Vuoi vedere i video realizzati con le foto più belle del mio tour della Serbia Centro-Settentrionale? Ne ho fatto uno per ogni città visitata e li riporto qui sotto; basterà un click sul nome della località per essere indirizzati al video di tuo interesse:
Questo tour che mi appresto a realizzare è il viaggio di ferragosto 2019, cioè la famosa settimana annuale in cui l’ufficio dove lavoro è chiuso ed obbliga le ferie a tutti i dipendenti. Se fosse per il sottoscritto, in agosto non prenderei neanche un’ora di permesso: ogni cosa si paga il triplo ed ogni posto è strapieno di gente che continua imperterrita a partire in massa in questo periodo. Lo scorso anno questo tipo di partenza per me è saltata a causa della frattura della tibia avuta a fine luglio. Mi fece perdere sei notti di puro relax sul Mar Nero, così quest’anno ho cercato fino all’ultimo di riprenotare la stessa cosa ma non c’è stato niente da fare. Nel frattempo la Wizz Air ha cancellato i collegamenti dall’Italia per Sofia e, rimanendo solo la Ryanair, tale compagnia ha potuto aumentare i prezzi a dismisura facendosi forza col periodo di altissima stagione. Ma ormai lo sanno pure i sassi che io non passo neanche un giorno di ferie a casa e quindi qualcosa la devo organizzare. Le mie ricerche mi premiano ed alla fine mi fanno trovare un volo di andata e ritorno per Nis dal 12 al 19 agosto per la modica cifra di 23 euro e spicci. I voli sono operati da Bologna e non da Roma, ma anche in questo caso usufruisco di un codice sconto ed acquisto i viaggi in treno da e per la città felsinea a 31 euro totali. Ecco che con 54 euro mi sono regalato una settimana low-cost anche stavolta. Mi concentro sulla parte Centro-Nord della Serbia per due ragioni ben precise: la prima è che ho a disposizione poco tempo per osare di più e la seconda è che un paio d’anni fa ho già fatto visita alla parte sud della stessa nazione ammirando le città di Nis e Novi Pazar con contorno dei monasteri più belli di quella zona. Alla fine dei giochi in Serbia mi manca solo la riserva naturale di Uvac; ci ho provato in tutti i modi ad organizzare il tour per esplorarla, ma la colpa della rinuncia non è stata mia: i locali sono organizzati malissimo e prendono le prenotazioni solo qualche giorno prima delle varie escursioni, cosa che non mi permette di programmare niente e quando le cose stanno così, a me non piace rischiare. Ripeto: troppo pochi sei giorni per perderne anche solo metà a causa dell’incapacità altrui. Per questo motivo devo bollare l’area protetta con un “sarà per la prossima volta”, anche se dopo questo full immersion dubito che tornerò da queste parti in futuro. Ma nella vita non si sa mai cosa può succedere. Generalmente, quando sto per descrivere un tour come questo, divido il post in due parti dedicando la prima alle info pratiche e la seconda al racconto nudo e crudo, ma questo caso è diverso: la Serbia non ha particolari difficoltà da affrontare, non ha visti da prendere, non ha fusi orari o altre amenità, per cui non c’è neanche molto da suggerire e ciò che potrò dire per aiutare sarà fatto nel mezzo del diario che mi accingo ad iniziare.
Lunedi 12 agosto: la sveglia è all’alba perchè mi aspetta un treno “Italo” da Termini con partenza alle 6:45 ed io non abito proprio ad un tiro di schioppo dalla stazione centrale di Roma; per di più è tempo di lavori di ristrutturazione per la linea A della metropolitana della capitale e per la tratta che devo affrontare ci sono solo dei bus navetta che impiegano più tempo del normale. Così faccio in modo di prendere il primissimo che parte alle 5:30 dalla Stazione Anagnina e fortunatamente faccio in tempo a salire sul mio vagone. Fuori fa un caldo boia, ma dentro al treno ci sono i pinguini che giocano a racchettoni a causa dell’aria condizionata sparata a cannone; conscio di questa possibilità ho con me una maglia più pesante a maniche lunghe, ma lasciatemi dire che non saper regolare la giusta temperatura nel 2019 è roba da vergognarsi. La levataccia mi fa dormire come un sasso per le due ore e quindici minuti di viaggio. L’arrivo a Bologna Centrale è puntuale e quando esco all’aria aperta dalle viscere della terra in cui transita l’alta velocità nel capoluogo dell’Emilia Romagna ho un’amara sorpresa: piove! In tutta Italia stanno facendo 40 gradi e la gente prende il sole ovunque, mentre qui le nuvole si stanno divertendo come non mai. Aspetto che smetta e poi inizio il mio piano per raggiungere l’aeroporto con un euro e mezzo anzichè regalare sei euro a tratta all’Aerobus: ormai sono iper-pratico e non mi ferma più nessuno. Arrivo in anticipo allo scalo e mi metto a gironzolare per le varie sale in attesa che apra il check-in. Non devo imbarcare nessun bagaglio (ho con me il solito zainetto 40x30x20 omologato Ryanair perchè ormai ci ho fatto l’abitudine ed ho sempre tutto ciò che mi occorre li dentro), ma solo ottenere la carta di imbarco. Ebbene si, la Air Serbia (compagnia che mi ospiterà sia all’andata che al ritorno) non prevede il check-in on-line nè a Bologna nè a Nis. Cerco di essere uno dei primi per non dover aspettare tutti coloro che quando viaggiano devono portare con se l’intera casa e ci riesco; in una decina di minuti scarsi ho il mio biglietto col posto assegnato al finestrino. La partenza del piccolo velivolo (26 file in totale se non vado errato) avviene puntuale alle 13:45 e mi permette di arrivare al di là dell’Adriatico per le 15:10 circa. La discesa dall’aeromobile ed il controllo passaporti sono incredibilmente veloci al piccolissimo scalo di Nis, così mi ritrovo oltre l’area arrivi dove cambio qualche euro in Dinari Serbi (pochi perchè qui il change rate è pessimo) e salgo sul bus diretto all’autostazione (60 dinari è il costo della corsa, circa 50 centesimi di euro). Pochi minuti e sono nel luogo dal quale partono una marea di pullman al giorno; mi metto in fila alla biglietteria e chiedo un ticket per il primo bus diretto a Belgrado: ce ne sono talmente tanti che compiono questa tratta che prenotare è assolutamente inutile. Nel caso impossibile che non ci sia posto subito, ci sarà sicuramente nel viaggio seguente. Vengo accontentato perchè il mezzo di mio interesse partirà tra quattordici minuti scarsi. La Serbia è fuori dall’Unione Europea, per cui vige ancora il roaming, ma non è un problema perchè a bordo c’è la Wi-Fi perfettamente funzionante che per le prossime tre ore mi terrà compagnia permettendomi di avvisare casa che va tutto bene, di studiare in anticipo che percorso dovrò compiere per raggiungere la stanza prenotata quando sarò a destinazione (nuovamente senza internet) e di avvertire il proprietario della situazione tramite Viber (lui ha questa messaggeria e non whatsapp) prendendo un appuntamento preciso già da subito. La Serbia me la ricordavo bene dalla volta scorsa: tra una città e l’altra non c’è un gran che da vedere ed il paesaggio è anche piuttosto monotono. Il sedile è comodo ed il viaggio scorre bene; alle 19:50 circa mi trovo all’autostazione della capitale ed il sole sta iniziando a calare pian piano. Ho appuntamento alle 20:45 e devo percorrere circa un kilometro a piedi (sono costretto ad attraversare un parco che è stracolmo di gentaccia della peggio specie…), quindi ho tutto il tempo che voglio e lo uso per cercare un market aperto a quest’ora per poter acquistare la prima cena del tour; lo trovo a due passi di numero dalla stanza e compro ciò che mi occorre prima dell’appuntamento presentandomi con la busta della spesa in mano. Qui inizia una situazione brutta e problematica che mi tormenterà per i quattro giorni a venire: il posto dove passerò le prossime notti non è neanche lontanamente quello delle foto viste on-line. Si trova in un’area piena di soli negozi e quindi la sera l’intero perimetro viene chiuso da cancelli e lucchetti; il mini-appartamento è brutto e soprattutto lurido in ogni suo centimetro; non c’è un letto, ma solo un divano che si può aprire all’occorrenza. Non ha una Wi-Fi propria, ma mi viene data la password di quella di due locali posti nelle immediate vicinanze, per cui non c’è quasi mai campo pieno ma sempre un massimo di tre tacche su cinque. Io ho un grande spirito di adattamento ma in una situazione come questa temo che potrei dare di matto, ma devo fare buon viso a cattivo gioco perchè questo ho e questo mi tengo. Sicuramente al mio rientro in Italia al tizio gli farò passare qualche guaio denunciando il tutto a Booking.com e chiedendo la restituzione totale dell’importo pagato, ma ora ce la devo fare; non mi va nè di litigare e nè di cercare un’altra sistemazione perchè, come ho già detto, non ho tempo da perdere. Cerco di liberarmi di quella testa di c…o prima possibile e poi, quando finalmente rimango solo lì dentro, posso mettermi le mani nei capelli per cinque minuti e rifiatare. In qualche modo ceno ed organizzo tutto per il giorno successivo, il primo vero di tour. Poi finisco la serata col mio buon amico “calcio manageriale”, ma le sorprese negative non dicono ancora la parola stop: ad una certa ora scopro che il vicino col quale condivido una parete è un disco pub che si mette a sparare musica a volume stratosferico fino a notte fonda. Ovviamente subito non riesco a dormire perchè non è umanamente possibile farlo, almeno fino a quando non crollo per sfinimento.
Martedi 13 agosto: oggi il programma prevede la visita integrale di Belgrado (esclusa l’area di Zemun), che non è proprio un paesello di montagna. E’ la capitale della Serbia ed è la più grande e popolosa delle città principali delle sei repubbliche che formavano la ex Jugoslavia. Per fare un paragone che dia subito le giuste proporzioni posso dire che ha quasi il doppio degli abitanti di Zagabria. Serve quindi una buona organizzazione per far entrare decine di punti di interesse nelle ore che ho a disposizione, ma devo riuscirci. L’unica cosa decente del posto dove passo le notti (perchè dire che ci dormo è un parolone) è la posizione: si trova a due minuti a piedi dalla piazza principale e quindi dal centro: è lì che sono diretto perchè la prima cosa che devo fare è cercare un negozio di telefonia per acquistare una sim locale. E’ una cosa importantissima perchè mi permetterà di iniziare ad usare Google Maps per cercare più celermente ciò che mi serve. Su internet avevo letto che tra le tre compagnie esistenti (Mts, Telenor e Vip) quest’ultima è la più conveniente perchè dà 2 giga di connessione (per me iper sufficienti) al costo di poco meno di tre euro. Entro quindi nello shop monomarca e mi viene detto che la sim per turisti sono finite. Dalla parte opposta del corso pedonale (chiamato “Kneza Mihaila”) c’è lo shop della Telenor e decido di entrare li, anche perchè non ho molta scelta. Acquisto una pre-pagata con 10 giga di navigazione valevoli per quindici giorni e pago poco meno di sei euro. Se ci si pensa bene questo rapporto qualità/prezzo è il migliore, ma a me dieci giga non servono perchè già so che ne consumerò meno di uno alla fine del soggiorno. Ovviamente la cosa che conta non sono i tre euro spesi in più rispetto al preventivato, bensì il fatto che ho nello smartphone una scheda locale che mi permette tante cose. A questo punto posso davvero iniziare la mia scoperta della capitale serba e lo faccio proprio da quella piazza centrale che prende il nome di “Trg Republike”. Domanda: le “sorprese” sarebbero già potute finire? Certo che no: l’intera area di mio interesse è delimitata da transenne poichè oggetto del rifacimento totale della pavimentazione. Posso così guardare da lontano la statua equestre in onore del “Principe Mihailo” (fu principe di Serbia per due volte nel corso dell’ottocento), l’edificio che ospita il Museo Nazionale ed il Teatro Nazionale.
Come si vede dalle prime foto, non c’è una singola nuvola in cielo e fa già un caldo della Madonna; sono previsti 39 gradi di massima e sono pronto a bere come un cammello da qui a stasera. Vado avanti col programma ed incontro la piccola ma significativa commemorazione degli avvenimenti della Fontana di Cukur avvenuti il 15 giugno 1862, quando un ragazzo serbo fu ucciso da alcuni poliziotti dell’impero ottomano, episodio che provocò gravi scontri durante quel giorno e nella notte seguente; ciò che rende questo episodio importante è che dette il via alla liberazione di Belgrado dai turchi avvenuta l’anno successivo. Nella stessa direzione trovo la Chiesa di Sant’Aleksandr Nevskij ed il palazzo che ospita il Museo della Scienza e della Tecnica.
Il prossimo obiettivo è lo “Studenstski Park”; quando lo raggiungo noto la presenza di tre statue dedicate ad altrettanti personaggi locali. Mi riferisco a Dositej Obradovic (scrittore), Jovan Cvijic (Geografo) e Josif Pancic (botanico, medico e docente). Il Museo Storico Ebraico si trova a breve distanza dal parco, all’interno di un palazzo imponente, austero e di difficile inquadratura, esattamente come la Moschea Bajrakli che però in un modo o nell’altro riesco ad immortalare. Tornando indietro vedo prima l’edificio che ospita il Museo Etnografico (ma a prima vista sembra un comune grattacielo) e poi quello del Rettorato dell’Università di Belgrado, decisamente più apprezzabile del precedente.
Da qui faccio il mio ritorno su “Kneza Mihaila” ed inizio a percorrerla vedendo la candida “Fontana Delijska” seguita dal Museo Zepter. Il percorso mi fa lasciare nuovamente la strada pedonale principale di Belgrado per concentrarmi altrove. E’ così che devio verso il Parco “Vojvoda Vuk” che, manco a dirlo, mi accoglie presentandomi alcuni amici a sorpresa: sono gli operai che stanno svolgendo lavori massivi di manutenzione; francamente avrei fatto a meno di incontrarli, ma mi tocca e basta. A differenza di Trg Republike, qui non ci sono transenne che chiudono il passaggio, per cui nel mio cervello l’accesso è libero. Fregandomene di tutto e di tutti entro nel cantiere perchè devo fotografare la stata dedicata a Vojin Popovic, meglio conosciuto come “Vojvoda Vuk”. Dietro di lui c’è il Museo delle Arti Applicate e, non lontana, la singolare “Fontana del Gallo Rosso”.
Proseguo la passeggiata vedendo la Residenza della Principessa Ljubica, dichiarata proprietà culturale di prima categoria nel 1979. Poco più avanti, una di fronte all’altro, ecco la bella Cattedrale di San Michele Arcangelo ed il Museo della Chiesa Ortodossa Serba. Prendo “Kralja Petra” per osservare il palazzo che ospita la Banca Nazionale di Serbia ma gli ormai famosi alberi mi impediscono di immortalarlo. In compenso mi consolo con il monumento in onore di Petar Karadjordjevic, meglio conosciuto come Pietro I° per essere stato re dei serbi dal 1903 fino alla sua morte avvenuta nel 1921. Il prossimo obiettivo è il Museo Pedagogico che non faccio fatica a localizzare.
Attraversando la carreggiata faccio il mio ingresso nell’area della Fortezza di Belgrado, un luogo che ha visto tante di quelle battaglie che la metà basterebbero per incutere paura. E’ un luogo ricchissimo di punti di interesse e mi preparo a passarci il tempo necessario. Inizio con il “Padiglione Artistico Cvijeta Zuzoric” che ha di fronte a se la “Fontana Budenje”. Passando in mezzo a vialetti che tagliano un verde parco arrivo alla prima alla Fontana Ribar e poi alle sculture per “Jovan Subotic” e “Branko Radicevic”, due scrittori locali. Subito dopo giungo alla vista panoramica sulla città della quale ho tanto sentito parlare; volete la verità? C’è decisamente di meglio. Il punto è suggestivo, ma niente di impressionante. Durante la prima guerra mondiale la Serbia ricevette aiuto militare dalla Francia e per questo motivo lo scultore Ivan Mestrovic ha realizzato nel 1930 un monumento a ricordo indelebile di tale cooperazione.
Causa manutenzione dell’area, un percorso obbligato non mi dà modo di scegliere dove andare e procedo dove vuole lui, cioè lungo il corso delle mura della fortezza. Mi imbatto nella “Tomba degli Eroi Popolari”: sono quattro persone (Ivo Lola Ribar, Ivan Milutinovic, Duro Dakovic e Mosa Pijade per la precisione) che furono insigniti dell’Ordine dell’Eroe Popolare, un’onorificenza concessa dalla Jugoslavia a coloro che avevano compiuto atti di straordinario eroismo. A breve distanza ritengo di essere nel punto migliore per poter fotografare il Monumento che prende il nome di “Pobednik”: costruito nel 1928 commemora le vittorie serbe contro gli ottomani (guerre balcaniche) e contro gli austro-ungarici (prima guerra mondiale). Comunque non mi accontento di vederlo da lontano, così supero la “Porta Reale” e lo raggiungo in quello che mi piace definire come il piano superiore.
Il “Turbeh di Damat Ali-Pasha” è la prima cosa che vedo quassù: si tratta di un mausoleo ottomano; è un pezzo decisamente raro perchè è uno dei due reperti esistenti di architettura funeraria islamica a Belgrado. Osservo la particolare statua per il despota “Stefan Lazarevic” e poi vado verso il Museo Militare (ci sono diverse macchine da guerra in esposizione) da dove posso vedere ottimamente la Torre dell’Orologio. E’ la volta di uscire dalla fortezza dalla “Porta del Despota” che è davvero stupenda; guardarla fa tornare indietro nel tempo.
La mia passeggiata nella storia prosegue con la vista della “Jaksic’s Tower”, per poi iniziare la discesa verso il piano strada. Durante il percorso posso osservare nell’ordine la “Chiesa Ruzica” completamente avvolta dalla vegetazione, la piccola ma graziosissima “Chiesa di Santa Petka”, la Porta di Carlo VI (abbastanza disastrata direi) e la Porta Vidin. Ma non è ancora tutto: qualche centinaio di metri dopo la “Nebojsa Tower”, cioè esattamente nel punto in cui si incontrano il Danubio con la Sava, c’è il Monumento ai Difensori di Belgrado del 1915; commemora le unità dell’esercito serbo che fecero tutto il possibile per contrastare l’assedio degli austro-ungarici.
A questo punto non ho altra scelta che cambiare totalmente zona; fa un caldo boia ed il navigatore mi dice che il prossimo punto di interesse dista solo 3,7 kilometri e sono stra-sicuro che per molto tempo non incontrerò per strada un venditore di bibite ghiacciate. Sto andando a due passi da dov’è ubicata la mia stanza/topaia, per poi prendere la direzione opposta rispetto a quella scelta stamattina. Per il primo tratto cammino su un percorso che si divide tra pedonale e ciclabile lungo la Sava e colgo l’occasione per rilassarmi con la vista del fiume. Una cosa prende la mia attenzione: è il Monumento ai lavoratori portuali morti nella seconda guerra mondiale. Dopo qualche decina di minuti eccomi al punto “x”, ovvero alla “Fontana Terazije”. Da qui svolto a destra e dopo poco a sinistra: incontro la statua in onore di Nikola Pasic, ex primo ministro serbo. Davanti a lui c’è una fontana molto più bella della precedente. Sulla sinistra si nota abbastanza bene l’edificio che custodisce il Museo Storico della Serbia.
Qui c’è un problemino: alla mia destra ci sarebbero dei punti di interesse pure abbastanza importanti, ma in questo momento sono tutti contro sole e fotografarli ora significherebbe portare a casa dei ricordi di minore qualità. Decido quindi di tornarci più tardi o al massimo domani, a seconda di come si metterà il giro. Mi dirigo verso la “Casa di Jevrem Gruijc” (avvocato, politico e membro dell’Accademia delle scienze e delle arti) con risultati positivi; qualcosa di peggiore succede col vicino “Postal Museum”: il palazzo in cui si trova è davvero degno di nota, ma i tanti alberi dalle folte fronde presenti in loco mi impediscono qualsiasi tentativo di scatto. E’ così che torno dove ho effettuato l’ultima deviazione e stavolta ammiro come Cristo comanda l’Assemblea Nazionale della Repubblica di Serbia. Questo si che è un capolavoro!
Faccio il mio ingresso nel vicino “Parco Tasmajdan” e resto subito abbagliato dalla Chiesa di San Marco. Una successiva rotonda piena di fiori ha al centro il monumento per la poetessa Desanka Maksimovic. Poi, davanti ad una serie di fontane a cascata, trovo l’omaggio per “Heydar Alirza oglu Aliyev” (ex presidente dell’Azerbajian la cui bandiera sventola alle sue spalle…ma non chiedetemi perchè si trova qui dato che nessuna mia ricerca ha dato esito positivo) e per lo scrittore Milorad Pavic.
E’ l’ora di un’altra deviazione rispetto al corso principale; mi serve per raggiungere il cimitero locale e vedere la Chiesa di San Nicola. Già che sono qui faccio un rapido giro e noto alcune tombe alquanto bizzarre; posto un’immagine a caso per far capire meglio cosa intendo. Dall’altro lato della carreggiata su cui affaccia l’ingresso del cimitero c’è il Memoriale ai Liberatori di Belgrado della seconda guerra mondiale formato da un particolare muro commemorativo e dalla statua di un soldato alla sua sinistra.
E’ la volta di tornare indietro e di soffermarmi nel “Park Cirila i Metodija” perchè in pochi metri quadri c’è più di qualcosa da vedere. Al centro dell’area verde si erge il Monumento ad Aleksandr Pushkin; ad un’estremità quello per lo scrittore Vuk Karadzic e, dalla parte opposta, quello per coloro che danno il nome alla zona, ovvero Cirillo e Metodio.
Svolto a destra su “Bulevar Kralja Aleksandra” ed incontro alcuni edifici meritevoli di essere menzionati: si tratta del palazzo che ospita la Facoltà di Architettura (che, quasi nascosto dagli alberi, ha davanti la Statua di Nikola Tesla) e quello che ospita la Biblioteca Universitaria “Svetozar Markovic”; purtroppo entrambe le immagini delle costruzioni sono deturpate dal traffico caotico che non vuole saperne di risolversi. La traversa “Prote Mateje” mi conduce di fronte al “Museo Nikola Tesla” dove c’è parecchia gente fuori ad aspettare; pare che l’ingresso sia a numero chiuso e chi arriva tardi deve necessariamente attendere l’uscita di qualcuno per poter accedere. Almeno questo è ciò che ho capito io, anche grazie ad alcuni italiani che imprecano contro questo tipo di scelta organizzativa.
Mi sposto nella zona dove c’è la piazza/rotonda composta interamente dalla “Fontana Slavija”. E’ ancora pieno giorno e quindi non sta ancora dando il meglio di se, ma ci tornerò sicuramente quando farà buio e la osserverò come si deve. Sempre qui vedo la classica scritta “I love Beograd” (completamente devastata dai vandali) e la memoria per Dimitrije Tucovic, ex politico socialista. Poi proseguo la mia passeggiata con altre due sculture: la prima è per Vasa Pelagic (scrittore) e la seconda è per Milutin Milankovic (Ingegnere, matematico e climatologo),
Attraverso la strada e finalmente raggiungo un punto davvero spettacolare e ricco di cose da vedere; Il Monumento per Karadjordj (capo militare della rivolta contro i turchi) è l’antipasto, ma il pezzo forte è senza alcun dubbio il Tempio di San Sava: la costruzione che si vede da una marea di parti della città adesso è qui davanti ai miei occhi. Anche la visione d’insieme del monumento e del tempio ha il suo perchè. Completano l’offerta la Biblioteca Nazionale Serba, la Chiesa di San Sava e la statua in onore del medesimo santo.
Ho ancora tempo e lo voglio sfruttare fino alla fine; è per questo che mi rimetto in marcia per altri obiettivi molto distanti. Intanto durante il tragitto trovo la “Chiesa dei Santi Cosma e Damiano” che non avevo segnato sulla mappa, e quindi rimedio subito. Ci metto un po’ ad arrivare in zona, ma alla fine ce la faccio ad imbattermi nel Tempio dell’Arcangelo Gabriele e, nel rispetto della tradizione che vuole insieme il sacro ed il profano, nello stadio del Partizan di Belgrado. Solo poco più di un kilometro separa questo impianto (che secondo me andrebbe un tantino ristrutturato perchè almeno esternamente è un po’ fatiscente) dal ben più famoso “Marakanà” (il nome ufficiale è Stadio Rajko Mitic), casa della Stella Rossa che è il club più titolato della Serbia.
La passeggiata prosegue e mi porta agli ultimi tre punti di interesse per questa parte di periferia; dopo inizierà il rientro verso il centro e l’avvicinamento alla stanza, ma ancora sono conscio del fatto che manca parecchio alla fine. Il Museo della Yugoslavia è ubicato di fronte ad una spettacolare fontana nella quale vedo delle persone fare il bagno come se fossero al mare. Mi pare una cosa un tantino strana conoscendo i locali, ed infatti mentre mi avvicino per scattare una foto sento la madre che dice ai figli di mettersi in posa parlando in italiano; se avevo qualche dubbio sulla provenienza dei vandali, adesso non ne ho più. Subito dietro c’è il Mausoleo di “Josip Broz Tito”, presidente della federazione jugoslava dal 1953 fino al 1980, anno della sua morte. Poco più di un kilometro mi separa dal “Monastero Vavedenie” che ho fatto bene a non snobbare nonostante l’ora e la stanchezza.
Detto e fatto: inverto la marcia e, cercando altri punti di interesse per non tralasciare proprio nulla, inizio il ritorno. Mi fermo nella zona dove c’è l’edificio che che ospita il “Museo delle Ferrovie”, facilmente riconoscibile perchè alla base c’è una vecchia locomotiva. Al di là della carreggiata, nel “Finansijski Park”, c’è una cosa molto particolare, ovvero la statua in onore di Gavrilo Princip: fu lui che il 28 giugno del 1914 uccise l’Arciduca Francesco Ferdinando e la moglie Sofia dando il pretesto per l’inizio della prima guerra mondiale. Forse sono io che ho il paraocchi, ma non capisco il senso di questa onorificenza ad un personaggio un tantino scomodo. Pensieroso perchè non riesco a risolvere l’enigma mi imbatto nella Chiesa dell’Ascensione e la fotografo. Segue il modernissimo “Yugoslav Drama Theater”, un edificio tutto di vetro che è preceduto da un palazzo storico che prende il nome di “Oficirski Dom”. La vicina Concattedrale di Cristo Re mi riporta poi in una zona già conosciuta qualche ora fa.
Nono sono affatto lontano da dove oggi ho preferito non scattare delle fotografie perchè i punti di interesse presenti erano tutti contro sole. Adesso la situazione è diametralmente opposta: è buio perchè sono passate le 20:00 e le giornate si stanno pian piano accorciando. Nonostante l’inconveniente della mancanza totale di luce naturale, non posso rinunciare a portare a termine il giro per oggi, così mi accontento dell’illuminazione artificiale. Ma le complicazioni non si fermano qui: dato che questa è zona di edifici “politici” vedo bazzicare diversi poliziotti assunti sia per mantenere la sicurezza che per impedire ai turisti di immortalare obiettivi sensibili. Ma sensibili a cosa??? Al solletico forse??? Chi mi legge già sa che le persone l’autorità se la possono ficcare ben bene nel di dietro perchè io di certo non gliel’ho data. Gli uomini sono tutti uguali e nessuno dovrebbe avere più potere degli altri, per cui mi ingegno per scattare lo stesso le mie fotografie, per Dio! Inizio con il monumento allo scrittore Ivo Andric; inquadro il bersaglio proprio davanti ad uno di “quelli” che continuano a fissarmi perchè non sto facendo nulla di male e quindi non me ne frega una beneamata cippa. Proseguendo, è la volta del ricordo per Nicholas II°. Dall’altro lato della strada si apre “Andricev Venac”, ovvero una piazza molto bella piena di verde, fiori e con una fontana.; ci sono diverse panchine e quasi tutte sono occupate da chi si sta rilassando al fresco dopo una giornata di fuoco dal punto di vista della temperatura. Per quanto mi riguarda penso di aver bevuto poche volte così tanto durante i miei viaggi: tra bibite comprate nei markets e soste alle fontanelle pubbliche temo di aver battuto qualche record. Ai due lati della piazza ci sono il Palazzo Vecchio (sede del Municipio di Belgrado) ed il Palazzo Nuovo (al suo interno c’è un’esposizione di opere d’arte).
Beh…direi che per oggi è tutto; ho fatto il 100% del programma previsto ed ho finito giusto per la cena che, tra l’altro, devo ancora andare a comprare. Non sono rimasto soddisfatto della scelta offerta ieri dal minimarket a due passi dalla stanza/topaia, per cui durante la mattinata di oggi mi sono impegnato a valutare qualcosa di più grande mentre setacciavo la zona in cerca dei miei punti di interesse. Qualcosa ho scovato e sono diretto proprio lì. Per arrivarci devo passare per Kneza Mihaila e, vi assicuro, alle 20:40 del 13 agosto nella strada pedonale di Belgrado lo spettacolo non lo offrono solo monumenti ed edifici. A buon intenditor, poche parole. Entro nel market e ci rimango peggio di ieri: è grande, ma non ha quello che voglio e che ho sempre trovato nelle altre città della ex Jugoslavia che ho visitato; c’è sicuramente qualcosa che non va e non sono fortunato, ma mi devo accontentare comprando lo stesso qualcosa qui. Non riesco più a fare un passo ed ho una discreta fame. Alla fine rientro nel tugurio dove, davanti al mio caro calcio manageriale, organizzo la mangiata. Dopo aver sistemato le mie cose e riposto tutto per domani mi spetterebbe un sonno ristoratore, ma quelle merde del disco-pub accanto non mi danno tregua, così chiudo gli occhi solo quando crollo.
Mercoledi 14 agosto: la sveglia suona e mi alzo con le gambe ancora doloranti da ieri, ma non importa. Appena fatto con la toilette esco chiudendo a chiave la porta alle mie spalle. Incredibile: dopo due giorni di sudate a non finire, il meteo prospetta cielo super coperto con possibilità reali di pioggia (col senno di poi sarà l’unica giornata un po’ così dell’intero tour). Il programma odierno prevede la fine della visita della capitale serba della quale manca solo il quartiere di Zemun, diviso dal resto della città dal fiume Sava. Mi incammino non perchè le attrazioni siano numericamente tante, ma perchè i kilometri da percorrere non sono pochi. Per prima cosa però mi reco in zona autostazione, che tanto è di strada. Oggi è prevista anche un’escursione in un’altra località, per cui devo capire da dove effettivamente partono i bus e devo comprare i tickets per avere la certezza dei posti. Capisco che dove mi ha scaricato il pullman lunedi sera è l’area arrivi, mentre la zona delle partenze è locata poche decine di metri più in là, però non immediatamente visibile e quindi va trovata. Ci riesco e adocchio anche le tante biglietterie presenti, così ne scelgo una e trovo una ragazza che parla un buon inglese. Ottengo quindi il titolo di viaggio per Golubac e ritorno (acquistarli insieme, quando lo si può fare, dà modo di risparmiare una bella cifra); insieme alla carta mi dà anche un gettone e mi dice che servirà per accedere agli stalli. Conservo gelosamente il tutto e, una volta espletate queste formalità, attraverso il vecchio ponte sulla Sava ed inizio l’esplorazione di Zemun vedendo l’opera eretta per la memoria delle vittime del Campo di Concentramento di Sajmiste, uno dei maggiori tra quelli creati dai nazisti in Serbia. Più avanti ecco che trovo il Museo di Arte Contemporanea che è un edificio moderno e senza alcun particolare rilevante.
La già lunghissima camminata viene peggiorata dalle solite transenne, ma stavolta non sono lavori in corso, bensì molto molto peggio: decine di persone stanno allestendo l’area che, tra qualche giorno, sarà il fulcro di vari festival musicali. Dio me ne scampi e liberi!!! Già i serbi non sono famosi nel mondo per il self-control…se finissi in mezzo a chissà quanta gente che potrebbe aver alzato un po’ il gomito (ci sono solo palchi e stands di birra…) una fine negativa sarebbe quasi scontata. Quindi leggendo i cartelli qui presenti so esattamente dove NON dovrò andare nelle prossime sere. E’ ovvio che tagliando per il parco avrei impiegato meno tempo, ma non posso farlo e sono costretto a girarci intorno. Riesco lo stesso a fotografare in qualche modo l’obelisco che prende il nome di “Fiamma Eterna”. Molto più avanti è la volta del Monumento alla Stazione Ferroviaria di Zemun. Finalmente, dopo kilometri di cammino, posso dire di essere nel centro abitato del quartiere che mi è ancora sconosciuto. Lo “Zemunski Park” è un’area verde abbastanza ampia che i locali usano per rilassarsi sulle panchine al fresco degli alberi presenti. In più, qui si affacciano la Chiesa dell’Arcangelo Gabriele, la Cappella di San Rocco ed il Monastero di San Giovanni Battista.
La Sinagoga locale sembra più una casa che un edificio religioso e, come se non bastasse, è mezza coperta da alberi, muretto di cinta e cartelli stradali che non guastano mai. Poco dopo però la musica cambia e la Chiesa della Nascita della Santa Vergine ha decisamente il suo perchè. Arrivo fin davanti al “Teatro dell’Opera Madlenianum” e poi percorro circa un kilometro per raggiungere la “Holy Trinity Church”.
Altro kilometro per tornare sui miei passi e poi via sparato verso una delle attrazioni più famose di questo quartiere. Si trova in cima ad una collinetta e quindi inizio a salire dove mi indica il navigatore. Ad un certo punto però la strada si ferma: stanno rifacendo proprio ora le scale ed il percorso è inaccessibile. La stupidità dell’aggeggio che ho in mano non gli dà modo di fornirmi un’alternativa ed intanto il tempo passa; per me che non ne ho molto non è una bella cosa. Ad un certo punto prendo la decisione drastica: fanculo il gps e via con il mio senso dell’orientamento. Individuo un possibile percorso che aggira l’ostacolo e, magari con un po’ di strada in più rispetto alla normalità, eccomi ad osservare la Gardos Tower. Dalla sua porta escono turisti asiatici che confermano di essere davvero ovunque. Nello stesso punto c’è anche la “Chiesa Svetog Dimitrije” che pare nuova di zecca.
Inizio la discesa che mi porterà pian piano indietro, ma le cose da vedere qui non sono ancora finite. Purtroppo la “Chiesa Svetog Oca Nikolaja” è troppo incassata in mezzo ad altri edifici e l’unico modo che ho per fotografarla è dal retro. Infine, affacciata su Veliki Trg, trovo la Chiesa dell’Assunzione. Nella stessa piazza c’è anche un semplice fontana.
Imposto di nuovo il navigatore verso l’autostazione di Belgrado e quando indica che la distanza da percorrere è di 6,1 kilometri tiro un sospiro ed inizio la passeggiata. I primi duecento metri si svolgono dentro ad un mercato locale, con odori molto forti che entrano nel naso come coltellate; a me piace vedere la vita di tutti i giorni in ogni luogo che visito, ma non fino a questo punto. Il mercato esiste ovunque, all’estero come in Italia. La cosa bella di questo lungo tragitto è che si svolge lungo il corso di due fiumi: prima a bordo Danubio e poi a bordo Sava. Indimenticabile è un pezzo di qualche decina di metri in cui incontro il maggior numero di cigni della mia vita in uno spazio tanto breve: ce ne sono decine e decine, a perdita d’occhio; sono tutti in attesa che qualche anima pia arrivi col cibo. Infine, qualche centinaio di metri più avanti, Belgrado si congeda dalla mia reflex in maniera definitiva con il Monumento ai Piloti Difensori della città del 1941.
A destinazione ci sono in tempo, addirittura riesco a permettermi di fare colazione…adesso che è quasi ora di pranzo; ma è ormai cosa nota che durante i viaggi ho gli orari completamente sfalsati. Acquisto un mega-cornetto con la cioccolata all’interno, ma il super dolcetto si rivelerà pura cacca: troppo secca la pasta e troppo poco il ripieno mi fanno giurare di non riprovarci mai più. Inserisco il gettone preso stamattina in biglietteria nell’apposito tornello ed entro nella zona degli stalli. Il pullman arriva con una puntualità disarmante e, grazie al ticket in mio possesso, salgo a bordo e scelgo un posto che mi aggrada. Sto andando a Golubac, piccolissima località all’estremo est della Serbia, talmente est da essere punto di confine con la vicina Romania. Ed indovinate un po’ cos’è che funge da confine naturale? Ovviamente il Danubio, che proprio in questa zona forma una specie di lago prima di proseguire la sua corsa. La tratta dura circa tre ore durante le quali guardo fuori dal finestrino ed ogni tanto dormo per cercare di recuperare energie, dato che la notte i bastardi del disco-pub con i quali condivido un muro non me lo permettono a sufficienza. L’autostazione di Golubac ha solo due stalli, ma sono pure troppi: qui ci sono 8.200 abitanti e non è che tutti quanti abbiano voglia di muoversi molto; chi sceglie di vivere in certe realtà è abbastanza sedentario. Ma allora cosa ci sono venuto a fare qui? A guardare il laghetto del Danubio? Certo che no: voglio vedere dopo anni di attesa la Fortezza di Golubac, che pare sia un vero capolavoro. Il tanto aspettare è per due motivi: il primo è che non è poi così facile da raggiungere, dato che lo si può fare solo da Belgrado; il secondo è che fino ai primi mesi del 2019 è stata oggetto di una massiccia ristrutturazione finanziata con i fondi europei che proprio non aveva voglia di terminare. Immaginatevi non averlo saputo: buttarsi a capofitto in uno spostamento del genere e poi trovare una marea di impalcature…è la classica situazione in cui si molla un urlo tanto forte da scatenare un terremoto, credetemi. Ma stavolta non è così perchè da tempo tengo sott’occhio la situazione e sono venuto qui già certo al 101% che l’edificio difensivo fosse stato riaperto al pubblico. Ho circa tre ore a disposizione e devo camminare per 4,3 kilometri in andata e lo stesso al ritorno, per cui è meglio che io dia il via alle danze. Dopo aver seguito il fiume per un po’, la maggior parte della strada è accidentata, nel senso che non c’è ombra di marciapiede o spazio extra, per cui devo procedere sul ciglio con camions che passano a velocità stratosferica da ambo i lati. Fortunatamente il panorama è degno di nota e cerco di distrarmi, pur rimanendo vigile ad eventuali pericoli. Alla fine ce la faccio ad arrivare sano e salvo dove volevo e, devo ammettere, il colpo d’occhio offerto dalla fortezza è davvero superbo. L’ingresso costa l’equivalente di cinque euro, ma la verità è che non sono interessato ad entrare: che cosa potrei vedere di realmente autentico in un palazzo completamente rimesso a nuovo? Decido quindi di concentrarmi sull’esterno della struttura e mi dirigo al punto di osservazione migliore in assoluto che Google Maps mi sappia indicare, ovvero in cima alla collina che ho alle mie spalle. Sono circa 500-600 metri di salita neanche troppo pesante, ma quello che mi mette i dubbi è l’atmosfera del posto: non c’è nessuno a parte me, la strada è sassosa e c’è un silenzio quasi inquietante; ad un certo punto affronto una curva e, quando ho campo visivo, noto un casottino abbandonato proprio lungo il percorso. Sembra esattamente la situazione in cui dei malviventi hanno piazzato un punto di interesse inesistente sulla mappa (tutti lo potrebbero fare) per far andare li i turisti e poi farne ciò che vogliono tra derubarli, pestarli o…peggio ancora. Ormai sono lì e non voglio tirarmi indietro, così procedo e supero indenne il casottino; alla fine del percorso spunto su un piazzale sterrato nel bel mezzo di una cava, quindi l’atmosfera si fa ancora più particolare osservando la montagna “mangiata” dalla mano dell’uomo. Però, nonostante tutto, il punto panoramico c’è davvero! Faccio attenzione a non sporgermi troppo e riesco a scattare una marea di foto: voglio essere certo al 101% che andrò via da quassù col risultato migliore possibile ed è proprio questo che succede. Adesso, dopo tutta questa tiritera, godetevi la Fortezza di Golubac insieme a me.
Permettetemi di dire che è qualcosa di meraviglioso. Certo che…quella cazzo di galleria rovina molto l’atmosfera medievale, ma cosa ci posso fare io? Una volta finito di osservare l’edificio difensivo inverto la marcia e cerco di tornare incolume in paese; ci riesco di nuovo (altrimenti non sarei qui a scrivere…) e faccio un giro nell’attesa che arrivi il momento di riprendere il pullman verso la capitale. Tutto ciò che offre questo posto è dato da una Chiesa di colore rosso scuro e da uno strano monumento: in entrambi i casi non ci sono informazioni da nessuna parte per potergli dare un nome o una funzione.
Salgo sul mezzo pubblico per il ritorno e consegno il biglietto corretto all’autista. Lui lo guarda titubante (è uno di quelli super-scontati perchè l’ho comprato alla stazione di partenza) e mi chiede di mostrargli quello di andata. Scopro così, senza che nessuno me lo avesse detto, che se avessi buttato via il primo ticket avrei dovuto pagare la differenza tra la tariffa promozionale e quella base. Fortunatamente conservo gelosamente tutti i titoli di viaggio per una mia collezione personale, per cui riesco a risolvere il problema. Mi chiedo che cosa sarebbe costato all’addetta della biglietteria di Belgrado avvertirmi; sapeva benissimo che ero un turista e che quasi sicuramente non potevo essere al corrente di ogni minima regola. Ma la cosa importante è che è andata bene. Il tragitto scorre via tranquillo ed arrivo abbastanza tardi a destinazione. C’è il solito problema: trovare un posto dove comprare la cena, dato che due markets su due mi hanno deluso. Mi guardo intorno e vedo un’insegna che non ho mai “testato” fino ad ora, per cui decido di andare lì. La situazione è migliore, ma non ancora il top. Compro ciò che mi aggrada di più e poi torno verso la stanza/topaia. Durante la passeggiata ho il lampo di genio: visitando Belgrado nella giornata di ieri ho visto un mega-store con la stessa insegna di quest’ultima bottega, per cui immagino che con più spazio espositivo a disposizione ci possano essere anche più prodotti. Non posso far altro che rimandare la verifica a domani sera. Nel parchetto in cui la prima sera ho visto solo gentaccia non c’è nessuno adesso, ma c’è un motivo: pare che la polizia locale abbia appena fatto una bella retata e che abbia cacciato chi non dovrebbe neanche stare su questo pianeta; la stessa cosa dovrebbero fare anche da noi ogni tanto, così ci sarebbero meno paure e pericoli a camminare di sera. La prassi è la stessa di sempre: cena, relax con calcio manageriale, sistemazione delle cose per la nuova giornata che sta arrivando, musica a tutto volume dal disco-pub e sonno solo quando crollo…
Giovedi 15 agosto: la sveglia oggi è all’alba nonostante sia giorno di festa, almeno in Italia. Qui è un normalissimo feriale in cui la gente va a lavorare, apre i negozi e vive la propria vita come sempre. Mi alzo così presto perchè mi aspetta una tratta in pullman di tre ore e mezzo e per questo motivo ho scelto la partenza delle 6:50. Mi devo preparare e poi andare all’autostazione. Pare che il meteo uggioso di ieri sia passato e che si prospetti un bel caldo come nei giorni passati. E’ la prima volta che esco dalla stanza/topaia prima delle 8:00, per cui mi aspetta una sorpresina. Ho già parlato del fatto che mi trovo a dormire in una zona prettamente commerciale chiusa da cancelli durante la notte, e su questo non ci piove. Apro il solito varco (il cancello del quale ho la chiave) e scendo le scale fino al piano terra. Per due giorni ho sempre trovato via libera, ma oggi no: c’è un secondo cancello che mi blocca ed è chiuso da una “catena” per biciclette con la combinazione. Bene…penso tra me e me che non conosco le quattro cifre utili per aprire quel maledetto arnese. Sono in gabbia come gli animali allo zoo, incarcerato senza aver fatto nulla da un manipolo di teste di cazzo che gestiscono questa zona. Ho discretamente fretta e non ho alcuna intenzione di perdere il bus. Faccio alcune prove per vedere se passo dalla fessura che si apre con una spinta blanda, ma niente da fare. Mi guardo intorno e non c’è nessuno, così dò uno strattone con forza al cancello ed ovviamente la catena per biciclette si apre in due. Finalmente libero, lascio quel coso rotto per terra sperando che chi lo ritroverà capirà cosa ha combinato e corro alla biglietteria per rispettare il mio programma. Inutile dire che se ci fosse stato un lucchetto di metallo come al piano di sopra, la mia giornata sarebbe stata almeno parzialmente rovinata. Il pullman è puntualissimo come sempre e la tratta procede spedita: anche in questo caso dormo un po’ causa levataccia e causa rumori notturni insopportabili. Qualcosa va storto durante il tragitto e perdiamo più tempo del previsto, così arrivo a Subotica alle 10:40, quindi con un ritardo di venticinque minuti. Mi trovo in una città di circa 140.000 abitanti all’estremo nord della Serbia, a circa quaranta kilometri dal confine con l’Ungheria; anche qui ho provato ad arrivarci più volte studiando una partenza da Budapest, ma non c’è mai stato niente da fare fino a questo momento in cui ci passo addirittura il ferragosto. E’ ora di iniziare il giro, per cui mi metto in marcia. Il punto più lontano è lo stadio dove gioca la squadra locale, ovvero lo Spartak, che naviga nella zona centrale della massima divisione del campionato serbo. Ci vado e lo raggiungo, ma è chiuso in ogni sua parte e quindi inaccessibile. Riesco solo a vedere le mura perimetrali, anche se sembra incredibile che ci si svolga una regolare attività dato che sembra abbandonato a se stesso. Il secondo punto di interesse non va poi molto meglio: sto parlando della Chiesa di San Rocco. E’ molto bella ed imponente, ma ha davanti a se un esercito di alberi che rendono impossibile qualsiasi fotografia. Altra passeggiata ed altro obiettivo, e stavolta va molto meglio: la Chiesa di San Giorgio non è affatto da meno rispetto alla precedente, solo che qui niente si frappone tra lei e la mia reflex. Ma la storia, si sa, si ripete: la vicina Chiesa Luterana di Subotica è anch’essa parzialmente coperta dalle fronde della vegetazione che si trova su ambo i lati di “Brace Radic”.
Sembra incredibile, ma riesco a notare la vicinanza all’Ungheria solo osservando le persone del luogo: qui sono fisicamente molto più tarchiati alla magiara che slanciati alla balcanica. Metto la parola fine a questi pensieri perchè mi sta aspettando il Monumento ad Ivan Saric e non voglio farlo incazzare perchè è un tipo strano: nella sua vita ha fatto otto miliardi di cose e tutte con successo; ha vinto medaglie in tanti sports differenti, ha lavorato come contabile ed ha pure costruito aerei sui quali poi volava lui stesso. Tipi così è meglio tenerseli amici. Arrivo su “Trg Slobode” e mi soffermo subito ad osservare l’edificio che ospita la Biblioteca Cittadina. Alla mia sinistra c’è un parchetto con delle statue di personaggi locali e tra tutti spiccano gli scrittori “Balint Vujkov” e “Geza Csath”. Ancora in piazza mi imbatto nel Memoriale per lo “zar” Jovan Nenad, titolo che si dette da solo dopo aver fondato la Vojvodina ed essere diventato l’ultimo leader di uno stato serbo libero ed indipendente prima dell’avvento degli ottomani. Alla sua destra vedo poi il Teatro Nazionale e, di fronte (disegnato sul pavimento) un pessimo Orologio Solare.
Pochi passi mi separano da “Trg Republike” dove faccio il mio ingresso; gli immancabili cafè/ristoranti sono strapieni di gente a qualsiasi ora e questa è una delle poche caratteristiche per cui boccio l’Europa dell’Est. Io non so stare fermo dieci minuti mentre questi passano le ore a poltrire sulle sedie dei locali pubblici. Non li capirò mai. Qui c’è una serie di punti di interesse niente male, ad iniziare dal mastodontico palazzo del Municipio di Subotica, un gigante color rosso scuro che, a causa delle sue dimensioni e dei troppi ostacoli che ha di fronte, non può entrare nel mio album dei ricordi. Ciò che invece può farlo è la “Fontana Blu”. E’ esattamente ciò che descrive il suo nome, solo che è talmente ampia da dover essere immortalata a pezzi; questo è uno di quei casi nei quali servirebbe una ripresa dall’alto con un drone, ma purtroppo in tasca non mi entra e tanto meno nello zaino. Proseguo il setaccio della piazza osservando il Monumento della Santissima Trinità, i busti degli architetti Jakab Dezso e Komor Marcell ed infine la Statua del Mietitore.
Vado ora su “Trg Cara Jovana Nenada” dove posso ammirare la bella Chiesa Francescana di San Michele Arcangelo e poi torno indietro su “Trg Slobode” per fare due passi sul “Korzo” , la classica strada pedonale con negozi su ambo i lati. Passo di qui non certo per fare shopping, ma perchè è la via più rapida per arrivare al “Rahichle Palace”: fu costruito nel 1904 dall’omonimo architetto che lo adoperò come abitazione e studio. Oggi ospita la Galleria d’Arte Moderna “Likovni Susret”. E’ senza dubbio particolare per la strana combinazione di colori e decorazioni che presenta. Si affaccia sul “Park Ferenca Rajhla”, area verde piena di panchine che termina davanti all’originale stazione ferroviaria: presenta la scritta della sua destinazione d’uso sia in serbo (Zeleznicka Stanica) che in ungherese (Vasutallomas). La prossima passeggiata mi porta a vedere la Chiesa Serbo Ortodossa di Subotica.
“Zmaj Jovina” mi conduce nella zona in cui ci sono tre punti da vedere: il primo è una scultura che mostra un idraulico che esce dal un tombino; il secondo è il palazzo che ospita il Museo Cittadino (coperto dai soliti maledetti alberi); il terzo è un vero capolavoro e mi riferisco alla Sinagoga locale. Anche questo è un altro segno importante: fino ad oggi le Sinagoghe più belle ed imponenti le ho viste in Ungheria e qui ce n’è una dello stesso stampo. L’edificio religioso è qualcosa di spettacolare; può essere fotografato solo dal lato destro e dal retro perchè di fronte ha decine di fronde che ne coprono la visuale, ma nonostante ciò il giudizio finale non cambia e resta super positivo.
Proseguendo col mio giro mi imbatto nel monumento al poeta Dezso Kosztolanyi che sta all’ombra di uno dei tanti viali alberati di questa città. Poi, su “Trg Zrtava Fasizma” trovo il Monumento alle Vittime del Fascismo e la Cattedrale di Santa Teresa d’Avila che presenta crepe pazzesche sulla facciata; non riesco a capire come possa stare in piedi e come mai non venga fatto qualcosa di più per metterla in sicurezza. Ho letto che la crepa tra le due torri si è generata a causa di un movimento del terreno instabile sulla quale è stata costruita per un errore di calcolo, però è davvero angosciante anche solo passarci vicino. Già che sono qui allungo ancora un po’ per osservare la Moschea locale, così in uno spazio tanto ristretto come la cittadina di Subotica arrivo a toccare le case delle maggiori religioni del mondo.
Per Subotica è praticamente tutto, per cui faccio un’altra capatina in centro per poi dirigermi verso l’autostazione per prendere il primo pullman con direzione Belgrado. Di certo non mi dimentico che serviranno tre ore e mezzo per arrivarci, salvo nuovi ritardi e non intendo perdere tempo prezioso. Durante la passeggiata trovo un punto di interesse non segnato sulla mia mappa, ma è anche normale perchè si tratta di una piccola Cappella.
Devo aspettare circa venti minuti dopo aver acquistato il biglietto, poi salgo sul bus e…ormai come sempre…alterno delle sane dormite per recuperare energie all’attenzione verso la parte di mondo che sto attraversando su gomma. Scendo di nuovo all’autostazione di Belgrado per quella che è – udite udite – l’ultima notte nella stanza/topaia. Non vedo l’ora che venga domani mattina per cambiare aria ed andare a stare meglio, perchè di peggio difficilmente lo avrei potuto trovare. Prima di dirigermi verso il mega-market dove stasera non posso fare cilecca, vado a “farmi del male” in centro percorrendo Kneza Mihaila da cima a fondo, come un vero abitante del luogo. Ci siamo: sono davanti al “Super Idea” ed entro con tutta la mia positività; stavolta, dopo tre sere con mezze delusioni, tutto va alla perfezione e trovo ciò che sono abituato a comprare nei Balcani dai viaggi precedenti. I miei calcoli (o forse le mie supposizioni…) si sono rivelati corretti. Adesso è chiaro: ovunque andrò nelle prossime sere dovrò cercare sempre questo benedetto “Super Idea”. Inverto la marcia e ripeto la prassi consolidata: cena, relax col calcio manageriale, sistemazione delle mie cose, musica a palla nel cervello e sonno solo quando crollo; anche questo ferragosto ce lo siamo levati dalle palle…
Venerdi 16 agosto: la sveglia oggi è alle 6:35, giusto in tempo per preparare tutto e chiudere la porta di questo schifo di stanza per l’ultima volta. Quando lo faccio tiro un sospiro di sollievo e sono orgoglioso di me allo stesso momento; il 99,99% delle persone al posto mio non sarebbero rimaste. Ormai è chiaro che io viaggio molto e riesco a scegliere sempre ottimamente i posti dove andrò a dormire, ma stavolta un dannato bugiardo ci ha messo del suo per fregarmi, ma non la passerà liscia. Rieccoci all’annoso problema sorto ieri: sto uscendo un’oretta più tardi, ma è comunque prestissimo. Supero il primo cancello perchè ho la chiave, scendo le scale ed al piano terra ritrovo la chiusura con una nuova catena per biciclette a combinazione. Che significa? Che il coglione non ha capito che così facendo chiude delle persone in gabbia e non va bene. Stavolta però credo di riuscire a cavarmerla perchè passa una signora. La chiamo e con mia fortuna parla un sufficiente inglese. Le spiego la situazione e le chiedo se può aprirmi, ma mi dice che non sa come fare perchè neanche lei conosce la combinazione. Mi ricasca il mondo addosso in un secondo, ma il pensiero che una volta uscito da qui non dovrò più rimetterci piede vince su tutto: chiedo scusa alla signora per ciò che sto per fare e le chiedo gentilmente di spostarsi, poi dò il solito strattone a quel dannato cancello e spacco ancora la catena da biciclette lasciandola per terra e togliendo il disturbo. Faccio solo in tempo a vedere con la coda nell’occhio la signora che non crede a ciò che ha visto e poi l’incubo finisce. Arrivo in orario all’autostazione ed acquisto il ticket che mi occorre: stamattina si va a Vrsac col bus delle 7:45 che mi porterà a destinazione (stavolta puntualmente) alle 9:27. Si tratta di una cittadina di circa 54.000 abitanti situata all’estremo est della Serbia, a due passi dal confine con la Romania. Chi ha letto bene l’intero racconto fino ad ora penserà che è la stessa descrizione che ho usato per Golubac ed infatti la situazione è più o meno la stessa, solo che Vrsac è più a nord rispetto alla località con la fortezza. Prima di iniziare qualsiasi giro provvedo ad acquistare subito il prossimo ticket perchè oggi vedrò due località, dato che sono piccole. Ho a disposizione esattamente quattro ore per setacciare Vrsac e non me lo faccio certo dire due volte. Il primo punto di interesse che incontro è la Cattedrale Ortodossa Rumena.
Su “Trg Pobede” trovo una fontana senza infamia e senza lode, ma la fotografo lo stesso. Sono di ben altro avviso quando arrivo davanti al particolare Palazzo del Municipio che osservo come si deve. Concludo questa parte prendendo “Dvorska” dove, una di fronte all’altro, ci sono la Cattedrale di San Nicola ed il meraviglioso Palazzo del Patriarca che, col suo tetto verde smeraldo, spicca in maniera incredibile. Vedere per credere.
Torno sui miei passi e, superato anche il Municipio, svolto a destra ed entro nel “Ruski Park”, area lunga e stretta la cui superficie è divisa tra un mix di verde e pavimentazione. Una dopo l’altra mi si presentano varie sculture; per ricordarne alcune cito quella per il pittore realista “Paja Jovanovic”, per il partigiano ed eroe jugoslavo “Zarko Zrenjanin”e per il campione di scacchi “Boris Kostic”. Continuo a camminare dopo il parco fino a quando raggiungo la Chiesa Luterana di Vrsac.
Altro dietro front per poi prendere “Vuka Karadzica”; all’incrocio con “Bulevar Zarka Zrenjanina” ho la Cattedrale di San Gerhard sulla destra ed il Museo Cittadino sulla sinistra. “Feliksa Milekera” mi conduce fino al “Gradski Park”, altra area verde punteggiata ogni tanto da qualche scultura e con una fontana al centro; da notare come siano dei ranocchi ad emettere i getti d’acqua e per un attimo mi viene in mente una cosa simile vista a Bolzano in passato. Esco dal parco dalla parte di “Balkanska Ulica” e mi imbatto in una zona sportiva con un campo da calcio e soprattutto il complesso che prende il nome di “Millennium Center”; ad occhio e croce sembra nuovo di zecca.
Adesso è il momento di armarmi di pazienza e di energia perchè mi aspetta una discreta salita in collina; prima la strada asfaltata, poi un bel numero di scale, poi strada sterrata ed ancora asfalto mi accompagnano fino ai prossimi punti di interesse. La “Chiesa di San Teodoro Vrsacko”, anche se piccola, è carina ed è composta da un corpo centrale e dal campanile distaccato; la Vrsac Tower guarda tutta la città dall’alto, mentre la candida “Cappella della Santa Croce” gioca a nascondino col GPS che me la indica in un punto e che invece va raggiunta tramite una strada diversa da trovare in autonomia. Fatto anche questo non mi resta altro che tornare indietro seguendo la stessa via dell’andata, però stavolta mi fermo per ammirare il panorama che offre la graziosa Vrsac vista da quassù.
Rieccomi in centro quando il tempo a mia disposizione purtroppo inizia a stringere, calcolando che l’autostazione sta a circa 1,4 kilometri da qui. Mi manca ancora da vedere una cosa e non me la voglio perdere: sto parlando di “Trg Svetog Teodora Vrsackog”, ovvero una piazza molto carina con punti di ristoro, aree verdi, una fontana con acqua celeste paradiso, una croce commemorativa (chiedo perdono ma non trovo informazioni maggiori) e la scultura di tale Vinko Lozic.
Finalmente posso dire di avercela fatta anche stavolta; mi incammino verso il nuovo bus e durante la passeggiata mi viene solo in mente questa cosa: “Porca miseria…ma che cavolo di cittadina è Vrsac?”. Mi aspettavo qualcosa di molto più anonimo, di meno curato e più trasandato ed invece il sunto della mattinata è tutto il contrario. Vrsac è un piccolo gioiellino, ben organizzata, con tanti punti di interesse rapportati alla superficie ed alla popolazione presente, curata, pulita e piena di gioia di vivere al punto da contagiare il visitatore che finisce per amarla. Sto andando via con un sorriso a 32 denti perchè questo è il bello di viaggiare: troppo facile e scontato dire che Londra, Parigi e Madrid sono bellissime perchè è innegabile; scoprire luoghi unici come questo che sto lasciando è la mia vera soddisfazione. Alle 13:45 parte puntuale il pullman che mi porterà a Zrenjanin intorno alle 15:25; sarà lì che dormirò stasera, una delle due notti di tutto il tour che passerò fuori Belgrado. Stavolta non ho nè modo ne tempo di addormentarmi durante la tratta perchè sono troppo felice di aver scoperto Vrsac e ciò non è un punto a favore della prossima località che difficilmente riuscirà a superarla, ma staremo a vedere che succederà. Puntuale scendo dal mezzo pubblico e so di essere a 2,2 kilometri dal centro, per cui mi armo di pazienza e mi metto in cammino. Però, mappa alla mano, noto che qualcosa da vedere c’è già in zona, per cui mi dirigo verso la “Chiesa Ortodossa di San Nicola”. Archivaiata anche questa, inverto la marcia e stavolta punto davvero verso il centro fermandomi solo all’altezza di un piccolo cimitero dove entro e porto via con me un’immagine della piccola Cappella qui presente.
La mia primissima impressione è che questa località sia un po’ meno curata di quelle viste fino ad oggi, ma questo sarò solo il giro a confermarlo o a smentirlo. Un cartello che punta uno stradone sulla destra indica la scritta “Super Idea”, per cui so per certo che stasera avrò per cena tutto ciò che voglio. Rinfrancato anche da questo continuo la marcia di avvicinamento ai punti di interesse. Il primo che incontro è la Chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine. Google Maps mi ha spinto a mettere nella lista anche il “Palazzo Sandor Kovac” come storico e degno di nota, ma quando mi ci trovo davanti non è niente di speciale e quindi lascio perdere. Qui inizia il corso principale e pedonale, ma decido di impostare il tour come quasi sempre accade: prima la periferia e poi il resto. Una costruzione carina la incontro poco dopo, stavolta senza volerlo: la Scuola di Musica “Josif Marinkovic” si affaccia su un laghetto più lungo che largo nel quale è presente una fontana di quelle con lo zampillo piazzato a pelo d’acqua. Devo ammettere che l’insieme non è niente male. Ma è la vicinissima Chiesa Riformata che ruba la mia attenzione per il tempo necessario; forse ha un po’ troppi alberi intorno ed il comune (o chi ne ha facoltà) dovrebbe decidersi a fare qualcosa in proposito. Sempre affacciato sul laghetto di poco fa, l’edificio che ospita il Tribunale locale non passa certo inosservato.
Seguo il perimetro del laghetto superando un piccolo parco senza attrazioni importanti fino a raggiungere un’anomalia, ovvero il “Dry Bridge”. Viene chiamato così un ponte che non serve più a nulla perchè sotto non ci scorre più alcun fiume, visto che il suo corso è stato deviato in passato. La costruzione è oggi rugginosa ed abbastanza fatiscente, per cui le autorità cittadine stanno optando per la demolizione di quello che ritengono un elemento addirittura pericoloso. Cammino su “Obala Sonje Marinkovic” e poi, quasi per caso, vedo alla mia sinistra qualcosa di particolare: si trova all’interno di una zona sportiva che comprende un campo da basket ed uno da calcetto in cui alcuni ragazzi stanno giocando. Ma ciò che voglio osservare meglio sta dietro a tutto quanto: salgo su delle tribune di legno che stanno in piedi con lo sputo e, tra lo stupore generale, punto la reflex ad un palazzo che scoprirò essere il “Sokolski Dom” completato nel 1924. Esco dall’area e torno in strada, dove svolto quasi subito a sinistra su “Dr. Miroslava Tirsa” che è devastata dai lavori in corso; qui ammiro la “Chiesa Ortodossa Russa di San Michele Arcangelo”: per poterla fotografare come meglio posso sono costretto ad usare la terrazza di un locale chiuso.
Pochi passi e faccio il mio ingresso in “Trg Slobode”, vale a dire la piazza centrale di Zrenjanin. Noto subito del movimento e mi avvicino per capire di che si tratta: un buon numero di donne vestite con abiti tipici stanno allestendo un mercatino con banchetti pronti a vendere sia oggetti (pochi) sia cibarie varie (tantissime). Faccio un giro completo e sinceramente addenterei un po’ tutto ciò che vedo perchè ogni singolo pezzo sembra fatto in casa, quindi genuino e buonissimo. Devo cercare di non pensare a quel ben di Dio, per cui torno ai punti di interesse dell’area iniziando dal “Teatro Nazionale Tosa Jovanovic”; seguono il bel palazzo del Municipio, l’imponente Cattedrale Cattolica e la Statua Equestre per Pietro I° di Jugoslavia. Chiudono il cerchio una statua della quale non ci sono tracce da nessuna parte ed un esempio dell’originale decorazione floreale qui presente, a forma di farfalla.
Dopo un’occhiata rapida al Museo Nazionale (adesso chiuso) prendo “Kralja Petra I°” e vado a cercare le ultime attrazioni rimaste. Sulla destra, quasi subito, noto il Monumento in onore di Zarko Zrenjanin: è lui l’eroe partigiano della Jugoslavia che dal 1946 dà il nome alla città che mi ospita. Precedentemente era chiamata Petrovgrad (dal 1935 al 1946) e prima ancora Beckerek. Infine, la Chiesa Evangelica Slovacca chiude le danze.
Tornando indietro verso il centro incontro un cambiavalute che applica un tasso decente, così aumento la mia disponibilità di dinari serbi che era agli sgoccioli. Ripasso da Trg Slobode e non posso non guardare il mercatino che ha preso totalmente piede: moltissime sono le persone curiose ed affamate che lo bazzicano. Colgo l’occasione per percorrere tutta “Kralja Aleksandra I Karadjordjevica”, o meglio quella che all’inizio del giro ho definito semplicemente come via principale e pedonale; non c’è poi molto e noto che sono le 18:30 : anche se non è tardissimo, il mio “lavoro” qui è terminato e mi viene in mente che nelle precedenti quattro sere ho soggiornato in un tugurio; decido così di andare a prendere la stanza che mi ospiterà stasera che è ubicata nella strada parallela. Questi serbi vogliono proprio farmi soffrire: non c’è neanche una misera insegna che indica la struttura, per cui devo contattare il proprietario per farmi sia indicare dove andare che per farmi aprire. Quando però varco la soglia, i miei occhi si gonfiano a palla commossi: sono i miei standard quelli che vedo, composti da ordine, pulizia, cura dei dettagli e chi più ne ha più ne metta. Il gestore può ringraziare di essere un uomo perchè in caso contrario lo avrei riempito di baci. Cerco di mantenere sempre la mia classica educazione, ma provo a cacciarlo prima possibile. Alle 19:30 o 19:45 al massimo andrò al “Super Idea” a comprare la cena, per cui adesso voglio letteralmente godermi qui dentro (soprattutto in doccia) l’ora libera a disposizione. Alla fine mi sento bene e sono rinfrancato; sono sicuro che il soggiorno precedente sia stato solo un brutto episodio e spero che non si ripeterà mai più. Un kilometro e quattocentro metri mi separano dal market; non è proprio un tiro di schioppo, ma meglio uno sforzo in più per poi avere in cambio ciò che cerco che dovermi accontentare di ciò che non mi va. Trovo proprio tutto e torno per la cena; dato che alloggio a duecento metri da Trg Slobode e a due passi dalla via pedonale, mi viene l’idea di uscire a fare una passeggiata e magari di prendere una birra, ma una volta tranquillo in stanza davanti al mio calcio manageriale resto come stregato. Stanotte dormirò quando vorrò in un silenzio rigenerante e non per sfinimento con le orecchie dentro le casse di un disco-pub.
Sabato 17 agosto: la sveglia è alle ore piccole anche oggi perchè il programma prevede la visita di una località importante, la seconda tra quelle del mio tour per estensione e numero di abitanti dopo Belgrado. Il pullman partirà alle 6:30 e, lo ricordo, mi trovo a 2,2 kilometri dall’autostazione. Serve quindi il tempo di alzarmi, prepararmi e coprire la tratta a piedi, ma come sempre giungo dove voglio con un discreto anticipo. Acquisto il biglietto e salgo sul pullman diretto a Novi Sad dove scendo alle 7:30 circa. E’ prestissimo ed il sole è ancora troppo basso per poter sperare in foto di qualità almeno sufficiente, per cui entro nel McDonald locale dove ordino e gusto un mitico McFlurry al Twix che è semplicemente divino. Verso le 8:00 esco e mi metto in cammino perchè vorrei riuscire a vedere proprio tutto anche qui. Novi Sad è una città di 388.000 abitanti situata nel nord della Serbia, un po’ più a sud di Subotica (da me già setacciata nel giorno di ferragosto). Il primo obiettivo che scelgo non è fortunato: la “Chiesa dei Tre Santi Gerarchi” è completamente coperta da un numero impressionante di alberi. Proseguo oltre e mi imbatto prima nella “Biblioteca Matica Srpska” e poi nella “Chiesa di San Nicola”.
Prendo “Jovana Subotica” e la seguo per un po’ perchè ricca di attrazioni a cominciare dalla “Chiesa Greco-Cattolica dei Santi Apostoli Pietro e Paolo”. Qualche decina di metri ed ecco la “Chiesa Evangelica Slovacca” dall’altro lato della carreggiata. Procedo senza soluzione di continuità con la “Chiesa dell’Assunzione di Maria” ed infine, per questo blocco, con la “Chiesa Cristiana Riformata”. Raggiungo anche la grande Sinagoga di Novi Sad e la osservo a dovere, ma non posso portare via nessuna foto perchè si trova in una posizione sfortunata, con la facciata totalmente coperta da alberi a brevissima distanza.
E’ il momento di fare l’ingresso nel centro storico della città e la prima attrazione che mi si presenta è il Teatro Nazionale di Serbia; l’edificio è enorme e nel mio archivio ho una foto scattata in obliquo che lo riprende quasi tutto, però non la ritengo il top. Per questo motivo pubblico l’istantanea del solo ingresso per la serie “meglio poco ma buono”. Prima di mettere il primo piede nella piazza principale (a proposito: come mai si potrebbe chiamare se non…Trg Slobode?) trovo il Monumento in onore della ballerina e coreografa Marina Olenyina. Il colpo d’occhio è stupendo sin da subito, ma è facendo un giro di 360 gradi su me stesso che riesco ad apprezzare la bellezza di quest’area pedonale. Se escludo una stramaledetta installazione per lo sport di strada che serve per divertire gli ebeti noto la statua di Svetozar Miletic (ex sindaco di Novi Sad e politico molto influente nella Vojvodina) che guarda la stupenda “Chiesa del nome di Maria”; alle sue spalle c’è il bellissimo palazzo del Municipio e, tutto intorno, edifici finemente curati a fare da perimetro alla piazza stessa. Non accetto giudizi contrari: voto 10!
Percorro “Zmaj Jovina”, strada colma di tavolini dei tanti bar e punti di ristoro presenti su ambo i lati. Alla fine ho davanti la scultura per il poeta Jovan Jovanovic Zmaj; dietro di lui fa la sua degnissima figura il Palazzo Vescovile. Una breve deviazione a sinistra mi porta ad osservare la “Cattedrale di San Giorgio” che, a causa della posizione disgraziata, posso immortalare solo dal retro con mia enorme incazzatura perchè comunque si vede poco o niente.
Svolto su “Dunavska” e la storia si ripete: tavolini, tavolini e tavolini a disposizione dei turisti e dei locali che non disdegnano mai di sedersi a bere o mangiare qualcosa. Alla confluenza con “Ignjata Pavlasa” ho modo di vedere il Museo Cittadino che sembra difeso dal Monumento per il politico nazionalista serbo della Vojvodina “Jasa Tomic”. Qualche decina di metri più avanti e trovo prima il Museo della Vojvodina e poi il Museo d’Arte Contemporanea della Vojvodina. Basta attraversare la strada per poter passeggiare all’interno del “Dunavski Park”, un’area verde di medie dimensioni che giro in lungo ed in largo. Ricordo una gradevole fontana, il Monumento che suggella l’amicizia tra Serbia e Russia ubicato nella zona dell’insipido laghetto e la scultura omaggio allo scrittore Djura Jaksic. Esco dal parco dal lato di “Bulevar Mihaila Pupina” ed ho modo di vedere l’imponente e storico “Palazzo Banovina” opera dell’architetto Dragisa Brasovan che oggi è sede del parlamento della Vojvodina.
Mi dirigo verso gli ultimi due punti di interesse di questa zona che devo vedere prima di passare altrove. E’ così che mi imbatto nel Memoriale per il fisico e chimico serbo “Mihajlo Pupin” che attualmente abbellisce un incrocio tra più strade. Ancora avanti entro in “Trg Galerija” che non si chiama così per caso: proprio qui si presentano davanti ai miei occhi la “Galleria Matica Srpska” e la “Galleria Pavle Beljanski”.
Torno un pochino sui miei passi, ma col preciso obiettivo di cambiare strada appena possibile ed è esattamente ciò che faccio. L’omaggio al musicista “Janika Balaz” è molto originale…forse troppo…perchè da una parte sembra una mezza presa per i fondelli. Superato questo punto di interesse raggiungo il Danubio; ormai non riesco più a contare in quante città ho incontrato questo mostro sacro d’Europa. Ho cose da vedere sia svoltando a destra che a sinistra ed opto per iniziare dalla seconda soluzione. Oltre a godere del panorama ad ogni passo, raggiungo la statua per l’artista azero “Uzeir Hajibeyli” e qui inverto la marcia. Arrivo volutamente nel miglior punto possibile per fotografare un bellissimo dipinto murale che prende tutta la fascia laterale di un palazzo che ho scorto poco fa con la coda dell’occhio.
Altro punto di interesse importante è il Memoriale per le Vittime del Fascismo che trovo dopo che la passeggiata mi porta dalla parte destra del lungofiume. Adesso la mia mappa mi dice di oltrepassare il Danubio e non ci penso due volte. Questo è il momento adatto per una breve digressione storica: Novi Sad fu una città particolarmente colpita dalle forze della NATO durante la Guerra del Kosovo nel 1999; venne letteralmente messa in ginocchio poichè tutti (ripeto: tutti…) i suoi ponti furono bombardati e distrutti, così come le installazioni petrolifere che erano l’ultimo baluardo di economia rimasta ancora in piedi dopo gli effetti delle sanzioni economiche imposte sulla Serbia. Con la fine del conflitto e con il passare degli anni, Novi Sad e l’intera nazione si sono riprese anche grazie agli aiuti economici arrivati dalla UE, però una cosa è certa: gli abitanti del luogo, fortemente legati alla loro terra ed ai loro confini, non dimenticheranno facilmente. Ho spiegato ciò perchè sto per camminare su uno di quei ponti oggi ricostruiti per raggiungere la Fortezza di Novi Sad, della quale ho una discreta vista dalla mia posizione attuale.
Il fiume qui funge anche da confine politico per la città: una volta dall’altra parte mi trovo a Petrovaradin, ovvero una delle due municipalità nella quale l’amministrazione di Novi Sad è divisa. Alla fine cambia poco e lo ricordo solo per dovere di cronaca. Il primo punto di interesse che trovo nel nuovo quartiere è il Monastero di San Giorgio: è costruito a pochissima distanza da altri palazzi, per cui fotografarlo è un’impresa. Io ci provo sia frontalmente (manca un pezzo in basso a destra) sia lateralmente (il risultato è un chiesa-sogliola). Purtroppo meglio di così non sembra si possa fare. La “Porta di Belgrado” è invece a disposizione e quasi in posa, cosa che non succede per il Tempio della Copertura della Beata Vergine (in che senso si parla di “copertura”?…Qualcuno mi dice che sto sbagliando, per favore?) che ha alberi che ne interdicono interamente la facciata. Solo una cosa mi resta da fare ed è la più interessante: salire fino in cima alla collina e visitare la Fortezza. La strada non è affatto ripida e chi ha un minimo di allenamento la supera in scioltezza. Prima di giungere alla sommità si superano diverse “porte” di pietra. Una volta a destinazione posso dire che è particolare camminarci; la cosa che invece fa schifo è la presenza dei soliti bar/ristoranti, davvero immancabili quanto rompicoglioni. Oltre alla vista sul resto di Novi Sad, la cosa più interessante quassù è la Torre dell’Orologio che non mi faccio di certo scappare. Riesco anche a trovare un punto che mi offre una prospettiva diversa per il Monastero di San Giorgio nominato poco fa.
E’ tutto, per cui non mi resta altro da fare che tornare al piano strada e proseguire il mio tour dopo aver riattraversato il Danubio. Il prossimo obiettivo è di quelli che piacciono a me, ovvero lo “Stadio Karadjordjev”. Ci gioca il “Vojvodina Novi Sad”, squadra di buon livello nella massima divisione serba che qualche volta compie piccole imprese in Europa. E’ ovvio che, dopo la disgregazione della Jugoslavia, anche questo team ha avuto un drastico calo di qualità come tutti gli altri dell’intera area. Basta pensare che nella classifica perpetua dell’ex torneo nazionale, il Vojvodina conclude la sua esperienza al quinto posto, ma parliamo di tempi che non ci sono più. L’impianto esternamente è un po’ datato e meriterebbe una ristrutturata; Bella l’idea di allestire negozi e punti di ristoro fissi adiacenti alle tribune. Ho quasi perso le speranze di dare un’occhiata all’interno perchè tutte le entrate sono chiuse, quando vedo che da una parte ho comunque una buona visibilità tra le sbarre di una cancellata.
Da ora in poi mi tuffo in una parte più popolare e meno turistica della città, quella in cui si respira la vita di tutti i giorni. I punti di interesse saranno pochi ma buoni, mentre le distanze da percorrere saranno notevoli. Inizio vedendo il classico cartello “I Love Novi Sad” non scritto usando caratteri cirillici ed ubicato non lontano dallo stadio. Dopo una bella camminata eccomi davanti alla Chiesa Riformata dove noto che c’è qualcosa che non va: probabilmente è abbandonata al suo destino perchè si trova dietro ad un cancello chiuso; in più, un inusuale cartello mi fa capire come il Signore non sia molto propenso ad accogliere i fedeli da queste parti…
A poche decine di metri vedo la “Chiesa Ungherese di Santa Elisabetta” ma il pezzo forte di quest’area periferica è la Chiesa dei Santi Cirillo e Metodio. Da questa parte ho concluso, per cui torno indietro svoltando appena possibile verso altre cose da vedere; trovo una Sinagoga che, se non vado errato, fa la guardia ad un cimitero ebraico al quale però non si può accedere, tanto per cambiare. Facendo i conti della serva, l’unica cosa che mi resta da vedere è la Parrocchia di San Rocco e, a forza di passeggiare, trovo anche quella; di nuovo, anche lei ha un grosso problema di alberi che ne coprono la facciata…ma ormai ci ho fatto l’abitudine anche se la cosa proprio non vuole andarmi giù.
Sono orgoglioso di me perchè tutto è andato a meraviglia anche stavolta: infatti non ho più nulla da vedere segnato sulla mappa e mi trovo a poche decine di metri dalla Sinagoga Centrale, cioè un luogo già visto dal quale posso tornare con la dovuta calma all’autostazione. Mi godo questo ultimo tempo in quel di Novi Sad (una bellissima città col senno di poi) guardandomi intorno cercando di non perdere neanche un particolare. Alla biglietteria è un gioco da ragazzi trovare un ticket per una partenza quasi immediata per Belgrado perchè tra queste due città i collegamenti sono frequentissimi. Il viaggio scorre via bene e mi ritrovo di nuovo nella capitale serba dove dormirò stasera. Fortunatamente non lo farò nella stanza/topaia delle prima quattro notti, bensì in un nuovo appartamentino che dista sufficientemente da quel luogo del quale ho un ricordo terribile. Vado all’appuntamento col proprietario e trovo tutto ciò di cui ho bisogno: anche qui, come a Zrenjanin, il posto è carino, pulito e ben tenuto. Esco e torno per l’ultima volta a “farmi del male” in centro percorrendo per intero Kneza Mihaila e poi, come da tradizione ormai consolidata, vado a fare la mia solita capatina al “Super Idea” per acquistare la cena che gusto in santa pace davanti al mio amico calcio manageriale. Sistemo tutto e mi preparo perchè anche stanotte dormirò da Dio.
Domenica 18 agosto: oggi la sveglia è abbastanza tranquilla; mi trovo ad un kilometro dall’autostazione ed avrò il bus alle 9:00, per cui me la prendo comoda per quello che sarà l’ultimo giorno di tour nella Serbia centro-settentrionale. Acquisto il biglietto per Smederevo, città di circa 110.000 abitanti che scelgo sia per motivi di interesse che per un ottimo collegamento pomeridiano che mi riporterà a Nis in prima serata; sarà da qui che domani avrò il volo di rientro per l’Italia. La tratta in bus dura circa un’ora e quindici minuti, ma stavolta osservo qualcosa di nuovo: spingendomi verso questa zona trovo una Serbia diversa, più rustica e rurale…forse più autentica. Mi vengono in mente le grandi multinazionali che decidono di ricollocare qui la loro produzione perchè possono pagare gli operai l’equivalente di 400 euro al mese e renderli felici. Uno stipendio del genere a Belgrado ed a Novi Sad non basterebbe, ma probabilmente in queste campagne sarebbe oro. Vedo un grande mercato allestito in uno sterrato che sta creando scompiglio nella circolazione stradale a causa della massa di persone presenti a fare acquisti. Non voglio azzardare, ma immagino che tra la merce esposta ci sia una percentuale molto alta di oggetti usati e roba simile. Il pullman fa almeno cinque fermate intermedie in località piccole e quasi sconosciute; gente che sale e gente che scende mentre mi domando che prospettiva di vita si abbia abitando in certe realtà. La verità è che si è chiusi e che non si hanno altre possibilità senza spostarsi ed abbandonare tutto per tentare fortuna altrove. A destinazione vado alla biglietteria per comprare subito il ticket che mi interessa per l’ultimo viaggio in terra serba di questa settimana. L’addetta non parla inglese, ma capisce che sono straniero e si arma di carta e penna scrivendo il prezzo e l’orario che quadra con quanto avevo visto on-line. Messo al sicuro il viaggio del pomeriggio mi metto in marcia alla scoperta di questa località nella quale avrò a disposizione circa cinque ore, un’enormità per me. Smederevo è conosciuta soprattutto per la Fortezza sul Danubio: oggi la vediamo messa maluccio, ma c’è un motivo ben preciso: fu utilizzata dai nazisti come arsenale e rifugio per le munizioni, quando nel 1945 una terribile esplosione uccise migliaia di abitanti e danneggiò gravemente l’edificio rendendolo un mezzo rudere. L’ingresso è gratuito nell’ampio parco recintato; cartelli scritti sia in serbo che in inglese avvisano le persone che è obbligatorio stare a debita distanza dalle mura, perchè quelle rimaste in piedi potrebbero essere soggette a crolli in qualsiasi momento. C’è un discreto numero di persone: alcune di loro giocano con i bambini, altre fanno jogging mentre io sono l’unico turista presente con una reflex in mano. Faccio un giro lento ed esauriente affacciandomi anche sul grande fiume. Questi sono i risultati:
Mi dedico da adesso in poi alla visita della città iniziando proprio dal Monumento in memoria delle vittime dell’esplosione del 5 giugno 1945. Ringraziamo come sempre i vandali per aver imbrattato il tutto con la solita fottuta vernice spray. Un consiglio da parte mia per questi geni: aprire la bocca, puntare la bomboletta verso di essa, premere con forza fino a che il veleno della vernice non farà il suo effetto per intero. A questo punto l’umanità ringrazia.
Proseguo osservando il Museo Cittadino e poi raggiungendo la piazza principale (Trg Republike), un’area pedonale abbastanza ampia e ricca di panchine (ubicate in punti strategici all’ombra degli alberi presenti) che ospita il palazzo del Municipio, la bella Chiesa di San Giorgio ed il Monumento ai Caduti nella prima guerra mondiale. I soliti ed immancabili cafè/ristoranti chiudono l’offerta.
Appena fuori dalla piazza, al centro di un’aiuola stradale, trovo la statua dello scrittore Dositej Obradovic; a poche decine di metri invece vedo e fotografo il “Karadjordjev Dud”: si tratta di un recinto rotondo che racchiude un gelso ed un’iscrizione su pietra; sembra roba di poco conto, ma è di importanza storica vitale per i locali. L’8 novembre 1805 il comandante turco che reggeva Smederevo consegnò ufficialmente a Karadjordj le chiavi della fortezza ritirandosi dalla città ed avallando così l’inizio di un nuovo corso. Vado avanti nella medesima direzione ed incontro il nuovissimo Palazzetto dello Sport che non viglio tralasciare. Poi, ad una certa distanza c’è la bella Chiesa di San Luca che vale tutta la strada fatta per arrivare fin qua e tornare indietro.
Un’altra camminata niente male mi conduce fino al piccolo cimitero dove posso osservare la “Chiesa della Successione della Beata Vergine”. Poi una deviazione verso fuori città mi porta fino allo stadio locale dove gioca lo “Smederevo 1924”, compagine che naviga nelle parti basse della seconda divisione serba. Al momento in cui scrivo vedo un destino piuttosto bizzarro: dopo dieci partite di campionato sono state collezionate prima sei sconfitte consecutive e dopo quattro vittorie consecutive; chissà cosa è scattato nella testa dei giocatori tutto d’un tratto. Ovviamente l’impianto (che come nei casi precedenti dovrebbe essere rimesso a nuovo) non è accessibile; c’è però una cancellata dalla quale si vede parte dell’interno attraverso le grate, ma è sorvegliata da un guardiano. Decido di andarci perchè alla fine non sto facendo nulla di male ed infatti quella persona mi tiene d’occhio ma mi lascia fare. L’unico rammarico è che la “fetta” di stadio visibile non è degna di una foto. Infine, rientrando in centro città, mi imbatto nella quasi terribile Chiesa Cattolica locale che sembra un’abitazione riadattata.
Arrivato a questo punto, le attrazioni sono finite ed ho ancora tempo, ma lo immaginavo. Decido quindi di fare prima una bella passeggiata lungo il corso del Danubio sfruttando l’ora più calda per rilassarmi come si deve scattando le ultime istantanee di questo tour; I restanti quaranta minuti li spendo in Trg Republike, seduto su una di quelle panchine al fresco delle quali parlavo in precedenza.
Vado all’autostazione ed il pullman è puntuale, ma c’è un problema enorme: a metà agosto non funziona l’aria condizionata! E’ un vero disastro per tutti i passeggeri, al punto che siamo costretti a viaggiare con le portiere aperte dove possibile…ovviamente non in autostrada e lì si boccheggia. Ci fermiamo un paio di volte per ricaricare acqua nel serbatoio del condizionatore, ma non c’è niente da fare. Otteniamo solo un ritardo di circa un’ora sulla tabella di marcia ed arrivo così a Nis alle 19:00 anzichè alle previste 18:05. Durante la tratta avviso il proprietario della stanza che mi ospiterà per stasera che, con una gentilezza disarmante, si offre addirittura di venirmi a prendere con la sua auto; poi, come se già non fosse abbastazna, mi accompagna a fare la spesa per la cena in un market di sua conoscenza. Stavolta non sono solo e in questa situazione non posso fare di testa mia chiedendo di andare al “Super Idea”. Mi porta dove conosce lui e stop; infatti non trovo tutto ciò che vorrei ed a cui mi ero abituato nelle ultime sere, ma non importa. La sorpresa finale ce l’ho quando mi vengono consegnate le chiavi: non è una camera, ma una reggia! E’ enorme, nuovissima, iper pulita e bellissima in ogni suo centimetro; un sogno pagato 18 euro. Sicuramente un omaggio del destino dopo l’esperienza pessima delle prime quattro notti nella stanza/topaia. La prassi è la stessa e ceno davanti al mio amico calcio manageriale. Stavolta non preparo per la visita del giorno dopo, ma lo faccio per tornare a casa. Inutile dire che dormo come un sasso in un silenzio idilliaco.
Lunedi 19 agosto: la sveglia è iper-comoda. La struttura in cui soggiorno si trova a poco più di due kilometri a piedi dall’aeroporto di Nis ed ho il volo alle 11:25, per cui devo stare al check-in per le 9:55 circa. Riesco a fare tutto in tempo ed a imbarcarmi sul volo Air Serbia con direzione Bologna che raggiunge la città felsinea intorno alle 13:00. Controllo passaporti superato agevolmente e poi giro in città poichè ho la prenotazione per un “Italo” per Roma alle 17:00 per precauzione contro eventuali ritardi che poi non si sono verificati. Alle 19:25 scendo alla stazione Termini e da lì, tra ultimo giorno di navetta sostitutiva della metro chiusa parzialmente per lavori e tutto il resto, per le 20:20 sono al supermercato per fare la spesa per la settimana a venire. Poi, finalmente, giro le chiavi nella serratura del portone di casa e qui posso dire che la mia avventura può considerarsi conclusa. Da questo momento non partirò per una ventina di giorni, ma sarà un periodo difficile perchè c’è in programma il trasloco dell’ufficio e non sarà una passeggiata.
Conclusioni: la Serbia non è una nazione nella quale si può fare un classico week-end sabato+domenica: i collegamenti dall’Italia sono difficili (adesso hanno aggiunto altri voli per fortuna, ma comunque niente a che vedere con molte altre nazioni europee). Già la volta scorsa, quando andai a vedere la parte sud, dovetti partire da Bergamo e poi inventarmi una triangolazione per tornare senza grossi patemi e con buoni orari e tariffe. Il prezzo trovato per questa partenza mi ha dato l’input per fare tutto ciò che mi mancava in una settimana e, col senno di poi, sono iper soddisfatto. Torno via contento di aver visto realtà che il 99,99% degli italiani snobba; sfido chiunque a dirmi di aver visitato Vrsac, Golubac o Zrenjanin per esempio. Eppure una visita la meritano. Con questo blog continuo la mia campagna a favore dei luoghi sconosciuti o forse solo snobbati per mancanza di voglia di scoprire e conoscere nuove realtà che vanno fuori dall’ordinario. La Serbia è una di queste realtà e mi sento di consigliare ai veri viaggiatori di fare come me ed organizzare il proprio tour poichè è facilmente realizzabile, abbastanza economico (in sette giorni ho speso forse 350 euro tutto compreso stando largo) e con rapporto qualità/prezzo ottimo. Ultimo consiglio: se volete evitare di dormire dove l’ho fatto io a Belgrado chiedete pure i riferimenti e non mi tirerò indietro nel continuare a rovinare quel mentecatto, dato che ho chiesto ed ottenuto il rimborso totale di quel soggiorno di merda.