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Ultimo week-end di ottobre dell’anno topico della pandemia. Le notizie che i media continuano imperterriti a diffondere pur di vendere giornali ed avere telespettatori lobotomizzati si moltiplicano a vista d’occhio, così siamo giunti a quel punto di non ritorno che si chiama nuovo blocco degli spostamenti ed ulteriore privazione della libertà personale, diritto umano fondamentale che va di pari passo con la salute. Tra le due cose non c’è una priorità e devono necessariamente esistere entrambe: è vero che se non sto bene non posso fare niente, ma è anche vero che essere in salute e stare segregati per volere di qualcun’altro non significa vivere, ma solo sopravvivere; e questo termine io non lo accetto per nessuna ragione al mondo. E’ questo concetto che i cervelloni che determinano cosa possiamo e cosa non possiamo fare non hanno ben chiaro; loro pensano che sopravvivere sia sufficiente, ma si sbagliano di grosso. Comunque sia, oggi ancora si può viaggiare in Italia, per cui colgo l’occasione di un volo di andata e ritorno a prezzo ridicolo e me ne torno in Sicilia, regione bellissima che, con un po’ di fortuna, regala delle splendide giornate di sole mentre in altre zone dello stivale fa già un freddo non indifferente. La mia attenzione stavolta va a Siracusa e Noto, due perle della parte sud-est dell’isola famose nel mondo per le tantissime cose che hanno da offrire. Vediamo com’è andata…
Sabato mattina: purtroppo la gente non viaggia quasi più, per cui i servizi di trasporto (locali e non solo) sono fortemente ridotti proprio per mancanza di passeggeri. Ciò mi costringe dopo tantissimo tempo (credo si parli di anni…) a tornare a Fiumicino con la macchina pagando il parcheggio con navetta. Il costo extra è compensato dai pochi euro spesi per il volo, per cui dico amen e vado avanti così. In un aeroporto quasi deserto effettuo i controlli di sicurezza in una manciata di secondi e poi mi avvio all’imbarco. Incredibile ma vero, a differenza di Ciampino in cui gli aeromobili si staccano da terra anche con cinque minuti di anticipo, il maggior scalo romano si conferma anche in questo periodo come uno dei peggiori al mondo in quanto a puntualità: subiamo un ritardo in partenza di circa trenta minuti e questo rischia fortemente di rovinare i miei piani. Ma come si fa ad avere ritardi quando ci sono un centesimo dei voli schedulati rispetto a prima, o forse anche meno? Con la bile che ribolle provo a fare il solito sonnellino ristoratore. Atterriamo a Catania e mi preparo per la discesa; metto il primo piede fuori dall’aeromobile alle 9:37 ed ho il bus (per fortuna non prenotato e pagato…perchè sotto sotto me l’aspettavo questo scherzetto) alle 9:40. Dopo un attimo di scoramento nel quale penso che non ce la farò mai mi riprendo ed inizio a correre come un pazzo rallentando solo al momento dell’uscita dell’area arrivi proprio per non essere fermato dando sospetti infondati agli agenti di turno. Esco all’esterno alle 9:40 in punto e vedo il chioschetto della compagnia Interbus; chiedo all’addetto se il pullman per Siracusa è già passato e mi risponde di no, così acquisto il biglietto e mi metto alla fermata tirando un enorme sospiro di sollievo (il prossimo è previsto tra un’ora esatta…mica un attimo). Tempo due minuti di numero e spunta il torpedone sul quale salgo; una cosa è certa: se non avessi corso come Usain Bolt continuando a camminare come la massa che non ha una cippa da fare non sarei mai riuscito in questo mezzo miracolo. Il programma per questi due giorni prevede oggi la visita di Noto e domani quella di Siracusa, per cui poco dopo l’arrivo al capolinea faccio una passeggiata in zona mentre aspetto il prossimo trasferimento. Nel frattempo non posso non notare che la giornata è follemente calda, al punto da dovermi spogliare di quasi tutti gli abiti che indosso nella parte superiore restando con una misera maglia adatta per la mezza stagione alla quale devo anche alzare le maniche; tutto questo mentre so che a Roma sta piovendo e facendo pure freddo. Noto ha circa 25.000 abitanti risultanti all’ultimo censimento, ma è un concentrato di primati incredibili: questo comune è il primo della Sicilia ed il quarto in Italia per estensione (calcolando anche campagne e montagne ovviamente), mentre il suo centro storico è stato definito patrimonio UNESCO una ventina d’anni fa. La cittadina dove sono cresciuto ha una popolazione leggermente maggiore, ma in confronto a ciò diventa insignificante. La stazione è un pochino distaccata, per cui inizio la marcia che prevede una semplice salita da affrontare. Il primo obiettivo è la “Chiesa Ecce Homo al Pantheon” alla quale fa seguito la “Statua di San Corrado”: ha alle spalle un bel panorama, ma davanti ha del nastro da divieto di accesso che non ha un effetto proprio positivo. Prendo Corso Vittorio Emanuele che è senza alcun dubbio la via più famosa; questa prima parte è completamente alberata ed è conosciuta come Villa Comunale. Ci sono diversi banchetti che vendono prodotti tipici, sia gastronomici che di artigianato, ma la verità è che non ci sono turisti per poterli comprare. Vedo alcune statue che adornano una zona non calpestabile: rendono omaggio (tra gli altri) a “Giuseppe Cassone”, “Corrado Avolio” e “Giovanni Aurispa”.
La “Porta Reale” (o Fernandinea) è il punto di accesso verso la maggior parte delle attrazioni; si nota subito che l’economia locale si basa soprattutto sullo sfruttamento estremo delle risorse artistiche: qui tutto o quasi è dedicato all’accoglienza del visitatore. La stupenda “Chiesa di San Francesco d’Assisi all’Immacolata” lascia a bocca aperta e lo spettacolo è abbellito dalla scalinata che serve per raggiungerla; il tutto assume ancora più valore grazie alla superba illuminazione del sole ora presente. Sotto di lei c’è la “Fontana di Piazza Immacolata” che purtroppo perde molto del suo fascino a causa del bar e della banca posti nelle sue immediate vicinanze.
Appena supero la Chiesa di Santa Chiara (non è molto fotogenica) vedo che c’è qualcosa che non va; avvicinandomi mi rendo conto che c’è uno sbarramento oltre il quale non si può andare. Nessuno dà spiegazioni, così non mi resta altro da fare che prendere una via in salita sulla destra. Per un attimo mi concentro sul “Monastero di San Salvatore” e sul “Palazzo Vescovile” che valgono tantissimo, poi mi servo della piazzetta sopraelevata che ha davanti per capire che sta succedendo. In pratica sembra che lo spazio di fronte alla “Cattedrale di Noto” sia usato come palcoscenico e che il piano strada sia la platea dove sono posizionate decine di sedie una accanto all’altra. E’ ovvio che è in corso la preparazione di qualche evento, ma non saprei specificare meglio. A causa di ciò non potrò accedere nè alla Cattedrale nè al Palazzo Ducezio che ospita il Municipio. Più che mordermi le mani non posso fare, anche perchè in tempo di Covid-19 i controlli sono ancora più serrati del solito e di entrare di straforo solo per un paio di foto non se ne parla neanche. Sono quindi costretto ad immortalare da quassù tutto ciò che posso.
Un’altra salita mi conduce su via Camillo Benso Conte di Cavour dove posso ammirare la “Chiesa di Montevergine”, talmente grande da permettersi di usare i terrazzi degli edifici limitrofi come cornice. Vorrei fotografare anche il “Palazzo Modica di San Giovanni Nicolaci Raeli”, ma non è proprio possibile. Per far capire di cosa stiamo parlando pubblico le immagini di due sottobalconi presi a caso tra quelli presenti; casa mia è un tantino diversa…
Torno su Corso Vittorio Emanuele, esattamente dall’altra parte della barricata; qui la situazione è più fluida ma non c’è alcun modo di intrufolarsi perchè c’è sempre qualcuno che fissa stando impalato accanto alla maledetta colonnina col dispenser del gel igienizzante per le mani. E’ inutile che vi disinfettiate gli arti cento volte al giorno finchè il cervello vi resterà bacato. Alla fine devo abbandonare qualsiasi idea malsana e dedicarmi al “Monumento ai Caduti nella Grande Guerra”. Dietro di lui c’è il bel Palazzo Landolina e, a pochissima distanza, la “Chiesa di San Carlo”. Già che ci sono vado a vedere anche la “Chiesa di Santa Maria dell’Arco” e poi torno esattamente qui.
Il “Convitto delle Arti” è un centro dove vengono organizzate esposizioni temporanee molto importanti; lo dico più che altro per gli appassionati del genere, mentre io da profano guardo e procedo oltre. Una piccola area verde ospita la “Fontana d’Ercole” affiancata da una parte dal “Monumento per Mariannina Coffa” e dall’altra dal “Monumento per Matteo Raeli”. Dietro tutto ciò, un piano più su, c’è la bella “Chiesa di San Domenico” mentre sul lato opposto è la volta del “Teatro Comunale Tina di Lorenzo” che oggi è disturbato da una vendita di automobili (ci mancava pure questa…)
Cerco e trovo la piccola “Chiesa di San Michele” anche se il sole e l’ombra se la contendono e rendono pessima la mia fotografia, poi una deviazione mi conduce alla “Chiesa del Carmine” ed alla semplicissima “Chiesa di San Pietro”.
Per un breve tratto ripercorro la strada che mi ha portato fino a qui, poi cambio direzione e vinco la mia personale battaglia contro le salite raggiungendo la “Chiesa di Sant’Antonio”. Rieccomi sull’ormai famosa via Camillo Benso Conte di Cavour con l’obiettivo di osservare prima la “Chiesa di Santa Caterina” e poi la misera “Chiesa dei Cappuccinelli” che quasi fa tenerezza in confronto alla magnificenza degli altri edifici religiosi di Noto. Faccio poi una visita al Quartiere Agliastrello poichè on-line ho letto che i suoi vicoli e le sue casette ancor più arroccate meritano attenzione e, col senno di poi, posso confermare.
Il mio giro tra le strette strade del centro storico di Noto prosegue con l’osservazione della “Chiesa di Santa Maria del Gesù”, anch’essa posta ad un piano rialzato rispetto alla mia posizione. Una passeggiata un po’ più lunga mi porta in via Garibaldi dove trovo la “Chiesa di San Francesco di Paola”, poi in piazza Francesco Crispi ecco la “Chiesa dei Santi Pietro e Paolo” che è un piccolo bijoux.
Di tutt’altra fattura è la “Chiesa del Crocifisso” della quale di seguito mostro sia la facciata che la vista dal retro: sembrano quasi due edifici diversi…eppure non è così. Infine, l’ultimo punto di interesse che ho segnato sulla mia mappa è la “Chiesa del Sacro Cuore” che inserisco nel mio album dei ricordi.
La stazione ferroviaria è dalla parte opposta della città ed ho ancora tempo, per cui torno indietro lentamente osservando ogni minimo particolare mi si presenti davanti agli occhi. Ripasso anche dal centro maledicendo nuovamente quel tratto bloccato quando vedo un cartello che mi spiega il motivo per cui mi sono perso uno degli scorci migliori di Noto: alle 19:00 inizierà il concerto di Andrea Bocelli; questo conferma la mia fortuna sfacciata: quante possibilità c’erano che ci fosse proprio oggi? Meglio non pensarci. A dire il vero mi sarebbe piaciuto assistere almeno un pochino, ma a quell’ora sarò già altrove. Dopo aver acquistato qualcosa da bere al market di viale Principe di Piemonte salgo sul treno in perfetto orario. Torno così a Siracusa e vado a prendere immediatamente la stanza…anche perchè l’hotel prenotato sta a venti metri dalla stazione dalla quale esco, per cui non farlo sarebbe un’idiozia. E’ abbastanza presto anche se il sole è già tramontato (domani rimetteremo le lancette indietro di un’ora e farà buio intorno alle 17:00 🙁 ) e fuori si sta benissimo, così decido di andare a passare un po’ di tempo nel centro di Ortigia mantenendo ancora le maniche corte; sembra davvero una serata estiva per la temperatura mite che percepisco, diciamo l’ultimo assaggio di questa meravigliosa stagione che tanto adoro e che per un bel po’ mi potrò pure scordare. Ad una certa ora inverto la marcia e raggiungo il Lidl di zona per acquistare il dovuto per la solita cena in camera dove, oltre a strafogarmi come un tacchino, giocherò come sempre col mio fedele calcio manageriale. Di seguito qualche piccolo scatto in attesa che arrivi domani…
Domenica mattina: la sveglia è abbastanza comoda per le 9:00, tanto non mi corre dietro nessuno. Siracusa è una bellissima città capoluogo di provincia, ma non è enorme e so di poterla vedere tutta quanta nelle ore di luce che ho a disposizione. Per esigenze geografiche devo dividere la visita in due parti ben distinte: la prima è l’isola di Ortigia, mentre la seconda è l’entroterra che si trova dietro alla stazione ferroviaria. Procedo esattamente nell’ordine con cui ho spiegato la situazione, per cui forte del bellissimo sole già alto in cielo inizio il cammino. Piazzale Guglielmo Marconi è una sorta di rotonda stradale…decisamente poco rotonda; la definisco così per la sua forma stramba e per il fatto che è circondata totalmente da strade asfaltate sulle quali scorre il traffico cittadino. Al suo interno ha una fontana di quelle che zampillano acqua dal pavimento e l’opera che viene definita “Cavallo Corinzio”. Si tratta della riproduzione di un’antica scultura custodita gelosamente nel Museo Paolo Orsi; la cosa buffa è che questa versione è stata ingigantita perchè l’originale è molto più piccola. Ovviamente non sono mancate le polemiche da parte dei puristi, gente che se non apre bocca e gli da fiato non è mai contenta. Costeggio poi il Parco del Foro Siracusano (un’area verde con panchine) per vedere la “Chiesa di San Giovanni al Pantheon” dalla miglior posizione possibile.
Segue un passeggiata lungo Corso Umberto I° (via piena di negozi e posti per mangiare su ambo i lati) fino al Ponte Umbertino. Sulla destra noto la “Statua di Archimede”. Nella direzione opposta passo in mezzo ad un mercatino del pesce molto frequentato (le regole che valgono sono due: i prodotti in vendita vanno direttamente dal pescatore al consumatore e…è tassativamente vietato l’uso della mascherina) per osservare una grande fontana che pare non abbia un nome. On-line leggo che viene definita come la “Fontana di Riva della Posta”, per cui non ho altra scelta che chiamarla così. Da qui in avanti è possibile pregiarsi della vista di un mare chiarissimo e delle tante barche che compongono il porto.
Entro finalmente nel centro storico nel momento in cui mi trovo davanti il “Tempio di Apollo”; siamo alle solite: tanti vedendo cose come questa quasi gridano al miracolo…mentre io guardo e passo. Chi mi conosce sa bene che a me non piacciono i pezzi di sasso senza forma dai quali devo immaginare cosa c’era millenni fa; preferisco di gran lunga ciò che è ancora in piedi, anche se malandato o pericolante. Mi rendo conto che è dura farsi una ragione del fatto che quella cosa non c’è più perchè quasi completamente crollata, ma purtroppo è la triste realtà e non si può far finta che non sia così. La “Chiesa di San Paolo” mi introduce nel dedalo di viuzze, stradine e vicoletti che qui sono la caratteristica principale. Noto la presenza di un numero di gatti superiore alla media. segno che i locali li rispettano e li nutrono, ma anche che di macchine ne passano ben poche se non zero. Camminare qui fa letteralmente vivere in un altro tempo per quanto è particolare; più di una volta il mio fedele Google Maps non mi visualizza più tramite il GPS, come se fossi in una specie di limbo. Cerco e trovo con facilità la “Chiesa di San Cristoforo”, poi torno un pochino indietro e prendo via Vincenzo Mirabella. Qui supero sia la Chiesa di San Tommaso Apostolo (la guardo soltanto perchè è poco fotogenica) che il Museo Leonardo da Vinci per fermarmi ad osservare prima la “Chiesa del Carmine” e poi la “Chiesa di San Pietro Apostolo”.
Mentre scatto quest’ultima immagine sento la conversazione tra due donne che mi sono vicine: una è disperata perchè in serata arriverà l’ennesima stretta del Governo che obbligherà i luoghi della ristorazione a chiudere alle 18:00 e pare che lei stia gestendo una pizzeria, unica fonte di reddito per tutta la sua famiglia. E ancora non sa (parlando col senno di poi) della divisione dell’Italia in fasce gialle, arancioni e rosse che verrà e di tutto lo schifo che ne seguirà. Mi sale una rabbia quasi incontrollabile per ciò che ci stanno facendo subire senza una valida giustificazione; nel mio piccolo già immagino che questo sarà l’ultimo volo che potrò prendere per chissà quanto e che per i prossimi due prenotati dovrò rimettermi in fila per chiedere il voucher esattamente come lo scorso marzo. Cerco di lasciar perdere e vado avanti; lungo il percorso mi fermo ad ammirare la piccola “Chiesa di San Biagio e San Leonardo dei Cavalieri di Malta” incastonata in uno slargo che, con un contesto residenziale semplice ma unico, rende l’insieme bello come un quadro. In Piazza Francesco Corpaci c’è la “Chiesa dell’Immacolata” e, dopo pochissimi metri, la sede del locale “Teatro dei Pupi”. Dieci secondi di numero ed ecco la “Chiesa di San Filippo Apostolo” che la fa da padrone.
Quasi desidero che il prossimo obiettivo non arrivi mai perchè è davvero troppo bello camminare nel centro storico di Siracusa; passo dopo passo arrivo davanti alla “Chiesa di San Giovanni Battista” che, macchina parcheggiata permettendo, è un altro piccolo capolavoro. E’ il momento di buttarmi un po’ sul lungomare e lo faccio volentieri perchè c’è una caratteristica della quale da un po’ di tempo non godo più: il sole. Prima mi dedico a vedere il “Museo del Papiro” e poi, con mia grandissima sorpresa, mentre mi diletto a fotografare quella tavola celeste piena di riflessi che è il mare in questo momento, noto una manciata di persone in costume da bagno sotto Forte Vigliena. Beati loro…se solo avessi portato con me il necessario avrei sicuramente approfittato della situazione. Per consolarmi mi godo il panorama.
Lascio questo spettacolo solo per il tempo necessario ad una deviazione che non posso non fare, altrimenti perderei tempo prezioso facendo avanti e indietro sulle stesse strade. Distanti pochi metri l’una dall’altra osservo la “Chiesa di San Domenico” e la “Chiesa di San Giuseppe”, poi arrivano alcune delusioni perchè il Teatro Comunale è decisamente troppo grande rispetto allo spazio a disposizione, per cui non posso fotografarlo in nessun modo; la stessa cosa vale per la vicina Chiesa di Santa Maria della Concezione e per la più lontana Galleria Regionale di Palazzo Bellomo. Prova a farmi lo stesso scherzo anche la “Chiesa di San Martino” ma stavolta, anche se in maniera un tantino sbilenca, vinco io.
Mantengo la promessa fatta a me stesso e torno sul mare all’altezza della Spiaggia di Cala Rossa: qui si che c’è gente…e qualcuno è addirittura in acqua! Provo a mettere il paraocchi causa invidia e mi dedico alla “Chiesa dello Spirito Santo” per finire questo blocco di punti di interesse con una passeggiata nel piazzale del “Castello Maniace”: è visitabile internamente dietro pagamento di un ticket.
Imbocco Lungomare Alfeo: qui la sera è un susseguirsi di ristorantini uno dopo l’altro mentre di giorno è una breve passeggiata panoramica carinissima; in fondo ad esso c’è la famosissima “Fonte Aretusa”: per molti è indescrivibile…a me non piace. Non nego che sia particolare perchè si tratta di acqua dolce che fuoriesce in superficie a due passi dal mare, che abbia al centro una pianta di papiro più unica che rara in Europa e che sia ricca di storie, miti e leggende di ogni tipo, ma agli occhi di chi la guarda non appare altro che un mini-laghetto circolare dove nuotano pesci e sguazzano pennuti. Sarò anche il solito insensibile, ma guardandola non mi dà le sensazioni idilliache lette soprattutto nei siti di turismo locale. Una zona pedonale mi porta nel Giardino Aretusa dove trovo alberi monumentali ed il “Busto di Carmelo Campisi”, ma anche un po’ di degrado che andrebbe sistemato. Appena esco dalla zona verde ecco il “Busto di Giuseppe Garibaldi” che apre il Foro Vittorio Emanuele II°: alla mia destra ho la “Fontana degli Schiavi” e di fronte una nave da crociera ferma al porto turistico. Questi giganti del mare mi danno sempre sensazioni opposte: da una parte è incredibile come possano galleggiare con tutta la loro stazza, ma dall’altra risultano essere un cazzotto in un occhio soprattutto se attraccate in località storiche come Siracusa.
Mi dirigo nel cuore della città che ho lasciato volutamente quasi per ultimo, proprio come mio solito nei casi in cui è possibile farlo. Piazza del Duomo è un’area di medie dimensioni con costruzioni bellissime che fanno da perimetro. Arrivando da via Pompeo Pocherali ci sono la “Chiesa di Santa Lucia alla Badia” e la Galleria Montevergini (quest’ultima non è fotografabile); segue la possibilità di entrare in un ipogeo fatto di gallerie storiche ed interessanti. E’ la volta del “Palazzo Arcivescovile” e dello stupendo “Duomo di Siracusa”. Passare dal sacro al profano è un attimo perchè a pochi metri si erge “Palazzo del Vermexio” che è la sede del Municipio. Dalla parte opposta sono allietato dal “Palazzo Beneventano del Bosco” ed infine, dopo i soliti caffè ricchissimi di ombrelloni, c’è la locale “Sede della Sovrintendenza dei Beni Culturali” ospitata da uno storico edificio.
Niente male, vero? Prendo via Saverio Landolina che diventa presto via Cavour: è una strettissima arteria colma di negozi e di ristorantini tipici su ambo i lati, molto bazzicata a qualsiasi ora del giorno e della sera sia dagli abitanti del posto che dai turisti al punto da trovarla spesso intasata e non facilmente percorribile. Magari in tempi di Covid questa tendenza è meno marcata, ma quando le cose sono nella normalità è esattamente così. La Chiesa del Collegio dei Gesuiti è degna di nota, ma enorme se rapportata allo spazio disponibile e per questo la si può solo guardare. Una deviazione in via della Amalfitania mi porta in Piazza Archimede: il suo centro è occupato dalla “Fontana di Diana” e non dimentico il “Palazzo dell’Orologio” che qui affaccia. Corso Giacomo Matteotti è una strada moderna e tra l’altro l’ho già vista ieri sera durante la prima passeggiata esplorativa, per cui torno indietro finendo su via Ruggero Settimo fino alla “Cappella Votiva della Fratellanza di San Sebastiano” ed alla “Porta Marina” che mi fa uscire dal centro storico.
Da qui inizio una lunga passeggiata verso la seconda parte della città che ha pochi punti di interesse sparsi in un’area ben più vasta rispetto all’Isola di Ortigia; fortunatamente la bellissima giornata non fa sentire troppo la fatica. Inizio con la “Chiesa di Santa Lucia Extra Moenia” che custodisce le omonime catacombe (dopo Roma, Siracusa ha il complesso catacombale più vasto al mondo); oggi distaccata dal resto delle gallerie (in passato non era così) c’è la “Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro”.
La vicinissima Piazza Santa Lucia ospita un mercatino colmo di gente e nessuno ha la mascherina, ma ormai è un classico; non mi stancherò mai di ripetere che se beccano me a Roma senza quella sottospecie di mutanda facciale mi arrivano 400 euro di multa da pagare rigorosamente in natura mentre agli altri va sempre bene. Un altro bel pezzo di strada mi porta in Piazza Cappuccini dove c’è il “Monumento ai Caduti Italiani in Africa”, purtroppo deturpato dalle classiche scritte dei beceri di turno. Qui l’affaccio sul mare è stupendo e non posso non portare via qualche ricordo. Al di la della carreggiata c’è la “Chiesa di Santa Maria dei Pericoli”.
Taglio attraverso la parte forse meno scenografica della città ed arrivo nei pressi del Museo Regionale Archeologico Paolo Orsi che si trova in un’area chiusa in mezzo al verde, ed anche per questo non è fotografabile. La “Chiesa di San Giovanni alle Catacombe” è degna di nota ed il complesso tombale che ospita è importante quanto il precedente del quale ho parlato poco fa. Imponente e di forma originale è invece la “Basilica Santuario Madonna delle Lacrime” che non passa certo inosservata.
Mi rimane un’unica parte ancora da visitare ed è la zona archeologica denominata Parco Neapolis che conserva tante testimonianze del passato ed è considerata una delle più grandi del Mediterraneo. Pago i dieci euro previsti per potervi accedere, ma resta la premessa di sempre…ovvero che spero di trovare più strutture possibili verosimilmente in piedi e non solo da immaginare guardando tre centimetri di roccia. Subito all’ingresso c’è la “Chiesa di San Nicolò ai Cordari”, poi sulla sinistra svolto verso “l’Anfiteatro Romano”.
Fin qui tutto bene, ma la prima fregatura è dietro l’angolo: parliamo dell’Ara di Leone II°: vorrei tanto sapere che cosa dovrei farne del solo basamento che fuoriesce dall’erba (???). Entro poi nella “Latomia del Paradiso”: con la prima parola si indica il luogo dal quale venivano presi i blocchi di pietra utili per le costruzioni, ovvero una buca o una cava in parole povere ma dirette. Naturalmente non è possibile visitare tutto, ma solo alcune parti selezionate; di particolare interesse ci sono la “Grotta dei Cordari”, la Grotta del Salnistro e “l’Orecchio di Dionisio”. Quest’ultima cavità, il cui nome fu assegnato dal Caravaggio, è molto particolare ed ha una leggenda interessante che la riguarda: si narra che il tiranno Dionisio rinchiudesse qui i prigionieri per ascoltare i loro discorsi potendo restare a debita distanza grazie alle incredibili proprietà acustiche della grotta. Anche la forma ricorda molto quella di un orecchio, ma pare che ciò sia dovuto al caso poichè lo scavo è iniziato dall’alto allargandosi pian piano durante la discesa. A parte i miti, è vero che qui dentro ogni singolo suono viene amplificato tantissimo, provare per credere.
La cosa secondo me più bella di tutto il parco è il “Teatro Greco”: pur mostrando anch’esso i segni del tempo è ancora in buono stato di conservazione; lo si può osservare dall’alto, dal piano strada e da un’altezza che considero una via di mezzo posta alla sua destra. Vale il prezzo del biglietto.
Per quanto mi riguarda reputo conclusa qui la visita alla zona archeologica, così esco e mi incammino verso il Foro Siracusano dove dovrò prendere il pullman che mi condurrà a Catania; sono contento di essere perfettamente nei tempi prestabiliti. Lungo la strada del ritorno mi imbatto nella “Chiesa Parrocchiale di Santa Rita” ubicata in Corso Gelone, punto non presente sulla mia mappa, ma che aggiungo volentieri al volo.
Il mezzo della compagnia Interbus (la stessa dell’andata) è puntualissimo e, una volta a destinazione, ho poco tempo per una passeggiata nella città etnea che conosco già, per cui non mi allontano molto dalla stazione dalla quale prendo l’Alibus per raggiungere l’aeroporto. Anche il volo è puntuale, come anche il mio solito sonnellino ad alta quota reso più facile dal fatto che ho tre posti tutti per me. A Fiumicino prendo prima la navetta verso il parcheggio e poi la macchina verso casa; arrivo intorno alle 22:00 e, anche se è tardi, inizio a preparare la cena.
In conclusione posso dire che se c’è una regione in Italia che non mi ha mai deluso e che, ne sono certo, non lo farà mai neanche in futuro è la Sicilia. Ci sono stato varie volte e non ho mai avuto una singola esperienza negativa: ogni posto, dal più piccolo al più grande, ha qualcosa di bello/meraviglioso da vedere, la gente è cortese e fino ad oggi il meteo mi ha sempre aiutato. L’ultimo clamoroso esempio riguarda proprio le due giornate di sole estivo a fine ottobre appena raccontate. A mio parere Siracusa (soprattutto l’Isola di Ortigia) è bellissima ed è uno scempio non visitarla; Noto è piccola, ma racchiude cose inimmaginabili per una realtà simile. Il mio consiglio è quindi quello di organizzare quanto prima un tour da queste parti perchè sarà semplicemente impossibile pentirsene.