Ungheria nord occidentale: Sopron, Szombathely e Gyor

di admin

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Conversazione con un amico:

  • Lui: Dove vai di bello questo week-end ?
  • Io: Ungheria.
  • Lui: Ma…non c’eri già stato a Budapest ?

5 secondi di silenzio pietoso… e poi:

  • Io: Si, infatti ho detto “Ungheria”, non Budapest.
  • Lui: ahhhhhh…ok.

Questo fantomatico amico non ha un nome ed un congnome precisi; purtroppo c’è una convinzione generale nella maggior parte delle persone che recita testualmente questo: in Ungheria c’è solo Budapest. Tutto il resto della nazione pare sia una landa desolata ed abbandonata a se stessa in cui magari il caos regna incontrastato e dove i barbari ancora scorrazzano con spade e forconi saccheggiando i più deboli, rapendo le donne che incontrano per strada e chi più ne ha più ne metta. E’ con questo siparietto che nasce l’organizzazione della mia seconda toccata e fuga in terra magiara. Confermo di essere già stato nella capitale e mi scuso per non aver ancora trovato il tempo di pubblicarne il racconto. Ma stavolta è meglio così: dò spazio a qualcosa della quale moltissimi non hanno probabilmente mai sentito parlare. Un week-end breve (solo sabato e domenica) alla scoperta della parte nord occidentale di questa BELLISSIMA NAZIONE, al confine con Austria e Slovacchia, per capirci meglio.

La partenza del volo è di mattina presto da Milano Malpensa; io abito a Roma, per cui mi sobbarco il viaggio fino allo scalo varesino e faccio in modo di arrivare con l’ultimo mezzo disponibile. Giungo lì verso l’una di notte e, armato del mio fedele computer, aspetto le 6:45 su una sedia giocando al mio solito calcio manageriale. Così facendo, quelle ore passano che è una bellezza e proprio alla fine del campionato virtuale ho giusto il tempo di riporre tutto nel bagaglio a mano per recarmi ad effettuare i controlli di sicurezza. Si, confermo di non aver chiuso occhio, coccolato dal caldo africano che si vive dentro agli aeroporti. Però confermo anche che le circa due ore di volo le ho passate a ronfare beatamente da prima del decollo fino all’atterraggio. Lo faccio sempre…ma stavolta ne ho ampio motivo. Arrivo al terminal 2 dell’aeroporto di Budapest (il Terminal 1 è chiuso da quando la Malev, compagnia di bandiera, è miseramente fallita) e lì non può mancare la mia solita staffetta tirata fino alla morte: ho circa un’ora (forse pochissimo di più) per poter salire sul treno che avevo scelto accuratamente da casa. Non farcela avrebbe significato la perdita di un sacco di tempo da dedicare alla visita delle città prescelte. Così mi armo della solita organizzazione di sempre e, concentrato su ogni movimento, mi metto in moto. Nell’ordine in quei 60-70 minuti a dispozione effettuo quanto segue:

  • cambio soldi (ovviamente una miseria perchè si sa che in aeroporto il tasso è da lodrocinio, ma se non lo avessi fatto non avrei potuto acquistare i biglietti necessari).
  • localizzazione della fermata del bus verso la metro e salita di corsa sul primo in partenza.
  • Discesa dal bus, localizzazione della metro verso il centro e salita sul primo treno cittadino in transito.
  • Cambio della linea metropolitana con tanto di scale mobili e tragitto da percorrere a piedi e salita sul primo vagone disponibile.
  • Discesa alla fermata metropolitana della stazione di Budapest e ricerca della biglietteria.
  • Acquisto del biglietto necessario: qui mi dilungo un pochino di più perchè, dopo quella sudata pazzesca nonostante il freddo gelido di gennaio, al mio arrivo trovo parecchia gente in coda. Guardo il maxi orlogogio che pende dal soffitto e vedo che ho sì e no 10 minuti scarsi; non ho altra scelta che buttarmi verso le macchinette automatiche e sperare. Per fortuna posso selezionare la lingua inglese e riesco a districarmi fino a quando (pagando con la carta) il ticket viene stampato.
  • Ricerca sul tabellone del “mio” treno tra tutti quelli presenti, fortunatamente andata a buon fine anche perchè il binario è poco lontano da dove mi trovo.
  • Salita sul convoglio con ben 3 minuti di anticipo rispetto alla partenza, ovviamente puntualissima.

Alla fine ce la faccio e sono orgoglioso di ciò, soprattutto perchè quel tragitto non lo avevo mai fatto prima d’ora; ma anche perchè, e me lo permetteranno gli amici ungheresi con un sorriso, la lingua magiara è forse la più incomprensibile d’Europa. Basti pensare che la parola stazione si traduce in “megallò”…ed ho detto tutto. Ma non può finire qui: il treno diretto a Sopron (mia prima destinazione) è quasi tutto pieno, per cui provo con fatica enorme a capire quali siano la carrozza ed il posto a me destinati e mi dirigo li; quando arrivo trovo una “simpatica” signora che ha le chiappe posate sul mio seggiolino. Pensando alla parola “megallò” ed a quali incroci di lettere avrebbero potuto essere le altre…mi vengono i brividi sul come fare a spiegare a quella gentile utente che ha sbagliato locazione e che quella sedia è mia. Alla fine provo con l’inglese, ma non c’è niente da fare. Fortunatamente l’unico neurone che compone il suo cervellino tarato inizia a muoversi stimolato dalla persona che ha davanti: avendo lei capito il problema si mette a spiegare nella sua lingua madre che la maleducata deve smammare. Incredula, questa singnora tira fuori il suo biglietto e lo guarda almeno 3-4 volte prima di capire che il suo posto è altrove e finalmente decide di andarsene verso altri lidi. Incredibile! ho l’onore di sedermi e di godermi il viaggio che durerà qualche ora. Fuori il panorama è bello ma spettrale allo stesso tempo: non c’è molta neve in giro e tutto il bianco che si vede è composto da ghiaccio vero e proprio. Siamo quindi allo stadio superiore del freddo, ma fortunatamente sono ben coperto e pronto alle evenienze. Talmente tanto coperto che durante il tragitto mi devo praticamente spogliare del tutto perchè la temperatura nel vagone è altissima. Puntuale come un orologio svizzero giungo a Sopron, scendo dal treno ed esco dalla piccola stazione in pochissimo tempo. Altra piccola nota di colore: avete presente la stazioni di tutto il mondo che hanno un buon numero di cartelli di ampie dimensioni che servono per mostrare dove ci si trova ? Bene, nella parte di Ungheria che sto visitando non c’è niente di tutto questo. Occorre fare moltissima attenzione  perchè il nome della località in cui si è viene scritto di rado e pure in formato troppo piccolo. Il rischio di toppare clamorosamente la discesa per mancanza di informazioni è altissimo. Una cosa buona è il rispetto degli orari, per cui se sò che devo uscire (per esempio) alle 14:10 posso basarmi anche su quello per capire dove mi trovo e quanto manca all’arrivo. Riguardo la qualità dei treni non si può obiettare nulla: è un vero piacere viaggiarci. Tornando a poco fa, mi trovo sul piazzale della stazione di Sopron. Armato di mappa inizio la mia prima passeggiata in Ungheria dopo un viaggio abbastanza tortuoso iniziato da Roma e svolto in tante tappe. Per ciò che avevo letto da casa, questa cittadina avrebbe dovuto essere “la peggiore” delle tre programmate; quella cioè con meno punti di interesse; posso invece anticipare che, nella speciale classifica di questo week-end, Sopron si piazza al secondo posto con mio stupore e soddisfazione. Il centro storico è abbastanza vicino e non devo camminare molto per raggiungerlo; d’altra parte l’estensione di questo comune non è enorme. Prima di descrivere ciò che riesco a vedere nel tempo a disposizone (circa 3 ore prima del prossimo treno) non posso dimenticare la sensazione che ho provato arrivando in loco: siamo alla metà del sabato, verso le 13:30 circa. Si sà bene che il rispetto dei paesi europei per i propri cittadini/lavoratori non è neanche lontanamente vicino a quello dell’Italia in cui ci sono negozi aperti 24 ore ininterrottamente…ma qui forse si esagera un tantino: è tutto completamente chiuso e sprangato per il riposo settimanale e fino a lunedi mattina niente avrebbe aperto i battenti. Sono con pochi fiorini in tasca e non mi bastano neanche per il biglietto che dovrò acquistare da lì a poche ore, senza dimenticare che è ora di pranzo e che il mio ultimo pasto, con tutte quelle corse e coincidenze da rispettare, si è svolto il giorno prima. Ma a forza di passeggiare la mia tenacia viene parzialmente premiata: incontro infatti un chiosco cambiavalute operativo e tiro un sospiro di sollievo quando ho finalmente conio ungherese a sufficienza nel mio portafogli. Per il pranzo ci avrei poi pensato a tempo debito. Adesso ho una città da vedere e questo viene prima di tutto. Mi armo di macchina fotografica gentilmente prestata in quanto la mia reflex è in assistenza causa guasto (vedi racconto di viaggio di Francoforte/Wiesbaden per maggiori dettagli) ed inizio il mio giro. Come dicevo, Sopron mi stupisce davvero. Il centro storico è completamente racchiuso ed è composto da una serie di viuzze tutte da vivere. Il cuore di questa località è la graziosissima Piazza Fò Ter; vi accedo attraversando la porta aperta nella Torre del Fuoco (chiamata Porta della Libertà) che è il simbolo della città stessa con i suoi 61 metri di altezza.

Torre del Fuoco

Torre del Fuoco

Ma non c’è solo lei: infatti l’occhio non sà su quale dei tanti punti di interesse presenti soffermarsi per primo. Non essendoci un ordine preciso per qualità, inizio casualmente nominando per prima la meravigliosa Statua delle Trinità realizzata in stile barocco.

Statua della Trinità

Statua della Trinità

Degna di nota anche la Kecske-Templom (Chiesa della Capra…perchè si racconta che i soldi per costruirla siano venuti da un tesoro scoperto proprio da quel simpatico quanto cocciuto quadrupede), davvero imponente.

Chiesa della Capra

Chiesa della Capra

A fare da supporto troviamo poi alcune belle case storiche perfettamente conservate:

  • Casa Storno (Storno-haz)
  • Il museo della Farmacia (Patika-haz)
  • Casa Kossow (Kossow-haz)
  • Casa Gambrinus (Gambrinus-haz)
  • Casa Fabricius (Fabricius-haz)
  • Lackner-vagy Generalis-haz

Ma, aspetti singoli a parte, è l’insieme che rende davvero unica questa piccola ma molto suggestiva piazza oggi fortunatamente baciata dal sole nonostante il periodo avverso. Continuando la passeggiata all’interno del centro storico non si possono non percorrere le strade che prendono vita dalla “Fò Ter”. Belle casette color pastello (tra cui l’azzurrissimo Palazzo Esterhazy che non può non essere notato) che sembrano uscite da qualche quadro si alternano a zone decisamente meno attraenti; non mancano infatti palazzi cadenti, ma fortunatamente sono pochi e se non altro danno un tocco di autenticità all’ambiente.

Casa

Palazzo Esterhazy

Ci sono due sinagoghe (quella antica, oggi sede di un museo, e quella nuova) conosciute e valorizzate addirittura a livello europeo; proeguendo la passeggiata si incontra poi la Chiesa Luterana e, in una suggestiva piazza con al centro la Fontana di Maria, la Chiesa delle Orsoline. Qui il colpo d’occhio è davvero impressionante proprio perchè inaspettato.

Chiesa Luterana

Chiesa Luterana

 

Fontana di Maria

Fontana di Maria

 

Chiesa delle Orsoline

Chiesa delle Orsoline

E’ ora il momento di lasciare il centro storico, ma non lo faccio prima di aver passeggiato in una via che definirei particolare poichè percorre per intero il “ferro di cavallo” delle mura cittadine; tale strada ed il “forum” romano sono le due parti più antiche qui presenti. Suggestivo…ma niente di più. Due imponenti edifici religiosi si trovano fuori da tale perimetro e sono la Chiesa del Santo Spirito (Szentlelek Templom) e la Chiesa di Saint Michael: non hanno niente da invidiare come bellezza ai monumenti che si trovano nel cuore di Sopron.

Chiesa di Saint Michael

Chiesa di Saint Michael

Uno slargo pedonale di buone dimensioni si apre lungo la via principale (piena di negozi ed attività di ogni tipo) e li si trova la “Colonna di Maria”, un altro punto di interesse stavolta di minore importanza visto che moltissime guide neanche ne parlano e, poco più in là, la Huseg-kut chiusa per il troppo freddo.

Colonna di Maria

Colonna di Maria

 

Hukset

Huseg-Kut

Arrivato a questo punto manca solo il tragitto di rientro verso la stazione; a circa 30 minuti dalla partenze del treno che avrei dovuto prendere con biglietto ancora da fare, decido di invertire la marcia. Mi fermo comunque a vedere ciò che la città offre da quella parte. Trovo così la bellissima Chiesa di San Giuda (praticamente dimenticata da tutti), un monumento/lapide che credo sia dedicato ai caduti ma che non è presente neanche sul Google Maps e la bella facciata del Ginnasio “Eotvos Jozsef “.

Chiesa di San Giuda

Chiesa di San Giuda

 

Monumento

Monumento/lapide sconosciuto a Google Maps…

 

Ginnasio

Ginnasio “Eotvos Joszef”

Giungo a destinazione con 10 minuti di anticipo e nelle vicinanze adocchio un supermercato abbastanza grande e soprattutto ancora aperto, per cui mi ci fiondo per acquistare al volo qualcosa per il pranzo che avrei poi mangiato durante il tragitto. Esco dalla porta scorrevole con i tanto sudati viveri, mi dirigo in stazione e, ticket alla mano, arrivo al binario “7B” (mai visto prima d’ora un binario diviso per due treni diversi) dove trovo già lì il convoglio sul quale sarei dovuto salire. Non me lo faccio dire due volte e, appena seduto al calduccio, mi sistemo e metto sotto ai denti ciò che ho appena acquistato.

Il viaggio verso Szombathely (seconda destinazione del mini-tour) è abbastanza breve; praticamente dopo aver consumato il mio pasto volante c’è rimasto ben poco tempo per fare altro. Però trovo lo spazio necessario per sistemare il mio zainetto e le mie cose. Come ogni volta, conservo con cura tutto ciò che il viaggio mi lascia: mappe, biglietti dei mezzi pubblici, scontrini, carte di imbarco ecc; a casa ho i miei personali faldoni dei quali sono gelosissimo dove c’è vita, morte e miracoli delle località visitate: insieme alle foto ed a questo blog mi permettono di non dimenticare neanche un dettaglio. Qui fortunatamente non ho difficoltà ad inviduare la fermata dove scendere perchè il treno è nuovissimo ed ha lo schermo in ogni vagone. Diciamo pure che nel 2017 dovrebbe essere presente su tutti i treni…ma lasciamo correre sopratutto perchè, prima di guardare “gli altri”, dò un’occhiata a “casa nostra” e non abbiamo molto da vantarci. Proprio no. Comunque arrivo a Szombathely e la prima occhiata fuori dalla stazione non promette niente di fantastico. Il panorama è abbastanza squallido, ma ho imparato da viaggi precedenti che in Europa dell’Est spesso è così. La “megallò” è quasi sempre abbastanza lontana dal centro storico, per cui mi armo di pazienza e col borsone sulle spalle inizio a percorrere il kilometro e settecento metri che mi separano dalla struttura prenotata per la notte. Intanto, in cielo, il sole sta già calando. Camminando vedo che la situazione ambientale migliora passo dopo passo ed intravedo le cime dei monumenti che avrei dovuto incontrare di li a poco. Arrivo all’indirizzo indicato sulla prenotazione e vedo con stupore e preoccupazione che la porta della pensione è chiusa e dentro è tutto buio. C’è un numero di telefono scritto su un foglio A4 appiccicato al vetro con dello scotch, per cui prendo il cellulare e chiamo. Ovviamente mi risponde un tizio che non parla inglese (come sempre…) e mi fa attendere mentre cerca qualcun’altro che possa aiutarlo. Arriva una voce femminile che mi indica di andare all’ingresso di una taverna subito dopo l’angolo della strada e così faccio. Entro con educazione e la prima cosa che succede è l’appanamento istantaneo e totale dei miei occhiali causa l’escursione termica abnorme che vi trovo: fuori fa probabilmente qualche grado sotto lo zero mentre lì dentro ne fanno almeno 25…; vergognandomi come se mi fossero caduti i pantaloni faccio un gesto rapidissimo col quale mi tolgo le lenti e penso di avere le visioni: non sapevo che gli angeli lavorassero nelle taverne in Ungheria. A parte gli scherzi, la ragazza che parla inglese in quella struttura ha un aspetto che definire gradevole è nettamente riduttivo. Questo pensiero lo lascio per me per rispetto, per la mia solita inguaribile timidezza ed anche perchè non so chi sono quei 2-3 colossi magiari che bazzicano nel locale; non mi va di avere colluttazioni con qualche “grosso” parente o similare anche solo per un innocente complimento, dato che oggi passare dal dire la verità all’essere fraintesi è questione di un nanosecondo. Prendo la chiave della stanza ed immagazzino le informazioni che mi vengono fornite su come usufruire al meglio del soggiorno, saluto e vado in camera a sistemare le mie cose. Tempo 5 minuti di numero e poi esco: è già tardi e le foto col sole saranno destinate al mattino seguente perchè nel frattempo l’oscurità ha preso il sopravvento. Tornando alla speciale classifica tra le tre località di questo viaggio, Szombathely è quella che ha perso il secondo posto a favore di Sopron. Avevo letto di cose davvero belle da vedere qui ed effettivamente tre punti di interesse superlativi rispetto alla norma ci sono, però sinceramente parlando la somma di tutti i fattori perde dei punti rispetto a ciò che realmente mi aspettavo. Decido di iniziare l’esplorazione della città dalla parte periferica per poi spostarmi pian piano verso il centro e rientrare in camera alla fine. Percorrendo così il corso di un fiumiciattolo trovo la prima costruzione interessante: la Chiesa Salesiana di Don Bosco con relativo oratorio. Tra le cose da vedere indicate su internet non c’è traccia di questo posto. Mi domando perchè a volte sono recensite vere e proprie stupidaggini inutili mentre gradevoli esempi di architettura religiosa vengono totalmente ignorati. Ma questa domanda rischia di rimanere irrisolta per sempre, per cui vado avanti.

Oratorio della Chiesa Salesiana di Don Bosco

Oratorio della Chiesa Salesiana di Don Bosco

Inverto la marcia ed arrivo ad uno dei luoghi migliori della piccola cittadina magiara che mi ospita: la Kalvaria Church che si affaccia sull’omonima via. Si tratta di una costruzione davvero bella che resto a contemplare per alcuni minuti. Così bella che quasi stona con l’ambiente che ho visto fino a quel momento.

Kalvaria Church

Kalvaria Church

Successivamente arriva il turno del centro storico vero e proprio: è composto soprattutto da palazzi d’epoca ed edifici religiosi. Mi imbatto per prima nella particolare “County Hall” dipinta di un bel colore verde; a pochi passi si ergono il Palazzo Vescovile e l’imponente Cattedrale realizzata in stile tipicamente ungherese (ce ne sono tantissime così nelle varie città che compongono questa nazione).

County Hall

County Hall

 

Palazzo Vescovile

Palazzo Vescovile

 

Cattedrale di Szombathely

Cattedrale di Szombathely

La Biblioteca Diocesana ed il Palazzo della Corte di Szombathely completano la strada che sto percorrendo.

Scorcio del Palazzo della Corte

Scorcio del Palazzo della Corte

Giunge così il momento di deviare la direzione e di incontrare il vero fulcro della città: la Fò Ter (esattamente come a Sopron; diciamo che la fantasia non è la il pezzo forte di questa parte dell’Ungheria). Si tratta di una piazza di ampissime dimensioni totalmente pedonale. E’ abbastanza vuota per i miei gusti e, a parte alcuni palazzi storici ben conservati e negozi ovviamente chiusi, presenta la Colonna della Trinità (come a Sopron…), una fontana, un giardino ed un plastico che riproduce le arterie cittadine.

Colonna della Trinità

Colonna della Trinità

 

Plastico di Szombathely

Plastico di Szombathely

Pochi passi più avanti e ci si imbatte in un piccolo gioiellino che si fonde perfettamente nel semplice ambiente circostante: la St. Elizabeth Church. La vedo illuminata a giorno e, anche se realizzata in maniera molto poco arzigogolata, mi colpisce.

St. Elizabeth Church di notte

St. Elizabeth Church di notte

 

St. Elizabeth Church di giorno

St. Elizabeth Church di giorno

In quella serata decido di percorrere ancora pochi passi per ammirare (e questo è il miglior termine che avrei potuto usare) la bellissima Sinagoga che provo a fotografare da ogni angolazione per quanto la reputo imponente e fantastica. Al momento in cui sto scrivendo questo racconto, questo punto di interesse è la mia immagine del profilo di whatsapp per quanto mi è rimasta impressa.

Sinagoga di Szombathely

Sinagoga di Szombathely

C’è però qualcosa che mi turba ma non so bene di che si tratta. Ad un certo punto realizzo la verità: si sta avvicinando l’ora della cena e l’unico “non ristorante” che ho adocchiato fino ad ora è il classico McDonald. Passandoci rapidamente davanti lo avevo visto pieno zeppo di ragazzini che avranno avuto meno della metà dei miei anni. Non mi sarei sentito a mio agio in quell’ambiente, soprattutto perchè non conosco la loro lingua e me ne avrebbero potute dire di tutti i colori facendola totalamente franca. Così opto per mangiare qualcosa in camera alla fine del giro…ma cavolo…non sono a Roma in cui ho il supermercato aperto 24 ore…sono in una cittadina neanche troppo ampia dell’Ungheria e sono le 18:30 circa del sabato. Sbianco non per il freddo pungente che entra fin dentro ai vestiti, ma perchè temo di non avere molta scelta. Li vicino c’è una “Spar” e cammino in quella direzione; appena l’occhio è abbastanza vicino realizzo che gli interni sono compltamente bui. Paura! E’ chiuso!!! Penso tra me e me qualche secondo e poi mi viene l’illuminazione: nei pressi della Chiesa di Don Bosco, prima tappa della mia visita e dalla parte opposta di Szombathely, c’è un centro commerciale con cinema interno ed un Penny Market dall’altro lato della strada. Avete presente Carl Lewis che corre alle olimpiadi e vince la medaglia d’oro nei 100 metri piani? Bene, moltiplicate quella velocità per 10 ed immaginatemi trottare verso quella zona della città come un fulmine. Arrivo alle 18:50 circa sudato come se mi trovassi ai tropici (cammino per kilometri, ma la verità è che a correre non sono molto abituato ultimamente) soprattutto da quando mi accorgo da lontano che lì le luci sono ancora accese. La prima cosa che faccio è leggere gli orari stampati sopra al portone di ingresso e vedo che il sabato la chiusura è alle 19:00 in punto. Alla faccia del centro commerciale, penso tra me e me. Ho a disposizione meno di 10 minuti, così entro, prendo il cestino in mano ed inizio ad acquistare la cena. Quando pago e supero la cassa vedo le prime lampadine spengersi dietro di me e la serranda del supermercato abbassarsi inesorabilmente: sono stato l’ultimo cliente della giornata! Stanco morto ma soddisfatto di avere tra le mani la mia busta piena di cibarie, decido di rientrare in stanza. Ormai al buio ho fatto tutto il possibile; sarei uscito il mattino seguente per rivedere le stesse attrazioni alla luce del sole e magari per integrare il giro con ciò che manca. Torno così in cameraa e mi rilasso al calduccio dei termosifoni sparati “a palla” col mio fedele computer che è l’unica cosa al mondo che non mi abbandona mai (ogni riferimento è puramente casuale…)

La sveglia suona abbastanza presto; dopo aver preparato le mie cose mi carico il borsone in spalla e lascio le chiavi in fondo alle scale, sul tavolo che mi era stato indicato il giorno prima. L’unica pecca di quel momento è che la taverna è chiusa fino alle 11:00 e quindi l’angelo che avevo visto la sera precedente è scomparso per sempre. Di certo non sarei tornato molto presto da queste parti poichè difficilmente faccio dei bis: il mondo è enorme e non basta una vita per vederlo tutto. Figuriamoci se mi va di tornare dove sono già stato. Il sole è alto nel cielo, così ripercorro l’intero programma della sera da poco trascorsa. In più ho il tempo di vedere la Chiesa Riformata e, un po’ più avanti, un bellissimo parco pubblico con un lago al suo interno ed un’isoletta/giardino davvero suggestiva raggiungibile a piedi tramite un ponte. Questa è una delle rare cose che avrei voluto vedere in alta primavera o in estate: immagino che quello che mi appare adesso come brullo e pieno di ghiaccio, durante la stagione calda possa essere un piccolo eden. Ma sono qui adesso, per cui faccio di necessità virtù e mi accontento comunque dello spettacolo che ho davanti agli occhi.

Chiesa Riformata

Chiesa Riformata

E’ quasi ora di prendere il treno per la terza ed ultima località di questo giro, per cui decido di tornare verso la stazione. Durante il tragitto aggiungo anche altre due istantanee alla mia collezione e riguardano la Chiesa di St. Martin, situata nella zona di un cimitero come spesso accade in questo tipo di località, e l’Iseum Savariense che francamente non mi dice nulla anche se è una delle attrazioni più famose di questa località.

Chiesa di St. Martin

Chiesa di St. Martin

 

Iseum Savariense

Iseum Savariense

Riattraversando la zona meno bella e più squallida di Szombathely arrivo alla biglietteria e chiedo un ticket per Gyor. Faccio il clamoroso ed imperdonabile errore di pronunciare quel nome con la “o” aperta, così l’addetta di turno mi guarda in cagnesco ripetendo quella stessa parola con una “o” che più chiusa non avrebbe potuto. Vedo benissimo che quegli occhi impregnati di fuoco chiedono la mia conferma, così le rispondo “yes” con una vocina tipo quella di Puffetta per quanto non mi aspettavo tale reazione. Pago rapidamente e vado via dal vetro; ci manca solo che mi infilzi con uno spillone per aver detto male una cosa tipicamente ungherese. Vado al binario ed il treno è già lì, così salgo ed anche stavolta mi godo il calduccio del vagone. Durante il viaggio mi rilasso nuovamente e guardo il panorama che la campagna magiara mi offre grazie ad una luce assolutamente non invernale. Stavolta la difficoltà di individuare la stazione di arrivo c’è eccome. Il treno della tratta Sopron-Szombathely con lo schermo me lo posso scordare. Non fidandomi neanche di me stesso, quando immagino che manchino una ventina di minuti accendo il GPS e capisco di essere perfettamente in orario. Mi tranquillizzo ed alla fine riesco a scendere alla stazione corretta.

Sono a Gyor e, francamente, della “o” aperta o chiusa non me ne importa un fico secco. Mi incammino in direzione del centro quando vengo immediatamente colpito dal Palazzo del Municipio che si trova alla mia destra: enorme, imponente e bellissimo. Ma decido di fotografarlo al ritorno perchè il sole gli si è posizionato esattamente dietro e l’immagine sarebbe venuta terribile e scura da qualsiasi angolazione l’avessi presa.

Municipio di Gyor

Municipio di Gyor

Ricordo di essere finalmente nella località top del mio giro e non vedo l’ora di scoprire se ciò che avevo letto a casa è vero oppure se è tutta una bufala.  Arrivo in Becsi Kapu Ter (Vienna Gate Square), in cui si trova la bella Carmelite Church; ci sarebbe stato anche il relativo monastero…ma oggi è stato trasformato in un hotel e sinceramente ha perso tutto il suo fascino di un tempo.

Carmelite Church

Carmelite Church

Al centro della piazza c’è una statua in bronzo del famoso scrittore ungherese Karoly Kisfaludy e, più in basso, una serie di cannoni a posizionati a schiera.

Statua di

Statua di Karoly Kisfaludy

 

Cannoni

Cannoni

Poco più in là si trova il Ponte sul fiume “Raba”: mi affaccio e vedo che la superficie del corso d’acqua è in moltissimi punti totalmente ghiacciata.

Fiume Raba quasi totalmente gelato

Fiume Raba quasi totalmente gelato

La mia vista non mi inganna ed in lontananza mi fa ammirare la “Rado Island”; si tratta di una piacevolissima isoletta urbana contornata proprio dal fiume sulla quale passeggiare in una giornata di sole come quella odierna è un vero piacere. L’acqua “solidificata” è territorio degli uccelli del luogo, mentre in alcuni lembi in cui la superficie liquida la fa ancora da padrone ci sono germani e bellissimi cigni che aspettano la pappa dal solito benefattore di turno; menomale che ci sono anche queste brave persone.

Germani e Cigni fanno pappa

Germani e Cigni fanno pappa

All’estremità superiore dell’isolotto si trova una particolare statua che mostro con la seguente foto.

Statua sulla Rado Island

Statua sulla Rado Island

Torno indietro verso la parte storica promettendomi di visitare il resto appena possibile ed inizio a salire sulla “Chapter Hill”; dopo pochissima fatica mi imbatto nella superba Basilica e nel successivo Castello di Bishop. Questo è talmente grande e costruito in un punto tale che non permette alla mia fotocamera di immortalarlo completamente.

Basilica di Gyor

Basilica di Gyor

 

Veduta del Castello di Bishop

Veduta del Castello di Bishop

Scendendo dalla collina mi imbatto nella Dunakapu Square, abbastanza anonima seppur recentemente rinnovata. E’ presente una pista per il pattinaggio sul ghiaccio ed i bambini presenti sono davvero tanti. Vedo qui un ponte che attraversa la Raba e decido di attraversarlo sia per fare qualche foto da quella posizione che per andare a vedere una costruzione religiosa non proprio centrale: la “Szemtharomsag Templom” in lingua locale.

Sza

Szemtharomsag Templom

Visto quel punto di interesse torno sui miei passi. Bello il successivo moumento che incontro lungo la mia strada: L’arco del Patto.

Arco del Patto

Arco del Patto

Subito dopo arriva il top: mi trovo così in Szechenyi Square, la piazza più importante della città. Il colpo d’occhio è notevole e lo sguardo si sposta da un punto di interesse all’altro presenti in loco:

  • La Colonna di St. Mary
Colonna di St. Mary

Colonna di St. Mary

  • La Chiesa Benedettina di St. Ignatius, il Monastero e la Scuola di Grammatica racchiusi in un unico complesso.
Complesso di St. Ignatius

Complesso di St. Ignatius

 

Dettaglio della Chiesa di St. Ignatius

Dettaglio della Chiesa di St. Ignatius

  • Il Museo della Farmacia
  • La Apatur House
Abatur House

Apatur House

  • Il Palazzo Esterhazy

Ammetto che tutte queste attrazioni insieme rendono questa piazza un vero belvedere. A questo punto il centro storico è terminato. Decido quindi di mantenere la promessa fatta a me stesso riattraversando il primo Ponte sulla Raba per dirigermi verso la parte più periferica ma non meno interessante. Dopo pochi passi mi imbatto infatti nella enorme Sinagoga che fotografo da ogni angolazione.

Sinagoga di Gyor

Sinagoga di Gyor

Questi edifici religiosi ebraici si trovano praticamente in tutto il mondo, ma fino ad ora non li avevo mai visto così imponenti come a Szombathely e Gyor. Evidentemente la comunità ebraica locale è molto numerosa. E da qui inizia “il bello”: con la coda dell’occhio noto che, proseguendo avanti in quella direzione, avrei incontrato altre tre chiese che apparivano degne di nota già in lontananza. Dato che non mi risparmio mai durante i miei giri e che voglio tornare a casa avendo visto più luoghi possibili, non mi tiro indietro neanche stavolta. La prima che trovo in ordine di distanza è la Chiesa Riformata che fotografo in lungo ed in largo e fin qui tutto bene.

Chiesa Riformata

Chiesa Riformata

Vado avanti e, passo dopo passo, noto che c’è qualcosa che non mi quadra del tutto e sempre di più. Per strada non c’è improvvisamente più nessuno, ma dò la colpa al fatto che mi trovo abbastanza fuori dal centro. Comincio poi a vedere palazzi sempre più fatiscenti, distrutti e cadenti; le case sembrano in larga parte disabitate e l’ambiente inizia a farsi spettrale. Come se non bastasse vedo persone immobili che si guardano intorno ben piazzate agli incroci delle varie vie: sinceramente non mi piacciono per niente. Da dentro ad un capannone iniziano a sentirsi rumori incessanti di lavori edili e lungo i due marciapiedi c’è sempre più immondizia lasciata lì a se stessa, cosa mai vista nei due giorni di permanenza in Ungheria. Arrivo così a quella che in lingua locale viene chiamata la “Ujvarosi Romai Katolikus Templom” ed anche qui godo della visione che ho di fronte.

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Ujvarosi Romai Katolikus Templom

Ma, ripeto, l’ambiente circostante mi pare ostile…soprattutto con un tablet da 10 pollici ed una fotocamera in mano. Magari è una mia stupida impressione, ma mi sento osservato. Adesso che fare? Proseguire oltre addentrandomi in quella situazione oppure lasciar perdere la terza chiesa e tornare indietro? Allungo lo sguardo più avanti e non vedo segni di miglioramento. Anzi, la verità è tutto il contrario. Mio malgrado decido di fare dietro-front, ma credetemi…se non avessi visto la malparata non lo avrei fatto. E’ una delle rare occasioni in cui mi sono sentito non sufficientemente sicuro durante un viaggio e francamente in una città come Gyor (ed a poche centinaia di metri dal centro) non è accettabile. E’ come se fosse stata una zona lasciata lì a se stessa, senza controlli da parte di nessuna autorità. Ripeto, magari mi sbaglio…ma ho avuto questa terribile sensazione. A tal punto per me è davvero tutto. Il tempo passa e si avvicina il momento di tornare alla stazione per prendere il treno per Budapest, l’ultimo prima del volo di rientro in Italia. Una cosa non ho voluto fotografare: il Teatro Nazionale. E’ una costruzione enorme e totalmente moderna. Non mi è piaciuta per niente e preferisco non averne ricordi perchè la reputo insignificante e stonata con l’ambiente che la circonda. Arrivo al binario dopo aver fatto il biglietto: il convoglio per la capitale viene da Vienna ed è di fabbricazione austriaca; è brutto dirlo, ma si nota. Giungo a destinazione dopo aver attraversato il Danubio che vedo per la prima volta pieno zeppo di lastroni di ghiaccio galleggianti e ripercorro il tragitto inverso con le due metropolitane + il bus n. 200E. Il volo di rientro è puntuale e mi trovo a Bologna dove, raggiunta la stazione centrale, dopo cena mi aspetta un bus notturno per Roma ed a seguire l’ufficio dopo essere passato a casa per una doccia al volo.

Anche questa avventura è al termine. Dentro di me c’è ancora più la convinzione che l’Ungheria non è solo Budapest e che c’è davvero tantissimo da vedere anche nelle località più piccole e meno conosciute. Ho apprezzato molto soprattutto Gyor (ma lo sapevo in partenza) e sono pronto per organizzare un prossimo tour in nuove regioni magiare. Invito quindi tutti quanti a documentarsi e, per chi lo volesse, a cimentarsi in una avventura simile. Con internet e con i mezzi pubblici precisi e puntuali basta avere un po’ di tempo e di voglia per raggiungere qualsiasi cosa. Qui di seguito un saluto “ferreo” e “felino” da Szombathely…

Panchina di Szombathely

Panchina di Szombathely

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