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Ormai è una realtà: la fine del 2018 e l’inizio del 2019 è il periodo in cui volare a Berlino costa una cavolata. Grazie alle attuali offerte prenoto l’ennesimo aereo da e per lo scalo di Schonefeld con partenza di venerdi in tarda serata e rientro di lunedi in primissima mattina, momenti perfetti per poter scoprire nuove località senza usufruire di giorni di ferie. Stavolta sposto la mia attenzione ad ovest e più precisamente nella zona di Brema. Decima città della Germania per popolazione, si trova nel più piccolo “land” tedesco che è composto da soli due comuni (il secondo è Bremerhaven, anch’esso previsto nel mio programma). Un applauso sincero e fragoroso va anche a Flixbus perchè mi permette sempre più spesso di raggiungere in una notte destinazioni che prima del suo avvento erano completamente inimmaginabili e questo ne è l’ennesimo esempio. Certamente occorre un pochino di programmazione e sacrificio, ma pur di viaggiare si fa tutto perchè nella vita c’è molto di peggio. Calcolando l’area geografica in cui mi sto recando ed i miei “precedenti” durante il mese di febbraio (Amburgo, Copenhagen, Jutland per fare alcuni esempi) mi aspetto anche stavolta una temperatura abbastanza rigida, per cui mi vesto di tutto punto e parto.
Venerdi sera: esco dall’ufficio con la solita calma intorno alle 18:25; il volo è previsto per le 21:10 ed ho tutto il tempo per raggiungere l’aeroporto di Ciampino che è ottimamente collegato in maniera gratuita con i mezzi pubblici per me che ho un abbonamento annuale all’intera rete del trasporto romano. Arrivo comunque col solito anticipo ed attendo il momento per effettuare il controllo di sicurezza e l’imbarco a seguire. Stavolta l’assegnazione causale del posto mi regala il “17D”, quello vicino alle uscite di sicurezza con spazio maggiorato per le gambe; se penso che non ho mai pagato neanche una “priority” in vita mia (non lo farò mai e poi mai) nè tantomeno un sedile, posso ritenermi abbastanza fortunato. Inutile dire che cado in un sonno colossale e che mi risveglierò solo quando l’aeromobile toccherà terra in suolo tedesco perchè ormai è un classico che si ripete sempre. Stavolta il ritardo in partenza è stato minimo, per cui esco nell’area arrivi quando la mia botteguccia di fiducia è ancora aperta, così compro qualcosa per cena per poi andare a “consumare” ed a riposarmi sulle solite sedie. Ho circa due ore e mezzo a disposizione prima del trasferimento verso Brema e le passo a studiare l’itinerario di una prossima vacanza in Guatemala che sto sognando di prenotare: adesso ho anche il programma, per cui resta solo da trovare l’aereo al prezzo migliore. E’ proprio vero che non getto mai al vento neanche un minuto. Alle 2:00 arriva il “mio” Flixbus e mi faccio trovare pronto; prendo un posto accanto al finestrino e mi metto di nuovo a dormire. Alle 7:50 scendo dal pullman e mi trovo in una via parallela rispetto alla stazione ferroviaria di Brema che scorgo a non più di cento metri di distanza. E’ ancora presto e fa fresco, ma non freddo. Decido di entrare nella “Bahnhof” e fare un giro lì dentro per vedere che negozi ci sono, cosa sempre utile soprattutto quando fuori è tutto chiuso dopo una certa ora. Alle 8:40 ho già fatto proprio tutto: mi affaccio fuori e vedo che si sta facendo largo un sole meraviglioso, di quelli che tante volte non si trovano neanche in primavera inoltrata. Questo mi dà la carica per muovere le gambe ed iniziare il giro che deve però essere attento ed oculato perchè sempre il sole è da una parte un grande amico, ma dall’altra un grande nemico: trovarmi davanti ai monumenti con una pessima illuminazione non è positivo per le fotografie, quindi provo ad impostare un percorso dando sempre uno sguardo al cielo. Dopo qualche minuto noto che sto per raggiungere “Am Wall”, un’arteria che taglia gran parte della città e che da un lato costeggia un parco esteso in lunghezza, attraversato da un corso d’acqua ed adornato da varie sculture sparse all’interno della sua superficie; la luce del mattino che qui filtra attraverso i rami degli alberi crea un effetto davvero bello. Prima di superare il ponte “Herdentor” incontro, seduto su una panchina, l’omaggio a Loriot (nome d’arte di Vicco von Bulow), un importante ed amato comico tedesco scomparso nell’agosto del 2011. Poi viene il turno del monumento dedicato a Wilhelm Kaisen, ex politico socialdemocratico molto amato da queste parti poichè viene visto come il simbolo della ricostruzione dopo il 1945. Continuando la passeggiata osservo anche (tra le tante cose) lo “Steinhauser Vase”, il “Muhle am Wall” (un bel mulino che oggi ha il difetto di essere occupato da un ristorante/caffetteria) e la Rehbrunnen (piccola fontana non in funzione in questo periodo dell’anno).
Proseguo ancora un po’ e mi trovo in una zona particolarmente moderna: intorno a me ci sono solo nuove costruzioni e parcheggi; spicca la mole della Wesertower (82 metri di altezza) che ha il primato di essere l’edificio più alto della città. Dato che molto spesso in Germania i teatri sono ospitati da bellissimi palazzi decido di dedicare del tempo al G.O.P. Varietè-Theater qui ubicato, ma anch’esso rispecchia lo standard del quartiere, per cui niente di interessante.
Torno indietro, ma come sempre non lo faccio tramite la stessa strada attraverso la quale sono arrivato; è così che mi trovo di fronte la bella Kulturkirche St. Stephani e poi, alla mia destra, ho modo di vedere per la prima volta lo scorrere del fiume “Weser” che taglia in due la città dividendo in maniera ben definita la parte vecchia da quella nuova.
Seguendo per un po’ il corso d’acqua torno verso il centro città; salgo sul Burgermeister-Smidt-Brucke e mi affaccio dalle parti del Museo di Arte Moderna “Weserburg”, ma si trova all’interno di una edificio anonimo e, anche se uno lo volesse visitare, pare sia chiuso fino a metà marzo. Il mio prossimo obiettivo è la Gewerbehaus che trovo senza difficoltà: si tratta di un palazzo storico che vede le sue origini nella prima parte del XVII° secolo; è stato la sede della più antica Camera dell’Artigianato di tutta la Germania ed oggi si presenta ai nostri occhi ricostruita dopo la quasi completa distruzione avvenuta nel 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale. Mi riaffaccio nella zona del ponte “Herdentor” per completare il giro da questa parte e poi passare ad altro. E’ adesso la volta della “Haus des Reichs”, altro stabile, ma stavolta ben più recente: la costruzione avvenne tra il 1928 ed il 1931 ed ha praticamente sempre ospitato uffici finanziari; l’unica cosa che è cambiata nel corso dei decenni passati sono stati i “proprietari”. Faccio quindi una capatina anche a vedere il Metropol Theater, ma è fin troppo moderno per meritare una foto.
Per la terza volta torno sui miei passi ed attraverso di nuovo il ponte Herdentor, finalmente in via definitiva. E’ ora di tuffarmi nel vero centro storico della città di Brema ed inizio con una curiosa scultura che prende il nome (tradotto in italiano) di “Pastore con Maiali”; sono certo che l’immagine seguente potrà togliere ogni dubbio sul perchè di questo appellativo.
La cosa più terrificante è facilmente immaginabile: non esiste un singolo genitore che, passando di qui, non piazzi il proprio figlio a cavalcare i maiali scattando interi books fotografici per un quantitativo di tempo impressionante; quest’immagine l’ho presa solamente attraversando la strada fuori dalle strisce pedonali col semaforo rosso, altrimenti sarebbe stato impossibile farlo avanzando col resto della massa. Passo accanto ad uno degli ingressi del Lloyd Passage, ovvero un centro commerciale abbastanza grande per il quale attualmente non nutro interesse; nel piano interrato c’è un supermarket, ma adesso non mi serve, per cui segno e vado oltre. Entro in una piazza che posso definire come l’anticamera del Markt: qui sono presenti la “Marcus-Brunnen” e la chiesa “Unser Lieben Frauen”. Un mercatino sta occupando l’area, per cui gli scatti seguenti sono quelli che ho effettuato durante il tardo pomeriggio quando sono tornato ed ho trovato la piazza completamente sgombra da rotture di scatole e budinate varie.
Subito dopo è la volta del simbolo vero e proprio di questa città, ovvero la scultura dedicata ai “Musicanti di Brema”; per chi non lo sapesse, si parla di una favola molto carina scritta dei Fratelli Grimm in cui un asino, un cane, un gatto ed un gallo fuggono dalle rispettive fattorie di appartenenza e si uniscono per cercare un futuro migliore come musicisti nella banda di Brema. La verità è che non sono mai arrivati a destinazione perchè destino ha voluto che trovassero una sistemazione a metà strada dopo aver affrontato una bizzarra avventura. Eppure questo è bastato per convincere la città ad adottarli e ad inserirli praticamente in tutti i souvenirs in vendita nei negozi di settore. La scultura che li rappresenta, anche se piccola, è davvero degna di nota ed anche in questo caso occorre un’attesa enorme per evitare presenza umana intenta a scattarsi fotografie portafortuna.
Mi ha fatto particolarmente ridere la rappresentazione “reale” che ho visto in una bacheca appena fuori dalla stazione e che propongo qui proprio per poter fare un divertente paragone:
Il Palazzo del Municipio (Rathaus) è il prossimo punto di interesse che vedo, ormai in piena piazza principale: vale la pena soffermarsi su tre dei suoi quattro lati. L’imponente statua di “Roland” scolpita nel 1404 e patrimonio UNESCO domina il Markt e, dietro di essa, c’è la Haus Schutting: altro edificio storico eretto nel 1537-1538, è stato prima Casa delle Corporazioni dei mercanti e poi sede della Camera di Commercio. A breve distanza ci sono altre due componenti degne di nota: il Duomo (Dom St. Petri) che visito internamente e che trovo senza infamia e senza lode, ed il Monumento Equestre a Bismarck posto in cima ad un’alta colonna. Completano il quadro la Neptunbrunnen che francamente non mi piace neanche un po’ ed uno di quei buontemponi che creano bolle di sapone enormi per portare a casa qualche soldo.
Percorro “Schuttingstrasse” perchè sono curioso di arrivare in un punto del quale ho tanto sentito parlare: la Bottcherstrasse. Si tratta di una via-museo lunga circa 110 metri (quindi piccolina) che però al suo interno racchiude tante cose interessanti. E’ ormai risaputo che quando c’è grande attesa…spesso e volentieri si ottengono i risultati peggiori in termine di stupore e meraviglia; devo dire che questa non è l’eccezione che conferma la regola. Per dare alcuni brevissimi cenni di storia, prima di diventare quella che è oggi, questa era l’arteria che collegava il centro di Brema col porto sul fiume Weser; tutto ebbe inizio quando tale Ludwig Roselius (commerciante di caffè) acquistò qui un edificio; successivamente comprò anche tutti gli altri palazzi presenti. Ma non lo fece per usarli, bensì per demolirli ed affidare all’architetto Bernhard Hoetger di studiarne e metterne in pratica la ricostruzione (1922-1933). Anche questa via fu quasi totalmente distrutta durante la seconda guerra mondiale e solo dopo l’acquisto da parte della “Cassa di Risparmio di Brema” c’è stato il definitivo aggiustamento (1989-1999). Ovviamente parlo sempre dal mio punto di vista (che tutti possono benissimo controbattere) e mi sento di dire che noto sia cose buone che cose cattive; di positivo c’è che questa breve “ruga” ha le caratteristiche principali delle città anseatiche e che ospita opere d’arte in quantità (soprattutto sculture e dipinti, ma anche mobili di pregio) contenuti nelle due esposizioni chiamate “Roselius Haus” e “Paula Modersohn-Becker Haus”. Come se non bastasse, anche la Fontana dei sette fratelli pigri merita attenzione. Ma c’è anche qualcosa che non va ed inizierei subito dall’ingresso lato Markt: è sovrastato da un bassorilievo realizzato dall’architetto Hoetger che sarebbe anche bello, ma il pacchianissimo colore “dorato” dà esattamente l’effetto di un pugno dritto in un occhio; inoltre i negozi qui presenti sono abbastanza inutili; con questo non voglio dire che averci piazzato qualcosa che vende materiale tecnologico o dedicato ai viaggi (cioè cose che apprezzo di più) avrebbe migliorato la situazione. Intendo solo che souvenirs, bar ed addirittura un ristorante sushi…proprio non sono a loro agio. Sarò anche strano, ma certi luoghi starebbero bene senza commercio; oggi siamo bombardati al punto di sognare aree in cui qualsiasi tipo di attività dovrebbe essere vietata, e dove meglio che nelle zone che hanno fatto la storia? Infine il “carillon” di Brema: tre volte al giorno (alle 12:00, alle 15:00 ed alle 18:00) le campanelle in ceramica poste in cima alla “Glockenspiel Haus” suonano una tranquilla melodia accompagnata da vari pannelli di legno che si alternano in una piccola porzione della torre dello stesso palazzo. Carino, ma forse è lo spettacolo meno bello di questa categoria al quale ho assistito fino ad ora durante i miei viaggi.
Esco dalla Bottcherstrasse dalla parte opposta e, prima di arrivare in riva al fiume Weser, posso osservare la Chiesa Evangelica “Martini”. Il sole continua ad essere sempre più presente ed a scaldare la giornata come sarebbe stato impossibile immaginare: devo necessariamente togliermi la giacca oppure rischio di sudare. Tante belle barche sono ancorate alla banchina (dove non mi sfugge la curiosa scultura che rappresenta un uomo con un uccello sulla spalla) e sono destinate agli usi più disparati: si va dai ristoranti agli hotel galleggianti, passando anche per un teatro che prende ovviamente il nome di “Theaterschiff”.
Da qui allo Schnoor il passo è davvero breve: faccio così il mio ingresso in un’altra storica ed importante zona di Brema; stavolta non è un’unica via, bensì un intero quartiere. In verità questa è la parte più antica della città, la prima in cui furono costruiti insediamenti che ospitavano pescatori. Strette stradine pavimentate e tante piccole case anche a graticcio compongono l’abitato che oggi ospita quasi solo negozi di souvenirs e luoghi per mangiare. Fare una passeggiata qui fa realmente vivere il tempo che fu perchè questa è una delle rarissime zone che sono scampate totalmente ai bombardamenti del secondo conflitto bellico mondiale: infatti si parla solo di restauri di costruzioni originali e non di rifacimento totale. Tra i punti di interesse ricordo la Propsteikirche St. Johann (Chiesa Cattolica), il Monumento in memoria delle vittime della “Kristallnacht” (avvenuta tra il 9 ed il 10 novembre del 1938) e la Geschichtenhaus, ovvero un museo in cui persone che indossano costumi storici guidano i visitatori in un percorso attraverso la storia di Brema.
Quando torno nella città moderna mi trovo su una strada che ha un nome familiare: Am Wall. Ebbene sì, è la primissima via che ho incontrato all’inizio della mia passeggiata questa mattina. Ho il piacere di vedere il palazzo che ospita la Biblioteca Cittadina, la Kunsthalle, due particolari edifici dirimpettai (“Wilhelm Wagenfeld Haus” e “Gerhard Marks Haus”) ed infine il “Teather am Goetheplatz”.
Proprio dietro al teatro noto uno scorcio niente male sul corso d’acqua che attraversa l’area verde lungo la direttrice di Am Wall e non posso non fotografarlo. Inverto la marcia per tornare in zona stazione centrale perchè adesso il mio giro prenderà una direzione completamente diversa. Durante la passeggiata noto anche il monumento in onore di Heinrich Wilhelm Olbers, medico/astronomo locale.
Quando giungo nell’enorme piazzale della Bahnhof basta voltare la testa verso sinistra per osservare l’edificio che ospita l’Ubersee Museum; Prendo ora “Hermann-Bose-Strasse” e supero i binari del treno passando attraverso un tunnel che mi porta nel Parco Nelson Mandela; qui c’è una strana statua a forma di elefante che ha anche una storia abbastanza bizzarra: fu inaugurata nel 1932 come monumento coloniale, ma nel 1989 è stata “convertita” a monumento anticoloniale, tanto da essere ribattezzata “Antikolonialdenkmal”. Mi dirigo verso destra per vedere il “Friedenstunnel” che, come dice il nome stesso, è…un normalissimo tunnel usato da automobili e pedoni; la particolarità di questo luogo sono le luci coloratissime che lo rendono vivace. Io ci passo di giorno e già l’effetto è niente male anche se abbastanza soft; immagino che sia molto più bello da ammirare durante le ore serali senza la luce solare che fa capolino dalle due aperture, ma posso permettermi solo questo e me lo faccio bastare. Qualche altro centinaio di metri ed osservo il bel Monumento equestre in onore di “Kaiser Friedrich III°”, ex imperatore tedesco.
Qui ha inizio una lunghissima passeggiata: mi trovo all’ingresso del Burgerpark, ovvero il polmone verde di Brema. Si tratta di un parco enorme che si estende per 202 ettari; non sogno neanche di girarlo tutto, ma almeno una buona parte direi di si, anche perchè la splendida giornata rende più semplice questo genere di attività. E’ un vero e proprio tripudio di natura “civilizzata” dalla mano dell’uomo; qui tutto è perfetto: dai sentieri ai laghetti, dal parco giochi per bambini (dal quale mi tengo ben bene alla larga) alla quiete che si respira a pieni polmoni. Mi piacerebbe ammirare la Marcusbrunnen, ma qualcuno ha deciso che in questo periodo sia in fase di restauro invasivo. Nel parco si può accedere in tanti modi: a piedi, in bicicletta e persino a cavallo; vedere per credere.
Nonostante io abbia già percorso tanta strada, non ho ancora finito di allontanarmi dal centro. Mancano ancora due punti di interesse in questa parte della città e, dato che sono qui, faccio un ulteriore sforzo e proseguo. Il primo è L’Universum (un museo della scienza interattivo ospitato da una struttura totalmente degna del suo nome) ed il secondo è la Fallturm. Entrambi si trovano nell’area universitaria.
E’ giunto il momento di fare marcia indietro e di tornare alla base; per togliermi una curiosità…imposto il navigatore solo per capire la distanza da percorrere e quando leggo 4,9 kilometri mi prende un mezzo colpo. Adesso è chiaro il motivo per cui le gambe mi stiano supplicando di fermarmi, ma purtroppo per loro non lo posso fare. Al mio rientro decido di andare di nuovo in centro, ma non prima di aver mangiato il mio ormai solito menu kebab per quello che è diventato, causa orario, un pranzo/merenda. Ormai ho visto tutto, però di andare in stanza proprio non mi va e voglio restare per godere del tramonto sul fiume Weser e per capire a che punto è l’illuminazione serale locale. La delusione è tanta, ma non troppa: ormai so bene che le città tedesche mantengono un tono molto basso nelle ore di buio, soprattutto in pieno inverno. Ancora non ho capito bene se si tratta di menefreghismo o se l’intera nazione stia portando avanti il discorso del risparmio energetico. Sinceramente se il motivo fosse il secondo mi viene da dire che sono dei grandi cretini: sarebbero ben altri gli sprechi da tagliare invece di lasciare centri storici bellissimi quasi completamente nell’oscutirà per uno stupido principio. Non mi resta altro da fare che trovare un market aperto e fare la spesa per una cena light da consumare in camera. Consiglio: in molte stazioni della Germania ci sono catene di supermercati che applicano prezzi giusti, ma non a Brema; qui c’è solo un misero negozietto che ha un po’ tutto ma a prezzi da capogiro, quindi lo evito come la peste; meglio andare al supermarket interrato del centro commerciale visto qualche ora fa. Conclusa anche questa operazione passo all’ultima fatica di oggi: dato che i prezzi delle sistemazioni nei paesi dell’area ovest dell’Europa costano un occhio della testa, opto per un monolocale ubicato a cinque kilometri dal centro, ovvero in zona “Sebaldsbruck”. Ci posso arrivare in due modi: con un treno locale oppure col tram n. 10 ed entrambi partono dalla stazione centrale. Una volta lì mi sento in paradiso: per trenta euro tondi tondi ho l’accesso in self check-in (quindi nessuno che rompe i coglioni per l’orario, per le chiavi ecc.) e riscaldamento regolabile; al piano di sotto, per coloro che amano certi sapori, ci sarebbe una trattoria balcanica, ma stasera purtroppo non posso. Sistemo tutto e mi rilasso col mio calcio manager, ma vado anche a dormire ad un’ora decente perchè domani la sveglia non scherza…
Domenica mattina: Il suono più brutto del mondo mi fa sobbalzare alle 6:45; ammetto di aver esagerato un po’ perchè avrò il primo treno alle 7:56 e mi trovo a 450 metri dalla stazione con il 95% dello zaino già preparato. Devo solo darmi una sistemata post-risveglio, vestirmi ed uscire. Ma l’incognita del biglietto mi fa uscire prima del normale: la stazione di Sebaldsbruck è piccolissima, addirittura senza sala d’attesa e personale presente. Il ticket si fa tramite macchinetta automatica, e non sarebbe affatto un problema; il fatto è che devo acquistare un biglietto speciale valevole per l’intera giornata e non vorrei sbagliare. Alla fine riesco nel mio intento, anche se mi prende un colpo secco quando vedo che l’emettitrice è in fase di aggiornamento di sistema appena mi ci trovo davanti; già mi stanno girando le palle perchè di lì a poco avrei dovuto cercare il capotreno e spiegare l’accaduto per non rischiare la multa, ma fortunatamente tutto si risolve nel giro di una decina di minuti e quel trabiccolo riprende a funzionare. Per la modica cifra di 24 euro ho in mano ciò che mi serve; dato che oggi dovrò prendere come minimo quattro treni e che la somma dei singoli biglietti non sarebbe stata inferiore ai 56 euro, direi che ho fatto l’ennesimo affare. Il convoglio è puntuale ed arriva alla stazione centrale dopo sette minuti, poi lì ho un altro treno alle 8:15 con destinazione Oldenburg, cittadina di circa 170.000 abitanti che ho visto avere qualcosa degno di nota durante lo studio di questo viaggio. Poco dopo le 9:10 sono pronto per cominciare la visita e di certo non mi faccio pregare. Inizio con due punti di interesse che si trovano lungo il fiume Hunte; il primo è il vecchio “Hafenkran”, ovvero una gru portuale: oggi sicuramente non ha il significato che aveva in passato, ma è sempre bene non dimenticare ciò che un tempo è stato uno strumento di lavoro per intere comunità. Il secondo è una bizzarra scultura che prende il nome di “Draufganger”, tradotto in italiano con “il temerario”: rappresenta un ragazzo che salta il fossato usando due trampoli. Effettivamente bizzarra…ma qui piace.
Mi sposto adesso nel cuore della città, vale a dire su Schlossplatz; come dice il nome stesso, qui affaccia il Castello di Oldenburg (tra i vari usi ricordo quello di ex residenza dei Conti, Duchi e Granduchi locali), ma non solo. La bella costruzione è in buona compagnia con l’edificio della Guardia del Palazzo, il monumento dedicato a Peter Friedrich Ludwig (primo granduca di Oldenburg) e da tre orsi berlinesi che di feroce hanno ben poco; anzi…a guardarli bene in faccia sembrano più tre bei maialoni per quanto sono brutti…
Pochi passi ed eccomi su Marktplatz: il nome è altisonante (in Germania ci sono realtà magnifiche che si chiamano così) ma stavolta sono di fronte alla classica eccezione che conferma la regola: di dimensioni abbastanza ridotte, ospita la St. Lambertikirche (bella e grande chiesa la cui facciata viene ostacolata da un albero piazzato proprio male), il palazzo del Municipio (Rathaus) ubicato in posizione obliqua e difficilmente fotografabile senza fare una semi-ciofeca, ed una scultura che si intitola “Presente” (in tedesco sarebbe “Gegenwart”) dell’artista Bernd Altenstein: l’ingegnere civile del comune di Oldenburg deve essere un genio perchè ha deciso di posizionare quest’opera proprio davanti ai tavolini di un bar/tavola calda; ciò mi costringe a scattare un’istantanea di sfuggita per non indispettire coloro che, a due centimetri, stanno mangiando e bevendo.
Esco dal centro e cambio direzione per un po’: trovo prestissimo la Torre delle Polveri (Pulverturm), ultimo edificio ancora in piedi della vecchia città fortificata di Oldenburg. Attraverso la strada ed entro in un luogo di pace e quiete: I Giardini del Castello. Il ricordo dell’enorme Burgerpark di Brema e dei chissà quanti kilometri percorsi è ancora vivo, ma stavolta l’estensione di quello dove sto per accedere non supera i 16 ettari e quindi non esiste paragone. Il posto è indubbiamente buono per una passeggiata e per un po’ di sano relax ma, anche se molto curato, non regala spunti indimenticabili. Scelgo di pubblicare solo due significative immagini tra quelle che ho portato con me.
Arrivo fino alla fine perchè ho un obiettivo: so dalla mappa pianificata a casa che a soli 400 metri dalla fine dei Giardini del Castello c’è lo stadio locale; attualmente la squadra della città (il VFB Oldenburg) naviga nella quarta divisione tedesca, ma quello che mi incuriosisce è che ancora oggi ricordo gli anni ’90 del secolo scorso, periodo in cui questo piccolo club, per un misero pelo, fallì una storica promozione in Bundesliga. Adesso mi trovo qui, proprio di fronte al “Marschweg”, un impianto capace di accogliere 15.200 spettatori. Dopo aver visto che il prezzo massimo per la tribuna centrale coperta è di 9 euro decido di fare marcia indietro e proseguire il mio giro. La prossima tappa è l’edificio che ospita il “Landesmuseum Natur und Mensch”.
Vado a dare un’occhiata rapida al Cacilienbrucke (sempre sul fiume Hunte) ma non è niente di che, per cui il “dietrofront” è d’obbligo. Prossimo punto di interesse lungo il percorso segnato sulla mia mappa è l’edificio che ospita lo “Staatstheater”, seguito da due attrazioni su Friedensplatz, ovvero la Chiesa Metodista “Friedenskirche” e la “Friedenssaule”.
Sulla successiva “Peterstrasse” ci sono un tripudio di cose da vedere: il candido palazzo storico che ospita l’ospedale “Peter-Friedrich-Ludwigs” apre le danze; dall’altro lato della strada, in un parco, c’è il memoriale della Sinagoga che fu distrutta dai nazisti durante la “Kristallnacht”; si prosegue con la bella “St. Peter Kirche” e con la Chiesa Riformata “Garnisonkirche”, quest’ultima un po’ troppo protetta dagli alberi. Mica male per una strada sola…
Eseguo adesso una deviazione per osservare il cimitero locale che è ben vigilato dalla piccola Cappella di Santa Gertrude; l’edificio che ospita la Biblioteca è bello da vedere, ma purtroppo impossibile da fotografare a causa di qualsiasi ostacolo presente che va dai semafori alla vegetazione urbana; non posso fare altro che tenerlo nei miei ricordi. Infine, prima di rientrare nel centro storico per l’ultima passeggiata prima di andarmene, incontro la zona museale dove osservo sia l’Horst-Janssen-Museum che il museo cittadino (Stadtmuseum).
La zona pedonale di Oldenburg è abbastanza ricca di negozi, anche se oggi sono quasi tutti chiusi essendo domenica. Comunque una passeggiata da queste parti è piacevole. Degno di nota è il Lappan: oggi appare ai nostri occhi come una semplice torre neanche troppo alta che ospita il centro di informazioni turistche, ma ha un passato da campanile di una vecchia chiesa; è sopravvissuto al terribile incendio che devastò la città nel 1676 ed è oggi il simbolo del centro abitato. L’ultima attrazione che vedo è la scultura dedicata a Donnerhall, un noto cavallo da dressage di razza “Oldenburg”…ovviamente; inutile dire che per poter scattare una singola immagine ho dovuto attendere almeno un quarto d’ora che la famigliola felice di turno finisse di fare i propri comodi piazzando il figlio sul dorso del cavallo per un intero ed infinito servizio fotografico, neanche fossero sul set di un film. Sto pensando di brevettare una nuova disciplina sportiva che vorrei chiamare “piazzamento figli su qualsiasi cosa”; scommetto che nel giro di un anno sarà ammessa alle olimpiadi.
Adesso che ho esaurito il mio programma posso lasciare questo posto e dedicarmi al prossimo; faccio quindi rientro alla stazione ferroviaria e prendo il primo treno utile per Brema perchè per dove sono diretto non esiste un collegamento unico partendo da qui. Una volta nella città dei musicanti è facilissimo trovare il binario per Bremerhaven, la seconda ed ultima città che compone (come già detto) il più piccolo “Land” della Germania. Il viaggio stavolta mi porta sulla riva del Mare del Nord: è particolare guardare fuori dal finestrino durante il tragitto perchè più si va avanti e più ci si trova in un paesaggio surreale fatto di campi, di pale eoliche sparse qua e là e di paesini/paesotti che sembrano non giustificare la presenza delle stazioni intermedie. Il sole in cielo continua a scaldare l’ambiente e, incredibile ma vero, mi trovo costretto a togliermi il giaccone anche oggi per non sudare appena metto il naso nel piazzale dopo l’uscita dal treno; inutile nascondere il fatto che sono felicissimo per tali condizioni. Non mi lascio pregare e mi metto subito in moto, anche perchè la parte più bella di questa città di 115.000 abitanti dista circa due kilometri da dove mi trovo ora. L’inizio è col botto: la Chiesa Evangelica Luterana Christuskirche è bellissima ed imponente; sul lato opposto della strada c’è un parco (Der Holzhafen) con un laghetto che la fa da padrone.
Sono qui da pochi minuti, ma sono sufficienti per notare la tranquillità che si respira a queste latitudini; mi spingo a dire che sembra addirittura un posto ideale dove vivere…e pensare che in fase di preparazione del viaggio ero un po’ scettico sul fatto di includere Bremerhaven nel mio itinerario. Una buona camminata mi porta finalmente nella “zona calda”: ad accogliermi c’è la Richtfunkturm, ovvero la Torre Radio…una di quelle cose che piacciono tanto ai tedeschi al punto da farne un “must”. Appena la supero ho di fronte il primo spettacolo di questo pomeriggio: il Mare del Nord è proprio davanti a me ed il sole così forte in febbraio dà vita ad un paesaggio lunare e ad effetti difficili anche solo da immaginare; Ovviamente scendo in spiaggia fino ad un centimetro dalla riva.
Basta voltarmi dall’altra parte per scoprire altri punti di interesse particolari e forse anche un po’ stravaganti, ma prima dò un’occhiata al Museo Marittimo Tedesco che comprende reperti sia all’interno di un palazzo che nella baia di fronte (sarebbe stato difficile piazzare enormi barche al coperto…); l’U-Boot Wilhelm Bauer fa parte di questa esposizione, anche se in questo periodo dell’anno è chiuso e riaprirà più avanti. Ciò probabilmente perchè, di regola, il 17 febbraio qui fa un freddo boia ed è impensabile vedere tantissima gente che passeggia anche indossando t-shirts. Il sottomarino avrebbe dovuto far parte della marina nazista, ma non fu mai utilizzato in missione perchè completato poco prima della fine della seconda guerra mondiale. Venne affondato, poi rinvenuto ed usato dall’allora Germania Ovest. Oggi ha il ruolo che merita un qualsiasi strumento di guerra e morte, e cioè oggetto da esposizione.
Passo ora ad osservare da vicino una scultura dedicata a Cristoforo Colombo, ma poi la mia attenzione viene attratta da ben altro: l’Atlantic Sail City è in realtà un hotel (edificio più alto della città con i suoi 140 metri), ma pagando un ticket di 3 euro si può salire sulla terrazza panoramica che si trova tra il 20° ed il 21° piano (86 metri dal suolo) e godere di una vista indimenticabile. Subito dietro c’è la “Klimhaus 8° Ost”: si tratta di un’incredibile avventura attraverso i vari climi del Pianeta Terra; ciò che si vive vale tutto il prezzo del biglietto, e se lo dico io che faccio del budget la principale componente delle mie esplorazioni ci potete proprio credere. Pensate cosa significa passare, in uno spazio decisamente contenuto rispetto al globo, da una temperatura di -6° dell’Antartide ai 35 gradi dell’Africa! E’ un’esperienza che mi sento assolutamente di consigliare.
Più avanti è la volta del “Deutsche Auswandererhaus”, vale a dire il Centro tedesco di emigrazione; in questo particolare museo si rivivono le fasi (anche toccanti) di milioni di persone che decisero di lasciare la propria terra per tentare l’avventura oltre oceano partendo da Bremerhaven. Subito dopo l’edificio che ospita questa particolare rappresentazione si rafforza la mia convinzione che vivere qui non sia affatto male: una serie di meravigliosi condomini si susseguono uno dopo l’altro a perdita d’occhio: sarò anche strano, ma a me piacciono da morire perchè modernissimi. Sul lato opposto posso ammirare il Bremerhaven Oberfeuer (faro) ed il piccolo “Zoo am Meer”, ovvero uno zoo che ha al suo interno esclusivamente specie nordiche ed acquatiche; chi mi conosce sa che odio gli zoo e che sono convinto che gli animali vadano visti nel loro ambiente naturale, per cui mantengo questa immutabile condizione e non entro.
E’ ora di spostarmi dal mare e di iniziare a visitare la zona più interna della località che mi ospita; anche qui si conferma l’anima moderna che avevo già notato nella prima parte del giro. Raggiungo la Chiesa Evangelica Luterana “Kreuzkirche” (situata davanti ad un bel parco) che corrisponde al punto più estremo previsto dalla mia mappa. Da ora in poi inverto la marcia per tornare pian piano verso la stazione. Come ogni città che si rispetti, anche questa ha la sua zona pedonale; peccato che i negozi siano tutti rigorosamente chiusi. Una strana scultura che rappresenta un gruppo di foche mi aspetta. La Parrocchia St. Marien appare quasi insignificante di fronte alla Chiesa Protestante ubicata sulla “Burhmeister-Smidt-Strasse” che, non a caso, è chiamata anche Grande Chiesa. Vederla con i propri occhi la fa sembrare impressionante.
Seguono altre sculture fino a Theodor-Heuss-Platz dove trovo il Monumento in onore al Sindaco Smidt, il Teatro Cittadino ed il Museo di Arte Moderna nel raggio di poche decine di metri. A questo punto il tour volge al termine e mancano solo pochi punti di interesse che vedrò durante il definitivo rientro alla base; ma quando volto i miei occhi verso il mare vedo che il sole sta tramontando proprio in questo momento e non riesco a non correre per godere dello spettacolo.
Adesso non ho più scuse e devo andare via, anche se a malincuore; ma prima del treno che mi riporterà a Brema ho ancora tempo per osservare la Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, la Torre dell’Acqua e la piccola Parrocchia Marienkirche…ma ormai di luce non ce n’è davvero più.
Il viaggio di ritorno verso la città dei musicanti è meno bello di quello di andata perchè fuori dal finestrino non si vede più nulla. Al mio arrivo ho ancora circa cento minuti da passare qui e decido di fare un’ultima passeggiata in centro prima di mangiare il mio ormai solito menu kebab con calma ed in santa pace. Alle 22:30 ho il Flixbus notturno che fa capolinea; salgo per primo come mio solito e prendo il posto che reputo migliore. Durante la tratta mi cimento in una bellissima dormita e, causa anche un blocco stradale per lavori in corso, arrivo all’aeroporto di Berlino Schonefeld con circa 50 minuti di ritardo che non creano problemi in alcun modo al volo prenotato. La successiva partenza è puntuale e mi trovo ad uscire dallo scalo di Ciampino alle 8:30 circa; il bus 520 dell’ATAC mi porta alla stazione metro di Cinecittà e da lì…arrivare direttamente in ufficio per una nuova settimana lavorativa è un gioco da ragazzi.
In conclusione posso dire che Brema è una bella città, anche se non eccellente; il fatto che il suo simbolo sia una scultura che rappresenta una favola la dice lunga. Una piacevole giornata è sufficiente per visitarla tutta, comprendendo una lunga passeggiata nel Burgerpark. Oldenburg la definisco carina, ma la si potrebbe anche saltare se ci si trovasse da queste parti in condizione di mancanza di tempo utile. Bremerhaven invece mi ha colpito, sicuramente anche grazie alla giornata di sole pazzesco che me l’ha fatta vivere a metà febbraio come se fosse estate; probabilmente in una giornata cupa, gelida e ventosa mi avrebbe suscitato sensazioni molto diverse. Alla fine sono soddisfatto del giro che ho organizzato anche questa volta e sono pronto e carico per la prossima avventura.