Vuoi vedere il video realizzato con le foto più belle di Oxford? Clicca Qui !
Vuoi vedere il video realizzato con le foto più belle di Coventry? Clicca Qui !
Questo post lo scrivo con un leggerissimo ritardo: Il viaggio in Inghilterra l’ho fatto nel mese di giugno di due anni fa; ho sempre messo da parte la stesura del racconto causa assoluta mancanza di tempo utile, ma oggi che sono abbastanza in pari con i doveri quotidiani non posso esimermi dal metterci mano. In verità nei due giorni fuori avrei dovuto visitare Birmingham più un’aggiunta da decidere, ma una previsione meteo da far rabbrividire mi ha convinto a cambiare i piani più o meno all’ultimo minuto optando per Oxford (di sabato) e Coventry (di domenica). Raggiungere la Gran Bretagna da Roma a metà del 2017 non era proprio sinonimo di low-cost, soprattutto puntando su aeroporti diversi da Londra Stanstead; perciò una combinazione stranissima di voli e pullman mi ha permesso di portare a termine questo week-end “british” nel migliore dei modi. Inutile dire che, quando ho rimesso piede a Birmingham per riprendere la strada di casa, ho trovato il sole; dannato meteo e chi paga tutti quelli che ci lavorano per dire solo fesserie…
Venerdi sera: Esco dall’ufficio alla solita ora con la dovuta calma poichè sono diretto al mio scalo romano preferito, cioè Ciampino: piccolo, ben collegato e soprattutto costa molto meno arrivarci rispetto a Fiumicino. Un pochino di attesa a causa dell’arrivo in anticipo, poi il controllo del bagaglio seguito da quello del passaporto e mi trovo sull’aereo diretto a Bucarest, sul quale mi sparo una dormita colossale; mi sarà utile perchè, una volta in terra rumena, dovrò passare gran parte della notte su una sedia. Ma per me non è un problema perchè già conosco l’aeroporto locale e riesco anche stavolta, correndo come un ghepardo a caccia della preda, a fare mio l’unico posto che ha accanto la presa elettrica. Mi sarà utilissima per passare quelle ore giocando al mio calcio manageriale sul computer portatile e non annoiarmi. Alla fine il tempo passa, anche perchè qui si è sempre in buona compagnia: c’è una marea di gente che abitualmente usa l’aerostazione come albergo. In men che non si dica mi trovo su di un altro aereo, stavolta diretto a Birmingham, in Inghilterra. Tutto inizia nel migliore dei modi: ho il posto “E”, cioè quello in mezzo ad altri due sedili, ma la ragazza che trovo già piazzata nella medesima fila mi chiede se voglio fare cambio perchè lei non si trova a suo agio a stare al finestrino; per me è un invito a nozze ed accetto prima ancora che lei abbia finito la domanda, così colgo l’occasione per recuperare qualche altra ora riposando. Finalmente atterro in suolo britannico e, una volta uscito dall’area arrivi, mi metto in cerca della fermata del mio amatissimo Megabus (ancora oggi mi manca tantissimo e non faccio fatica a ricordare i bei tempi in cui mi permetteva di visitare una marea di posti nel Nord Italia pagando da uno a tre euro a tratta…) diretto ad Oxford al costo di sole cinque sterline. Il viaggio dura poco meno di due ore e mi permette di essere a destinazione intorno alle 11:30 del mattino; ciò significa che ho circa sette ore a disposizione per visitare la località che mi ospita e non mi faccio certo pregare. Già dall’ingresso in città non posso fare a meno di notare una presenza abbastanza massiccia di persone che non riesco proprio a spiegare; concordo sul fatto che sia una bellissima giornata di sole (caso abbastanza raro a queste latitudini) ma ciò non basta per convogliare così tanta gente. Probabilmente per oggi è previsto qualche evento del quale non sono a conoscenza e la cosa non mi fa stare tranquillo. Prima di iniziare ad orientarmi e dare il via al giro seguendo la mappa decido di fare due passi nella zona in cui mi ha “scaricato” il pullman e ci metto poco a realizzare cosa sta succedendo: tutti sanno che Oxford è la sede della più antica Università del mondo anglosassone e che una delle attività principali consiste nel visitare almeno uno dei circa quaranta colleges qui presenti. Bene…facendo due più due capisco che oggi, metà giugno, è esattamente l’ultimo giorno di scuola in cui tutte le matricole presenti (nessuna esclusa) tornano a casa dalle rispettive famiglie portando via dagli alloggi i loro averi. Per questo evento che si verifica un giorno all’anno (e che ovviamente ho beccato io…) le visite negli atenei non sono consentite e di fare eccezioni non se ne parla neanche. Beh dai, quando uno è fortunato…è fortunato, dico bene? Conscio di questo, prendo ciò che ho preparato da casa e mi metto in marcia. Il primo punto di interesse che vedo nelle immediate vicinanze è il bel palazzo che ospita l’Ashmolean Museum; giro l’angolo e mi trovo davanti il Martyrs Memorial e, a pochissimi passi, la Saint Mary Magdalen Church. Direi che la partenza è buona!
Già da queste prima battute non posso non notare una cosa: Oxford è una città molto ben tenuta; si vede che economicamente sta bene e che deve mantenere un certo status non solo per la normale vita quotidiana dei suoi abitanti, ma anche perchè deve accogliere una marea di figli di papà che ci vanno a vivere per studiare. Preparando il viaggio mi è venuta la curiosità di conoscere più o meno quanto costa mandare la prole nelle università locali e, tra retta, alloggio, vitto e spese personali siamo più o meno tra le 15.000 e le 20.000 sterline l’anno. “Me Cojoni…” come disse il saggio. Fatta questa riflessione torno a pensare alla zona che sto scoprendo e lo faccio vedendo la Chiesa “Saint Michael at the North Gate”: il corpo centrale è stato demolito e ricostruito nel corso dei secoli, mentre la Torre Campanaria è ancora oggi quella originale terminata nell’anno 1040. Passo di fronte al “New Theater” per raggiungere la “Wesley Memorial Methodist Church” che ha alla sua sinistra il Saint Peter’s College, il primo ateneo di una lunghissima serie che toccherò oggi. Alla fine della strada, prima di sparare qualche bestemmia qua e là contro immensi lavori in corso che rovinano l’atmosfera, vedo anche l’Oxford War Memorial (che viene comunemente usato dalla gente come posto sul quale appoggiare le chiappe, tanto per cambiare…) e la New Road Baptist Church.
Cambio direzione muovendomi verso la zona del Castello; lungo la strada osservo l’edificio che ospita il Consiglio della Contea dell’Oxfordshire (sulla sinistra) e poi dò uno sguardo al Nuffield College (sulla destra); carina la seconda foto perchè sembra presa attraverso il buco di una serratura, anche se non è proprio così. Una volta a destinazione rimango un pochino deluso perchè mi aspettavo qualcosa di più antico e suggestivo…non un’area abbastanza moderna dove la gente mi guarda passare mentre sta seduta al tavolo di un ristorante piazzato lì ad arte. Una Targa Commemorativa mi fa capire che il 5 maggio del 2006 la Regina in persona aprì al pubblico il Castello di Oxford e le sue prigioni dopo un intervento di riqualificazione.
Torno sui miei passi finchè non giungo alla bella Carfax Tower; impossibile non notare alla sua base la cabina telefonica rossa che è uno degli elementi caratteristici dell’Inghilterra. Svolto poi a destra su “St. Aldate’s” e, dopo aver superato il Municipio ed il Museo Cittadino, posso dedicarmi alla Chiesa che prende il nome dalla strada ed al Christchurch College: la particolarità di questo ateneo è che al suo interno ospita la Cattedrale di Oxford ed il fatto che oggi non si possa entrare mi toglie la possibilità di ammirarla.
Prendo adesso “High Street” ed entro a fare una capatina all’interno del mercato coperto: carino, ma purtroppo si sà che lo shopping poco mi interessa, così ci rimango davvero poco. Già che ho iniziato a fare capatine, perchè non farne una anche entrando di straforo nell’Oriel College? Credo sia cosa buona e giusta.
Una deviazione su Merton’s Street per vedere la Cappella del Merton’s College mi apre gli occhi su quello che è successo in mattinata e che potrebbe accadere ancora; guardate in che condizioni trovo questa via:
In pratica mi tocca camminare non sull’asfalto, bensì su un tappeto di coriandoli, stelle filanti, bombolette di schiuma spray e chi più ne ha più ne metta; sicuramente un modo leggermente esagitato di festeggiare questo “benedetto” ultimo giorno di corsi. Torno su High Street e proseguo la passeggiata verso altri punti abbastanza esterni per poi ributtarmi a capofitto sul centro non appena avrò finito con la periferia. E’ così che vedo un bello scorcio del Magdalene College, una vista sul fiume Cherwell, l’Orto Botanico, la “Cowley Road Methodist Church” e la “St. John the Evangelist Church”.
E’ il momento di tornare indietro: sto per raggiungere uno dei punti più belli della città e non intendo certo perdermelo. Entro in Castle Street e mi muovo verso Radcliffe Square: effettivamente lo spettacolo è notevole quasi ovunque io mi giri: alle mie spalle c’è la meravigliosa “University Church of Saint Mary the Virgin” che non riesco a smettere di fissare; la stessa sensazione ce l’ho per la “Radcliffe Camera” posta esattamente al centro di questo spazio. Alla mia destra c’è prima il colpo d’occhio veramente particolare che offre “All Souls College” e poi (più avanti) quello che viene chiamato “Bridge of Sighs”, ovvero il Ponte dei Sospiri. Entro nel piazzale della Bodleian Library e lo stupore non si placa: oltre alle bellissime facciate che fanno da perimetro a questo spazio spicca il Monumento per “The Earl of Pembroke”. Vedere per credere…non posso aggiungere altro.
Poco fa non ho voluto rovinare l’atmosfera mischiando il sacro con il profano, ma in Radcliffe Square ho beccato i damerini intenti a festeggiare. Fanno davvero la figura più adatta a loro indossando ghirlande colorate stile hawaiano (vedere in basso nella foto della “University Church of Saint Mary the Virgin”) mentre si spruzzano quintali di schiuma spray dappertutto (vedere qui sotto), tanto laverà la tintoria, giusto?
Torniamo a noi che è meglio: esco dalla parte opposta della Bodleian Library rispetto a quella dalla quale sono entrato ed i punti di interesse non sono ancora finiti; noto con piacere il bell’edificio che ospita la Clarendon Library proprio di fronte a me, seguito dallo Sheldonian Theater alla mia sinistra. Uno accanto all’altro vedo (ma non ci posso entrare…) prima il Trinity College e poi il Balliol College, quest’ultimo è talmente antico da essere uno dei “fondatori” dell’Università di Oxford.
Per raggiungere il prossimo obiettivo serve passeggiare un po’, ma questo non mi ha mai spaventato. La “Rhodes House” è lì che mi aspetta e certamente non si muoverà semmai tardassi un pochino. Si tratta di un edificio universitario fatto costruire in memoria di Cecil Rhodes, studende del passato e soprattutto grande benefattore. Arrivo su una piazza dove si affaccia l’edificio che ospita il Museo di Storia Naturale; già di per sè il colpo d’occhio è molto positivo, se poi ci aggiungo l’elemento del sole che arriva diretto sulla facciata del palazzo si ottiene un effetto ancora migliore. Quando arrivo su “Woodstock Road” posso osservare bene la St. Aloysius Catholic Church ed un po’ meno bene (perchè coperta da troppi alberi) la St. Gilles’ Church. I due edifici religiosi si trovano esattamente ai due lati della strada appena nominata.
Ho ancora tempo e decido di proseguire verso fuori città anche da questa parte; a pochi passi vedo la piccola Chiesa Presbiteriana e termino facendo un giro nel “Radcliffe Observstory Quarter”, area in cui è in corso un progetto di sviluppo dell’Università locale. Mi colpiscono alcuni edifici particolari, ma alla fine non è niente di importante.
Torno indietro e stavolta mi avvicino al luogo indicato come fermata in cui avrei dovuto prendere il prossimo Megabus per cambiare città; sarebbe troppo facile far scendere e salire le persone sempre dallo stesso punto (magari un’autostazione?), così ci si diverte a variare i luoghi a seconda della destinazione. Alla fine trovo ciò che mi interessa senza troppa difficoltà e, avendo ancora una trentina di minuti, decido di non rimanere a poltrire in un centimetro quadro, ma di andare a fare un ultimo giro dove non sono mai stato durante le ore precedenti. Di poco usuale trovo il palazzo che ospita la “Said Business School” ed ho modo anche di scattare qualche foto al Tamigi: il fiume che bagna Londra con il colpo d’occhio che ben conosciamo, qui sembra poco più che un rigagnolo in mezzo alla città.
Adesso è davvero tutto; il tempo scorre e devo posizionarmi alla fermata vista poco fa. Alle 18:30 puntuale arriva il pullman blu sul quale salgo e, comodo comodo, affronto i circa 95 minuti di viaggio previsti verso nord. Inutile dire che è sempre affascinante guardare fuori dal finestrino mentre si attraversa l’Inghilterra perchè bei panorami potrebbero essere dietro ad ogni angolo. Alle 20:05 metto piede all’autostazione di Coventry, una località molto particolare e sicuramente poco votata al turismo. Rispetto ad Oxford è tutto un altro mondo: la città che ho lasciato da poco è un centro universitario di fama mondiale (e ormai questo lo si è capito) con stile di vita e costi di un certo livello; dove mi trovo adesso è invece un centro prettamente industriale, molto più “rustico” (se mi viene concesso l’uso di questo termine) e spartano. Qualcosa più di 300.000 abitanti non sono pochissimi (è la decima città dell’Inghilterra per popolazione), visto che in Italia ci sono capoluoghi di provincia che ne contano appena 50.000. Un record che reputo poco positivo è il fatto di essere la città britannica più lontana dal mare. Ma adesso basta divagare perchè si è fatta una certa ora e mi devo organizzare sia per cenare che per dormire. Per la prima soluzione ringrazio i markets locali che chiudono alle 21:00 e mi danno il tempo di comprare qualcosa da portare in stanza. Per la seconda soluzione la cosa è un tantino più complicata: per motivi di budget ho prenotato una struttura che si trova fuori città. Imposto il navigatore e leggo la distanza che mi viene indicata esattamente in questo modo: 2,0. All’inizio sono rinfrancato perchè per me due kilometri non sono niente se rapportati a quanto cammino ogni giorno; peccato che mi trovo nel paese di Sua Maestà la Regina ed anche gli strumenti elettronici si adeguano in automatico come dei bravi sudditi: quel dato indica due miglia, cioè 3,2 kilometri. Un altro piccolo dettaglio da non sottovalutare è che per arrivare all’albergo devo camminare prima lungo una strada a scorrimento veloce e poi in mezzo ad un bosco, cosa che alle nove di sera col sole che sta calando non è proprio il top. Alla fine arrivo sano e salvo e prendo possesso di quello che sarà il mio spazio per la serata; inutile dire che, anche volendo, da qui non ho modo di andare a fare un giro in centro dopo cena, per cui mi metto tranquillo a riposare giocando al mio solito calcio manageriale.
Domenica mattina: la sveglia suona verso le 7:00 e, riposte le mie cose, esco dalla stanza per le 7:30; è prestissimo ma non ho molte ore a mia disposizione e devo fare di necessità virtù. Ci tengo a dire che parto con un certo scetticismo perchè, data la premessa fatta poco fa, non mi aspetto chissà cosa da questa località; sperare in qualche sorpresa è comunque possibile ed è questo che mi dà la spinta a procedere. L’inizio del giro dalla posizione in cui mi trovo, cioè l’estremo sud-est della città, condiziona molto il mio itinerario che inevitabilmente vede come primo punto di interesse la Parrocchia Ortodossa “Sfanta Veronica”, situata nel medesimo quadrante. Una nuova passeggiata mi porta fino alla CLM Church…cioè una di quei punti di aggregazione tipicamente britannici messi in atto appositamente per i credenti; vedendo le immagini on-line un po’ la pelle si accappona: una moderna sala che può contenere fino a 650 persone, conferenze, incontri, attività e chi più ne ha più ne metta. Ma cosa c’entra tutto questo con una chiesa e con lo spirito che dovrebbe guidarla? Sicuramente sono io ad essere antico, non questi soggetti ad essere degli adescatori. Sempre in zona trovo il Coventry Martyrs Memorial e lo porto nel mio album dei ricordi.
Comincio ad entrare timidamente in centro ed incontro la Christchurch Spire: è ciò che rimane oggi di una chiesa ultimata ed aperta nel 1832, ma che poi venne gravemente danneggiata nel 1941 durante la seconda guerra mondiale; a conflitto finito fu dichiarata inagibile ed il corpo centrale fu demolito. La foto che segue non è il massimo della qualità (anzi…fa quasi schifo) a causa della presenza di importanti lavori in corso nelle immediate vicinanze; se avessi incluso quello “spettacolo” sarebbe stato ancora peggio. Vedo anche una Chiesa Metodista che tutto può sembrare tranne che un edificio religioso. Una statua chiamata “Phoenix” opera di George Wagstaffe è presente nell’area pedonale adiacente e, a poche decine di metri, anche la “Warwick Road United Reformed Church” risponde presente al mio appello. Proseguendo oltre, nella zona del parco “Greyfriars Green” noto il monumento a James Starley, ex inventore pioniere della bicicletta.
Dall’altra parte di una strada a scorrimento veloce c’è la “Queens Road Baptist Church” e, in qualche modo, riesco a metterla dentro all’obiettivo della reflex. Dopo aver superato l’area moderna dello Skydome, centro divertimenti della città, è la volta di un vero e proprio tuffo nel passato: Spon Street è conosciuta anche come la via medievale di Coventry. Fu “aperta” sin dal XII° secolo dalle botteghe dei tessitori e dei tintori che, a causa della puzza provocata dalla loro attività, non potevano assolutamente stare in centro. Da allora questa strada non ha subìto moltissime variazioni di rilievo mantenendo tutta la sua autenticità. Con il secondo conflitto bellico mondiale qualcosa è cambiato: essendo uscita quasi del tutto indenne dai bombardamenti (sorte che non è toccata all’intera città di Coventry, come già accenato) l’amministrazione comunale ha deciso di spostare qui una decina di altre costruzioni storiche ancora in piedi che si sono unite alle dodici “originali” andando a formare una sorta di museo a cielo aperto, ma comunque vivo e vissuto da attività commerciali come pubs, laboratori e negozietti vari. Le case a graticcio qui presenti sono davvero piacevoli da guardare. Vedere per credere.
La verità? Mi dispiace lasciare questa strana via, però sono costretto perchè il giro deve continuare ed il tempo è tiranno. A breve distanza c’è un’altra bella cosa da vedere e mi riferisco alla Chiesa Anglicana “St. John the Baptist”. Mi sposto ancora fino ad arrivare davanti al “Belgrade Theater”, una costruzione moderna che ha ben poco di interessante tranne una fontana “diffusa” locata nella piazza antistante ed una scultura di tale Helaine Blumenfeld che si chiama “Two Sides of a Woman”; bene…per favore…dato che io di arte non ci capisco un tubo, qualcuno mi spiega quali sono questi benedetti due lati di una donna che l’artista intende rappresentare? Perchè io da questa accozzaglia proprio non so capirlo.
Adesso è la volta di una discreta passeggiata con l’obiettivo di raggiungere e vedere il Naul’s Mill Park; come recita il nome stesso, si tratta di un’area verde che si presenta con un ampio laghetto al suo interno. Vista la giornata particolarmente soleggiata che sto vivendo credo sia un’ottima idea per scattare delle belle fotografie e tale aspettativa non rimane delusa; il fatto che non ci sia nessuno tranne me (effettivamente è un tantino fuori mano) non può che aiutare. Apprezzo ciò che vedo, ma soprattutto il silenzio che mi regala questo posto. Ad un certo punto noto dei giochi per bambini e ringrazio qualche divinità a casaccio perchè al momento nessuno li stia utilizzando.
Torno sui miei passi e mi ributto in centro, diretto al Coventry Transport Museum che trovo agevolmente; davanti ad esso noto il monumento a Sir Frank Whittle, inventore del motore turbojet. Nella medesima zona vedo anche la Swanswell Gate, ovvero una delle antiche dodici porte che permettevano l’accesso alla città attraverso la cinta muraria; oggi ne restano in piedi solo due: una è proprio questa e l’altra è la Cook Street Gate che si trova poco lontana, circa un centinaio di metri più a nord.
Cammino fino a raggiungere lo “Swanswell Park&Pool”, ovvero un’area verde di buone dimensioni con un laghetto la cui acqua purtroppo difetta in pulizia; qui, oltre agli essere umani, ci sono anche parecchi pennuti che mi diverto ad avvicinare e fotografare. La Chiesa di St. Mark conclude l’offerta.
Da qui in avanti noto la presenza per le strade di un numero sempre maggiore di extracomunitari e capisco di trovarmi nel quartiere (o nei quartieri) dove sono più loro rispetto agli inglesi. La mia è soltanto una constatazione puramente informativa perchè non ho problemi con nessuno. Grazie a ciò mi aspetta una bella concentrazione di edifici religiosi di un po’ tutti i credo; inizio con la “Cornerstone Methodist Church” e proseguo con la Chiesa Cattolica “St. Stanislaus Kotka”. Quest’ultima ha qualche problemuccio con la vegetazione circostante che ne copre buona parte della struttura. E’ poi la volta del Tempio Sikh “Gurudwara” e del Tempio Hindu “Shree Krishna”. E poi si va avanti con moschee e chi più ne ha più ne metta.
Torno indietro: mi resta da finire la visita della città mentre indirizzo la marcia verso la stazione ferroviaria che si trova esattamente dalla parte opposta rispetto alla mia posizione attuale. Prima di riaffacciarmi in centro ho però tempo e modo di vedere anche la St. Peter’s Church, la Hillfields Church (evangelica battista) e la Holy Ghost Church.
Di nuovo nel cuore della città, la mia marcia inizia da “Priory Place” dove vedo una strana ed insolita fontana che attira la mia attenzione: sembra più una cascata, ovviamente artificiale. Successivamente mi imbatto nei Lychgate Cottages, ovvero costruzioni storiche che, insieme a quelle di Spon Street, si sono salvate dai bombardamenti del secondo conflitto bellico mondiale. La vicinissima “Holy Trinity Church” è bella esattamente quanto è grande, cioè tanto. Purtroppo il sole contrario di quest’ora non mi permette di scattare una foto della qualità che avrei voluto, ma mi devo accontentare e dire tra me e me che è sempre meglio di niente.
Faccio il mio ingresso su Broadgate, una piazza che ha il Monumento a Lady Godiva quale attrazione principale; era la moglie del Conte Leofrico di Coventry e si dice che cavalcò nuda per ottenere (è proprio il caso di dire “in tutte le maniere possibili…”) la soppressione dell’ennesimo tributo imposto dal marito ai suoi sudditi. Come tutto ciò che si imputa al passato, non ci sono prove in grado di dimostrare la veridicità di questa storia e, a far pendere l’ago della bilancia dalla parte della bugia/leggenda c’è un’aggiunta: pare che la nobildonna, leggendo un proclama, avesse esortato tutti quanti a non guardarla barricandosi in casa tenendo chiuse porte e finestre; pare che un certo Tom disobbedì a tale richiesta: praticò un foro in una persiana e vide la scena rimanendo cieco per il resto della vita. Bene…questa cosa l’avrebbero anche potuta evitare. Ma non è il solo particolare che mi turba:si parla dell’anno 1.000 o giù di lì; che cosa sarebbe successo ad una donna se avesse cavalcato nuda in centro città disonorando il marito che era addirittura un Conte? Quasi certamente non avrebbe superato la notte. Quindi…bella la statua e bella la storia, ma temo che non ci sia niente di vero.
Ed eccomi adesso a quello che, a detta di molti, è il pezzo forte della città: la Cattedrale di San Michele. Questo edificio religioso ha due versioni: quella passata e quella attuale. La prima fu costruita a cavallo tra il XIV° ed il XV° secolo e fu una delle chiese più grandi di tutta l’Inghilterra. Purtroppo i soliti bombardamenti tedeschi nel 1940 ad opera della Luftwaffe l’hanno gravemente danneggiata e da allora è sconsacrata. In casi come questi generalmente si provvede al restauro, ma non stavolta: venne infatti deciso di costruire una nuova cattedrale praticamente nella stessa area in cui sono tutt’oggi le rovine della precedente. Io la trovo una scelta molto discutibile, ma anche avendo voluto impedire questo evento…non era ancora sulla Terra per poterlo fare. Un evento avvalora la mia teoria: al mio arrivo trovo dentro alle rovine una specie di concerto di un gruppo musicale che suona musica da far venire il voltastomaco, con decine di ragazzi che sembrano ebeti mentre ascoltano quelle note terribili; una di quelle scene in cui si può vedere materializzarsi l’inutilità conclamata di certe persone. Probabilmente l’uso improprio di questo spazio contribuisce al mio giudizio finale sulla struttura, ma io resto dell’avviso che ciò che è rotto…è rotto e che i monconi ancora presenti della vecchia Cattedrale di San Michele andrebbero semplicemente rasi al suolo, ovviamente ricordandoli come si deve senza profanarli così. Questo è lo schifo che c’è nel centro di Coventry e, se fosse la mia città, non ne andrei certamente fiero:
Infine, ultimo ma non meno importante, trovo ed osservo l’edificio che ospita il Municipio locale; questo sì che ha un senso!
Adesso è davvero tutto ed è anche ora di andare via. Il viaggio di ritorno che mi aspetta non sarà del tutto agevole. Raggiungo la stazione centrale ed acquisto un biglietto del treno per Birmingham. La distanza tra le due località è di circa 30 kilometri, per cui ci metto pochissimo ad arrivare. Da lì cerco e trovo la fermata del Megabus che mi porterà a Manchester dove, a seguito di una ulteriore passeggiata in un posto che già conosco (vedi post dedicato), raggiungo la stazione “Piccadilly” dalla quale prendo il treno per l’aeroporto. Il volo verso Ciampino è fortunatamente puntuale ed arrivo a casa senza alcun tipo di problema utilizzando i soliti mezzi di sempre.
Conclusioni: si è trattato senza ombra di dubbio di un week-end “dei miei”, cioè molto particolare, soprattutto nella scelta delle località. Il perchè del titolo di questo post l’ho già spiegato durante il trasferimento tra Oxford e Coventry e certamente non mi ripeterò. Aggiungo solo gli ultimi commenti personali: Oxford è più piccola, ma più curata e più organizzata mentre Coventry, più grande, è più abbandonata a se stessa. Oxford me l’aspettavo con tanti punti da vedere e così è stato, mentre Coventry me l’aspettavo con pochi punti da vedere e ciò non è del tutto vero: di cose ce ne sono, ma peccano di mancanza di originalità; non c’è quella cosa che ti fa restare a bocca aperta; se cerchiamo di dare questo compito a Spon Street (per fare un esempio a caso) appare come una strada sì particolare, ma non pazzesca. Alternative ce ne sono? Mettiamo in ballo la cattedrale monca? Per carità…neanche per sogno. Alla fine però anche “Cenerentola” si prende la sua rivincita sulle sorellastre ed è proprio questo il caso: Oxford trasuda ricchezza ed atteggiamenti da damerini/figli di papà da ogni poro mentre Coventry trasuda la vita reale con le sensazioni che solo quest’ultima regala; da questo punto di vista preferisco di gran lunga Coventry.