Vuoi vedere il video con tutte le foto più belle del Tour della Lettonia? Eccolo diviso in tre parti:
I voli da Roma a Riga e ritorno sono sempre costati una cifra esorbitante; l’alternativa sarebbe partire e tornare su Bari (la compagnia Wizz Air offre spesso buone/ottime tariffe), ma oltre a dover associare viaggi in pullman/treno per la Puglia dalla capitale, c’è da considerare che:
- Gli orari degli operativi sono pessimi (almeno per me che, da dipendente quale sono, ho solo il fine settimana libero).
- La tratta aerea è di circa tre ore per volta, per cui non aiuta il risparmio di tempo.
Per tali motivi, organizzare un week-end in Lettonia come faccio in Germania o Romania (per esempio) è da considerarsi quasi impossibile senza spendere cifre folli facendo riferimento al mio solito budget. Allora che si fa in casi come questi? Un po’ si aspetta per vedere se le cose cambiano sia in termini di costi che di schedulazione; poi, quando ci si rompono ben bene le scatole, si prende la palla al balzo e si opta per una decisione drastica: tour completo della Lettonia che capita proprio nell’anno del suo centenario. In questo modo ci si va una volta sola e si può spalmare la spesa dei trasferimenti nella visita dell’intera nazione. L’idea e l’ossatura del giro (diciamo il 75% del totale) sono nate in maniera folle: chi avesse letto il post dedicato alla giornata trascorsa a Ferrara già conosce la storia. Avevo pianificato un week-end alla diga del Vajont e dintorni, ma non avevo calcolato che in Italia il 2 giugno (giorno festivo) ci sono compagnie di trasporto locale che si permettono di non far partire nessuna corsa extraurbana lasciando la gente che non ha un mezzo proprio a casa. Questo l’ho saputo solo 24 ore prima e, incredulo su come a certe realtà non venga revocata la licenza, ho dovuto mio malgrado cambiare i programmi di netto. Così la discesa dal treno alle 7:00 in quel di Pordenone si è trasformata nella discesa a Bologna Centrale alle 4:00 del mattino. Avevo tre ore e mezzo prima di spostarmi a Ferrara per la visita della città e così’ ho deciso di non fermarmi nell’atrio della stazione (o, per meglio dire, nell’albergo felsineo per i senza tetto), bensì di rifugiarmi all’interno di un bar lì di fronte, sotto ai portici. Per non annoiarmi ho preso il tablet ed ho iniziato a studiare la nazione baltica per filo e per segno: città, cose da vedere, collegamenti, prezzi degli hotels e tutto il resto. Morale della favola? Alle 7:15 del mattino un file “word” era pronto con l’itinerario completo giorno per giorno; andava solo “affinato” nei dettagli e farlo seguire da tutte le prenotazioni necessarie, cose che poi ho fatto dopo il rientro dal fine settimana in questione.
Parte A – Info Pratiche
Inizio dando un po’ di informazioni utilissime per chi volesse organizzare un viaggio in Lettonia. E’ quasi superfluo dire che è una nazione che, fino al 1991, ha fatto parte del blocco sovietico poichè non ne porta quasi più i segni. Ad oggi è indipendente da quasi trent’anni e lo si vede benissimo fin da subito. La vita scorre tranquilla e serena, la gente sembra non avere particolari problemi economici e già il fatto di avere l’Euro come moneta la dice lunga. Le strade sono buone nella maggior parte del paese; ci sono collegamenti ancora con fondo dissestato, ma i lavori in corso per sistemare tutto sono all’ordine del giorno. Volendo girare con i mezzi pubblici come ho fatto io e non noleggiando una macchina occorre segnarsi questo sito e trattarlo come una cosa santa: www.1188.lv ; quando mi sono collegato per la prima volta non nutrivo eccessiva fiducia nei dati che stavo leggendo, ma poi si è rivelato una fucina di informazioni clamorosamente veritiere e precise; ci sono orari di tutti i bus e di tutti i treni che attraversano la nazione baltica, comprensivi di nome della compagnia che opera la tratta, numero di codice del percorso, kilometri, durata e prezzo. Una vera Bibbia del trasporto pubblico lettone. Come sempre ho voluto testare un po’ tutto: personalmente consiglio di spostarvi in bus e di lasciar perdere il treno. I motivi sono semplici ma diversi:
- I bus partono con maggiore frequenza rispetto ai treni.
- I bus sono più veloci ed il viaggio scorre meglio
- I bus sono nuovi e più comodi dei treni. Particolari i vagoni di questi ultimi con posti simil-aereo, cioè a file di tre sedili affiancati anzichè di due come siamo abituati a vederli in Italia.
- I bus hanno tutti l’aria condizionata mentre il treno che ho preso io viaggiava con i finestrini aperti e si moriva di caldo. Magari è stato un caso, ma è successo.
- A meno di tragedie, i bus non ritardano; sono clamorosamente puntuali sia in partenza che in arrivo. Consiglio: se dovete prendere un pullman ad una fermata intermedia del percorso fate in modo di essere in loco con qualche minuto di anticipo; i conducenti sono talmente puntuali da passare anche prima dell’orario previsto. A me è capitato di salire quattro minuti prima dell’orario ufficiale e se non fossi stato già lì avrei perso la corsa.
Ogni cittadina della Lettonia ha la sua autostazione che in lingua locale prende il nome di AutoOsta (sul sito indicato la troverete sempre segnata col nome della località seguito dalle lettere maiuscole “AO”). L’organizzazione è maniacale, proprio come piace a me: tutti gli stalli hanno un numero ed i bus per una determinata destinazione partono sempre del medesimo stallo. I biglietti si possono acquistare in tre modi:
- Sul sito indicato, ma lo sconsiglio sia perchè troverete sempre posto dappertutto senza prenotazione e sia perchè vi fanno pagare una commissione per il servizio.
- Alla biglietteria dell’autostazione, cosa che ho sempre fatto.
- Direttamente pagando all’autista.
Il ticket che vi daranno sarà perfetto in ogni sua parte. Ci saranno sempre scritte le seguenti informazioni:
- Data ed ora della tratta
- Numero della Corsa (le prime quattro cifre sono quelle di riferimento per non sbagliare bus)
- Stazione di ingresso
- Stazione di uscita
- Numero dello stallo e del posto a sedere
- Prezzo della corsa
- Quantità di denaro data al cassiere ed eventuale resto
Non posso dire altro se non che mi trovavo nel mio paese dei balocchi dover poter gioire per ore: tutto funziona alla perfezione e nessuno rompe i coglioni perchè vuole fare come gli pare come succede in Italia (primo esempio che mi viene in mente…chissà come mai); l’unica cosa che non viene rispettata è il numero del posto: anche se avete il sedile numero 15 non affannatevi a cercarlo perchè molto probabilmente lo troverete occupato in quanto a questo dato non viene prestata importanza: chi entra per primo decide dove sedersi. Solo una volta in una ventina di viaggi totali mi è stato chiesto di alzarmi perchè occupavo il posto di qualcun’altro e, lo ammetto, il fatto di dover cambiare gliel’ho fatto pure pesare: le regole, se ci sono, devono valere sempre e non solo quando fa comodo. Se la consuetudine (e l’ho appurato con i miei occhi) è quella di prendere un posto a caso, se trovi il tuo occupato giri i tacchi e ne cerchi un altro. La cosa è stata aggravata dal fatto che si trattava di una coppia di ventenni, cioè poco più che ragazzini che dovrebbero conoscere certe situazioni e fregarsene più di chi ha l’età un po’ più avanzata e che normalmente è più pignolo.
Un’altra cosa importante riguarda gli uffici di informazione turistica: ce n’è uno in ogni località che io abbia visitato; sono stracolmi di brochures di ogni tipo indicanti ciò che c’è da vedere e tutte le attività da fare. Ovviamente a me non sono serviti in tal senso: io parto sempre da casa con le mappe dettagliate da me preparate. L’utilità è un’altra: dato che quasi non esistono lockers o depositi bagagli (solo qualche rarissima autostazione li ha) le addette a tali uffici (secondo me scelte dal municipio in primis per l’aspetto fisico e poi, forse, per le competenze in quanto non ne ho mai trovata neanche una “poco gradevole” e ciò non è matematicamente possibile) permettono di lasciare il borsone in custodia da loro gratuitamente; l’unica condizione richiesta è di andare a riprendere il tutto almeno dieci minuti prima dell’orario di chiusura.
Dato che le distanze non sono mai enormi, i collegamenti notturni non ci sono o, anche se fossero presenti, non sarebbero una soluzione conveniente. Capita quindi di dover percorrere tratte in bus anche di 3-4 ore durante il giorno; questa cosa potrebbe far scoraggiare qualcuno perchè tali ore sarebbero immancabilmente sottratte alle visita, ma non è un ragionamento corretto: infatti, andando in luglio come ho fatto io, le ore di luce quotidiana a queste latitudini sono tantissime ed il sole cala alle 23:00 circa. Per tale motivo anche con 4-6 ore di bus in un giorno (a me è capitato) non si perde troppo tempo prezioso.
Infine ho notato con particolare piacere che tutti i giovani parlano un inglese fluente, per cui nei negozi, nei fast food, nei ristoranti, alle stazioni ecc. vi capiranno sempre. Può capitare che qualcuno abbia un livello meno buono (io pure sono tra essi) però il problema non si pone come succede in altre realtà dell’Europa dell’Est. Direi quindi che per quanto riguarda le info pratiche sia tutto, per cui inizio come sempre la descrizione dettagliata di ciò che ho fatto e visto in questa settimana lettone.
Parte B – Il racconto
Giorno 1 – Riga (Prima Parte)
Arrivo a Riga in bus da Varsavia (raggiunta con un volo da Roma Fiumicino), dopo un viaggio notturno durato circa quattordici ore. Fa tutto parte della pianificazione studiata per spendere meno possibile; non si capisce come mai per andare a Vilnius (altra capitale baltica) si spendono anche 40 euro mentre per Riga ne servono 150. Col senno di poi è stato l’unico momento di tutta la settimana in cui ho avuto problemi con il trasporto: il pullman della compagnia Ecolines (mia prima volta con loro) si è presentato alla fermata polacca con due ore e venticinque minuti di ritardo. La cosa terribile è che nessuno da parte loro ha inviato un sms, un’e-mail o mandato qualcuno ad avvertire della lunghissima attesa. Per tale motivo decido di avvalermi delle normative europee e di richiedere ufficialmente il rimborso totale del biglietto via e-mail. Al momento attuale nessuno mi ha risposto (hanno un mese di tempo per farlo) e se nessuno si farà sentire scriverò direttamente all’autorità competente; i furbi li facessero tra di loro e non con me e vale la regola del “chi sbaglia paga”. Come prima cosa mi reco a prendere possesso della stanza prenotata che si trova a 400 metri dell’autostazione ed a circa un kilometro dal centro città, punto molto strategico. Due cose vanno un po’ meno bene: la struttura è ubicata esattamente in mezzo al mercato e, come se non bastasse, la pulizia lascia a desiderare: in paesi “più difficili” ho trovato sicuramente condizioni igieniche migliori. La Wi-Fi almeno viaggia come dovrebbe e questo mi consola. Disfo il borsone delle sole cose che mi serviranno nel pomeriggio ed esco a scoprire ciò che la capitale lettone ha da offrire. Inizio dalla parte antica (chiamata Vecriga dai locali) e cerco di vedere il più possibile con calma poichè per terminare l’opera avrò anche la seconda parte della giornata di venerdi prossimo, quando rientrerò alla base prima del ritorno a casa. Una cosa mi impressiona subito: il fiume Daugava che costeggio è davvero enorme; guardando il colore della sua acqua ci resto un po’ male perchè è scuro più o meno come quello dei canali di Amsterdam, per capirci. Assolutamente niente che lasci pensare alla trasparenza delle acque sorgive…e ciò non è positivo. Il particolare Ponte della Ferrovia ed il Monumento ai Combattenti del 1905 rappresentano il mio esordio qui.
Attraverso la strada a scorrimento veloce servendomi di un sottopassaggio e mi trovo in una piazza che ha parcheggiati almeno cinque bus turistici di colore rosso che non potevano certo mancare; di fronte a me c’è il Monumento ai fucilieri lettoni e, subito dietro, la vecchia sede del Museo dell’Occupazione lettone, oggi spostato da un’altra parte causa lavori in corso.
Eccomi in “Ratslaukums”, la Piazza del Municipio. Impossibile non puntare gli occhi verso la Casa delle Teste Nere; il nome deriva dal colore dei copricapo indossati dai membri dell’omonima Confraternita che all’interno dell’edificio passavano il tempo già all’inizio del XV° secolo. E’ troppo ben curato per essere autentico ed infatti è stato ricostruito totalmente negli anni novanta dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale e la successiva demolizione di ciò che restava. Nella medesima area si trovano anche la Statua di Roland (nipote di Carlo Magno e conosciuto come governatore rigoroso ma corretto, considerato oggi un simbolo della giustizia) ed il Palazzo del Municipio. Completano l’opera due vasi per fiori decisamente originali.
La piazza successiva mi lascia senza parole…in senso negativo: potrebbe essere un bellissimo spazio aperto circondato da edifici gradevoli ed invece è totalmente data in concessione ai bar ed ai ristoranti che ci hanno piazzato decine e decine di tavolini coperti da ombrelloni. La trovo un’indecenza e questo particolare fa perdere molti punti alla città nella mia speciale classifica. Ma sono ignaro del fatto che “il bello” sta per arrivare. Pochi passi ancora e mi trovo in Piazza del Duomo (Doma Laukums in lingua locale) con una pessima sorpresa: è tutta coperta e tappezzata dalla presenza degli “United Buddy Bears”. Di che si tratta? Sono ben 149 orsi alti due metri che rappresentano ognuno una nazione facente parte dell’ONU, decorati da un’artista di ciascun paese; dovrebbero rappresentare la tolleranza e la comprensione tra i popoli, le culture e le religioni del mondo. Dal 2002 vengono portati in una sorta di tournèe e quest’anno, manco a dirlo, li ho beccati io. Va bene tutto…ma anche no. Attenzione che nel 2019 o 2020 sono previsti in arrivo anche a Roma; comunque sia, la foto della Cattedrale di Riga con gli orsetti a zampe alzate alla base poco ci combina…
Nella stessa piazza si trova anche il palazzo che ospita l’Art Museum Riga Bourse ed un mini-market dove compro qualcosa da magiare e da bere.
Imbocco Pils Iela (a proposito: “Iela” significa “via” in lettone, quindi ripeterò spesso questo termine) ed incontro, a pochissima distanza l’una dall’altra, la “St. Saviour’s Anglican Church” nascosta in un vicolo e la ben più interessante “Our Lady of Sorrows Church” ben più visibile e gradevole coi suoi colori bianco e celeste.
Proprio li accanto c’è l’imponente Castello di Riga, costruito nel 1300 ed oggi sede del Presidente della Repubblica lettone; per tale motivo almeno una guardia è sempre presente davanti al suo ingresso. La costruzione affaccia su Pils Laukums, una piazza-parco con al suo interno il Monumento dedicato ai 4.000 bambini lettoni che, dal 1941 al 1949, sono stati strappati alla loro terra e mandati con la forza in Siberia insieme alle loro famiglie dal potere centrale sovietico.
La Daugava Gate mi porta in pochi passi lungo la sponda dell’omonimo fiume; qui ho modo di osservare da lontano il pittoresco “Ponte Vansu” e, da vicino, una copia della statua del “Lielais Kristaps” poichè l’originale è conservata nel Museo della Storia e della Navigazione di Riga. Una leggenda narra che un giorno un bambino si rivolse ad un proprietario terriero locale e gli chiese se poteva aiutarlo ad attraversare il corso d’acqua durante un possente temporale; l’uomo accettò e, pur con grandi difficoltà, mise il ragazzino sulla sua spalla e lo portò sull’altra sponda. Quando arrivò scoprì di aver aiutato il figlio di Cristo.
Rientro nel centro storico passando per “Krisjana Valdemara Iela” ed osservo il Teatro Nazionale Lettone. Poi prendo “Citadeles Iela” fino ad arrivare alla Chiesa Ortodossa dei Santi Pietro e Paolo. Subito dopo entro nel Kronvalda Park e ci rimango il tempo necessario.
Il parco è abbastanza grande e punteggiato da statue in tutta la sua area. La più conosciuta è sicuramente quella dedicata ad Alexander Puskin (poeta, scrittore e drammaturgo russo); oltre a questa sono degni di nota anche i monumenti ad Andrejs Upits (scrittore e letterato lettone), a Mirzo Ulugbek (sovrano timuride, astronomo e matematico), a Taras Shevchenko (poeta, scrittore e pittore ucraino) e…ad una chiocciola psichedelica della quale non ho capito il senso. Una fontana ed uno storico gazebo completano l’offerta di questa zona.
Camminando lungo “Strelnieku Iela” raggiungo il mitico “Skonto Stadions”, impianto calcistico dove dal 2000 al 2016 la società più famosa di Lettonia (lo Skonto Riga) giocava le sue partite casalinghe. Uso il verbo al passato perchè, causa problemi finanziari, il club è fallito nel dicembre 2016. Se il calcio italiano sta messo maluccio (ogni anno scompaiono diverse società per debiti) quello lettone fa veramente schifo; la sparizione del club più prestigioso equivale al fallimento della Juventus da noi ed è quindi una cosa clamorosa, ma non finisce qui: nuovi clubs nascono come funghi e, come se non bastasse, fusioni a rotta di collo e cambi di nome rendono tutto un caos totale. Adesso nel campo che sto osservando ci gioca il Riga FC, società che poco più di quattro anni fa neanche esisteva…fondata a suo tempo col nome di “Caramba Riga” e poi fusa con la Dinamo Riga poco dopo. Insomma…questo esempio credo sia ben più che esaustivo sul livello del campionato locale.
All’incrocio tra “Hanzas Iela” (che percorro per un bel po’) e “Brivibas Iela” posso osservare il KGB Museum; il nome è già tutto un programma e c’è poco da spiegare oltre. Tornando in direzione del centro storico incontro prima la Chiesa Evangelica Luterana St. Gertrude e poi la Chiesa Ortodossa Russa intitolata ad Alexander Nevsky, tutta colorata di giallo e di verde.
Un’altra area verde di discreta estensione mi aspetta: si tratta del Parco Esplanades. A differenza del precedente, questo è ancora più ricco di monumenti interessanti. Il primo tra tutti è senza ombra di dubbio la bellissima “Nativity of Christ Cathedral” che mi fermo a guardare per qualche minuto attraversando la strada in un punto in cui è proibito. In ordine di distanza però questo edificio sacro è preceduto dal monumento dedicato a Michael Andreas Barclay de Tolly, un tedesco baltico che aveva il ruolo di feldmaresciallo ai tempi della Campagna di Russia del 1812.
Proseguendo l’esplorazione del parco posso notare il monumento dedicato al poeta lettone Rainis, l’Accademia d’arte lettone, il Museo nazionale d’arte lettone ed un particolare ricordo di Oskar Kalpaks, colonnello e comandante della prima unità dell’esercito lettone.
Il vicinissimo Parco “Vermans Darsz” non offre nulla di che, se non una fontana ed il monumento a Mihails Tals, un lettone diventato ottavo campione del mondo di scacchi durante l’era sovietica, periodo in cui le varie repubbliche oggi indipendenti erano tutte unite sotto l’unica bandiera dell’URSS.
Arriva il momento di rituffarmi totalmente nel centro della capitale della Lettonia e lo faccio con una serie di punti di interesse davvero niente male; inizio osservano l’imponente Monumento alla Libertà. Poco distante c’è il Laima Clock, un orologio che si trova lì dal 1924 e che è ormai diventato una sorta di punto di riferimento. Il viale che ospita ciò che ho appena descritto funge anche da divisore del pittoresco Parco “Bastejkalna” che ospita il Teatro dell’Opera, la “Fountain Nymph”, il monumento a George Armistead (ex sindaco di Riga), quello allo scrittore locale Rudolfs Blaumanis, l’attuale sede del Museo dell’Occupazione lettone ed uno splendido canale ornato da ponticelli e giochi d’acqua.
Dopo questa grandissima scorpacciata attraverso la strada, sempre in direzione centro. Davanti a me ci sono la Powder Tower e, poco dietro, la Swedish Gate. Mi affaccio poi su “Livu Laukums” ma anche qui la delusione è tanta: un ampio spazio della piazza è tappezzato dai tavolini dei bar e dei ristoranti. Comincio a pensare che avrei fatto meglio a visitare Riga come feci con Vilnius, cioè a fine novembre: col freddo e la neve che trovai c’era ben poca possibilità (e fantasia…) di piazzare tutte queste budinate. Mi rifiuto di pensare che la parola estate sia sinonimo di non fare una beneamata mazza dalla mattina alla sera…però pare che questa “attività” (o per meglio dire “passività”) vada per la maggiore. Tornando al giro, qui posso osservare la Cat House, edificio famoso perchè ha sul tetto un paio di gatti neri con una postura particolare; sempre nella stessa zona si trova anche “la Piccola Gilda” ex sede della confraternita di maestri artigiani locali; oggi è un centro culturale a tutti gli effetti dopo il restauro avvenuto tra il 1999 ed il 2000.
Mi sposto ora in una zona in cui, in pochissimi metri quadri, ci sono concentrate molte cose interessanti. Il problema è che lo spazio ridottissimo non permette di scattare foto di qualità ottimale perchè non si ha il campo necessario per far entrare tutto nell’obiettivo. Io non mi tiro indietro e ci provo lo stesso. Sto parlando di chiese come la St. Mary Magdalene Church e la Cattedrale di San Giacomo, una più bella dell’altra; in più ho la fortuna di ammirare anche il Monumento in memoria delle Barricate Lettoni (scontri tra i locali e l’esercito sovietico avvenuti nel 1991) ed “i tre fratelli”, cioè tre edifici somiglianti che, posti uno accanto all’altro, rappresentano il più antico agglomerato urbano della città.
Torno indietro su “Livu Laukums” e stavolta prendo un’altra traversa che mi porta su un tratto della città con vie ancora più acciottolate delle precedenti. Qui posso osservare il buffo monumento dei “Musicanti di Brema” composto da un asino, un cane, un gatto ed un gallo posti uno sopra l’altro. Ovviamente non poteva mancare la leggenda che toccare il muso degli animali porti fortuna; anzi, più si arriva a toccare quello in alto e maggior sorte si avrà. Inutile dire che la gente, adulti e bambini senza differenze, si cimentano nel rito come se fosse l’ultima cosa rimasta sulla Terra, al punto che riuscire a trovare un nano-secondo per scattare una foto senza qualcuno di fronte è un miracolo…ed infatti ci metto tutta la mia millenaria pazienza.
In zona c’è anche la Chiesa di St. John e, dopo pochi passi ancora, mi trovo di fronte all’enorme Chiesa di San Pietro.
Guardo l’orologio e vedo che sono le 21:00 circa; il tempo è veramente volato via oggi. La luce del sole è ancora alta nel cielo e non ha la minima intenzione di calare. Ma io devo sbrigarmi perchè i negozi di alimentari fanno quasi tutti orario 08:00 – 22:00 e, superata questa soglia, non avrei trovato più nulla da bere da poter comprare e portare in camera. Proprio qui vedo una serie di locali: ristorantini, bar/birrerie ed un kebab. E’ in quest’ultimo che finisco e per 5 euro mi mangio in loco un menù “large” con piadina, patatine e Coca Cola. Non troppo lontano trovo il mini-market che sto cercando e faccio il solito pieno di bibite. Per oggi è davvero tutto e giunge il momento di percorrere il kilometro esatto che mi separa dalla sistemazione che ho per la notte. Con mia sorpresa noto che la strada in cui si trova la mia stanza è ancora molto viva nonostante l’ora, occupata dal frequentatissimo mercato ortofrutticolo. A me poco importa e mi dirigo dove devo. Domani mattina la sveglia suonerà molto presto, così dò l’arrivederci a Riga per il prossimo venerdi pomeriggio, dato che il mio tour della capitale lettone non è ancora terminato. In camera studio il tragitto che mi aspetta da lì’ a poche ore e poi mi butto nel letto con la finestra aperta, in modo tale da far entrare un freschetto niente male.
Giorno 2 – Sigulda, Cesis e Valmiera
Mi alzo alle 5:45…decisamente troppo presto e me lo dico da solo, però è il primo giorno di tour vero e proprio e non ho idea di come funzionano i trasporti extraurbani lettoni. Per tale motivo decido di prendermi più tempo per poter capire. Preparo il borsone e lascio la chiave in reception dove non c’è nessuno (alla faccia della presenza 24 ore al dì…); percorro i 400 metri che mi separano dall’autostazione di Riga ed entro nella zona della biglietteria. Acquistare un ticket per la prima destinazione di oggi si rivela più che semplice (i motivi li ho spiegati nel dettaglio delle info pratiche all’inizio di questo post). C’è però una complicazione: la cittadina di Sigulda ha due fermate per i bus. La prima è la “AutoOsta”, situata in centro; la seconda è una pensilina nel bel mezzo di una strada statale a scorrimento veloce. Aspettare il pullman diretto all’autostazione mi farebbe perdere troppe ore, per cui mi adeguo e compro il biglietto per il mezzo che mi fermerà per strada. Alle 7:00 il bus della compagnia “Nordeka” si avvia puntualissimo verso la tratta da percorrere con me a bordo. E’ abbastanza pieno, ma c’è posto per tutti. Il sole è già alto nel cielo e la giornata si preannuncia fantastica dal punto di vista del meteo. Qui non posso non notare una caratteristica che mi terrà compagnia per tutti i giorni a seguire: esistono decine di fermate in Lettonia che si trovano esattamente nel nulla. Provo a spiegarmi meglio: il pullman si ferma in una determinata zona dove c’è solo l’asfalto della statale ed il verde dei campi e degli alberi; poi più niente. La domanda sorge spontanea: perchè fermarsi qui? Chi sale e chi scende…come raggiunge questo posto? La realtà dei fatti è abbastanza semplice: quasi sicuramente ci sarà nelle vicinanze qualche sterrato che porterà a degli agglomerati urbani ora non visibili, ma che esistono…altrimenti fare una sosta non avrebbe senso. Per giorni ho comunque cercato di capire dove fossero le case della gente in tali situazioni, ma l’ho fatto invano…come se le persone spuntassero dal sottosuolo o qualcosa del genere. Alle 8:14 scendo dove convenuto. Di fronte a me, dall’altro lato della “highway” c’è un Centro Commerciale pure troppo grande per la località che lo ospita. Il primo obiettivo della giornata è arrivare al centro di informazione turistica per le 9:00 in punto, orario di apertura del medesimo: devo assolutamente lasciare il borsone in custodia perchè averlo con me per le ore a venire sarebbe totalmente deleterio. Sfrutto i 45 minuti che mancano per vedere un paio di punti più periferici, così da macinare i primi kilometri a piedi. Mentre cammino ho la possibilità di apprezzare il silenzio e la tranquillità qui presenti: qualcosa di più di un villaggio immerso nella natura sta per accogliermi e non nascondo un po’ di invidia per chi vive in queste condizioni. Poi però penso all’inverno e l’invidia se ne va in un istante. Raggiungo prima la Chiesa Cattolica Romana e poi uno strano monumento in onore…di una formica.
Quando raggiungo l’ufficio di informazione turistica, nel piazzale della stazione ferroviaria di Sigulda, scopro con mia somma sorpresa di aver già camminato per 4,2 kilometri alle 9:15 del mattino. Mi accoglie l’addetta di turno che, gentilissima, mi indica la stanza dove piazzare il bagaglio. Ci rimane sorpresa quando le dico che non voglio nè mappe nè brochures perchè ho già tutto, ma questa non è una novità per me.
Prendo “Raina Iela” e, costeggiando l’omonimo parco, trovo il “Keys Garden”: si tratta di un fazzoletto di terra coperto di erbetta che ospita tre chiavi metalliche gigantesche. Niente di clamorosamente artistico o archeologico, però un’idea carina senza alcun dubbio.
Ancora avanti trovo un punto magnifico, la cui naturale bellezza è amplificata dalla luce del primo mattino. Ho di fronte a me un piccolo laghetto che, come quasi tutti quelli che vedrò in Lettonia da ora in avanti, è adornato da uno zampillo d’acqua. Subito dietro si staglia la figura della candida Chiesa Evangelica Luterana locale. Un vero paradiso per gli occhi e per la reflex che si sbizzarrisce a fare quante più foto possibili. L’arrivo in loco di un gruppetto di immancabili giapponesi (sono letteralmente ovunque…) mi fa tornare con i piedi sulla terra.
Il prossimo obiettivo è rappresentato dai Castelli della zona; uso il plurale perchè i manieri sono due: il Castello Nuovo ed il Castello Antico. Prima di entrare nell’area posso ammirare una gradita realtà della quale avevo letto interessanti articoli su internet: la Sculptural Group Parade of the Knights. Un nome lungo ed altisonante per indicare un’orchestra che occupa cinque metri quadri di suolo composta da musicisti fatti con pezzi di metallo recuperati. E’ davvero molto originale.
Nel complesso dei castelli si accede superando il portone delle mura (potrebbe essere altimenti?); quello che si apre ai miei occhi è un grande parco, ma la sorpresa viene ben presto spezzata da due cose: la prima è che vedo in lontananza che il Castello Nuovo è invaso da lavori di manutenzione, mentre la seconda è la presenza di un palcoscenico con un gruppo di bambini che sta facendo prove per una rappresentazione canora proprio dietro alla statua dedicata ad Ata Kronvalda. Cerco di portare pazienza ed inizio a scattare le mie foto.
Proseguo la visita e mi trovo di fronte alle rovine del Castello Antico di Sigulda che osservo. Guardo bene anche un cartello che leggo poco dopo: c’è scritto che l’ingresso è a pagamento e che costa due euro. Il prezzo è ridicolo ed ormai sono arrivato fin qua, quindi entrare mi sembra il minimo.
L’interno è come me lo aspettavo: un ampio piazzale e qualche costruzione rimasta parzialmente in piedi. Una cosa nuova c’è anche qui ed è un palcoscenico che sicuramente sarà utilizzato come teatro o qualcosa di simile per eventi e serate estive. Anche tale luogo è quindi adibito a questo genere di cose. Salendo su una torretta si può vedere da lontano la valle sottostante e, soprattutto, un altro punto saliente della mattinata: la Residenza Krimulda, oggi usata come sanatorio. Scendo dalla torretta e mi dirigo verso destra dove una terrazza mostra l’altro mio obiettivo: il Castello di Turaida. Anche questo è molto distante e si vede spiccare il suo colore rosso in mezzo alla verdissima vegetazione che lo circonda. Salgo anche in altre rovine visitabili e poi decido che è ora di andare.
Torno così nella zona della Chiesa Evangelica Luterana; al di là della strada noto un’opera che ricorda una gara ciclistica che si svolge annualmente proprio qui a Sigulda e, nel parco di fronte, alcune belle decorazioni realizzate con i fiori. La strada è quella giusta perchè ci sono le indicazioni che sto cercando: sono diretto alla funivia che mi porterà a Krimulda.
Arrivo alla “cable car” e mi metto in fila. Già dal parcheggio avevo notato qualcosa di strano e poco piacevole: la presenza di due autobus non mi rende felice. Ci prendo sempre in questi casi e, quando arriva il mio turno alla cassa, non chiedo un biglietto di andata e ritorno ma domando prima quanto dovrò aspettare. Mi viene confermato che sono appena arrivati due “gruppi” (di pecore…aggiungo io) e che occorre aspettare almeno un’ora. Sono 36 persone e, data la capienza di 14 posti per ogni cabina, anche loro dovranno arrivare di là in addirittura tre viaggi; quindi i primi dovranno aspettare gli ultimi fermi impalati senza poter fare niente. Continuo a non capire il motivo per cui nel 2018 le persone continuino imperterrite a non fare le cose da sole, ma tanto non avrò mai risposta. Ovviamente rimetto nel portafogli la banconota da 20 euro che avevo tirato fuori per comprare il ticket perchè a queste condizioni il viaggio panoramico in funivia è saltato. Un sentito grazie agli incapaci è d’obbligo. Adesso mi tocca trovare una soluzione alternativa nel tempo abbastanza risicato che ho a disposizione. Avevo letto che la stessa tratta (magari meno scenica) è operata da un servizio di bus locali e la fermata è proprio davanti alla Chiesa Evangelica Luterana; mi fiondo lì e consulto con fiducia gli orari della linea numero 12 su internet. Rabbrividisco anche qui: una corsa ogni due ore e la prossima ci sarà in concomitanza col turno che mi sarebbe toccato sulla funivia. Soprattutto l’orario del ritorno mi rovinerebbe il seguito della giornata. Non mi resta che buttarmi sul “Piano C” che prevede l’arrivo a destinazione usando i miei piedi. Da dove mi trovo fino al Castello di Turaida ci sono 4,2 kilometri da percorrere. La cosa un po’ mi scoccia, ma parto come un treno perchè quando mi vengono messi i bastoni tra le ruote faccio di tutto e di più per fare lo stesso ciò che mi viene impedito. La testardaggine è una delle mie caratteristiche principali e credo si noti. Durante il percorso attraverso il ponte sul fiume Gauja (corso d’acqua che dà il nome anche al parco naturale che lo ospita) e ne ammiro il panorama.
Supero la deviazione che porta alla Residenza Krimulda: decido che ci andrò solo dopo se avrò tempo. Alla fine è un centro di riabilitazione e la cosa mi interessa pure poco. Punto le mia attenzioni altrove. Raggiungo così la piccolissima Grotta di Gutman (altezza 10 metri, larghezza 12 metri e profondità 18,8 metri) caratterizzata da numerosissime iscrizioni su tutte le sue pareti; le più antiche risalgono al 1668.
Manca ancora un po’, ma alla fine arrivo all’ingresso del complesso del Castello di Turaida. Il biglietto si paga 6 euro ed anche qui non posso esimermi: sto sudando abbastanza e sono discretamente stanco per la lunga camminata veloce fatta fino a qui. Tornare indietro senza entrare sarebbe un insulto a me stesso. Come sempre mi dirigo verso il punto più lontano tra tutti per poi vedere il resto tornando. Ciò che rimane della fortificazione edificata nel 1214 e poi distrutta quasi completamente da un incendio nel 1776 è composto da un corpo centrale (in parte ricostruito) e da una torre distaccata; il resto sono rovine. All’interno degli edifici è possibile osservare un’esposizione di oggetti arrivati fino ai nostri giorni ed anche scendere nei sotterranei.
Lascio il castello. Successivamente ho modo di camminare in un ampio spiazzo dove campaeggiano diverse interessanti sculture; il tutto è seguito dalla Chiesa Evangelica Luterana e dalla tomba della “Rosa di Turaida”. Si Narra che nel 1601, a seguito di una guerra che si combattè fuori dal castello, uno scrivano uscì in cerca di sopravvissuti e trovò una neonata tra le braccia della madre morta. Decise di portarla con sè nel maniero e di accudirla come se fosse sua figlia. La chiamò Maja, ma venne presto ribattezzata “La Rosa di Turaida” per via della sua incredibile bellezza. Si innamorò di Viktor, giardiniere del castello, ma i suoi pretendenti erano molto numerosi e soprattutto senza scrupoli. Nel 1620 uno di loro la attrasse in un luogo con l’inganno facendole recapitare una falsa lettera di Viktor. Appena la ragazza capì il raggiro domandò di essere lasciata andare in cambio del suo scialle magico; era convinta che quel pezzo di stoffa desse l’invulnerabilità a chiunque lo avesse indossato ed invitò il farabutto a metterlo alla prova. Lui non battè ciglio e con la spada la decapitò. Appena Viktor seppe della tragedia seppellì Maja sotto un tiglio che aveva appena piantato ed abbandonò il paese per sempre. La tomba di Maja oggi è ancora lì.
Poco prima dell’uscita colgo l’occasione per osservare un bell’edificio ed alcuni laghetti qui presenti.
Quando mi trovo al di fuori della recinzione guardo l’orologio. Posso ancora scegliere se rispettare il programma (saltando la visita alla Residenza Krimulda) prendendo il prossimo bus alle 14:09 oppure se completare il tutto prendendo il bus delle 15:09. Ripenso a quanto detto prima tra me e me ed alla fine preferisco ignorare il sanatorio, anche se il palazzo che lo ospita sembrava davvero bello. Non è colpa mia se ci sono ore di attesa per funivia e servizio di bus in piena estate. Muovo le gambe più velocemente che posso in direzione della strada statale dove si trova la fermata del pullman desiderato. In questo caso i kilometri sono circa 7,5. Durante il tragitto colgo l’occasione per finire di vedere alcuni punti di interesse di Sigulda e quindi non torno alla stazione dalla medesima strada, bensì da un’altra. E’ così che mi trovo davanti la Campana del Vento.
Mi fermo al centro informazioni turistiche per riprendere il borsone e, nonostante tutto, arrivo a destinazione con una decina di minuti di anticipo. Inutile dire che sono stanco morto, ma soddisfatto perchè ho superato le avversità che mi si sono presentate davanti. Il top per oggi è fatto e la giornata va in discesa. Sigulda, per cose da vedere e soprattutto per le distanze da coprire era un bello scalino da superare. Salgo sul pullman puntualissimo come sempre e scendo alla tappa successiva: Cesis. Si tratta di un paesino di 20.000 abitanti che però ha diverse cose da offrire a chi vuole fargli visita. Stavolta arrivo all’autostazione ed è tutta un’altra cosa rispetto all’esperienza precedente. La prassi è la stessa: cerco e trovo il vicinissimo ufficio turistico dove un’altra addetta mi indica dove mettere il bagaglio. Le distanze sono talmente brevi che ho quasi tutto a portata di mano e ne sono molto felice. Subito fuori dalla porta c’è una stranissima statua che rappresenta un monaco. L’imponente Chiesa di Sv. Jana domina la piccola ma graziosa “Rozu Laukums” circondata da casette colorate di massimo due piani di altezza. Una fontana di quelle che zampillano acqua dal pavimento fà la sua vita senza disturbare nessuno, ma quando un bambino calpesta la sua superficie scivolosa…lei si vendica facendolo cappottare lungo e disteso per terra con ovvio pianto straziante al seguito; lo aiuta la sorellina mentre i genitori se ne fregano. Oggi è così: si fanno i figli per sport e poi si lasciano vegetare da soli. I tavolini di un bar completano l’opera.
Guardando avanti so già che non troverò altro, tranne lavori in corso molto invasivi che stanno letteralmente spaccando diverse strade. Per una volta voglio essere comprensivo: a queste latitudini certe cose non si possono fare durante l’inverno, quando neve e ghiaccio non danno tregua. Torno indietro e mi dirigo alle casse dell’attrazione principale di questa località: il Castello di Cesis. Anche in questo caso si tratta di rovine, ma un’ampia parte dell’edificio antico è ancora in piedi. Per prima cosa però mi dedico ad una visita particolare: il biglietto del valore di 4 euro da me acquistato mi dà modo di recarmi al banco dove si trova un’anziana signora vestita con abiti degni dell’occasione. Mi consegna una lanterna di metallo e vetro con all’interno una candela accesa; con quella in mano, proprio come un vero uomo del medioevo, posso andare fino in cima alla torre che altrimenti non avrebbe un filo di luce al suo interno. Devo ammettere che l’esperienza di salire scale piccole, sconnesse e ripide in quel modo con una misera e flebile luce in mano è elettrizzante. Peccato che, raggiunta la sommità, ci sia solo un piano dal quale ci si può affacciare da tre finestroni con vista insignificante.
Scendo giù e trovo qualcuno che non apprezza affatto la mia fatica. Gli chiedo come mai, ma mi basta vedere come passa le sue giornate per capire da solo…
Arriva il momento di andare dove affaccia il castello e devo dire che la vista è davvero degna di nota. Resto a guardarlo il tempo necessario e lo fotografo da più angolazioni.
Il parco del castello è altrettanto bello ed ampio; ovviamente non poteva mancare un laghetto e sempre ovviamente il colore dell’acqua lascia a desiderare. Una statua/fontana spicca al centro. In alto, salita una rampa di scale, posso ammirare la Chiesa Ortodossa locale e, verso l’uscita, vedo prima la statua dedicata a Carl Gustaf von Zievers (fu proprietario del Castello di Cesis) e poi l’immancabile scritta ad ampi caratteri col nome della località che mi ospita, cosa molto comune in Lettonia.
Esco da qui e mi reco al vicinissimo Maija Park, ben più piccolo del precedente ma sempre col suo laghetto al centro, stavolta ornato da due zampilli d’acqua e poi più nulla. Arriva il momento di tornare al centro informazioni turistiche e recuperare il mio borsone.
Rientrando verso l’autostazione mi accorgo del fatto che in paese è presente una mostra biennale grazie ad un singolare logo tridimensionale posto in “Vienibas Laukums”, proprio davanti al Monumento alla Vittoria.
Adesso per Cesis è proprio tutto: torno all’autostazione ed acquisto il biglietto per la terza ed ultima destinazione della giornata: Valmiera. Quest’ultima località è da considerarsi più una tappa di passaggio ed un posto per dormire in attesa del prossimo spostamento; infatti non ha cose eclatanti da vedere. La “AutoOsta” mi accoglie all’arrivo; stavolta l’obiettivo è di raggiungere l’hotel che sta a 1,6 kilometri da qui. Metto in moto le gambe e faccio quest’ulteriore piacevole sforzo. La camera è carina, anche se abbastanza periferica perchè affaccia sul bosco. Eppure sono ad 800 metri dal centro…quindi è comprensibile quanto sia piccolo questo centro abitato. Prendo ciò che mi serve ed esco subito per vedere cosa il posto abbia da offrire. Sono ad un tiro di schioppo dallo stadio, per cui perchè non andarlo a vedere? Lo farei volentieri…solo che al posto del terreno di gioco c’è un’enorme buca con escavatori intorno. Temo sia un attimino in rifacimento, per cui lascio perdere. Mi colpisce il grande e semplice monumento dedicato ai caduti che vedo poco dopo.
Proseguendo trovo il Museo cittadino ed i miseri resti delle mura del castello che fu. La bella Chiesa Luterana St. Simon e l’insulso Teatro Drammatico chiudono questa zona.
Noto che, in assenza di monumenti importanti, ci si consola almeno con un buon Centro Commerciale. In realtà non ne voglio sparlare perchè sarà la mia salvezza per la cena. Ma ora meglio pensare alla visita. La scritta col nome della località la trovo anche qui; dirigendomi in zona autostazione non c’è molto se non la vista sul fiume Gauja (un vero e proprio “must” per oggi) ed un monumento che prende il nome di “Valmieras Puikas”.
Torno verso il centro e punto direttamente una Chiesa Ortosossa che trovo però invasa dai lavori in corso e coperta dalle impalcature; niente di fatto questa volta. Dietro al Centro Commerciale trovo un bel parco che, soprattutto a quest’ora, assume colori meravigliosi. Lo giro per l’intero perimetro in cerca dei migliori scorci e di un po’ di meritatissimo relax.
E’ ora di cena e, come già accennato poco fa, ho l’onore di scoprire la catena “Hesburger”, un fast food locale. Con 5,30 euro mi viene servito un “Tortilla Menu” large che mi sazia a dovere. Il vicino supermercato aperto fino alle 22:00 mi dà l’occasione di comprare le solite bibite da portare in stanza. Anche questa giornata è finita; è stata bellissima ma molto stancante. Una piccola consolazione è che domani sarà un pochino più riposante.
Giorno 3 – Rezekne e Daugavpils
La sveglia avviene ad un’orario decente stamattina: oggi sarà una giornata composta da visite ma anche di lunghi trasferimenti. Passerò infatti dal nord all’estremo sud della Lettonia. Da Valmiera arriverò a Daugavpils con una sosta a Rezekne. Anche stavolta il bus è di una puntualità disarmante e senza alcuna prenotazione c’è comunque posto per tutti. La tratta dura oltre quattro ore durante le quali, lo ammetto, mi cala la palpebra più di una volta. Ormai è risaputo che il rumore costante ed il dondolio dei mezzi pubblici mi mette sonnolenza. Non manco però di osservare il verdissimo panorama che la strada mi regala. Arrivo all’autostazione di Rezekne intorno alle ore 13:00 e, come prima cosa, cerco il centro informazioni turistiche. Qui si vede che di gente ne passa poca perchè l’addetta al ricevimento esita nel dirmi che posso lasciare il mio bagaglio lì da lei per qualche ora, cosa invece normalissima nelle altre località molto più battute. Alla fine ottengo ciò che voglio, ringrazio ed esco. Proprio dietro a me ho le rovine del vecchio castello. Mai come oggi posso dire che la struttura va totalmente immaginata perchè ciò che rimane è questo:
Di contro, a pochissimi metri da qui c’è un edificio fantastico ed iper-moderno che è quello dell’ APRC “Zeimuls”, cioè un centro dei servizi creativi della Lettonia orientale. Vedere per credere.
Imbocco “Atbrivosanas Aleja” (il viale sul quale si trovano le maggiori attrazioni di Rezekne) e inizio a camminare verso destra. Nel punto in cui la strada forma un largo trovo il Monumento “Uniti per la Lettonia” (al centro), la Chiesa Cattolica Romana (a sinistra e semi-coperta dagli alberi), la Chiesa Ortodossa della Beata Vergine (a destra) e successivamente il Teatro Joriks ed il Museo di Cultura e Storia della regione Latgale con davanti la statua dedicata ad Anton Kukoja.
Proseguo la mia passeggiata nella medesima direzione fino a raggiungere il palazzo dell’Accademia della Tecnologia di Rezekne che ha di fronte il monumento dedicato a Monsignor Nikodems Rancans.
Torno indietro e, prima di arrivare alla precedente zona ricchissima di punti di interesse, faccio una svolta a sinistra su “18 Novembra Iela” dove trovo la Art House (anche stavolta ci sono troppi alberi ad ostruirne la vista…) e successivamente la Holy Trinity Evangelic Lutheran Church.
Mi ributto su “Atbrivosanas Aleja” e stavolta la percorro dalla parte opposta. Trovo così il monumento dedicato a Jurijs Tinanovs (nato a Rezekne ed ottimo studioso della vita e delle opere di Puskin), il Teatro Popolare, una piazza molto carina con fontana che prende il nome di Festival Park ed infine il GORS, un centro culturale molto importante per la regione del Latgale.
Solo dando un’occhiata più attenta alla foto del Teatro Popolare si nota una “leggerissima perturbazione” in arrivo; infatti di lì a cinque minuti inizia a scendere la pioggia che, per fortuna, è sopportabile. Durerà una ventina di minuti, ma va bene così dato che fino ad ora il meteo mi ha dato una grande mano. Manca ormai pochissimo alla fine della visita di Rezekne, così mi dedico agli ultimi passi prima di andare via. La pavimentazione della parte di città rimanente è pressochè distrutta dai lavori in corso che trovo ovunque. Ci metto un po’ a fare lo slalom tra gli operai che lavorano, ma alla fine riesco a raggiungere ed osservare la Cattedrale “Heart of Jesus”. Tornando indietro, proprio davanti all’autostazione vedo il Monumento ai Liberatori.
Rientro nel centro informazioni turistiche, prendo il bagaglio e ringrazio la signorina per la cortesia. Non trovo la biglietteria (c’è solo la sala d’aspetto) così decido di acquistare il ticket dal conducente appena arriverà il pullman e così faccio. Mi siedo di nuovo e mi metto in viaggio verso Daugavpils, nell’estremo sud della Lettonia. Arrivo alle 18:50 a destinazione; per fortuna la stanza dove dormirò stasera dista solo 400 metri dal punto in cui scendo dal bus. Imposto il navigatore e vado sparato. Si tratta di un appartamento e ad attendermi c’è la proprietaria, una babushka che parla solo ed esclusivamente russo. Qui ho conferma della sensazione che porto dentro di me da anni: i russi sono sicuri al 101% che tutti capiscano la loro lingua. Anche lei, come tutti gli altri nei miei viaggi passati, inizia a parlare a raffica nonostante io gli mostri in ogni modo possibile che sta sprecando fiato. Alla fine mi arrendo: appena comprendo dove dovrò lasciare la chiave al check-out e che la dovrò avvisare via whatsapp appena aver lasciato l’appartamento comincio ad annuire come un’idiota; faccio sempre cenno di “si” con la testa qualsiasi cosa dica. Potrebbe anche prendermi in giro ed io continuerei ad annuire. Perchè prima o poi la finirà di parlare e se ne andrà…penso tra me e me. In effetti succede proprio questo e finalmente posso organizzare le mie cose ed uscire. Questa è la seconda città della Lettonia per dimensioni ed ho solo poche ore per girarla. Mi trovo già in centro, per cui sono avvantaggiato. Il primo punto di interesse che vedo è la Cappella Ortodossa Alexander Nevsky. Di fronte c’è la “Unity House”, un centro culturale polifunzionale. Nella foto che segue si vedono due gatti rossi che dormono beati sul pavimento; bene…quando ho scattato l’immagine non me ne sono accorto.
Il mastodontico palazzo che ospita l’Università locale fa fatica ad entrare nell’obiettivo della mia reflex per quanto è grande; davanti ad esso c’è una piccola fontana con dietro il ritratto in pietra dello scrittore lettone Rainis.
Poco lontano posso ammirare lo stemma cittadino realizzato con i fiori; proseguendo la passeggiata arrivo al Dubrovin Park che merita attenzione: al suo interno, oltre ad una grandissima fontana, c’è una particolare statua dedicata allo stesso Pavel Dubrovin (ex sindaco benefattore che dà il nome a quest’area) ed il monumento in memoria delle vittime della seconda guerra mondiale. Il Museo di Storia ed arte locale ed il Museo Universitario concludono l’offerta.
Vedo un gran giro di gente nella direzione verso la quale sto andando e capisco il motivo non appena mi avvicino: mi trovo dove inizia una breve area pedonale e dove ci sono centri commerciali da ogni lato. Qui posso ammirare la Chiesa Cattolica Romana di San Pietro ed il cuore che sta a significare “I love Daugavpils”, cosa che si trova nelle città sempre più spesso con lo scorrere dei giorni.
C’è ancora abbastanza luce ed ho tempo prima che chiudano i markets per comprare le bibite per la serata. Decido di muovere le gambe più in fretta che posso per arrivare nella zona chiamata “La Collina delle Chiese” per poter vedere dal vivo uno spettacolo per ora assaporato solo in foto sullo schermo del mio computer. Il nome gli è stato dato per un motivo ben preciso: in un’area molto ristretta sono presenti quattro edifici religiosi, uno più bello dell’altro, che stanno a rappresentare i quattro culti maggiori della regione. In questo caso è meglio vedere che leggere:
Dopo queste meraviglie guardo l’orologio e vedo che mi devo sbrigare a rientrare verso il centro se stasera vorrò bere qualcosa e così faccio. L’immagine del carcere di Daugavpils mi accompagna per un po’, date le sue dimensioni, mentre pian piano cala il sole. E’ una vera e propria fortezza che appare inespugnabile.
Il giro della città non è finito: ci sono altre cose da vedere ma adesso non posso proprio. Per questo motivo prendo una decisione fin da subito: domani mattina avrò il bus per Riga alle 9:50; mi sveglierò alle 6:00 in punto ed uscirò per quasi tre ore supplementari che mi serviranno a portare a termine la visita. Nel frattempo arrivo nella zona dei centri commerciali; sto per attraversare la strada quando sento parlare italiano. “Fermi tutti!”…penso tra me e me; devo capire chi è il connazionale che, oltre a me, ha avuto l’idea di venire in una sperduta cittadina lettone invece che andarsene al mare a Rimini o in Salento. Mi giro di 180 gradi e la sorpresa è amara: cinquantenne mezzo ringobbito (forse anche qualcosa di più come età) con bellissima moglie locale trentenne e figlioletta di un paio d’anni al seguito. E’ sempre un piacere appartenere al “belpaese”…davvero. Entro nel negozio, compro ciò che devo e vado a cenare con un menu kebab. Sazio, torno nell’appartamento dove preparo il percorso che dovrò fare tra poche ore per non buttare il poco tempo a mia disposizione e poi cado in un sonno profondo, disturbato più di una volta da un rumore fortissimo di gabbiani: non lo avevo mai sentito tanto fragoroso in tutta la mia vita.
Giorno 4 – Jelgava
Come mi ero promesso, la sveglia suona all’alba. Per fortuna che il sole è già sufficientemente alto nel cielo da permettermi di scattare fotografie di discreta/buona qualità. Il giro che dovrò fare è più lungo che ricco di cose da vedere, ma non mi va di lasciare la città senza aver visto ciò che manca. Mi dirigo quindi in primis in una zona in cui trovo due punti di interesse praticamente uno accanto all’altro: il “Lokomotive Stadium” (con tanto di allarme sonoro che scatta se qualcuno si avvicina troppo alle inferriate di ingresso) e la Chiesa Ortodossa dell’Espiazione della Santa Madre.
Imposto il navigatore verso quello che si dice sia il punto forte di Daugavpils: la sua Fortezza. La distanza è considerevole (oltre tre kilometri) ma avevo messo tutto in preventivo la sera prima, così non m perdo d’animo ed inizio a camminare. Quando arrivo a destinazione c’è però più di un pizzico di delusione: questo grande simbolo cittadino in realtà non è niente di che. Al suo interno il portone di ingresso e qualche edificio tipico spiccano tra le altre cose, ma nulla più. Il “Mark Rothko Art Center” (un centro culturale polifunzionale situato in un palazzo color giallino completamente moderno e ristrutturato) proprio non mi interessa. Salgo persino sulle mura perimetrali, ma la cosa non mi emoziona in nessun modo. Per il resto ci sono addirittura case di comuni cittadini che in questa area ci vivono, con tanto di negozi di alimentari ed altre necessità. Nella mia mente le fortezze sono ben altra cosa. Faccio le fotografie a ciò che ritengo opportuno e poi saluto tutti.
Durante il tragitto di ritorno verso l’appartamento ho il tempo per portare nel mio album dei ricordi l’originale monumento dedicato a Stefan I° Bathory.
Una bella doccia è quello che ci vuole: questa mattina alle 8:35 esatte ho già accumulato 7,5 kilometri di passeggiata e la giornata non sarebbe neanche dovuta iniziare così. Lascio le chiavi dove convenuto e mi reco con tutta la mia roba all’autostazione dove acquisto il biglietto del pullman diretto a Riga. La destinazione di oggi non prevede una tratta diretta, bensì il passaggio dalla capitale. Avviso la signora che me ne sono andato e sto in grazia di Dio sul morbido sedile del mezzo di trasporto. Diverse ore servono per compiere il tragitto; quando sono lì prendo un’altra decisione drastica: dato che il collegamento c’è, stavolta voglio provare a prendere il treno. Arrivo alla stazione ferroviaria che ha un nome incomprensibile (Latvijas Dzelcels…) ed acquisto il titolo di viaggio. Stavolta un ritardo di una decina di minuti c’è, cosa mai successa con gli autobus. Di ciò che trovo e provo nel vagone ho già scritto nella sezione iniziale delle info pratiche e non mi ripeto. Quando arrivo a Jelgava (mèta di oggi) sono le 15:40 circa e vedo subito di fronte a me il bel Monumento ai Liberatori della città.
La prima tappa prevede la presa dell’appartamento prenotato per la giornata. Alle 9:00 del mattino ho mandato un’e-mail ai proprietari ma in tutte quelle ore non ho ricevuto nessuna risposta. Mi preparo al peggio ed ho ragione: quando raggiungo l’indirizzo indicato nella prenotazione non c’è nessuno ad aspettarmi. Telefono al numero in mio possesso e mi risponde un tizio incredulo del fatto che fossi arrivato. Ci mancava solo che mi dicesse qualcosa del tipo “mi potevi avvertire” e stavolta ce lo avrei mandato a quel paese. Mi dice che da lì a pochissimo tempo sarebbe arrivata sua moglie, ma passano 25 minuti e non si vede anima viva. Sto scrivendo un sms (il tizio non ha neanche whatsapp) e spunta una ragazza biondissima in bicicletta che scopro essere la figlia del padrone di casa. Mi accompagna di sopra (quarto piano senza ascensore) e si sincera che tutto sia a posto prima di andarsene. Una volta da solo sistemo tutte le mie cose e poi esco alla scoperta della nuova città che mi ospita. Durante la passeggiata adocchio già un centro commerciale che ha un Hypermarket al suo interno: sarà lui il mio fornitore di bibite fresche per la serata. Il giro inizia con la vista della bella Cattedrale Cattolica della Vergine Immacolata.
Pochi passi e mi trovo di fronte il gioellino della Cattedrale Ortodossa di St. Simeon e St. Anna. Davvero uno spettacolo che la foto non rende a dovere. Subito sulla sinistra c’è un palazzo stupendo (il Museo di Storia e dell’Arte), che però a quest’ora della giornata ha la facciata completamente all’ombra. Facendo un rapido calcolo…dovrei trovarlo illuminato direttamente domani mattina, per cui già mi segno che dovrò uscire prima per non perdermi questa meraviglia.
Seguo il corso della strada finchè raggiungo una piazza che ospita il Monumento a Janis Cakste (primo presidente del consiglio dello stato lettone indipendente) e, alle sue spalle, la candida Trinity Church.
Svolto a destra ed attraverso il ponte che passa sul fiume Driksa; a fare la guardia c’è addirittura Konrads Von Manderns, il fondatore di Jelgava, ora in versione pietra.
Qui ho una scelta da fare: proseguire la visita alla mia sinistra o alla mia destra. Stavolta opto per la prima opzione e mi dirigo verso lo “Jelgava Palace” superando il Pils Park, carino e col classico corso d’acqua che lo attraversa, ma non è niente di che. L’edificio che mi appresto a visitare è il più grande esempio di costruzione barocca degli stati baltici ed è frutto della mente di un italiano (Bartolomeo Rastrelli) per essere la Residenza dei Duchi di Curlandia. La facciata esterna è parzialmente in via di restauro. Entro dall’ingresso principale e mi trovo nel grande piazzale interno. Qui finalmente posso ammirare cosa di bello ha da offrire il Palazzo che oggi ospita l’amministrazione universitaria, alcune facoltà ed il Museo dell’Università Agraria lettone.
Lascio questo posto con un pizzico di nostalgia perchè starei ore a girare su me stesso perdendomi tra le facciate, ma non posso farlo. Devo visitare la parte opposta della strada, vale a dire “Pasta Sala”. Si tratta di una vera e propria isola sul fiume Driksa collegata alla terraferma da due ponti, dei quali uno più scenografico che utile chiamato “Gajeju”. E’ una specie di oasi del divertimento, nel senso che all’interno del suo perimetro racchiude vari campi da gioco ed oggi (a pagamento) un’esposizione di statue di sabbia oltre alla classica scritta che rappresenta la località che mi ospita.
Ma una sorpresa è in agguato: ebbene si…ne ignoravo l’esistenza e non mi sono attrezzato prima, ma mi si spalancano gli occhi quando vedo una spiaggia vera e propria con sabbia morbidissima. Le persone presenti stanno sia prendendo il sole che facendo il bagno nel corso d’acqua. Mi mordo letteralmente le mani per non essermi messo il costume e non aver portato il telo da mare perchè un tuffo lo avrei fatto più che volentieri.
Il veloce giro di Pasta Sala è terminato, così posso andare via e smettere di guardare queste scene. Il prossimo obiettivo è la parte opposta del fiume perchè devo vedere più da vicino una particolare fontana che sembra zampillare acqua a cascata da una terrazza sulla strada.
Questa parte della città la reputo conclusa, per cui saluto e muovo i prossimi passi nella direzione opposta. Per arrivare dove voglio devo camminare per una buona parte di “Liela Iela”, una delle vie più importanti di Jelgava. Arrivo alla Chiesa Luterana S. Anna. Purtroppo, causa ora tarda, l’edificio religioso è chiuso e non si può entrare neanche nel piazzale per una foto decente. Tutto ciò che posso fare è una foto tagliata nella parte bassa. Nel parco dall’altro lato della strada c’è un monumento dedicato ad un alce o qualcosa del genere.
Mi giro dalla parte opposta e vedo un’insegna che recita “Rosso Pizza”; guardo l’orologio e sono le 20:00 passate. Mi manca ancora un punto di interesse da vedere qui ed è più avanti rispetto a dove mi trovo. Ci vado veramente di gusto perchè ciò significa che immancabilmente dovrò tornare indietro ripassando davanti alla pizzeria. La passeggiata è abbastanza breve e, in una via sterrata, trovo la Chiesa Pentecostale “Salvation” che mi attende.
Mai marcia indietro fu più felice nella storia: entro nel locale e vedo che i ragazzi fanno soprattutto pizza da asporto, ma appena fuori dalla porta ci sono diversi tavoli in legno sotto ad un ombrellone che mi aspettano. Come sempre succede all’estero, anche qui la pizza è di tre dimensioni diverse: piccola, media e grande. Inconcepibile da noi…ma fuori dai nostri confini funziona in questo modo. Ormai sono abituato a eventuali incomprensioni, per cui chiedo di poter vedere le forme delle teglie per capire quale scegliere. Quella piccola va bene per un criceto, quella media per me è minuscola…quindi alla fine opto per quella grande. Mi chiedono pure se sono sicuro e gli rispondo così: “Grazie per la premura, ma sono italiano e con la pizza ci vivo”. Una risata accompagna questo momento seguito dalla scelta della birra in bottiglia (purtroppo non è disponibile quella alla spina). Alla fine mangio tutto il piattone come era prevedibile e lo porto io stesso vuoto all’interno del locale tipo trofeo; ringrazio, saluto e me ne vado verso la stanza dopo aver comprato da bere al market adocchiato all’arrivo in paese. Un’altra giornata giunge al termine; quella di domani sarà ben più tosta.
Giorno 5 – Liepaja, Kuldiga e Ventspils
La sveglia per oggi è intorno alle 6:45 perchè per le 7:00 voglio uscire a tutti i costi. Devo assolutamente vedere il Palazzo che ospita il Museo di Storia e dell’Arte che, secondo i miei calcoli, a quest’ora del mattino dovrei trovare completamente illuminato dal sole. Lascio le chiavi dove convenuto e parto alla volta dell’autostazione per acquistare il solito biglietto dell’autobus. L’addetta mi informa che per la mia nuova destinazione devo andare allo stallo numero 6 e comprare il ticket direttamente dall’autista. Strano…ma accetto e mi adeguo. Vado di corsa verso il Museo e mi riempio di gioia quando vedo che avevo ragione: adesso è tutta un’altra cosa rispetto a ieri. Ai suoi piedi fotografo anche il monumento a Gederts Elias; questo signore di metallo lo hanno piazzato sotto ad un albero, per cui non gode dei benefici del sole.
Per Jelgava è proprio tutto, così torno all’AutoOsta dove alle 7:47 in punto parte il pullman che ha per direzione la città di Liepaja, situata sulla costa occidentale della Lettonia. Anche oggi la traversata è abbastanza tosta e serviranno delle ore. All’arrivo ho una sorpresa poco gradita: mi trovo a circa 1,8 kilometri dal centro, distanza che immancabilmente devo percorrere col borsone sulle spalle. Purtroppo non ho scelta e devo per forza di cose accettare la situazione. Durante la camminata noto che anche qui sono in corso dei lavori di ristrutturazione del manto stradale, solo che stavolta sono molto estesi. Sperando che non rovinino più di tanto la mia visita, trovo agevolmente l’ufficio di informazione turistica dove lascio in custodia i miei averi. Punto subito la zona più distante per poi vedere tutto il restro a ritroso, per cui mi reco…in spiaggia. Ebbene si, mi devo togliere un dubbio: dato che questa è considerata anche una località di vacanza, voglio vedere per che tipo di mare/spiaggia/servizi si pagano dei soldi per soggiornare qui da una settimana in sù. La passeggiata non è breve, ma comunque piacevole. Come in moltissime località dell’est succede, anche qui c’è l’immancabile parco prima del mare. E’ abbastanza esteso e, come attrazioni da vedere, ha una fontana e lo stadio “Daugava” nel quale proverò ad entrare più tardi. Capisco di essere vicinisimo quando vedo la pavimentazione stradale che si mischia a granelli di sabbia sempre più numerosi; effettuo una deviazione e mi infilo nel verde finchè resto letteralmente a bocca aperta per un tempo indefinibile: di fronte a me ci sono dune di sabbia meravigliose, di un colore chiarissimo e soprattutto sofficissime quando le calpesto. Mai avrei immaginato di trovare un simile panorama a queste latitudini.
Supero l’ostacolo e la situazione della bocca aperta continua: un arenile enorme e candido mi si presenta davanti agli occhi. Una cosa fantastica, pure con pochissima gente se rapportata alla superficie disponibile ed al fatto che siamo a metà luglio. Ripeto senza paura di essere monotono che mai mi sarei aspettato una cosa del genere. Pensavo di trovare qualcosa di molto più tetro e triste sinceramente. Anche qui scovo e raggiungo la scritta col nome della località.
Non mi avvicino più di tanto all’acqua perchè purtroppo il tempo a mia disposizione è troppo poco e voglio visitare la città come priorità; se lo facessi potrei tuffarmi anche vestito. Decido quindi, mio malgrado, di andare via ma lo faccio camminando all’indietro per quasi tutto il tratto: ancora non credo ai miei occhi. E’ adesso il momento di concentrarmi sulla fontana e sullo stadio di cui parlavo poco fa. Per la prima, tutto ok; per il secondo…idem: basta entrare dall’ingresso principale lasciato tranquillamente aperto e si ha accesso sia alle gradinate che al campo di gioco. Mai stato più facile entrare in un impianto sportivo prima d’ora. Ovviamente i posti a sedere sono pochi, ma è normale così. Il calcio quassù non è poi così sentito ed il livello delle squadre locali è abbastanza basso. Però anche loro partecipano alle coppe europee e magari qualche club blasonato ci ha messo un piedino qui dentro.
E’ il momento di lasciare i momenti ludici (mare e sport) per dedicarmi alle cose serie; per questo motivo faccio rientro verso il centro città. Finalmente dopo giorni di esplorazione riesco ad immortalare un mega-bandierone lettone che segue il ritmo del vento.
Poco dopo mi trovo davanti al bellissimo complesso della Cattedrale di St. Joseph, talmente grande da non entrare tutto nell’obiettivo della mia reflex. Succede questo soprattutto perchè si trova in uno spazio recintato che non permette di allontanarsi a dovere. La foto non rende neanche lontanamente l’idea di che cosa sia l’edificio in questione.
Supero il mercato ortofrutticolo, passaggio quasi obbligato ma anche caratteristico, e posso ammirare la Chiesa Luterana di St. Anne. Mi sposto poi verso sinistra fino ad arrivare in un luogo abbastanza bizzarro: la “walk-of-fame” dei musicisti lettoni. Si tratta di un tratto di strada in cui ci sono dei cubi di pietra sulla cui parte superiore è stata messa una placca col nome di un musicista locale; alcuni di loro hanno quello che sembra essere il calco delle mani mentre altri hanno incisa una stella. Ecco un paio di esempi, uno per tipo:
Mi trovo ora su “Rozu Laukums”, la piazza principale e centrale di Liepaja. Qui si trova la sede dell’Università locale, un palazzo enorme parzialmente coperto dagli alberi. Davanti ad esso c’è una bellissima farfalla fatta di fiori che non posso non fotografare. Purtroppo non posso fare lo stesso con la Holy Trinity Cathedral che è in fase di massivo restauro e tutta coperta da impalcature.
Nelle vie dietro alla Holy Trinity Cathedral trovo prima il Teatro cittadino e poi la Cattedrale Ortodossa della Santissima Trinità…un po’ lasciata andare a se stessa ma bella anche per questo.
Imbocco “Juras Iela” e quasi subito ho davanti l’avveneristica Sala da Concerto “Great Amber”. A parte la forma decisamente particolare, la sua struttura in vetro colorato riflette il cielo e le nuvole creando un effetto fantastico. Poco dopo, davanti ad un edificio governativo, trovo la prima di una serie di strane sculture che adornano il marciapiede da qui in avanti. Sull’altro lato della strada il palazzo che ospita il Museo cittadino non è degno di attenzione, almeno secondo me.
Sono quasi al limite orario per poter prendere il bus per la prossima destinazione, così faccio rientro verso l’ufficio di informazione turistica. Mi pare di aver visto il 95% delle cose segnate sulla mia mappa qui a Liepaja e resto soddisfatto della visita. Nel frattempo scovo un altro palazzo che fa parte dell’Università locale, anche lui valevole di una foto.
Riprendo la mia roba ed inizio il percorso inverso in direzione dell’autostazione. Altri “fantastici” 1.800 metri mi aspettano con ansia. Ma la mia attività non si ferma mai ed è così che vedo prima un momumento dedicato ai difensori della città datato anno 1941 seguito da una Chiesa Luterana con la facciata interamente coperta dagli alberi e, infine, dalla Chiesa Ortodossa di Sant’Alessio.
Adesso è davvero tutto e sono tornato all’autostazione in attesa del nuovo pullman con destinazione Kuldiga. Si tratta di un piccolo paese, ma che racchiude tante cose da vedere in uno spazio relativamente misero. E’ anche quello che reputo “il mio capolavoro” per l’intero viaggio in Lettonia. Il motivo? Per inserirlo nell’itinerario ho dovuto fare i salti mortali e l’unica possibilità che avevo per rispettare la tabella di marcia era di dedicare a questo luogo solo un ora e mezzo di tempo; ebbene si…novanta minuti per poter vedere tutto ciò che Kuldiga ha da offrire. Per prima cosa, appena sceso dal bus, mi fiondo in biglietteria per comprare il ticket per il prossimo spostamento (l’ultimo di oggi); in questo modo non avrei avuto modo di perdere la coincidenza per l’eventuale fila allo sportello. Fatto ciò mi metto in marcia prima di subito. In questo caso non ho il tempo necessario per cercare l’ufficio di informazione turistica e lasciare il bagaglio in custodia, quindi la situazione è aggravata dal peso del mio borsone sulle spalle. Da dove mi trovo ora al punto di interesse più lontano ci sono 1,7 kilometri che poi andranno fatti anche al ritorno; non mi perdo d’animo e vado spedito. Una strana “decorazione” mi accoglie all’inizio di “Liepajas Iela” (una delle maggiori arterie del paese) che sembra essere una sorta di porta del tempo: attraversando quel punto si entra nella storia.
Dopo poche centinaia di metri faccio una rapida deviazione a sinistra entrando in un cancello che affaccia sul piazzale di un edificio e poi su un parco; qui ci sono tantissime sculture in legno raffiguranti sia persone che animali. Ne fotografo alcune e pubblico qui l’immagine che mi ha colpito di più. Nella stessa area resto a bocca aperta ammirando la figura della Chiesa Ortodossa “Holy Mother Asylum”. Sembra un po’ grezza, ma a me piace moltissimo.
Ritorno su “Liepajas Iela” e proseguo la passeggiata fino a svoltare a destra su “Raina Iela” dove trovo la Chiesa Cattolica della Santa Trinità. Ancora avanti, ben altra cosa è la Chiesa Evangelica Luterana St. Anna: anche lei mi lascia di stucco.
E’ adesso la volta di tuffarmi in una piazza carinissima che ha edifici molto belli a farle da perimetro; uno di essi è il palazzo del Municipio di Kuldiga, ma è tutto l’insieme che sembra una cartolina d’altri tempi. Completa il tutto il monumento chiamato “Thè insieme a Evald Valter” e dall’immagine che segue si capisce benissimo il perchè di tale nome…
Qualche centinaio di metri mi separa dai prossimi punti di interesse; la cosa importante è che mi sto avvicinando al fiume “Venta”. La zona che sto per esplorare mi offre in primis la Chiesa Evangelica Luterana St. Catherine; stavolta è degno di nota il Palazzo di Giustizia seguito dallo splendido Ponte di Mattoni Rossi che attraversa il corso d’acqua da una parte all’altra. Inutile sottolineare che la luce perfetta dà una grande mano nell’apprezzare i monumenti presenti.
E qui viene il bello: Kuldiga, per quanto possa essere piccola, è conosciuta a livello continentale (se non oltre) perchè ospita la “Ventas Rumba”. Sembra il nome di una danza o qualcosa di simile, ma questa interpretazione è molto lontana dalla realtà. Parliamo della cascata più LARGA d’Europa. Ho scritto volutamente in maiuscolo quella parola per essere più chiaro possibile. Il “salto” che la’cqua compie è ridicolo (da 1,80 a 2,20 metri a seconda della piena del fiume), ma la cosa che qui viene considerata è l’ampiezza che varia da 249 a 270 metri (sempre a seconda della piena del “Venta”). L’effetto dall’alto è davvero particolare perchè si riesce ad avere una panoramica completa del fenomeno. Il fatto è che considerare questa come una cascata forse è un tantino esagerato. Va bene che ognuno tira acqua al proprio mulino pur di trovare punti di interesse e di richiamo per le masse di turisti, però forse bisognerebbe usare un tantino più di serietà nelle valutazioni. Ripeto: per quanto sia misero, il salto c’è…però niente a che vedere con altre cascate presenti sul Pianeta Terra. Detto questo, il luogo è famoso anche perchè in certi periodi dell’anno (ma non a luglio, quindi non è una cosa che posso vedere) si può osservare il salto dei pesci che risalgono la corrente e che tentano di superare la cascata per proseguire il loro percorso.
Vista da questa immagine, la cosa non pare un gran che. Ci sono però delle scale che scendono al livello del fiume ed io ho ancora un po’ di tempo a disposizione per andare. Cammino anche sulla cascata fino a dove trovo punti asciutti per appoggiare le scarpe, poi sono costretto a fermarmi. Vedo con i miei occhi che c’è parecchia gente che si fa il bagno nel fiume proprio sotto al salto in una sorta di doccia un pochino più potente e fresca del solito. Oltre alla mancanza di tempo utile per poterlo fare anch’io c’è un altro problema del quale ho già parlato in altre occasioni: l’acqua in questa nazione ha un colore giallo-verde scuro e non sembra per niente pulita. Sicuramente mi sbaglio io e non ne so abbastanza per poter giudicare, però buttarmi lì proprio non mi ispira. A riprova di questo pensiero arriva il tuffo di una persona a pochi passi da me: appena il suo corpo entra in contatto con l’acqua vedo nitidamente il colore della stessa che si trasforma evidenziando i toni giallo-verdi scuri. L’effetto visivo, credetemi, non è dei migliori. In ogni caso avrei preferito lasciar perdere.
Risalgo le scale e lascio l’area, non prima però di aver visto l’edificio che ospita il Museo Cittadino di Kuldiga. Tornando verso l’autostazione mi reco anche ad osservare la tanto decantata Biblioteca, ma trovo un palazzo giallo, nuovissimo e di poca importanza.
Rieccomi all’autostazione con dieci minuti di anticipo rispetto alla partenza del pullman. Ho il tempo di comprare una meritatissima bibita fresca al supermarket che si trova a pochi passi da qui mentre aspetto che arrivi il conducente. Alla fine è andato tutto per il meglio e sono più che soddisfatto. Stavolta il mezzo di trasporto che mi porterà a Ventspils non è il solito maxi-pullman a 52 posti, bensì un minibus in stile “Marshrutka” con 19 sedili, però modernissimo ed ultra comodo. La tratta passa senza patemi d’animo, anche se la percorrenza viene allungata molto a causa di deviazioni effettuate in borghetti sconosciuti e composti da poche case cadauno. D’altra parte anche quelle persone devono potersi spostare ed il governo pensa alle esigenze di tutti. Qui inizia un capitolo abbastanza tranquillo: Ventspils è una località particolare perchè non ha quasi nulla da vedere. A parte il Castello dell’ordine Livoniano, le maggiori attrazioni sono le mucche in fibra di vetro decorate da vari artisti di colori e dimensioni diverse che sono rimaste qui dopo la “CowParade” avvenuta nel 2002. L’ho messa nel mio giro in quanto tappa strategica per la ripartenza del giorno dopo e perchè si tratta comunque di una città importante dal punto di vista economico: il suo porto è libero dai ghiacci tutto l’anno e questo lo rende utilissimo per una moltitudine di attività. Quando arrivo all’autostazione ho il solo desiderio di andare in hotel e prendere possesso della stanza per liberarmi del borsone che oggi mi ha fatto compagnia fin troppo. Percorro il kilometro abbondante che mi separa dalla struttura e faccio il dovuto. Ma ormai si sà che non riesco a stare fermo, per cui dopo poco esco di nuovo per fare un giro dei dintorni e per cenare. Scopro che il Castello è chiuso perchè l’ora è troppo tarda, ma tanto non sarei entrato a visitarlo. Qui di seguito la carrellata di ciò che vedo camminando a passo lento.
Ci sarebbe anche la piacevole Chiesa Ortodossa di San Nicola…ma la foto mi è venuta uno schifo ed è meglio non pubblicarla. Adesso passo al capitolo mucche affrontato poco fa: ce ne sono davvero tante. Queste che seguono sono solo alcune per far capire a cosa ci si attacca quando in città non c’è niente da vedere.
E’ ora di cena, ma prima decido di andare al supermarket a comprare le bibite perchè chiude alle 22:00 e sono già le 21:30. Come sempre ripongo la bottiglia di Coca Cola ed il succo di frutta nello zainetto, dato che ho posto libero. Esco e mi cerco un fast food della catena Hesburger, già provata in altre città e quindi sicura nella qualità e nel prezzo. Appena entro ci trovo l’apoteosi: una marea di tursiti tedeschi sono in fila alla cassa (Ventspils è una località balneare più o meno come Liepaja, per cui è normale trovare questo genere di affollamenti nei posti dove si mangia a buon mercato). Mi armo di pazienza e mi metto in coda: la mia cena sarà pronta alle 22:15. Mi siedo al tavolo ed appoggio lo zainetto per terra; lo faccio delicatamente perchè dentro c’è anche la reflex e non posso fracassarla al suolo. Mangio l’intero menù e quando finisco ho una pessima sorpresa…la peggiore che potesse succedere: la bottiglia di Coca Cola si è danneggiata in uno dei “piedini” e sta uscendo liquido dappertutto. Lo zainetto è letteralmente inzuppato e la cosa è preoccupante: dentro ci sono tutte le mie cose più importanti. Prendo ciò che resta della bottiglia e butto tutto nel cestino del fast food correndo in stanza per vedere cosa fosse successo e per salvare il salvabile. Quando arrivo vedo la catastrofe dei documenti tutti bagnati fradici e colorati di marrone: le mie mappe, i miei biglietti gelosamente conservati sono zuppi. Poteva andare molto ma molto peggio: le uniche cose che sono rimaste intatte sono il passaporto, la reflex ed il portafogli con dentro le carte magnetiche. Penso solo a cosa sarebbe successo in caso di passaporto danneggiato: fine del tour e corsa al consolato italiano di Riga per farmi fare un foglio sostitutivo per poter prendere l’aereo di sabato. In più, al rientro, altri 115 euro per una nuova emissione del documento. In caso di danneggiamento della reflex sarebbero stati 500 euro circa di danni e così via. Tutto il resto, in un modo o nell’altro lo recupererò; se proprio non sapevo cosa fare per finire la serata…adesso lo so.
Giorno 6 – Juanmoku Pils e Bauska
Mi sveglio intorno alle 7:30 e noto che tutti i fogli che avevo messo ad asciugare uno ad uno sono un po’ stropicciati ma a posto. Riordino alla meglio il tutto ed esco con una certa fretta senza però fare il check-out. Avrò il bus per la prossima destinazione alle 11:30 ed ora voglio assolutamente raggiungere la spiaggia per vederla anche qui e capire se la meraviglia di Liepaja è un caso isolato oppure no. La distanza tra l’hotel e l’arenile è di 2,2 kilometri ed inizio quindi a camminare. Quando arrivo vedo che la situazione è favolosa, che la spiaggia è kilometrica e larghissima e che non c’è quasi nessuno. Questo magari perchè è ancora molto presto. Stavolta vado a due centimetri dall’acqua e posso ammirare il colore trasparente che ha. Anche stavolta stento a crederci.
A questo punto ci si chiede perchè uno come me non si stia preparando per fare il bagno nel Mar Baltico. Le ragioni sono fondamentalmente due: la prima è che sono uscito dalla stanza ancora parecchio scazzato per ciò che è successo ieri sera con la Coca Cola nello zaino; la seconda si può vedere dalla terza foto del mare che ho pubblicato qui sopra: in fondo alla spiaggia si nota abbastanza bene una specie di nebbia che viene dall’acqua. Bene…quella nebbia è un concentrato di freddo a livello freezer e non ho idea di cosa sia. Praticamente dal mare arrivano banchi di gelo che fanno da contraltare al piacevolissimo calduccio del sole. Ho letto che la temperatura massima del Mar Baltico in luglio arriva a 16 gradi, quindi ripenso ai 10-11 gradi del tuffo nell’Occhio Blu albanese ed alla fine desisto. Se ci ripenso ora però ammetto che è un vero peccato. Dopo una sosta riprendo la strada per l’hotel e, dopo il check-out, con le mie cose al seguito mi dirigo all’autostazione. Acquisto il ticket per Juanmoku Pils che, come dice il nome stesso, è un castello situato tra Ventspils e Riga. Il pullman parte puntuale alle 11:30 e mi fa scendere a destinazione alle 13:19. Da ora ho esattamente un’ora e mezzo per godermi ciò che c’è qui. Ma, a differenza di Kuldiga, questo tempo è eccessivo. Una volta visto il maniero ed il parco che lo circonda non c’a altro da fare. Io questo lo sapevo già e mi sono attrezzato acquistando il pranzo da fare al sacco in totale relax.
Una panchina bordo lago e fronte castello è piazzata proprio al caso mio. Ho una trentina di minuti che posso dedicare al riposo ed al cibo. Poi, alle 15:03, è previsto il bus con destinazione Riga. Menomale che sono uno premuroso e che si reca sempre prima alle fermate, soprattutto se intermedie: l’autista decide di passare alle 14:59 come se niente fosse. Se avessi traccheggiato un po’ di più avrei perso la corsa ed avrei dovuto aspettare le 18:06…non aggiungo altro. Arrivo nella capitale lettone alle 16:10 circa ed acquisto un nuovo biglietto per la partenza delle 16:30 con destinazione Bauska, piccola cittadina a 18 kilometri dal confine con la Lituania. Altri settanta minuti servono per arrivare all’autostazione da dove cammino per un kilometro e mezzo in direzione hotel. Prendo la stanza e mi preparo per uscire; fa caldo ma il cielo qui non mi racconta nulla di particolarmente buono. Infatti, proprio a metà strada tra me e la prima attrazione, inizia a piovere pure con una certa intensità. Mi bagno un po’, ma fortuna vuole che nelle vicinanze ci sia un bar con dei tavolini posti sotto ad enormi ombrelloni. Ne approfitto per sedermi e bermi una birra alla spina locale bella fresca. Neanche il tempo di finirla che già spiove e posso riprendere l’andatura. Dal ponte sul fiume Musa, uno dei due che bagnano questo centro abitato (l’altro è il Nemunelis) posso ammirare il Castello di Bauska, anche se con un po’ troppi alberi davanti come al solito. Sempre dal medesimo ponte ho una visuale del Musa davvero particolare.
Superato il ponte trovo sulla mia strada quattro punti di interesse a brevissima distanza l’uno dall’altro: si tratta del Memoriale per le vittime del 1941, del Monumento ai Difensori di Bauska, del Monumento ai combattenti anti-sovietici e del Monumento in memoria della guerra di Indipendenza.
Proseguo la passeggiata fino a quando trovo la piccola Chiesa Cattolica del Santissimo Sacramento e, poco dopo, la più imponente Chiesa Evangelica Luterana del Santo Spirito. Qui incontro un abitante del luogo che mi guarda in maniera menefreghsita; evidentemente non sono un tipo interessante…
Arrivo su “Kalna Iela”, una strada molto trafficata per le dimensioni del paese che la ospita. Qui si affaccia il Museo Cittadino ed è presente la Piazza del Municipio. Ad un angolo della stessa area trovo delle sculture originalissime fatte da grandi pietre disposte ad arte e tenute ferme da una rete metallica. Vedere per credere perchè le spiegazioni a parole in casi come questi sono sempre riduttive.
Mi manca solo una cosa da vedere e si tratta della Cattedrale Ortodossa di St. George che, devo dire, mi piace molto.
Non lontano ho tutto quello che mi serve: il fast food Hesburger ed almeno due supermarkets dove comprare qualcosa da bere per la stanza. Non me lo faccio dire due volte ed eseguo i miei doveri. Fatto ciò mi dirigo di nuovo verso l’hotel perchè anche questa giornata è giunta alla fine.
Giorno 7 – Castello di Rundale e Riga (seconda parte)
La sveglia oggi è intorno alle 8:00; in questo modo ho il tempo necessario per prepararmi, fare il check-out, lasciare all’hotel il borsone in custodia ed andare all’autostazione di Bauska. Da qui partirà alle 9:00 in punto un bus che mi lascerà alla prima attrazione della giornata: il Castello di Rundale. Alle 9:20 sono già in zona, anche se i cancelli aprono alle 10:00. Ho dovuto fare così per forza perchè il prossimo autobus ci sarebbe stato dopo le 11:00 ed avrei buttato troppo tempo. Al momento mi dedico a scattare qualche foto all’esterno.
Ovviamente sono uno dei primi ad entrare nella struttura, soprattutto mi fiondo davanti ai gruppi organizzati con tanto di guida: se mi fossi trovato dopo di loro non avrei visto un tubo nelle stanze con 30-40-50 persone ammassate. Il biglietto per la visita completa è abbastanza caro: 13 euro; spero che ne valga la pena pagare questa cifra. E’ il classico giro per le stanze di una residenza signorile con la differenza ovviamente negli arredi e nelle finiture/decorazioni. Ci metto poco più di un’ora a completare la “Long Route” e devo dire che rimango soddisfatto. Ecco alcuni esempi:
Al piano di sotto si trovano sia un’esposizione che illustra la costruzione del Castello di Rundale (anch’esso progettato da Bartolomeo Rastrelli, proprio come lo Jelgava Palace già menzionato) sia la zona funebre.
Terminato il giro interno posso passare al bellissimo parco che completa il quadro delle cose. Il sole è altissimo nel cielo ed illumina perfettamente tutta la facciata del Palazzo, per cui le prossime foto riusciranno molto bene. Ci sono fontane e fiori dappertutto (una serie di addetti sta curando le piante anche adesso, credo senza sosta durante l’arco dell’intera giornata). Anche qui resto parecchio per vedere ogni angolo; addirittura mi ritrovo a scattare un’istantanea ad una bella costruzione in stile orientale nascosta tra il verde quando mi fermo in tempo dopo aver letto la scritta “WC” sulla porta; però…che peccato. Era tanto carina quella casetta ed invece è un bagno pubblico. Vediamo un po’ di immagini che è meglio…
Anche per questo posto è davvero tutto. Alle 12:00 in punto passerà il bus che mi riporterà a Bauska, per cui mi avvio alla fermata opposta a quella dell discesa della prima mattina. Stavolta arriva un pullman vecchio e sgangherato che, forse per compensare questa “falla”, costa 15 centesimi in meno rispetto alla tratta di andata…eppure il percorso che compie è esattamente lo stesso. Chissà perchè? Dato che a questo dubbio nessuno risponderà mai, penso ad altro. Arrivo all’autostazione e percorro i tre kilometri (1,5 per volta) fino all’hotel per portare via il mio borsone. Acquisto poi il biglietto per Riga (bus alle 13:40) e mi fiondo nell’attesa in uno dei markets di zona per fare il pieno di bibite fresche. Anche stavolta la puntualità è disarmante ed alle 15:00 tonde tonde sono di nuovo nella capitale lettone, nel punto esatto in cui tutto è iniziato sette giorni fa. Vado subito a prendere possesso della stessa stanza di sabato scorso, quella a 400 metri dall’autostazione. Preparo tutto ed intorno alle 16:00 esco per visitare la seconda parte della città, quella che per motivi di tempo non riuscii a vedere alla prima occasione utile. Attraverso la zona del mercato dove si trova la struttura che mi ospita e prendo “Gogola Iela”; all’incrocio con “Turgeneva Iela” ho modo di osservare sia la Chiesa Ortodossa dell’Annunciazione (ancora troppi alberi davanti…maledizione!) che il palazzo sede dell’Accademia Lettone delle Scienze, davvero molto simile al Palazzo della Cultura di Varsavia.
A poca distanza, su “Elijas Iela” posso ammirare la Chiesa Evangelica Luterana “cuore di Gesù”. Qui mi viene un po’ di fame e trovo una botteguccia semi-nascosta; entrare è la cosa migliore che potessi fare: acquisto un gelato locale confezionato che mi ispira e, quando lo apro, scopro di aver fatto bingo. E’ tutto a base di caramello: la glassa esterna è al caramello, l’interno è una specie di mousse al caramello e così via. Lo divoro con gusto e voracità rischiando di far fuori anche la parte di manico che sà di caramello. Passo tutto il resto della giornata a cercarne un altro uguale ma non c’è niente da fare; ne troverò, sempre della stessa marca, solo alla vaniglia ed al limone, ma non sono la stessa cosa. Proseguo il giro ed arrivo davanti al Monumento in memoria dell’olocausto.
Vado ancora avanti fino ad arrivare su “Katolu Iela”: su questa via ci sono altri due importanti edifici religiosi. Il primo in ordine cronologico è la Chiesa Cattolica di San Francesco ed il secondo è la Chiesa Ortodossa di Ognissanti.
Chiesa Ortodossa di San Francesco
Mi muovo ora verso il fiume “Daugava” che ammiro di nuovo in tutta la sua ampiezza. Vedo gente che fa il bagno nella sua acqua che sembra davvero zozza…non so proprio come si faccia quando a non più di trenta minuti di treno si ha la spiaggia di Jurmala. Lo attraverso in avanti ed indietro passando nella parte pedonale del “Ponte Salu”. Da qui ho la migliore visione possibile dell’Antenna della Televisione, ultima immagine che prendo di questo bellissimo, anche se stancante, tour della Lettonia.
Da questo momento in poi (sono circa le 19:00) è tutta vita, nel senso che non ho altro da vedere. Torno così in centro per l’ultima volta e mi siedo ad un tavolo all’aperto sorseggiando una buona birra locale alla spina, ovviamente gelata. Inutile dire che ho i piedi a pezzi, massacrati a dovere dopo non so quante decine di kilometri percorsi in sette giorni, ma sono contento così. Avrò tempo a casa per riposarmi e riposarli. Vado a cena al solito kebab della volta precedente e compro le bibite per la stanza nello stesso negozio di sabato scorso. Poi non ho più nulla da fare e mi ritiro in camera dove, per la primissima volta in tutte queste notti fuori, metto mano al mio gioco di calcio manageriale. E’ successo questo perchè ho sempre sfruttato le lunghissime giornate a disposizione per stare fuori e visitare posti il più possibile ed è normale che, rientrando sempre alle 22:00 e dovendo preparare tutto per la partenza del giorno successivo, di tempo per giocare ne rimane poco o addirittura zero.
Giorno 8 – Si torna a casa
Oggi la sveglia è comodissima, non prima delle 9:00. Avrò il volo alle 13:10 e quindi potrò arrivare all’aeroporto anche alle 11:30 con tutta calma. La fermata del bus n. 22 che porta direttamente allo scalo di Riga con soli due euro sta appena fuori dal mercato in cui si trova la struttura che mi ospita, per cui fino alle 10:40 abbondanti non esco per niente. Il volo è abbastanza puntuale (solo 25 minuti di ritardo) e mi porta a Bari in tranquillità. Prendo la linea urbana n. 16 ed arrivo alla stazione centrale al misero costo di 1,50 euro. Ho un’ora e venti minuti di tempo libero, così ne approfitto per fare un unico pasto (che vale per pranzo e per cena) ad un fast food che conosco in città. Alle 17:50 parte il mio Flixbus per Roma Tiburtina e, dopo il classico tragitto in metropolitana, a mezzanotte in punto varco la soglia di casa. Avventura finita anche stavolta come meglio non avrebbe potuto.
Le conclusioni credo siano scontate: la Lettonia è una nazione bellissima che merita di essere visitata come si deve e non con una toccata e fuga. Sinceramente, dopo tutti questi giorni in cui ho fatto le corse nel vero senso della parola per poter vedere tutto, non capisco come si possano organizzare tours di una settimana nelle Repubbliche Baltiche (tutte e tre…) più Helsinki raggiungibile in traghetto da Tallinn. Cosa vedranno coloro che prenotano queste soluzioni pagando, tra l’altro, fior di quattrini? Ma ciò che penso io dei viaggi organizzati, dei tour operators e delle agenzie turistiche lo si sa da tempo immemore ed il giudizio non può far altro che peggiorare col passare del tempo. Ho avuto modo di vedere qualsiasi cosa, dal mare all’entroterra, dai fiumi ai laghi, monumenti sacri e non senza grossi problemi perchè il paese è organizzato in maniera da aiutare il visitatore e non da ostacolarlo. Per me che adoro l’Est Europa, forse la Lettonia è un po’ troppo spinta verso la zona ovest come stile di vita. Non mi pento affatto di aver speso i miei soldi e la mia settimana di ferie per questo giro; se tornassi indietro lo rifarei totalmente alla stessa maniera (magari eviterei di rompere la bottiglia di Coca Cola…quello si…). Infine un “plauso” speciale lo faccio al servizio meteorologico: mi era preso un colpo secco guardando le previsioni del tempo che davano pioggia e temporali a rotta di collo per tutti i giorni della mia permanenza in Lettonia; chi ha visto le foto che ho pubblicato avrà sicuramente notato il cielo limpido per il 90% del tempo. Io che ho vissuto questa esperienza posso garantire che in tutta la settimana ha piovuto cinquanta minuti sommando le tre piccolissime occasioni in cui è successo. Avrei dovuto tornare via zuppo e non vedere niente secondo quei fior di laureati che guadagnano chissà quanto per sparare minchiate a rotta di collo. Il mio unico rammarico è di non aver fatto lo screenshot di quelle previsioni perchè le avrei postate volentieri per far vedere quanto totalmente inutile sia un servizio del genere quando certe cose, è risaputo, non si possono prevedere. Qualcuno al posto mio, vedendo certe schermate, avrebbe anche potuto cancellare il viaggio a causa dell’incompetenza altrui. Fortunatamente io non sono così e vado fiero del fatto che ascolto solo me stesso.