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Quinto viaggio in Bulgaria: con questa sono ben cinque volte (quindi il 100% del totale) che provo a studiare un itinerario utile a visitare la città di Veliko Tarnovo, della quale ho visto foto molto belle on-line. Fino ad ora però non ce l’ho mai fatta: nessun giro riusciva a darmi il tempo necessario da dedicare a questa particolare località. Alla fine mi sono rotto le scatole ed ho preso la palla al balzo: o ora o mai più, anche a costo di dover faticare maggiormente rispetto al solito. Però come fare? E’ vero che qualche ora di permanenza non è sufficiente…ma è anche vero che due giorni pieni sono troppi e sarebbe uno spreco di risorse. Occorre quindi azzeccare qualcosa che mi permetta di aggiungere un’altra località, magari piccola e “rapida” da esplorare. Da questo punto di vista la scelta non sarebbe ardua; il difficile viene perchè tutto, ma proprio tutto, deve essere adeguatamente collegato dai mezzi pubblici tenendo conto del tempo a disposizione. Ce l’avrò fatta? Vediamo…
Venerdi pomeriggio: da Roma Tiburtina prendo il treno intercity per Milano Centrale ed arrivo nel capoluogo lombardo dopo qualche ora. Ceno al solito McDonald e poi prendo l’ultimo Terravision per Orio al Serio: poco prima dell’una del mattino entro nell’area arrivi dello scalo bergamasco e mi prendo una delle scomodissime sedie ancora libere. Come qualche volta accade, trascorro lì l’attesa notturna: anche oggi sono in foltissima compagnia. Il volo con destinazione Varna, sponda bulgara del Mar Nero, è previsto per le 7:45. Il viaggio trascorre magnificamente, nel solito profondo sonno che ormai caratterizza le mie tratte aeree. Quando le ruote del velivolo toccano terra vedo che fuori piove molto. Purtroppo le previsioni meteo lo avevano detto: sabato avrei trovato pioggia e domenica (per fortuna) una bella giornata di sole. Eseguito il controllo passaporti, esco fuori dall’aerostazione e trovo in pochi secondi il bus pubblico diretto in centro, ma non senza fastidi: devo dribblare un’autista di taxi che rompe i marroni perchè mi vuole a tutti i costi sul suo mezzo. Alla fine, dopo tanta cortesia ed educazione inutili, gli domando quanto chiede per la tratta aeroporto-autostazione. La sua risposta è 20 leva (circa 10 euro). Gli dico testualmente: “Ah si? Sai quanto costa il bus? 1 lev (50 centesimi di euro); vai, vai pure”. Sono una cosa insopportabile ed il bello è che sembrano non rendersi conto di quanto siano esosi con le loro tariffe senza alcun senso. Ma si può pagare un prezzo venti volte superiore per la stessa strada? E per cosa poi? Per avere una macchina con autista tutta per me? No grazie, io non so di cosa farmene di questi lussi e li lascio ai “culi di piombo”. Salgo sul mezzo di mio gradimento e pago con più soddisfazione di sempre il prezzo del ticket. Il tragitto dura pochissimo perchè la mia è una delle prime fermate. Ho pochi minuti a disposizione prima che parta il minibus per la città che visiterò oggi, ma sono senza monete bulgare a sufficienza per comprare il biglietto. Corro quindi al vicinissimo centro commerciale che ha all’ingresso un ufficio cambi e dopo pochissimo mi trovo seduto al mio posto su una marshrutka locale che più vecchia non si può, ma va bene così. Questo è uno dei tanti vantaggi che dà il viaggiare: si riesce ad avere una soluzione lampo QUASI sempre. La tratta dura circa un’oretta e mezzo (rrenta minuti in più del normale) soprattutto perchè il minibus passa attraverso paesini davvero piccoli e sconosciuti dove sale e scende sempre qualcuno. Esco all’autogara di Shumen, decima città della Bulgaria per estensione. Sono qui perchè fino ad oggi non l’ho mai visitata e perchè è una tappa fondamentale tra Varna e la tanto desiderata Veliko Tarnovo. Ma adesso, mentre ancora scende imperterrita la pioggia, devo pensare solo a visitare questa località che ha comunque del suo da offrire. Col k-way addosso mi metto in cammino verso il primo punto di interesse, quello più particolare…ma allo stesso tempo più difficile: il monumento commemorativo dei 1.300 anni della Bulgaria. Premessa doverosa: Shumen si trova a circa 220 metri sul livello del mare, mentre il mio obiettivo si trova a 450 metri sul livello del mare. Non ci sono scale mobili, non ci sono funivie, non c’è niente di niente che ci arrivi se non le mie gambe; 230 metri di dislivello da compiere solo usando semplici scalini. Come inizio non è niente male. Con un po’ di fiatone arrivo alla sommità della collina che accoglie quest’opera: è realizzata in cemento, progettata da Ivan Slavov e Krum Damyanov (due scultori locali) ed è talmente grande da poter essere vista da 30 kilometri di distanza. Una volta lassù leggo l’indicazione della cassa per pagare il biglietto di ingresso; dò un rapido sguardo da ogni parte ma, dove indica la freccia, non c’è un bel niente. Meglio, si risparmia! Ed è con questa espressione che mi accingo ad ammirare ciò che ho davanti. Lo stile usato per la realizzazione delle sculture che si trovano qui è quello cubista. Un ultimo accenno doveroso è al motivo della commemorazione: i 1.300 anni (caduti nel 1981, inaugurazione dell’opera) sono calcolati dalla nascita del primo impero bulgaro. Ora basta chiacchierare; la parola passa alle immagini.
Beh…direi che la fatica è stata ampiamente ripagata. Adesso devo solo scendere tutte quelle scale.
Alla base della lunghissima e spettacolare scalinata c’è il Monumento alla Libertà, eretto anch’esso durante il regime comunista. E’ composto da due statue: quella sull’obelisco con le mani aperte al cielo rappresenta un comunista, mentre quella a terra con le mani legate rappresenta un fascista catturato.
Proseguo la mia passeggiata in direzione del piccolo centro cittadino incontrando diversi palazzi storici e tante statue in ricordo di personaggi del passato locale. Alcuni esempi sono il Palazzo sede del Club Militare ed il Palazzo di Giustizia. Tra i personaggi riporto i rivoluzionari ed eroi nazionali Vasil Levski e Panayot Volov,
Come spesso succede in nazioni come questa, alcuni edifici sono bellissimi, ristrutturati e da ammirare a bocca aperta; altri invece sono abbandonati a loro stessi: un mix senza una regola ben precisa tra la florida storia che non vuole saperne di andare nel dimenticatoio e l’attuale decadenza rende davvero affascinante trovarsi qui. Incontro adesso la sede della Polizia locale e, in mezzo alla piazza, un monumento del quale non esiste traccia da nessuna parte.
Noncuranti del precedente capitello, durante il mio percorso trovo anche un intero monumento dedicato sempre a Panayot Volov. Devono volergli davvero bene…
Il prossimo punto di interesse è rappresentato dalla piccola Chiesa Evangelica Metodista Episcopale che ha di fronte, in un piccolo spiazzo, una croce commemorativa.
E’ il momento del pezzo forte di Shumen dal punto di vista religioso: di fronte a me ho la Moschea dedicata ad Halil Pasha, ma conosciuta più comunemente col nome di Moschea Tombul. E’ la più grande della Bulgaria ed una delle maggiori di tutti i Balcani (si dice che sia la seconda, ma non ho conferma e non intendo scrivere fesserie). L’edificio è davvero bello e si vedono tutti gli anni che porta con se. E’ in stato di manutenzione, ma credo lo sia da una vita ormai. On-line avevo visto foto agghiaccianti di impalcature selvagge in ogni dove, ma probabilmente erano molto datate. Le infrastrutture dei restauratori ci sono, ma non in maniera così invasiva.
Più avanti, l’ultima cosa da vedere prima di invertire la marcia e cambiare zona è la Chiesa del Vangelo ma, come si nota dalla foto, la trovo piena zeppa di alberi che ne coprono mezza visuale.
Seguo la mia personale mappa e mi reco in una parte di Shumen ancora sconosciuta. Alla fine di una strada (ma proprio alla fine perchè da lì inizia un parco) trovo la Chiesa Ortodossa Sveto Vaznesenie.
Vado adesso ad immortalare la National Community Hall “Dobri Voynikov” che si trova in una piazza il cui pavimento è composto da lastroni non perfettamente “pareggiati” e messi diligentemente uno accanto all’altro. C’è mancato un pelo che, dopo essere inciampato peggio di Fantozzi, piantassi il naso a mo’ di ombrellone proprio nello spazio tra un lastrone e l’altro. Per fortuna è andata bene…
Il personaggio che dà il nome al palazzo della foto qui sopra è questo tizio qui, che trovo stranamente da un’altra parte della città:
Dopo tanto girare, eccomi di nuovo in centro. Questa volta affronterò la strada nella direzione opposta per vedere tutto ciò che mi sono perso nel primo tratto per dirigermi di corsa verso lo Shumen Monument. E’ così che mi imbatto subito nel Teatro Drammatico “Vasil Drumev” e, dall’altro lato della strada, nel Municipio di Shumen.
Poco più avanti incontro il Palazzo che ospita il locale Museo di Storia ed anche…un certo “Galleria Coffee Club”…roba da matti!
Svolto la marcia verso la mia sinistra in “Ulitsa Kliment Ohridski” dove trovo il bel Tempio “Sveti Tri Svetiteli” che mi appassiona con le sue cupole dorate.
Torno sulla via principale e mi diletto a camminare in un piccolo parco con le solite statue di personaggi famosi bulgari finchè arrivo al Monumento Russo, davvero degno di nota, che affaccia su di una rotonda stradale. Di fronte ad esso c’è l’ingresso del grande “Central Park”.
Dopo aver acquistato una bibita ed un pacchetto di patatine per l’imminente nuovo viaggio in bus, entro nel parco ma ne resto un tantino deluso: a parte la foto che segue (tra l’altro venuta pure sfocata causa pioggia e mia disattenzione) non c’è niente al di fuori di aiuole ed alberi. E’ così che esco dal lato opposto, fotografo la stazione ferroviaria e mi dirigo invece a quella degli autobus dove acquisto il biglietto per il prossimo mezzo in arrivo con destinazione (finalmente) la tanto agognata Veliko Tarnovo.
Salgo sull’autobus della compagnia Etap (mai usata prima d’ora) e mi sento un re: per due ore e mezzo ho a disposizione due sedili tutti per me, e soprattutto un ambiente iper-riscaldato che mi permette sia di togliermi il freddo accumulato addosso nel corso della passeggiata, sia di asciugare a dovere le parti dei miei abiti che risultano bagnate (il k-way aiuta, ma non fa miracoli…oppure è semplicemente farlocco e da buttare). Fuori è buio pesto e non c’è molto da vedere, considerando che la Bulgaria è una nazione con discrete distanze tra un comune e l’altro, il tutto intervallato da zone verdi. E’ così che faccio una nuova dormitina che mi aiuta a recuperare ancora un po’ dopo la notte in bianco ad Orio al Serio. Verso le 21:15 scendo del bus e mi trovo all’autostazione di Veliko Tarnovo; il mio primo obiettivo è quello di sbrigarmi a trovare l’hotel prenotato, per poi uscire per cena e per fare un primo giro serale in questa località. Percorro i circa 1.500 metri che mi separano dalla struttura (quasi tutti in salita) e già adocchio dove potermi prendere una buona pizza. In più trovo negozi aperti 24 ore anche qui, per cui all’acquisto delle bibite e delle schifezzuole per la stanza penserò dopo senza fretta. Il navigatore mi porta nella zona storica della città e trovo l’albergo non senza un pizzico di difficoltà: il maps mi ci porta vicino, ma sul retro invece che di fronte. La conformazione urbanistica non mi permette di capirlo subito e le “madonne” volano che è una bellezza…tanto qui tutti parlano bulgaro e nessuno mi capisce. Prendo la stanza (la signora della reception non parla una sola parola di inglese e quindi si comunica a gesti come gli antichi) e mi preparo per uscire di corsa; va bene che qui mangiano tardi…ma spuntare nei locali dopo le 22:00 non è mai il massimo dell’educazione. La serata è stupenda qui e la pioggia è un lontanissimo ricordo. Torno nella zona della pizzeria ed entro; nessuno dei camerieri mi si fila mentre passano a destra ed a manca. I posti liberi ci sono, quindi aspetto un pochino che qualcuno si degni. Alla fine tocca a me andare “incontro” a loro, nel senso di sbatterci proprio addosso; quando chiedo se ci fosse un tavolo disponibile mi viene risposto di no. Prima volta in vita mia che mi capita questa situazione paradossale. Non faccio alcuna polemica nonostante la cacchiata appena ascoltata: alzo i tacchi e me ne vado; i miei soldi possono tranquillamente cacciarseli dove non batte il sole. Poco più lontano c’è un bel fast food grande ed illuminatissimo e decido di andare li; avrei speso anche di meno. Altra prima volta: sul banco davanti alla cassa ci sono 5 forme di piadine di varie dimensioni e mi viene chiesto di scegliere di che grandezza avrei voluto il kebab. Ovviamente opto per la più grande…ma poi mi pentirò della mia stessa decisione perchè sarà veramente enorme. Non pensando fosse così gigante…ci aggiungo anche una porzione extra di patatine: lavanda gastrica in arrivo! Dopo cena faccio un primo giro per la città ed inizio a prendere confidenza con le strade che il giorno successivo avrei visitato. Poi acquisto le bibite per la stanza e torno in hotel davanti al mio amato gioco del calcio manageriale.
Domenica mattina: la sveglia è verso le 7:45; preparo le mie cose dentro al borsone tenendo con me solo gli oggetti utili per la giornata. Lascio il tutto in custodia alla reception dopo il check-out ed esco: il sole spacca le pietre! Delle bellissime ore mi si prospettano davanti. In genere, a questo punto scrivo che mi muovo per raggiungere il centro, ma oggi sono già dove dovrei essere solo varcando una porta, per cui prendo la mappa e mi studio il miglior itinerario possibile. Piccola premessa: Veliko Tarnovo è una città di circa 100.000 abitanti; fu capitale della Bulgaria per circa duecento anni, dal 1185 al 1393 ed è proprio questo il motivo che la rende più interessante di altre realtà “secondarie”. In quel periodo dovrebbe essere stata colmata di importanti opere. E’ costruita interamente su varie colline ed il sali-scendi delle strade (anche con un buon dislivello) è una caratteristica normale da queste parti. Primi punti di interesse da fotografare sono il Monumento “Veltchova Zavera” ed un murales davvero particolare che si trova su un edificio sito all’inizio della salita per raggiungere una delle zone più antiche della città.
Più avanti trovo il monumento dedicato a Stefan Stambolov (importantissimo politico bulgaro della seconda metà del XIX° secolo) oggi piazzato esattamente in mezzo agli ombrelloni delle caffetterie che occupano la via in cui si trova; per lui questo è il “giusto premio” ad una vita dedicata alla sua nazione (credo che se potesse farlo, si rivolterebbe nella tomba); per me è una fatica immensa scattare la foto che segue senza prendere neanche un lembo degli ombrelloni…
Due paroline proprio sul gruppo di stradine in cui è stata messa questa statua le voglio spendere: viene chiamato “Complesso Etnografico Samovodska Charshiya”…perchè dovrebbe essere un luogo in cui TUTTI i proprietari dei negozi (artigiani) lavorano alacremente alle loro creazioni, ma di questi casi ne ho contati davvero sulle dita di una mano. Alla fine è un’area stracolma delle solite botteghe di souvenirs preconfezionati (e forse cinesi…) che si trovano in tutti i posti turistici del mondo. La strada si fa in salita in direzione della Chiesa Ortodossa “Santi Cirillo e Metodio”; il fondo è fatto da lastroni piazzati uno accanto all’altro in modo sconnesso e le case sono tipiche bulgare; qui di macchine ce ne passano pochissime (e sinceramente non so come facciano, date le dimensioni ridotte della “carreggiata”) e si vive un’atmosfera particolare, come un “ritorno al passato”. Le signore con la “pezzola” in testa completano il panorama. Peccato solo che la chiesa che sto cercando sia in posizione scomoda per essere fotografata, quindi faccio ciò che posso.
Qui non ci sono rumori, se non quelli dei passi delle poche persone che escono dalle loro case per andare a fare la spesa. Incredibile pensare che neanche 200 metri più sotto ci sia la via della quale ho appena parlato piena zeppa di turisti intenti a comprare aggeggi di ogni tipo. Per testimoniare ciò che sto scrivendo pubblico una foto (che trovo stupenda) delle uniche anime vive che mi dedicano un po’ di attenzione, tranquille e beate sulla loro panchina:
Sul mio cammino trovo la piccola Chiesa “Sveta Nikola” e poi seguo la via lastricata che, passando per il “quartiere degli artisti” mi riporta esattamente davanti all’hotel: questa zona della città è stata esplorata.
C’è chi dice che viaggiando si conosce un sacco di gente. Hanno assolutamente ragione, solo che quelli che conosco io non danno la mano. Questo che segue è tale “Nikola Pikolo”, medico e scrittore greco, ma di origine bulgara.
Dopo aver salutato il mio nuovo amico, trovo la meravigliosa Chiesa Ortodossa della nascita della Madre di Dio. Un vero capolavoro che la giornata di sole esalta ancora di più.
Resto un po’ lì ad ammirare la struttura, almeno fino a che i mendicanti non cominciano ad essere insopportabili. A quel punto, mio malgrado, faccio di necessità virtù e continuo il mio tour. Come si dice in questi casi, passo da una meraviglia ad un’altra. Poco lontano dalla Chiesa si apre la collina che ospita la Fortezza dello Tsarevets: la storia la racconta come inespugnabile. Al suo interno c’erano, tra le altre cose, le residenze dei sovrani e dei patriarchi. Non me lo faccio dire due volte e mi reco alla cassa per pagare il biglietto (stavolta stranamente meritato). Quando mi presento all’ingresso, la visuale è questa:
Oggi non rimane molto di quello che fu almeno un migliaio di anni fa, ma già questa testimonianza è importante. Passeggiare in questa zona sotto al sole (interrotto ogni tanto da piccole nuvolette) è davvero edificante. Ho modo e tempo di osservare e fotografare ciò che l’antica fortezza offre.
Arriva il momento di uscire dal complesso della fortezza e di cambiare zona; il tempo purtroppo è sempre tiranno. Stavolta decido di effettuare una strada in discesa verso un nuovo quartiere costeggiando il fiume Yantra che attraversa la città formando varie anse. Questa l’immagine che ho avvicinandomi ai primi obiettivi:
Di lì a poco la passeggiata mi porterà ad incontrare la Chiesa dei Quaranta Martiri (bella) e la Chiesa di San Dimitar da Salonicco (solito scempio pieno di impalcature).
Mi consolo (anche se solo parzialmente) attraversando il Vladishki Bridge, ponte realizzato nel XVII° secolo con fondamenta in pietra e base in legno. Subito dopo, sulla destra, trovo la Chiesa dell’Assunzione.
Lascio così anche questa zona e per dirigermi nella prossima passo di nuovo nella stessa piazza dalla quale si accede allo Tsarevets. Qui mi imbatto in un palazzo di quelli che vengono purtroppo lasciati decadere, mentre potrebbero essere delle vere opere d’arte.
Dopo aver osservato il Tempio “Beata Vergine Maria” proseguo la mia passeggiata verso una nuova area di Veliko Tarnovo. Qui, come prima cosa, mi aspetta la Chiesa Ortodossa Sveta Troitsa. Salgo poi delle “dolci” scale per arrivare in cima alla collina, nella zona in cui si trova l’Università locale. Qui, a parte l’ateneo dal quale anche oggi (domenica) va e viene un sacco di gente, trovo la Chiesa Cristiana del Santo Patriarca Evtimii (con impalcature…) ed il monumento gigante a lui stesso dedicato. Inoltre, da quassù la vista è superba.
Quando scendo le scale salite poco prima, mi rimane solo un punto di interesse da vedere e si tratta della Moschea cittadina.
Dietro front col quale ritorno alla piazza dello Tsarevets, da dove, come penso si sia capito, si snodano diverse direzioni. Dopo aver fotografato il Museo Regionale di Storia, prendo “Ulitsa Maksim Raykovich” ed incontro prima la statua dedicata a Hristo Ivanov Golemiat e poi una chiesetta arroccata ed incassata tra altri palazzi che non è proprio fotografabile da qui, ma lo è da altra angolazione e non me la lascio certo sfuggire.
Arrivato a questo punto, se non voglio percorrere kilometri a piedi inutilmente, ho una sola cosa da fare: andare in hotel a riprendere il borsone. Da vedere manca la parte di Veliko Tarnovo più vicina all’autostazione dalla quale sarei ripartito, per cui mi muovo in tal senso. Le ultime due ore di visita saranno un po’ più impacciate per via di quel peso in più, ma è sempre meglio di rischiare di lasciare fuori qualcosa per dover tornare a prendere la sacca in fretta e furia. Scopro con soddisfazione che la gentile signora della sera prima era la madre del proprietario, un simpatico coetaneo che fortunatamente parla inglese col quale ho scambiato due chiacchiere. Saluto ed esco dalla porta in direzione della storica “Ulitsa General Gurko”: qui cammino su un pavimento lastricato e molto antico; da una parte costeggio tantissime case tipiche bulgare e dall’altra ho una visione spettacolare del fiume Yantra che mi separa da uno dei luoghi che sto per raggiungere. Dei poveri micetti (che vivono nei dintorni di un ristorante) mi fanno fermare per una miriade di coccole (o almeno loro ne vorrebbero così tante), ma io posso dedicare loro solo cinque minuti. Purtroppo hanno fame ed io non ho niente con me da dargli 🙁 . Non ho scelta e devo procedere. Mi trovo adesso nella piazzetta che ospita il Monumento in onore della Madre della Bulgaria: stavolta il bellissimo sole mi è contrario e la foto non esce bella come è la realtà.
Subito dietro entro nel Parco “Marno Pole” ricchissimo di aree verdi e con una mega fontana al centro. Alla fine dello stesso c’è un’area recintata e scopro che si tratta del Teatro estivo, quindi all’aperto e senza coperture.
Mi sposto adesso su un’isolotto posto al centro del fiume Yantra. Qui trovo il bellissimo Monumento Asenevtsi, costruito nel 1985 per celebrare la vittoria dei fratelli Asen e Petar che diede la liberazione della Bulgaria dall’impero bizantino. Nonostante io ci abbia provato in mille modi, la foto che pubblico (pur essendo la migliore) non riesce a regalare la sensazione che si ha dal vivo. E’ davvero grandissimo.
Appena dietro c’è il bellissimo palazzo oggi sede della Galleria Nazionale d’Arte “Boris Denev”.
Manca ancora un pochino di tempo al momento in cui dovrò puntare la direzione verso l’autostazione, ma il programma di visita è pressochè finito. Prendo la palla al balzo e mi metto a passeggiare in una parte di città mai vista prima in cui, secondo il maps, non c’è niente di importante. E’ infatti la zona moderna e commerciale di Veliko Tarnovo; oggi è domenica e tutti i negozi sono sprangati. In giro ci sono solo io e qualcuno che va nelle locali pasticcerie per prendere un dolce da portare a casa e mangiare dopo il pranzo. La camminata non è mai vana, neanche in questo posto: trovo infatti sulla mia strada la piccola Chiesa “Sveta Marina”.
Adesso è davvero tutto. Vado a comprare il ticket per il viaggio di ritorno verso l’Italia, quindi per Sofia. Ebbene si: sono atterrato a Varna (sul Mar Nero), mi sono fermato prima a Shumen e poi a Veliko Tarnovo, e adesso vado nella capitale. In neanche due giorni ho attraversato tutta la Bulgaria da parte a parte vedendo tutto ciò che ho descritto; niente male, direi. Stavolta il bus è della compagnia Union-Ivkoni, anch’essa una prima volta per me. Peccato che la partenza avvenga con circa 35 minuti di ritardo che rischiano di far saltare i miei risicatissimi piani. Ma io conosco Sofia meglio di chiunque altro ormai e riesco ad arrivare in tempo al vecchio Terminal 1 e ad imbarcarmi sull’aereo che mi porterà a Bologna. Nel capoluogo emiliano, dopo l’ennesima dormita ad alta quota, vado a mangiare al mio McDonald preferito (che rimane aperto fino a mezzanotte). Qui qualcosa va storto veramente: in genere prendo sempre il bus notturno verso Roma che parte alle 00:45, ma stavolta ho trovato il treno (partente alle 02:17 del mattino) a metà prezzo. Mi ero detto che avrei passato il tempo di attesa in un cinema, ma di bello in programmazione non c’è niente. Dopo aver lasciato il McDonald arrivo in stazione a mezzanotte ed un quarto per vedere che aria tira. Beh, ci rimango male per due motivi: il primo è che la stazione di Bologna Centrale diventa una specie di dormitorio per poveri malandati e senza fissa dimora; matti che girano cantando con cartoni di Tavernello in mano ed altra roba del genere. il secondo motivo riguarda il tabellone luminoso: il mio treno pare abbia un ritardo già adesso conosciuto di 90 minuti causa lavori sulla linea a Ferrara. A mezzanotte e venti minuti faccio il conto della serva: il convoglio sarebbe partito non alle 02:17, bensì alle 03:47 e quindi mancano ancora tre ore e mezzo da passare in questo ambientino che è la “creme de la creme”. Accanto a me ci sono tre ragazzi con tipico accento romano, anche loro increduli. Dico una cosa generica rivolgendomi a loro e da li nasce una conversazione che ci porta tutti insieme a passare quel tempo in maniera piacevole ad un bar della zona, in mezzo a nottambuli incalliti e “signorine” a fine turno..tutta gente che mi tengo a debita distanza. Tengo sempre d’occhio il tablet per vedere se ci fossero novità in tempo reale sul treno e fortunatamente la risposta è positiva: il ritardo di 90 minuti si è ridotto a 66 minuti, così il convoglio parte alle 03:23. Facciamo giusto in tempo ad uscire dal bar vedendo un degenerato che dà uno schiaffone ad un poliziotto (vai a sapere perchè…) per poi essere preso e caricato in macchina da sei colleghi e saliamo sul treno salutandoci perchè ognuno ha un posto assegnato in vagoni diversi. Tale ritardo (oltre a farmi risarcire da Trenitalia il costo totale del biglietto perchè oltre i 60 minuti) mi fa arrivare a Roma troppo tardi per tornare a casa e quindi, come per magia, la mia destinazione finale diventa l’ufficio per 8 ore + pausa pranzo di lavoro.
In conclusione…di fatica stavolta ne ho fatta abbastanza, ma ne è valsa davvero la pena. Veliko Tarnovo è una città davvero bella che non può essere snobbata da chi viaggia. Di solito quando si hanno grandi aspettative si torna delusi, ma stavolta non è così: ciò che questa città nasconde è davvero di inestimabile valore. L’atmosfera che si vive poi è di quelle rilassate, soprattutto se si evitano le vie dei negozietti di souvenirs, ovviamente. Riguardo Shumen…avrebbe dovuto essere una grigia località senza niente da fare e vedere, ma dal mio racconto e dalle foto postate non mi sembra sia stato così. Sopratutto lo Shumen Monument mi ha lasciato a bocca aperta…e non solo perchè per arrivarci ci vogliono due polmoni supplementari 🙂 Sono davvero contento di aver fatto questo giro, anche se il finale a Bologna sarebbe stato meglio evitarlo. Ma ormai i guai peggiori, si sà, mi capitano SEMPRE in Italia. Chissà perchè…