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Questo post rappresenta la seconda parte del week-end lungo del 1° maggio; per leggere l’inizio dell’avventura occorre andare sul post dedicato alla Serbia (Nis, Novi Pazar ed i monasteri lungo il percorso). Ebbene si…perchè si tratta della mia prima “triangolazione”, operazione che mi ha dato la possibilità di vedere due nazioni molto lontane tra loro (sia come distanza che come usi e costumi) in un unico viaggio. Perchè Dusseldorf? C’è un motivo particolare per questa scelta? Assolutamente no. E’ stata dettata da tre fattori importantissimi:
- è una delle poche destinazioni che si raggiungono dall’aeroporto di Nis.
- aveva una coincidenza di orario pazzesca che collimava con le mie esigenze
- aveva un prezzo ridicolo (neanche 9 euro il costo del biglietto)
In più, cosa non da poco, è una località da me mai visitata. Tutto questo messo insieme non potevo sottovalutarlo, così mi sono recato nella città che non è la “più brutta” vista fino ad ora in Germania perchè direi una bugia, però è senza dubbio la “meno bella” e la meno interessante della lista. Le due ore di volo passano in fretta tra un sonno e l’altro, per cui iniziamo.
Arrivo all’aeroporto di Weeze, piccola località tedesca al confine con l’Olanda che tutti pronunciano a cavolo di cane e come meglio credono (fantastico un sardo vicino a me che l’ha chiamata “Uiz”all’inglese…ovviamente no comment…) intorno alle 22:35. Ho il posto in una delle file centrali dell’aeromobile e questo per me è un mezzo incubo: anche se i passeggeri possono uscire da entrambe le porte (anteriore e posteriore) chi sta in mezzo è la vittima sacrificale di tutti gli altri lumaconi che devono scendere inevitabilmente per primi. Ma cavolo…si può sapere che gusto si prova ad andare così piano? Questo vale in ogni situazione della vita, ma soprattutto in questa: è buio pesto, si viene da un paese “Non Schengen” e perciò si deve subire l’onta del controllo passaporti, quasi sicuramente il 99% dei passeggeri non abita a Weeze perchè è davvero un paesino di pochissime anime…per cui tutti dovranno prendere la macchina e macinare chissà quante decine di kilometri per andare alle proprie case. Ma insomma, una mossa a quelle chiappe è così brutto darla??? Superato questo particolare, per i suddetti motivi mi ritrovo a scendere quasi per ultimo. La coda per mostrare il documento di identità alle autorità è pazzesca, così come la loro lentezza nel far scorrere la fila. Mai visto niente di più “moscio”; problema non da poco: alle 23:25 sarebbe partito il minibus verso la località dell’albergo prenotato. Un po’ il tempo risicato ed un po’ il fatto che quel mezzo di trasporto dispone di soli 8 posti nelle ore notturne (vale la regola del “chi prima arriva se li prende” lasciando gli altri a terra) non mi danno modo di stare totalmente tranquillo. Sinceramente di regalare 30 euro ai taxisti tedeschi proprio non mi va. Alla fine tocca a me sfilare davanti al poliziotto di turno e lì ne succede un’altra. Avevo visto tutti i precedenti passeggeri andare via senza troppi patemi d’animo, ma io vengo trattenuto più del dovuto. Il militare guarda più volte il passaporto e me ad intermittenza. Gli avrei voluto dire che quello nella foto ero io quasi 9 anni prima e che avrei voluto vedere se lui fosse rimasto uguale identico ad un decennio fa, ma mi trattengo per non creare guai peggiori. Alla fine mi chiede di dargli la patente di guida. Lì resto di sasso. Una cosa del genere non mi era mai successa in anni di viaggi ed in decine di voli “in carriera”. Gli chiedo conferma di aver capito bene perchè non mi va a genio questo atto aggiuntivo. Mi dice di si con la testa e non posso fare altro che prendere il portafogli nel borsone e dargli ciò che chiede. Alla fine mi domanda se avevo smarrito quel documento qualche mese prima; gli rispondo di si, per l’esattezza il 1° marzo, e che quello che ha in mano è un duplicato ricevuto da poco. A quel punto mi restituisce tutto e mi congeda. Allora, siamo ad un punto davvero folle: una guardia TEDESCA può vedere a video che ho smarrito la patente due mesi prima IN ITALIA, che ne ho ricevuta un’altra in sostituzione e può voler controllare. Questo significa che la privacy è letteralmente andata a farsi benedire e che tutti i moduli che firmiamo ogni volta che pare sia necessario non servono a niente. Siamo controllati a vista ogni secondo ed in tutto ciò che facciamo, diciamo, compriamo con i bancomat/carte di credito ecc ecc. Ricordo un film di fantascienza degli anni sessanta che proponeva la stessa cosa. Altro che fantascienza…oggi è ancora più uno schifo di quella realtà all’epoca inventata. Ma pare che sia per il nostro bene, per poter prevenire gli attentati e cose del genere, giusto?. Beh, al momento in cui sto scrivendo questo testo ci sono stati decine di morti negli ultimi quattro giorni (pace all’anima loro che non c’entravano niente) per kamikaze che si sono fatti esplodere a cadenza di 24 ore l’uno dall’altro in posti diversi del mondo (addirittura in Iran poche ore fa) mentre quel genio tedesco passa il tempo a spulciare passaporto e patente ad un italiano da generazioni, di carnagione bianca come il latte e soprattutto senza una macchia sulla fedina penale neanche per scherzo. I miei complimenti signori, state facendo un lavoro coi fiocchi davvero; allora perchè la gente continua a morire nonostante i vostri meticolosi controlli? Sarà perchè forse perdete tempo utile con persone sbagliate? Stavolta non mi trattengo e mi riprendo patente e passaporto visibilmente stizzito per poi andare con passo svelto verso l’esterno dove mi attende il bus che ha fortunatamente ancora posto. Anche stavolta è andata per il verso giusto, ma di certo non posso ringraziare chi dovrebbe proteggermi e tutelarmi invece di rompermi le scatole. Il viaggio di otto kilometri dall’aeroporto alla stazione di Kevelaer dura non meno di 25 minuti: l’autista (forse l’unico tedesco che non parla una parola di inglese mettendo in difficoltà tutti coloro che provano a fargli delle domande) guida a 30 km/h anche nelle strade extraurbane. Mi viene da pensare che se la notte tra il 31 ottobre ed il primo novembre (Halloween) è la notte delle streghe, quella tra il 30 aprile ed il primo maggio deve essere ribattezzata “la notte dei rincoglioniti” per tutto ciò che sta accadendo. Finalmente scendo dal bus e vado a prendere la stanza: si tratta di una piccola pensione di quattro camere che non ha la reception aperta 24 ore su 24 ed il proprietario ha fatto la cortesia di aspettarmi. Infatti noto dalla finestra che, non appena chiusa la porta della camera, è corso alla macchina per tornare a casa il prima possibile. E’ quasi mezzanotte ma nè la giornata trascorsa in Serbia nè il volo da poco concluso mi hanno stancato al punto da voler andare a dormire. Passando col minibus avevo visto dei monumenti nel paese di Kevelaer illuminati a giorno e, memore della bellissima passeggiata per le strade di Soren quando atterrai a Francoforte, prendo baracca e burattini ed esco con tanto di macchina fotografica al seguito. Ma ben presto scopro che la Germania del sud e la Germania del nord sono molto diverse tra loro: passate le ore 24:00, tutte le fantastiche luci viste pochi minuti prima vengono spente. Resta il buio totale. Con mio stupore non vedo più nè la sagoma del municipio nè quella di un campanile chiaramente presenti nel passaggio precedente. Ma non è finita: è tutto chiuso. Non c’è neanche un bar aperto, un negozio “h24” e nemmeno una macchinetta automatica alla stazione ed io non ho niente da bere in stanza perchè avrei voluto comprarlo in giro come faccio sempre dappertutto ed a qualsiasi ora. Qui no, non si può. C’è solo una fontana funzionante e non è un miraggio, ma ovviamente non cedo perchè mi fa al quanto schifo solo l’idea. Incredulo e con una sete pazzesca torno in stanza pure senza fotografie. Ma poco importa: al mattino successivo mi sarei dovuto svegliare alle 6:00 per prendere il treno delle 6:51 con destinazione Dusseldorf, così provo a dormire ed a non pensare all’arsura della mia gola.
Finalmente giorno: esco dalla stanza ed il tempo non è dei migliori, ma in terra è tutto asciutto. Mentre spero che la cosa prosegua così mi cade una goccia sul naso. Poi un’altra ed un’altra ancora: sta iniziando a piovere proprio in quell’istante. Fra me e me penso “chi se ne frega, tanto devo percorrere almeno 80 km…quindi arrivato là avrei potuto trovare di meglio”. Puntuale mi presento all’appuntamento con il convoglio ed acquisto il biglietto: costa quasi più delle tratte aeree Bergamo-Nis e Nis-Dusseldorf messe insieme. Purtroppo i trasporti tedeschi sono efficienti ma i teutonici se li fanno pagare più che profumatamente. Dopo circa un’ora di sonno arrivo alla Stazione Centrale di Dusseldorf e scendo: il meteo è peggiore di quello di Kevelaer. Sta piovendo senza sosta e neanche con poca intensità. Nel frattempo ho ancora sete dalla sera prima e sto quasi facendo la schiuma come i cavalli quando finalmente vedo negozi aperti, gente che passeggia, che legge i giornali e via dicendo: Miracolo!!! Acquisto da bere e mi disseto; poi mi metto il K-Way che fortunatamente ho nel borsone ed esco dall’ingresso principale: davanti a me c’è solo…morte. Mi giro verso l’interno della stazione e vedo vita e frenesia, mentre fuori c’è il tipico clima da primo maggio alle 8:00 scarse del mattino: tutto rigorosamente sprangato, nessuno in giro neanche a pagarlo (nè a piedi nè in macchina) e per di più pioggia battente. Sinceramente quella situazione di deserto urbano mi va anche bene perchè nelle mie successive foto non sarebbe comparsa neanche la testa di un estraneo; un po’ meno bene va dal punto di vista del meteo. Quando piove sono costretto a stare attentissimo a non far bagnare la reflex e questo significa doverla sempre riporre nella custodia dopo ogni scatto. Significa anche che prima di ogni nuova istantanea devo controllare che l’obiettivo non sia occupato da gocce che, altrimenti, rimarrebbero indelebili sulla foto per sempre. Insomma…un gran casino che una semplice giornata uggiosa piena di nuvole ma senza precipitazioni avrebbe ovviato a meraviglia. Per arrivare in centro devo camminare per poco più di un kilometro, così mi metto in marcia. Durante il percorso c’è il nulla più assoluto, cioè una serie di palazzoni senza alcun interesse. Poi inizia tutto il bello che questa città può offire, a cominciare dalla “Heinz Mack-brunnen”, fontana moderna ma suggestiva.
Proseguendo la passeggiata si trova sicuramente la via più famosa di Dusseldorf. Si tratta di un viale di ampie dimensioni e tagliato in due da un canale costeggiato da alberi. Questo fa sì che il colore dominante di tutto l’ambiente sia il verde smeraldo. L’acqua è però ferma, non in movimento…e questo non la rende proprio pulita; anzi, tutto il contrario. Questa è la zona in cui si concentrano le boutiques di altissima moda ed altri negozzi ultra-cari della città. Ovviamente a me questo argomento non interessa, così dopo aver vissuto l’atmosfera della “Konigsallee” decido di passare oltre, ma non prima di aver visto la “Tritonenbrunnen” (Fontana del Tritone) desolatamente spenta e lasciata in mezzo al fogliame nell’incuria più totale.
Mi dirigo oltre la Konigsallee e mi spingo fin dentro l’Hofgarten, un parco verdissimo davvero enorme. Questa ed altre aree simili, anche se di dimensioni più ridotte, mi fanno capire che in città non c’è solo cemento armato, ma anche tante zone naturali finalmente ben curate. Faccio davvero bene a perdermi letteralmente esplorando tale maxi-giardino perchè a quest’ora del mattino di un giorno festivo sembra un paradiso terrestre: Germani e Cigni sulla riva del laghetto qui presente, ma sopratutto scaoiattoli in ogni dove che non si aspettano certo la mia presenza. “Eccomi! arriva il guastafeste del primo maggio” penso tra me e me mentre vedo almeno una quindicina di quei simpatici animaletti dall’enorme coda morbidissima correre rapidi sull’erba fino ad arrampicarsi sui tronchi degli alberi, cioè la loro salvezza. Se solo sapessero che non sarei capace di torcergli neanche un pelo sarebbe stato meglio, ma sono contento della loro diffidenza. Se non l’avessero sarebbero già tutti morti. Il giro per l’Hofgarten è davvero bello e vorrei non uscirne mai, ma il tempo passa inesorabile e sono costretto a farlo.
Il cuore di Dusseldorf si trova nella Altstadt; qui si riacchiudono molti dei punti di interesse della città. Quando vi arrivo è presto: tutti i negozi sono ancora chiusi (bar compresi) ed in giro non c’è anima viva tranne un netturbino che sta chiamando ambulanza e polizia perchè una donna si trova sdraiata sulla riva del fiume Reno e non vuole saperne di riprendere conoscienza. Da lì a pochi secondi arrivano i soccorsi che riescono a mettere in piedi quella persona (per fortuna non è morta…) ed a portarla via in barella per darle le dovute cure; non ho mai saputo cosa le fosse successo e perchè si trovasse in quella zona. Il Reno è davanti a me ed è davvero enorme. Ma l’immagine che mi dà questo importante fiume non è suggestiva come altre già viste in passato sempre in Germania. Mi rappresenta più una landa desolata e non mi entusiasma più di tanto. Lo stesso effetto mi regala la “Promenade” lungofiume: niente di speciale.
Vicino a me ho la Chiesa di St. Lambertus che, ad occhio nudo, appare bellissima; purtroppo però è troppo “incassata” nel resto delle costruzioni delle immediate vicinanze e l’unica foto decente che sono riuscito a scattare è la seguente del solo campanile. Peccato perchè si tratta davvero di una costruzione imponente.
Vedo stagliarsi la figura della Schlossturm e cerco di immortalarla passando tra una goccia di fastidiosa pioggia e l’altra.
La piazza che ospita questa torre (Burgplatz) è piena di ristorantini che di li a poco avrebbero dovuto aprire i battenti, ma non solo: ci sono operai intenti a smontare ciò che sembra essere un palcoscenico. Da questo particolare e da alcuni volantini che vedo attaccati ai muri dei palazzi capisco che mi è andata davvero di lusso: il giorno prima si è svolta in città una sorta di manifestazione podistica o qualcosa di simile. Se fossi capitato con un anticipo di 24 ore, in quel caos totale non avrei visto nè fotografato assolutamente nulla. Questa volta il fato mi ha graziato. Pochi passi ancora e mi trovo nella bella Marktplatz. Al centro di essa c’è la statua equestre dedicata a Jan Wellem e, subito dietro, il bellissimo “Rathaus” (municipio).
Dopo questa visita cambio direzione e, in una piccola traversa invasa solo da ristoranti che stanno allestendo i loro tavolini, trovo lo Schneider-Wibbel: si tratta di un semplice orologio che alle 11:00, alle 13:00, alle 15:00 alle 18:00 ed alle 21:00 di ogni giorno diventa una specie di carillon, nel senso che apre i suoi battenti e fa uscire un burattino/marionetta che, accompagnato da una musichetta popolare, muove solo un braccio e la testa. Carino…ma rispetto ad altri orologi astronomici con tanto di vari personaggi visti in passato, non fa nè caldo nè freddo. Magari tenerezza…ma niente di più.
Nella stessa via c’è anche una targa molto particolare:
L’immagine non ha ombra di dubbi e rappresenta un soggetto che sta evacuando monete dal suo di dietro. La traduzione del testo recita più o meno così: “probabilmente questa favola non è mai accaduta; la vita ci insegna ad essere intelligenti ed a risparmiare”. Niente di più vero: se esistesse qualcuno in grado di “coniare” soldi dal deretano lo avrei già scovato da tempo e sarebbe già dentro casa mia in ostaggio a vita a “lavorare” 24 ore su 24. Proseguo la passeggiata fino ad incontrare, nell’ordine, la Neanderkirche, la Sankt Andreas Kirche e la Kunsthalle.
Il giro in questa parte della città si chiude poco lontanto con la vista della Ratinger Tor, che francamente non sembra tutto tranne che una porta storica; una normalissima strada asfaltata con semafori passa in mezzo a due costruzioni gemelle che stonano totalmente col resto dell’ambiente che le circonda.
Ancora una passeggiata ed arrivo così alla Tonhalle, alla chiesa di St. Maria Empfangnis ed alla stranissima Rochuskirche…che non parrebbe proprio un edificio religioso se non fosse per l’alto campanile che la accompagna. Viaggiare fa vedere delle cose davvero singolari…
E’ ora il momernto di cambiare totalmente zona della città e, con l’ennesima sfacchinata, raggiungo altri punti di interesse. Il primo fra tutti è davvero imponente: si tratta della Johanneskirche. Il colpo d’occhio è degno di nota. Vedere per credere anche se le foto sono una riduzione della bellezza che solo la realtà sa regalare.
Proprio davanti, nella piazza antistante, trovo due belle statue che non posso lasciar perdere.
Successivamente arriva una mega-delusione. Una piazza famosa di Dusseldorf è la Carlplatz. Cammino fino ad arrivarci e vedo che si tratta di un normalissimo spazio aperto con niente da fotografare e, per di più, completamente tappezzato da un mercato con banchetti fissi (quindi non itineranti) che oggi sono tutti chiusi causa festività del primo maggio. Se questo è un luogo da mettere tra quelli da non mancare…allora io sono il Re d’Inghilterra; vicinissima trovo però la Sankt Maximilian Kirche, anch’essa “incassata” in mezzo ad altre costruzioni da essere difficile da immortalare. Comunque ci provo come sempre.
Sono di nuovo vicino alle sponde del Reno e decido di raggiungere le prossime destinazioni facendo una passeggiata sulla “Promenade”. Da qui, oltre ad alcune torrette con orologio incorporato poste ad egual distanza l’una dall’altra, posso vedere la Rheinturm. A me queste costruzioni sinceramente non dicono niente, ma pare siano considerate come monumenti veri e propri, per cui anche questa torre entra a far parte del mio archivio dei ricordi.
Percorro la Poststrasse e, dopo aver incrociato un bel monumento religioso, passo accanto ad una nuova area verde (lo Spee’scher Graben) con tanto di laghetto che dà il suo contributo a rendere Dusseldorf una città davvero attenta a non far vincere solo il cemento armato e l’asfalto.
Cammina cammina arrivo così alla Friedenskirche che ha un po’ troppi alberi davanti per i miei gusti. Purtroppo questo è un difetto che le amministrazioni comunali a volte reputano addirittura un pregio. Va bene la natura e tutto il resto, però i monumenti dovrebbero essere resi visibili e fotografabili al 100%, non da guardare solo attraverso rami e fronde. Ma tanto vaglielo a spiegare…quando uno è “di coccio” non si cambia.
Sono stanco…questa è la verità. La “tre giorni” che sta pian piano per concludersi è stata abbastanza tosta, sopratutto perchè passata quasi sempre sotto ad una pioggia che non vuole saperne di smettere (ah, dimenticavo: a chi sento dire che la primavera è una bellissima stagione…passo a trinciare direttamente la lingua). Voglio però fare un ulteriore sforzo. Ormai sono qui e non lontana c’è la Bilker Kirche che non vorrei mancare. Le mie gambe mi ci trascinano, ma quando ci arrivo vedo in piena facciata un’immensa impalcatura di quelle che “adoro alla follia”. Inutile fare fotografie ad un’opera che i muratori stanno deturpando; così faccio marcia indietro e torno verso il centro. Qui si pone l’ormai annoso problema dei lavori in corso in Germania già da me riportato in altri posts precedenti. Non finirò mai di ripetere che sembra che sia in atto una vera trasformazione di questa nazione, altro che restyling. Ci sono lavori ultra-invasivi dappertutto, non cose da niente. Da noi si vedono impalcature per rifare una facciata ogni tanto. Qui Merkel & Co. stanno facendo le cose alla grandissima, probabilmente con i soldi che la politica bancaria imposta all’Unione Europea sta elargendo a chi comanda le redini del gioco. Questa che segue è un’immagine a campione (ma ne ho viste tantissime da nord a sud del paese) di cosa intendo per “lavori in corso alla tedesca”.
Si prendono palazzi, aree ed interi quartieri e si radono totalmente al suolo. Si fa una buca enorme per le fondamenta e si ricostruisce tutto da zero. Ripeto: mi pare davvero eccessivo ed invasivo e non condivido questa politica del distruggi alla radice e ricrea.
Durante il rientro verso zone più centrali della città mi imbatto prima nella Sankt Peter kirche, poi nella Sankt Antonius Kirche e poi ancora nello Sthalhof che è un edificio usato come Tribunale Amministrativo della città. Questo fortunatamente è ancora in piedi (non vittima di ristrutturazione una volta tanto)…ed anche molto bello e particolare.
Il mio giro si conclude qui. Ho tempo solo per fotografare l’ultimo punto di interesse che mi ero segnato, tra l’altro deludente: la Carsch Haus.
Prendo ciò che resta delle mie gambe e mi dirigo verso la stazione centrale quando mi rendo conto che manca ancora qualcosa di “papabile” da quelle parti. E’ così che nel mio taccuino segno anche la St. Elisabeth kirche e, situata un po’ dietro alla “Hauptbahnhof”, la St. Josef kirche. Vado quindi definitivamente all’autostazione; il bus prenotato in anticipo mi avrebbe portato all’aeroporto di Weeze giusto in tempo per il ritorno in Italia. Prima mi mangio un kebab che acquisto in un negozio turco posto davanti alla fermata, tanto il tempo non mi manca perchè difficilmente arrivo “risicato” agli appuntamenti. Il tragitto su strada scorre veloce perchè in questo giorno festivo l’autobus viaggia che è una bellezza. Anzi, credo che l’autista si senta un po’ pilota di Formula 1 perchè guida quel mezzo (non è proprio una Smart…) ad una velocità folle per le stradine di campagna in prossimità dello scalo aeroportuale. Se ci fosse stato un autovelox, a quest’ora avrebbe dovuto cambiare mestiere perchè avrebbero preso la sua patente e l’avrebbero messa dentro al distruggi-documenti con zero possibilità di averne una copia. Ma siamo stati tutti fortunati: lui perchè di controlli non ce n’è stata neanche l’ombra e noi perchè non siamo finiti in un fossato a causa della sua guida non proprio consona all’occasione. Per entrare all’interno dell’aeroporto di Weeze si pagano immancabilmente 2 euro per ogni macchina: questa tariffa comprende l’ingresso ed un’ora di sosta. Vuoi andare a prendere la tua fidanzata che torna da una trasferta di lavoro? Allora paga 2 euro… e così via per chiunque voglia accedere lì. I furti non hanno davvero mai fine e le persone malefiche che pensano a come derubarti non vogliono proprio decidersi a schiattare. Lo scalo è piccolo ma funzionale. I controlli di sicurezza sono rapidi ed in pochi minuti mi trovo ad attendere l’imbarco. Il volo mi porta a Pisa. Da lì è un gioco da ragazzi raggiungere il centro e la stazione (distanza a piedi solo di 1,4 km che percorro con calma). Alle solite bottegucce gestite dai bengalesi acquisto le mie immancabili Coca-cola gelate al prezzo di 1 euro l’una e cerco un posto dove cenare. Stavolta, dopo tanta fatica e cinque pasti effettuati con cibo comprato nei markets o al volo per strada, faccio una stravizio e mi siedo in pizzeria. Antipasto, pizza e birra in un locale in pieno centro gestito da una famiglia che non spiccica una parola di inglese ed io ero l’unico ospite italiano. Mi sono messo le mani nei capelli per la vergogna, ma questi siamo e questi ci dobbiamo tenere. Sto nel locale tutto il tempo possibile poichè ho il treno notturno oltre le 2:00 del mattino; ma dopo un po’ l’ospite puzza e sento il dovere dfi alzarmi ed andarmene attendendo il convoglio in stazione. Ma a mezzanotte e mezzo la sala d’attesa chiude, così io e gli altri passeggeri veniamo spediti direttamente ad attendere sul binario dalle forze dell’ordine. Questa comunque è una caratteristica di Pisa: anche l’aeroporto chiude da mezzanotte alle 4:00 (come minimo) costringendo i viaggiatori che vengono da fuori e che hanno un volo all’alba a spendere altri soldi per soggiornare in una struttura della zona solo qualche ora. Io questa cosa non la capisco perchè significa approfittarsi di certe situazioni sfavorevoli. Ma tanto comanda il dio denaro e non ci possiamo fare nulla; fortunatamente certa gente da me di soldi ne prende ben pochi perchè ci sto attento fino all’osso a non far ingrassare chi non merita un centesimo di ciò che ho guadagnato con fatica e sudore. Così mi organizzo sempre e li frego alla mia maniera. Finalmente il treno arriva e mi incammino verso casa, ma non è ancora finita: viaggio allucinante, più unico che raro, perchè ho la “fortuna” di trovare quasi tutti i vagoni requisiti da una scolaresca delle superiori di chissà dove che sta andando in gita. Osservo Il mio posto e quasi mi viene da piangere (simbolicamente, è ovvio): è in uno scompartimento in mezzo a cinque diciassettenni o qualcosa di simile; ragazzini che, presi dall’euforia di stare tutti insieme (il cosiddetto “branco”, perchè in questi casi parliamo di animali e non più di persone) invece di dormire passeggiano per i corridoi, giocano addirittura col pallone, fanno scherzi idioti all’amico più debole chiudendolo nell’area tra un vagone ed il successivo con tanto di sghignazzate ridicole, minorenni che vanno a fumare ad ogni sosta in stazione alle 4:00 del mattino e via dicendo. Io ed il mio borsone ci siamo defilati da quello schifo e ci siamo messi nel corridoio più tranquillo seduti su uno di quei “seggiolini a scomparsa” senza chiudere occhio tutta la notte a causa di quel gruppo di bestie immonde; tanto loro sarebbero andati in hotel da lì a poco mentre a fare i conti in ufficio ci sarei dovuto andare io con gli occhi rossi e gonfi a causa della loro maleducazione. Tante, troppe volte vorrei poter vivere su un pianeta deserto…ma poi torno sulla Terra e capisco che non è possibile. Tra pioggia incessante e “situazioni varie”, il week-end lungo del primo maggio non è stato molto fortunato, però ho visitato posti nuovi e questo alla fine cancella tutti i mali.
In conclusione, Dusseldorf l’ho apprezzata nei vari punti di interesse che presenta, ma non l’ho amata come città. Per carità, è ricca di aree verdi e laghetti, ha palazzi e monumenti degni di nota e così via, ma l’agglomerato non mi è piaciuto molto. Soprattutto il panorama sul Reno me lo aspettavo più particolare. Certamente il meteo ha fatto la sua parte, però il risultato sarebbe cambiato poco. Quando una cosa non mi va a genio ci vuole qualcosa di grande per farmi cambiare idea in corsa ed in questo caso non è accaduto. Per chi si trova nei paraggi, un giro vale comunque la pena farlo. Ma col senno di poi ringrazio questa occasione della triangolazione perchè in passato avevo pensanto di fare in questa città della Germania una week-end intero sabato/domenica. In quel caso occorre senza dubbio prendere un treno e spostarsi se non si vuole morire di noia perchè il tempo abbonderà sicuramente. Questa città vale la sufficienza, non molto di più.