Bocas del Toro (Panamà)

di admin

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La realizzazione di un sogno cullato per anni, da sempre impossibile perchè i collegamenti Italia-Panamà erano e sono al 99,99% stra-cari. Poi un’intuizione, un colpo di fortuna ed un po’ di incoscenza mescolati insieme materializzano il tutto.

Intuizione perchè da qualche giorno avevo visto ottimi prezzi per i voli diretti in America ed ho voluto attendere l’occasione buona senza buttarmi a pesce sulla prima offerta disponibile; colpo di fortuna perchè, tra tantissime rotte possibili, è uscita quella che interessava a me ad un prezzo pazzesco (346 euro andata e ritorno per un collegamento Lufthansa Roma-Francoforte-Panamà City); un po’ di incoscenza perchè…ho prenotato l’intero viaggio pagandono al 100% ad agosto per il marzo successivo. Spesso non si sà bene che cosa può accadere domani, figuriamoci prenotando con 7 mesi di anticipo. Ma alla fine tutto è andato bene.

Visti i presupposti, avrebbe dovuto essere un viaggio very-low-cost come sono solito fare, ma per una causa “logistica” un piccolo lusso me lo sono dovuto concedere.

Infatti il volo internazionale aveva come destinazione Panamà City, la capitale dello stato; ma Bocas del Toro è un arcipelago situato a 650 km “far away” ed in un paese come quello non è proprio una passeggiata percorrere quella distanza. Sia in andata che al ritorno il programma era diabolico: arrivato all’aeroporto internazionale Tocùmen avrei dovuto prendere un taxi per l’aeroporto nazionale di Albrook e da lì un bus notturno che, in 10-11 ore circa, mi avrebbe portato ad Almirante; da lì sarebbe partita una lancia che, dopo 30 minuti di navigazione, mi avrebbe portato a Isla Colon, isola principale dell’arcipelago di Bocas del Toro. Ma purtroppo non sempre le ciambelle riescono col buco e, per problemi legati alla coincidenza aereo / bus notturno, ho dovuto optare per il volo interno da Albrook ad Isla Colon (ecco il lusso di cui parlavo prima). Ripeto: lo avrei evitato volentieri, ma non ho davvero potuto per l’enorme rischio di buttare via la vacanza causa un possibile ritardo del volo internazionale.

Ho tralasciato un particolare pittoresco ma per me sempre importante: quando arrivo a destinazione in un paese tropicale, godo totalmente scendendo dall’aereo; infatti, dopo essere partito dall’Italia col freddo di marzo ed aver fatto 12 ore di volo con l’aria condizionata, uscire con quella botta di caldo umido che mi ricorda finalmente l’estate è una sensazione pazzesca. C’è chi non la sopporta…mentre io lo farei anche 50 volte al giorno.

Detto questo, arrivo al piccolo aeroporto di Isla Colon di primo mattino: fa già un caldo che si crepa. Ritiro i bagagli che arrivano dal piccolo aeromobile usato per il volo interno e prendo un taxi con destinazione la stanza prenotata su Airbnb che mi avrebbe ospitato per 7 notti; si tratta di una casa / palafitta di una coppia di americani che hanno deciso di trasferirsi a Bocas del Toro. I due simpatici “hosts” parlano solo e rigorosamente americano stretto; il mio inglese maccheronico è utile per farmi almeno intendedere, ma personalmente non ho capito una sola parola di ciò che mi hanno detto nel corso della settimana. Mi limitavo ad annuire col capo…chissà davvero a quali probabili sfondoni avrò detto di sì…ma sono tornato vivo e vegeto, per cui va bene così! La particolarità dell’alloggio è che ha un pontile a disposizione degli ospiti che si estende per una ventina di metri sulle acque chiarissime del Mar dei Caraibi. Inutile dire che i tramonti lì erano qualcosa di indescrivibile e che me li sono gustati tutti dal primo all’ultimo.

Uno dei tramonti da sogno sulla palafitta

Uno dei tramonti da sogno sulla palafitta

Preso possesso della stanza, parte l’esplorazione del posto. Primo obiettivo: cercare un market per comprare le prime cose utili e per vedere che prodotti locali ci sono. Qui scopro la prima cosa che non mi va molto a genio: tutti i negozi di Bocas Town (questo il nome della cittadina che mi ospitava, nonchè capoluogo dell’arcipelago) sono gestiti da asiatici. Nessun panamense ha uno straccio di bottega tranne quelle dei souvenirs; il commercio è retto esclusivamente da asiatici.

Acquistate le prime “provviste” e soprattutto le prima bevande gelate per far fronte a quel caldo che, andando verso mezzogiorno, picchiava a non finire, era giunta l’ ora di rilassarsi dopo quell’interminabile viaggio. Dato che a Bocas Town il mare è praticamente tutto non balneabile causa palafitte costruite ovunque, occorre andare ad uno dei tanti moli presenti sul posto e spostarsi verso un’altra isola oppure prendere un minibus che porta alle spiagge dell’estremo nord. Per quel primo giorno decido di non calcare troppo la mano; voglio “solo” una spiaggia bianca e soffice, un mare cristallino e palme che mi diano un po’ d’ombra. Tutto questo a pochi minuti da dove mi trovavo. Con queste miti pretese opto quindi per andare su uno dei moli e prendere una barca per Isla Carenero che si trova esattamente davanti a Bocas Town. 30 secondi di natante separano le due isole, ma quel tratto non si può rigorosamente fare a nuoto. Costo della traversata: 1 dollaro a persona a tratta. Arrivato su Isla Carenero armato di borsa piena di tutto ciò che serve per il mare, mi metto a camminare nel piccolo villaggio presente in loco, mi mescolo con la gente locale e faccio finta di essere stato colpito da una fucilata di un bambino che ovviamente in mano non aveva nulla se non la sua innata fantasia. Inutile dire che anche qui, come in tutti quei paesi che chiamano “in via di sviluppo” (ma che non finiranno mai di svilupparsi) l’immondizia regna sovrana: da una parte vedevo un paradiso tropicale e subito dietro, girando la testa di 180 gradi, cumuli di sporcizia che probabilmente sarebba stata prima o poi bruciata. Incontro poco più avanti la spiaggia che cercavo, piazzo l’asciugamano e in men che non si dica mi trovo in acqua. E’ stata una sensazione bellissima, ma volevo di più. Vedevo gente che proseguiva ancora a piedi e mi chiedevo dove andassero. Così ho rimesso tutto a posto dopo un paio d’ore e mi sono diretto nella medesima direzione “del branco”. Ed il motivo c’era: ad ogni passo una nuova baia sempre più bella della precedente, nuovi moli per far attraccare le piccole barche che arrivavano da Bocas Town, e poi lei, “la spiaggia che cercavo”, quella da mettere tra virgolette. In più, a pochi passi di distanza, un bar su palafitta che serviva birre e cocktails a prezzi bassi. Sono ovviamente rimasto lì fino a che non è calato il sole e se tornassi indietro lo rifarei altre 1000 volte.

La mia spiaggia preferita di Isla Carenero

La mia spiaggia preferita di Isla Carenero

 

Bar su Palafitta a Isla Carenero

Bar su Palafitta a Isla Carenero

Arrivata la sera, scopro il secondo punto critico dell’arcipelago: se durante le ore diurne si può tranquillamente mangiare e bere con 4-5 dollari a persona del buon pollo con fagioli e patatine nei fast-food locali, questi esercizi commerciali decidono bene di chiudere baracca alle 19:30. Quello che rimane per cenare è composto solo da ristoranti veri e propri con prezzi decisamente europei: un disastro per le mie tasche e per la mia voglia di ultra low-cost.Il primo giorno vengo fregato e spennato ben bene per mangiare qualcosa di solo lontanamente commestibile. Fra me e me  dico “mai più”, a costo di mangiare scatolette di fagioli per il resto del viaggio.

Il giorno successivo, stessa spiaggia stesso mare. Ero stato davvero troppo bene e non me la sono sentita di cambiare. Aggiungo pure il fatto dello spennamento al ristorante di poche ore prima, così il gioco è stato presto fatto. Esploro maggiormente Isla Carenero e mi addentro ancora di più nel villaggio locale. All’inizio vedevo altri turisti camminare (temo avessero preso la sistemazione li…sinceramente io sarei scappato appena visto dove avrei dovuto dormire, ma è questione di gusti e non vado oltre con i giudizi personali), ma poi addentrandomi sempre di più ho scoperto di essere l’unico non panamense in zona. L’ho capito perchè quando passavo davanti ad altre persone singole o a quelli che avrebbero dovuto essere luoghi equiparati ai nostri bar venivo squadrato dalla testa ai piedi. Avevo con me il portafogli che ovviamente avevo fatto sparire nelle mie mani più alla svelta del miglior “Silvan”. Fine pomeriggio col solito cockatil al bar/palafitta situato sulla spiaggia da sogno e, in serata, ricerca di una soluzione per mangiare ad un prezzo decente (sinceramente non mi andava molto l’idea delle restanti 6-7 sere mangiando scatolette di fagioli…). Girando girando trovo la soluzione: c’è un bel locale sulla via principale di Bocas Town che fa anche musica dal vivo; prendendo il menu alla carta ci sono i prezzi di tutti gli altri posti, ma ogni giorno mettono 5-6 piatti in super offerta. Se uno o due di quei piatti avessero fatto al caso mio in quanto a gusti avrei svoltato. Ed è stato proprio così per quasi tutte le sere tranne una, in cui non c’era davvero nulla che mi fosse andato a genio; decisi così di provare una pizza a portare via da un locale in cui c’era la fila fuori. Se vedevo così tanta gente, la pizza sarebbe dovuta essere buona…ma poi ho scoperto il perchè della “ressa”: erano turisti incuriositi ed intenti a fotografare il pizzaiolo mentre faceva roteare in aria la pasta lavorata. Per il 99% delle persone del mondo quello è un gesto epico e da conservare nell’album dei ricordi, ma non per noi italiani. Così ho preso la pizza e me ne sono andato lasciando tutti a bocca aperta verso la cucina.

Terzo giorno: finalmente si fa sul serio. Esco dalla stanza diretto alla piazza principale di Bocas Town (una decina di minuti a piedi sotto un sole infuocato) da dove partono i minibus per le spiagge del nord. Le scelte sono due: Parte nord-ovest con Bocas del Drago e Playa Estrella, località adatta a chi cerca relax allo stato puro; parte nord-est con Playa Bluff, zona dedicata a chi pratica surf date le onde alte e potenti. Per quella prima volta ho optato (ovviamente direi) per Bocas del Drago e Playa Estrella. Circa 30-40 minuti di bus su una strada che parte bene (asfalto nella norma) e finisce strana (sabbia) passando per buche di dimensioni abnormi e sterrati qua e la. Arrivati a destinazione occorrono altri 10-15 minuti a piedi sul lungomare per raggiungere la tanto ambita “Spiaggia delle Stelle Marine”. Il luogo è praticamente perfetto, così stupendo da rendere la spiaggia da sogno di Isla Carenero una normalità: palme a ridosso del mare, sabbia bianca ed ultra fina, ed un’acqua in certi punti celeste ed in altri verdi, così pulita e calda da non credere.

Playa Estrella - 1

Playa Estrella – 1

 

Playa Estrella - 2

Playa Estrella – 2

 

Playa Estrella - 3

Playa Estrella – 3

 

Playa Estrella - 4

Playa Estrella – 4

In più, questo posto non si chiama “Playa Estrella” per caso. Osservando il fondale con  la maschera si possono vedere stelle marine di grandi dimensioni e di colore rosso acceso beatamente adagiate. Un vero spettacolo della natura, non c’è che dire. Prima di allora avevo già visto le stelle marine, ma mai di quelle dimensioni.

Stella Marina a Playa Estrella

Stella Marina a Playa Estrella

Resto lì tutto il giorno a godermi quel luogo paradisiaco e da cartolina e mi prometto di tornarci ancora prima di andare via. Volevo rivederlo perchè non ci credevo che potesse esistere. Poteva tranquillamente entrare in competizione con le spiagge delle Maldive senza alcun problema. La sola differenza è che li di europei ne ho visti davvero pochi. L’ignoranza fa perdere cose stupende ed è per questo che occorre documentarsi su cosa tutto il mondo ha da offrire senza fermarsi alle sole località da catalogo dei Tour Operators. Di seguito una piccola carrellata di ciò che i miei occhi hanno visto durante la passeggiata di rientro fino alla fermata di Bocas del Drago.

Bocas del Drago - 1

Bocas del Drago – 1

 

Bocas del Drago - 2

Bocas del Drago – 2

 

Bocas del Drago - 3

Bocas del Drago – 3

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Bocas del Drago – 4

 

Bocas del Drago - 5

Bocas del Drago – 5

 

Bocas del Drago - 6

Bocas del Drago – 6

Quarto giorno: oggi è la volta di un nuovo minibus, quello per la parte nord-est di Isla Colon, meglio conosciuta come Playa Bluff. Come già detto, è il paradiso di chi fa surf perchè il mare è sempre agitato e le onde sono presenti immancabilmente. Premessa doverosa: io non faccio surf, non l’ho mai fatto e mai lo farò. Però ho passato lo stesso una giornata in questa zona dell’isola per poter dire di aver assaporato ogni situazione offerta; col senno di poi non me ne sono pentito affatto. Già dall’inizio del percorso, andando lungo tutta la costa, si nota come il mare sia poco balneabile…se non addirittura totalmente inadatto al nuoto. Proseguendo nel percorso, le rocce lasciano il posto ad una spiaggia enorme di sabbia gialla e leggermente granulosa. La mia fermata è arrivata: decido di stoppare il minibus, pagare i 5 dollari e scendere lì. Cosa ho intorno ? Il niente più totale. Davanti a me un mare in semi-tempesta con onde decisamente paurose, una spiaggia completamente alla mia portata perchè la prima altra anima presente stava forse a 150-200 metri di distanza ed appariva ai miei occhi come un puntino rosa col costume; sapevo che a quell’altezza c’era comunque qualcun’altro perchè era presente una specie di “emporio del turismo”, cioè una struttura con camere per i surfers che aveva annessi anche ristorante, bar, pub e chi più ne ha più ne metta…tutto in un’unica costruzione. Da mangiare non mi mancava ed è stato li che mi sono messo sotto i denti una delle pizze più terribili della storia, ma su questa cosa sorvolo volentieri. Tornando al mare, come se non bastassero le onde alte a fermare anche i più temerari, c’erano cartelli ovunque scritti in spagnolo ed inglese che avvertivano i bagnanti dell’esteso fenomeno della “risacca”, cioè una corrente marina a forma di corridoio che, con una forza non controllabile, tende a trascinare le persone verso il largo in pochissimo tempo con ovvia macabra conclusione se non si è in grado di uscirne fuori. Il modo c’è, e non è certo quello di nuotare contro quella corrente: in pochi secondi si verrebbe sopraffatti per lo sfinimento; occorre mantenere la freddezza (pare facile in una situazione del genere…) e nuotare lateralmente fino a quando non si sente che la corrente non ci trascina più. A quel punto (e solo a quel punto) si può cominciare a nuotare verso riva. Meglio non provare questa esperienza e per fortuna a me non è capitata. Per finire con la descrizione della spiaggia, la forza di quelle onde era così grande da far terminare la corsa dell’acqua a metri e metri di distanza fino a formare, in alcuni avvallamenti, dei piccoli laghetti profondi al massimo 20 centimetri che, anche se continuamente alimentati da nuove onde, si scaldavano in pochi minuti dato il sole torrido che ci batteva incessantemente. Diventava così una sorta di mini piscina dove sdraiarsi a prendere qualche raggio vedendo in lontananza il mare impetuoso. Ma non potevo assolutamente stare li delle ore solo a meditare, per cui ho fatto lo stesso il bagno più volte in quella giornata divertendomi e facendomi massacrare da quella forza della natura. In serata ho salutato Playa Bluff con un po’ di malinconia perchè certi spettacoli da noi non si vedono praticamente mai, così sono risalito sul minibus con direzione Boca Town.

Onda tipica di Playa Bluff

Onda tipica di Playa Bluff

 

"Piscine Naturali" di Playa Bluff

“Piscine Naturali” di Playa Bluff

 

Panoramica di Playa Bluff

Panoramica di Playa Bluff

Quinto giorno: Oggi ho purtroppo scoperto un’altra pecca di questo arcipelago. Per la prima volta dopo giornate di sole a picco sulla testa è arrivato il maltempo. Ma ovviamente il punto negativo non è rappresentato da nuvole e pioggia perchè sono situazioni normali che si trovano in tutti i posti del mondo. Il problema è che dieci minuti di acquazzone hanno trasformato tutta la zona di Bocas del Toro in una specie di acquitrino marino: infatti la corrente del mare ha intorbidito con sabbia e chissà cos’altro tutta la costa circostante rendendola di colore marrone e quindi non balneabile. La giornata era compromessa, però non mi sono dato per vinto. Ho preso un taxi ed ho fatto il giro di 3 spiagge; in più sono andato alla mia spiaggetta paradisiaca di Isla Carenero per vedere se anche da quel lato la situazione fosse la stessa. Incredibile ma vero: tutto il perimetro praticabile fino al giorno prima era interessato dallo stesso fenomeno del “mare marrone!”. Ne ho approfittato (se così si può dire) per approfondire la conoscenza con Bocas Town, il paesino dove alloggiavo e centro principale dell’arcipelago. Il tutto si sviluppa in una via principale dove sono presenti due chiese, tutti i ristoranti, i negozi, i pub ed i bar del luogo, nonchè la sede dei “Bomberos” (i pompieri locali); per il resto, ci saranno si e no una una decina di traverse di questa via principale dove si trovano le case dei locali.

Chiesa metodista di Bocas Town

Chiesa metodista di Bocas Town

 

Biblioteca Pubblica di Bocas Town

Biblioteca Pubblica di Bocas Town

 

Cattedrale di Bocas Town

Cattedrale di Bocas Town

 

I mitici "Bomberos" di Bocas Town

I mitici “Bomberos” di Bocas Town

Man mano che ci si allontana dal centro e più si trovano abitazioni degradate. Inutile dirlo, la giornata era abbastanza morta perchè se prendi la pioggia in un posto in cui il mare è il padrone incontrastato e per di più l’acqua appare in condizioni impraticabili per ore dopo la fine dell’acquazzone, non hai molto da fare. Ho preso la palla al balzo e sono andato in una agenzia locale per prenotare una bella escursione per il giorno seguente, data in cui il meteo aveva deciso di tornare a fare il suo lavoro ai tropici.

Sesto giorno: appuntamento alle 9:45 davanti all’agenzia, pronti per la partenza per una escursione di mare che avrebbe interessato l’intera giornata. Il tour prevedeva la visita di alcune località dell’arcipelago altrimenti davvero poco raggiungibili autonomamente e tutte insieme. C’è stato il tempo per vedere i delfini, per passare a pelo d’acqua con il motoscafo (lentissimamente) sopra un perimetro colmo di stelle marine di ogni dimensione visibili anche ad occhio nudo tanto era basso il fondale, per osservare le mangrovie del luogo ed il loro proliferarsi ed anche per avvistare un paio di bradipi intenti, manco a dirlo, a dormire in cima agli alberi.

Delfini

Delfini

 

Mangrovie

Mangrovie

Se fino ad ora ho sbrigato questa spiegazione della giornata poichè è stata composta più o meno da cose classiche che si fanno in una escursione di mare, mi soffermo un po’ di più su quella che doveva essere l’attrazione principale: la sosta per pranzo e bagni vari a Cayo Zapatillo, cioè il “must” o il “fiore all’occhiello” del mare di Bocas del Toro.

Cayo Zapatillo visto dalla barca

Cayo Zapatillo visto dalla barca

Non so cosa sia successo, ma in una giornnata effettivamente di sole e senza perturbazioni, quel magico “Cayo” era bersaglio delle correnti marine sia da un lato che dall’altro. L’acqua era agitata e sporca e portava con se ogni genere di detrito sia a galla che sul fondale; infatti, nuotandoci dentro, si veniva colpiti da rami e da chissà cos’altro provenienti dal suolo. La delusione per quello che avrebbe dovuto essere un “atollo in stile maldiviano” è stata cocente perchè purtroppo non ci sarebbe stata una seconda occasione per vedere ciò che di bello quel luogo aveva da offrire. Dopo aver consumato il pranzo al sacco siamo ripartiti per la seconda parte del tour già riassunta all’inizio del racconto di questa giornata.

Settimo ed ultimo giorno al mare: Arrivati alla fine anche di questa vacanza, non potevo non mantenere la promessa che mi ero fatto qualche tempo prima; così ho preso il minibus dalla piazza principale di Bocas Town e sono tornato a Playa Estrella. Era come se vedessi quel posto per la prima volta; sono rimasto di nuovo a bocca aperta per il paradiso inverosimile che mi trovavo davanti. Davvero un luogo sublime che le cartoline e le foto possono solo sminuire. Sono rimasto solo fino alle 15:00 perchè alle 17:30 sarebbe partita la lancia in direzione Almirante e poi il bus notturno per Panamà City. Stavolta le tempistiche mi hanno permesso di provare l’ebrezza dei mezzi pubblici su gomma a Panamà e ne sono rimasto molto sorpreso; mi aspettavo delle catapecchie ed invece (dopo un primo percorso con un bus nella media) c’è stato un cambio di mezzo assolutamente non previsto; il nuovo “amico” era enorme, iper-tecnologico e soprattuto dotato dell’immancabile aria condizionata a -30 gradi tipica dei paesi tropicali; ero partito da Bocas Town in costume e maglietta lasciando il cambio nella valigia (quindi nel portabagagli), per cui ho passato la notte a battere i denti come se fossero tasti di un pianoforte, però è stata una bellissima esperienza perchè sono riuscito a prendere i posti al piano di sopra proprio davanti al vetro anteriore: ho visto tutti i 600 km di strada panamense (a tratti davvero disastrata) che separavano Almirante da Panama City; non nascondo di essermi concesso qualche sonnellino (forse prossimo all’assideramento…chi lo sà…) ma la curiosità era più forte del sonno.

Ottavo giorno: arrivato a Panama City (terminal bus di Albrook) alle 5:00 del mattino invece che alle 6:30 previste decido di prendere subito un taxi per l’aeroporto internazionale di Tocùmen per poi organizzare lì il resto della giornata. Si…perchè il volo di rientro ce l’avevo alle 18:20 locali, esattamente 13 ore dopo. Non mi sono perso d’animo, così ho deciso di sfruttare la wi-fi gratuita del luogo per cercare soluzioni per passare il tempo ma senza risultati. Era decisamente troppo tardi per organizzare un tour per la capitale panamense e sinceramente regalare 100-150 dollari ad un taxi che mi scarrozzasse in giro proprio non mi andava (per chi non lo avesse fatto, vi rimando alla sezione del “chi sono” nella quale mi presento e spiego il mio odio mortale ed incurabile verso i taxi); non so che fare e, oltre a provare a sentire su facebook un paio di contatti italiani che vivono in loco per trovare una soluzione ed essere ignorato totalmente (bella gente…davvero complimenti), decido di girare in lungo ed in largo l’aeroporto fino a trovare un box informazioni. Chiedo alla signorina se esiste una possibilità di fare un tour per Panamà City a buon mercato e vengo spedito al piano interrato. Lì trovo la mia salvezza: un’agenzia locale organizza proprio ciò che cercavo ed era a caccia di polli da spennare come me. Ma, obiettivamente, avevo scelta ? Passare da Panama City e non fare neanche una capatina in città ? E poi…13 ore in aeroporto ? Il sedere avrebbe preso la forma dei seggiolini…per cui ho deciso di accettare la proposta ricevuta: 45 dollari per 4 ore di giro in cui avremmo visto il canale presso le chiuse di Miraflores (uno spettacolo davvero bellissimo osservare da vicinissimo navi enormi da quel tratto controllato dal sali-scendi delle acque sapientemente studiato e supervisionato da uomini degni di tutto il nostro rispetto), il Casco Antiguo (cioè la parte vecchia del centro) ed infine la parte moderna con tutti i grattacieli che compongono lo skyline.

Canale di Panama - Chiuse di Miraflores

Canale di Panama – Chiuse di Miraflores

 

I grattacieli di Panamà City

I grattacieli di Panamà City

 

Il grattacielo più particolare di Panamà City

Il grattacielo più particolare di Panamà City

Che dire ? Alla fine, a parte il canale che davvero valeva da solo tutto il giro, il resto non è stato molto educativo: il centro si visita solitamente a piedi, non a bordo di un minibus che viaggia ad una velocità tale da non farsi mandare a quel paese dalle macchine che lo seguono; ed anche la parte moderna avrebbe meritato una sosta. Ma quello c’era disponibile ed alla fine si è trattato di un modo per dire “io ci sono stato” anche se la mia destinazione era l’arcipelago di Bocas del Toro ed assolutamente non la capitale di Panama. In serata prendo l’aereo Lufthansa che mi riporta a casa.

Conclusioni: Alla fine dell’avventura, il gioco è valso la candela. I pro ed i contro ci sono in ogni viaggio e nessun posto è perfetto. Sicuramente italiani in quella parte di mondo ce ne vanno davvero pochi, per cui mi sento bene anche solo per questo. I luoghi sono tipici dei Caraibi ma non hanno la loro atmosfera: Bocas Town è una cittadina abbastanza triste e non ho mai visto sprizzare la gioia, la musica e quanto di positivo hanno certe isole, sensazioni toccate con mano da altre esperienze precedenti. Chi ha visitato Bocas del Toro sicuramente starà storcendo la bocca chiedendosi come mai non ho visitato Isla Bastimentos, uno di quelli che dovrebbero essere i punti forti del programma organizzato da casa. In effetti nei miei appunti di viaggio c’era la visita a questa isola, ma poi in corso d’opera ho cambiato idea. I motivi ? L’unico villaggio si chiama “Old Bank” e, a detta anche dei locali con i quali ho parlato, rende Bocas Town una “Las Vegas” a confronto, quindi avrei trovato ben poco degno di nota; la spiaggia di “Bastimentos”

più vicina a Isla Colon si chiama “Wizard Beach” e pare fosse una fotocopia di Playa Bluff con correnti ed onde adatte per i surfisti; per me che non pratico surf, un giorno in quell’atmosfera va bene, ma più di uno proprio no; infine il fiore all’occhiello di Isla Bastimentos: la Red Frog Beach, cioè la spiaggia più turisticamente bella e famosa di tutto l’arcipelago. Confermo di non esserci andato perchè ciò che ha davanti la parola “turisticamente” non fa proprio per me. Avevo a disposizione l’incanto di Playa Estrella che mi era entrata nel cuore e non volevo di più. Però, anch’io un rammarico ce l’ho: non sono riuscito ad organizzare un’avventura nella zona del fiume Mimitimbi, causa anche la giornata di maltempo di metà settimana che ha tolto ore preziose. Ho stupidamente preferito vedere Cayo Zapatillo e le correnti me l’hanno giustamente fatta pagare sporcando l’intera area per quella giornata. Mimitimbi è una zona situata a nord di Isla Colon tra Bocas del Drago e Playa Bluff; ci vivono indigeni che sono poco a contatto col resto della popolazione dell’isola ma soprattutto ci sono delle piscine naturali che fanno davvero strabuzzare gli occhi. Ho sbagliato…lo so bene. Però almeno ho il coraggio di ammettere che sono stato uno stupido. Non credo che un giorno avrò una seconda occasione perchè il mondo è troppo grande e Bocas del Toro probabilmente non merita un bis; forse, se andrò in Costa Rica ed avrò esaurito il programma con un giorno di anticipo, farò una capatina per vedere cosa mi sono perso: questo arcipelago si trova a 32km proprio dal confine col Costa Rica ed un’organizzazione ben studiata potrebbe ridarmi l’occasione perduta.

Mimitimbi - Foto non scattata da me.

Mimitimbi – Foto non scattata da me.

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