cui arrivo con calma in centro e mi trovo una pizzeria dove mangio qualcosa di caldo. Subito dopo mi reco nel McDonald alla fine di Via Indipendenza che resta aperto fino a mezzanotte, prendo un McFlurry e dopo essermi messo abiti consoni alla serata nel bagno del locale attendo al tavolo la chiusura in compagnia del mio fedele tablet. Da lì alla partenza del bus passa un tiro di schioppo ed alle 5:45 del mattino mi ritrovo a Roma Tirburtina dove prendo la macchina e vado a casa. Dopo sole 2 ore e mezzo avrei dovuto essere in ufficio per la nuova settimana lavorativa, per cui ho giusto il tempo di una doccia al volo ed un’oretta di sonno ristoratore.
In conclusione posso dire che questo primo impatto con la Bulgaria è stato positivo, anche se con qualche chiaro-scuro come abbondantemente riportato. Ma la mia “fame” di scoprire il mondo non si può far spaventare da cose di così piccola entità. Sicuramente ci tornerò in terra bulgara e lo farò anche relativamente presto se troverò un volo che mi darà condizioni favorevoli; ma stavolta lo farò già sapendo tante cose che prima ovviamente ignoravo. C’è ancora troppo da vedere ed i due punti visitati (Sofia ed i 7 laghi di Rila) sono solo uno spicciolo delle attrazioni che questo paese cela. Spero prima o poi di potervele raccontare tutte una ad una. Buona Bulgaria a chiunque vorrà andarci.