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Il 2020 non inizia poi tanto male: come da mia tradizione mi metto in viaggio per un week-end in Europa alla prima occasione utile dopo l’epifania. Questo fine settimana è il meno caro di tutto l’anno perchè la maggior parte della gente è appena stata fuori per le festività, per cui si possono fare ottimi affari. Decido di approfittare di questa situazione per andare in Irlanda, nazione che non è proprio economicissima da raggiungere in condizioni normali. Per me è una “prima volta atipica” da queste parti: esattamente sette anni fa sono stato nella capitale ma, non essendo da solo, non ho potuto passarla al setaccio alla mia maniera; per questo motivo è d’obbligo un secondo ed ultimo passaggio. Visiterò due località situate in zone opposte dell’isola: Galway si trova sulla costa ad ovest e Dublino sulla costa ad est. Decido di dividere il giro in due racconti separati e dedicati ognuno ad una singola città. Questo è il turno di Galway, per cui vediamo cosa è successo…
Venerdi sera: esco di casa per tempo e, dopo aver parcheggiato la macchina nel mio solito posto strategico in zona Stazione Anagnina, prendo la metro per due fermate e poi il mitico bus 520 che mi porta dritto davanti al terminal di Ciampino. Faccio tutto il dovuto con calma (dicesi controlli di sicurezza e controllo passaporti) ed aspetto il mio turno per l’imbarco. Il volo è puntuale ed il fatto di sedermi al finestrino mi permette una dormita colossale fino a quando l’aeromobile tocca terra. Ennesimo controllo documentale per l’accesso nel paese e poi dò il via all’esplorazione dell’aeroporto perchè ci dovrò passare quasi tutta la notte. Avevo letto su internet che ci sono addirittura sistemazioni decenti per poter fare un riposino DOC, ma nel “vecchio” Terminal 1 non vedo niente di tutto ciò. Le alternative possibili sono: classiche sedie in ferro con braccioli (durissime e freddissime), sedie leggermente imbottite con davanti tavolini da usare come appoggio (soluzione accettabile) oppure divanetti esterni al vicino McDonald ai quali pare sia interdetto l’accesso, ma che trovo già occupati dai soliti avventori notturni. Faccio uno più uno e convengo che le cose possano andare meglio al Terminal 2, più nuovo e sicuramente più attrezzato, ma non mi va di spostarmi nell’altra struttura e mi accontento della via di mezzo (sedia+tavolino), ma solo dopo aver cenato con un menù del noto fast-food. Apro gli occhi più volte a causa della posizione abbastanza scomoda, ma alla fine le ore scorrono tranquille. Alle 6:10 ho la sveglia e mi rimetto in moto: esco dall’edificio e mi reco verso quella che viene definita “zone 13”, vale a dire un semplice stallo dal quale partirà il mio bus diretto a Galway, ridente cittadina portuale. Il pullman dell’ottima compagnia Gobus.ie è già lì quando arrivo e si può salire a bordo, cosa che non mi faccio ripetere due volte perchè fuori fa un freddo abbastanza pungente anche se non insopportabile; mi sarei aspettato di peggio, se proprio devo dirla tutta. L’autista parte in orario alle 6:45 e la tratta dura circa tre ore; dato che fuori dal finestrino è buio pesto e che io vengo da una dormita non proprio stellare passo quasi l’intero periodo a riposare con gli occhi chiusi: è decisamente migliore la poltrona imbottita a regola d’arte di un mezzo di trasporto rispetto ad una sediaccia. Quando riapro gli occhi siamo nella periferia della città e purtroppo devo constatare che stavolta le previsioni meteo ci hanno azzeccato in pieno: piove! Sono le 9:50 quando metto piede nell’autostazione di Galway e decido di rimanere lì per qualche tempo nell’attesa che le precipitazioni terminino o che diminuiscano di intensità; sono armato di k-way sia per me che per lo zaino, ma non è piacevole esplorare un luogo preoccupandosi di scattare foto in tempi rapidissimi per evitare che le gocce d’acqua si posizionino sull’obiettivo rovinando il lavoro. Alla fine la mia pazienza viene premiata ed alle 10:30 circa sono libero di andare. Già dalle prime battute sento che questa località mi piacerà: lo stile irlandese si nota fin da subito in tantissimi particolari che vanno dalla conformazione degli edifici presenti ai colori (spesso molto intensi) che invadono gli occhi. Mi riferisco ai classici pubs che si sbizzarriscono usando il rosso più acceso che esista, il blu cobalto e chi più ne ha più ne metta. Altra caratteristica è il bilinguismo: l’idioma ufficiale è il gaelico irlandese seguito dall’inglese; i nomi delle strade e di un po’ tutto sono scritti in entrambi i modi. Il giro inizia con “Eyre Square”, una piazza di medio/grandi dimensioni composta da una discreta quantità di verde pubblico. Il primo punto di interesse che vedo qui è il “Monumento a Padraic O Conaire” (scrittore in lingua gaelica); scopro che si tratta di una copia dell’originale che fu rimosso per ovvi motivi: dei vandali pensarono bene di decapitare la statua e da allora è stata spostata all’interno del Museo cittadino. Seguono poi due cose abbastanza stranucce che mi lasciano perplesso: la prima è la “Quincentennial Fountain” (davvero brutta ed oltretutto non funzionante…) e la seconda è la “Browne Doorway”, ovvero il portone di ingresso della ex casa della famiglia Browne che, ai suoi tempi (secoli e secoli fa…) era molto importante a Galway. Per fare un paragone, è come se in Italia mettessimo in piazza il bagno della villa di Arcore chiuso da una teca in plexiglass…
I puristi dell’arte mi scuseranno per la battuta appena scritta; il fatto è che io sono estremamente pratico e non mi va di nasconderlo. Al di là della carreggiata ecco la “Statua per Liam Mellows”, un ex politico. Muovo i miei passi verso la vicina “United Methodist and Presyterian Church” che apre la via verso il porto. Quest’ultimo non è nulla di eccezionale perchè è un’insignificante insenatura di cemento nell’Oceano Atlantico; per di più ha ormeggiate solo alcune imbarcazioni di poco conto. Cammino fino al “Cimitero Forthill” ma lo faccio invano perchè l’ingresso è chiuso da cancello e lucchetto. Torno indietro e finalmente posso buttarmi a capofitto nelle viuzze del centro storico. Mi accoglie la “St. Augustine Parish Church”, ma quel che più conta qui non sono gli edifici o chissà cos’altro, bensì l’atmosfera particolare che si può toccare con mano. Ciò che ho intorno è un mix ben assortito di storia, modernità, cura dei particolari e folklore locale; tutto ciò accompagnato da qualche palazzo un po’ troppo segnato dal tempo (sono pochissimi, per la verità) è il miglior biglietto da visita che Galway possa offrire.
Noto che in alcune vie ci sono ancora le lucette tipiche del periodo di festa da poco concluso e non vedo l’ora di osservarne l’effetto dopo il tramonto. Cerco e trovo in pochi minuti il “Monumento per Oscar Wilde ed Eduard Vilde”; il primo personaggio non ha bisogno di presentazioni mentre il secondo era un giornalista/scrittore estone. Due curiosità: la prima è che una statua identica a questa pare sia stata installata anche nella cittadina di Tartu; la seconda è che devo fare i salti mortali scattando la foto che segue per non includere le insegne dei negozi ubicati dietro all’opera d’arte. Entro in Churchyard Street e parte qualche Madonna dalla mia bocca (tanto per cambiare…) quando mi accorgo che una serie di bancarelle piene di cibarie non mi permette di immortalare la bella “St Nicholas Collegiate Church” senza includere nello scatto anche pane e formaggio; prendo nota della defezione e ci ripasserò più tardi sperando che questi guastafeste si siano tolti dalle scatole. Poco più in là riesco a mettere nell’album dei ricordi la “Lynch Memorial Window”, facciata di un edificio che ha una macabra storia alle spalle. Nel 1493 tale Sir James Lynch (sindaco e magistrato di Galway) aveva un figlio reo confesso dell’omicidio di un marinaio spagnolo, suo rivale in amore. Quando fu condannato per tale gesto non si riuscì a trovare un esecutore materiale della pena capitale, per cui lo stesso padre, per mostrare che la giustizia vince su tutto, lo impiccò buttandolo giù dalla finestra che si vede in alto a sinistra nella foto che segue. Mi viene da sorridere pensando ai giorni nostri (che dovrebbero essere più civili di qualche secolo fa) in cui se un personaggio famoso/ammanicato commette qualcosa di losco la passa sempre liscia.
Una piacevole passeggiata mi conduce verso un’altra zona del centro, ma nonostante ciò becco un’altra magagna. Chi legge spesso i miei racconti sa che ce l’ho a morte con i lavori di ristrutturazione perchè se pago per andare a vedere un posto vorrei non trovare impalcature che coprono i punti salienti ed invece puntualmente succede proprio questo. Il luogo in cui sono ora mi mostra sia il Museo Cittadino di Galway che lo “Spanish Arch”, ovvero un arco che attraversa una storica cinta muraria. Per l’amore del cielo…non è niente di trascendentale o immancabile perchè alla fine è un buco dentro ad un muro se non si considera il valore non materiale, ma è piacevole e da applausi trovarlo così???
Riesco a farmi sbollire la bile osservando il punto in cui il fiume Corrib si getta nell’Oceano Atlantico; poi passo a vedere il “Wolfe Tone Bridge” ed il “Fisheries Watchtower Museum”. Non posso non fare a meno di notare che il corso d’acqua scende molto impetuoso e che il suo livello è molto vicino a quello del ponte stesso. Nonostante ciò pare tutto tranquillo e non ci sono campanelli di allarme. E’ ora la volta di guardare da vicino la “St. Mary’s Church” e poi di rubare uno scorcio di Galway che prendo da un punto nel quale non potrei passeggiare.
Riattraverso il “Wolfe Tone Bridge” e prendo la prima strada a sinistra: è un percorso completamente pedonale che costeggia un buon tratto del fiume. Come si è già visto dalle immagini pubblicate, il colore del corso d’acqua non è esattamente quello delle bottiglie che si comprano al supermercato, però è comunque piacevole completare la passeggiata. Quando arrivo nella zona del Salmon Weir Bridge faccio una deviazione a destra per vedere prima il “Town Hall Theater” e poi la “Franciscan Abbey”.
Stavolta il ponte lo attraverso ed ho di fronte l’edificio religioso più imponente di Galway, vale a dire la “Cattedrale” preceduta dalla “Equality Emerging Statue”. Singolare il cartello che leggo quando mi avvicino al portone di ingresso: indica che è gradita la donazione di due euro. A casa mia questa cosa si chiama “ticket”…perchè, a meno che uno non abbia la faccia come il sedere, due euro glieli lascia anche per non farsi dare del pulciaro. Ma si sà che l’uomo è un autentico stratega nel fregare/raggirare il prossimo suo simile, per cui ormai non mi stupisco più. Andando oltre, svolto a sinistra e cammino lungo un canale fino ad arrivare alla “St. Joseph’s Church” che osservo per poi invertire la marcia ed entrare nella proprietà della sede di Galway dell’Università Nazionale d’Irlanda. L’intero complesso è composto da varie costruzioni, sia moderne che storiche. A me ovviamente interessano solo le seconde e colgo l’occasione per portare con me qualche scatto.
Da ora in poi inizia una lunga quanto interessante camminata che mi porterà a vedere ciò che offre la periferia di Galway. Ebbene si, stavolta ho invertito il mio solito iter ed ho dedicato del tempo prima al centro storico e poi al resto. Ciò è stato deciso a tavolino per un motivo ben preciso: l’Irlanda è famosa anche per i suoi tramonti e così facendo dovrei riuscire ad essere sull’Oceano Atlantico proprio per l’ora giusta. I primi kilometri li macino su di una strada sterrata (ma ben battuta) che costeggia il fiume Corrib, qui incredibilmente calmo rispetto al rio impazzito che ho visto in precedenza. L’obiettivo è raggiungere il “Menlo Castle” , un antico maniero in rovina quasi interamente ricoperto da vegetazione. Quando ci sono ricevo l’aiuto del sole che finalmente si decide a fare capolino, per cui il colpo d’occhio è stupendo.
Il navigatore mi informa che da qui alla prossima destinazione mancano “solo” 5,1 kilometri, per cui metto in moto le gambe e vado. Il percorso taglia la strada principale che, se l’avessi presa, avrebbe fatto allungare moltissimo le distanze; la cosa più snervante di questa soluzione è che in alcuni punti non c’è marciapiede, per cui sono costretto a farmi da parte il più possibile ogni volta che passa una macchina. Per di più, proprio nel punto più lontano rispetto al centro città e senza alcun riparo, ritorna a farsi sentire la pioggia. Dopo un’oretta scarsa sono dove volevo arrivare, ovvero la zona di Salthill. E’ famosa sia per le spiagge che per la lunghissima “promenade” che fiancheggia l’oceano. E sabato 11 gennaio e fa abbastanza freddo in una giornata discretamente uggiosa, per cui direi di saltare in un attimo la parte relativa alle spiagge perchè le onde si stanno letteralmente portando via quel poco arenile sassoso che c’è; sicuramente in primavera/estate la musica cambia. Faccio un salto nel “Quincentennial Park” dove vedo sia una bella fontana che il “Circle of Life Commemorative Garden”. Poco dopo succede l’impossibile: mi avvicino al mare e noto del movimento anomalo in un punto ben preciso; la curiosità mi sta mangiando dall’interno, per cui devo andare a vedere cosa c’è. Tre secondi netti e mi si spalanca la bocca per lo stupore: alcuni ragazzi ed alcune ragazze si stanno spogliando fino a rimanere in costume con l’obiettivo di farsi il bagno! Cioè…ricapitoliamo: io sono coperto con maglia termica sulla pelle, maglioncino di pile e giaccone invernale mentre loro sono praticamente nudi e diretti in quell’acqua color marrone cacchina. Resto lì e documento il tutto finchè non hanno finito…
Da qui in avanti inizia il rientro verso il centro, anch’esso abbastanza lungo ma non come l’ultimo tratto fino a Salthill. Colgo l’occasione per immortalare prima la semplice “Christ the King Church” e poi l’edificio che ospita “Atlantaquaria”, ovvero l’acquario nazionale d’Irlanda. Segue poi una classica ancora che fa da ornamento ad uno spiazzo con pavimento di sassi, soggetto sempre gradito in contesti simili per ricordare le vittime del mare. Costeggio la “Grattan Beach” ed entro nel “Celia Griffin Memorial Park” dove si trova il “Famine Ship Memorial”. Una parte importantissima della storia irlandese riguarda il periodo della Grande Carestia avvenuta tra il 1845 ed il 1849; durante questo periodo ci fu la morte per fame di circa un milione di persone, mentre altrettante emigrarono verso gli Stati Uniti ed il Canada proprio con le navi della carestia. A ciò è dedicato il monumento dell’ultima foto di questo blocco.
Sempre l’ultima immagine racconta qualcosa di più: sono arrivato nel punto giusto al momento giusto e posso ammirare il tramonto sull’oceano da una posizione privilegiata. Non me lo lascio ripetere due volte e mi sbizzarrisco con la reflex.
Da qui in avanti proseguirò al buio, ma non ho praticamente più nuovi punti di interesse da vedere se non un paio. Al rientro in città mi fermo ad un market per cercare i waffles che adoro alla follia (lo so che non sono dolcetti tipici di qua, ma in una precedente visita nella vicina Inghilterra li avevo trovati, così ci provo) ma non sono fortunato perchè non li hanno; compenso però con un mega muffin al cioccolato che è la fine del mondo. Rieccomi nel piccolo centro storico di Galway quando ho poco più di un’ora a disposizione per vagare senza meta prima di andare a prendere il bus che mi porterà via da qua. L’ambiente, già particolarmente apprezzato di giorno, migliora ulteriormente grazie all’illuminazione natalizia. Noto che il mercato dei rompiscatole se n’è andato e, tra le mille difficoltà legate al campo visivo insufficiente, immortalo sia la “St. Nicholas Collegiate Church” che il “Lynch’s Castle” che oggi ospita un museo.
Entro nel principale centro commerciale locale e noto che si articola su più livelli; non devo comprare nulla e sono qui solo per avere conferma di ciò che ho letto su internet: pare che le antiche mura della città facciano oggi parte integrante di quest’area. Non è difficile trovarle, ma quando ci sono noto che sono palesemente ristrutturate o addirittura ricostruite; non vorrei azzardare qualcosa che non so, ma sembra tutta una trovata pubblicitaria. Alle 18:00 in punto la sicurezza ci fa uscire perchè la zona commerciale chiude i battenti; in Europa centro-settentrionale moltissimi esercizi non hanno gli orari da terzo mondo ai quali siamo abituati in Italia, anche se qualche eccezione c’è ovunque. Faccio un ultimo giro per questa piacevole cittadina e poi torno verso l’autostazione dove arrivo con venti minuti di anticipo; ovviamente il pullman è già lì pronto e l’autista sorridendo controlla il mio biglietto e mi fa cenno di accomodarmi perchè è tutto in regola. Alle 18:45 ci mettiamo in moto; tre ore mi separano dalla prossima destinazione che sarà la capitale Dublino, protagonista del prossimo post.
Prima delle conclusioni ci tengo a precisare una cosa; avendo avuto più tempo avrei potuto usare Galway come punto di partenza per almeno 3-4 escursioni nella zona. Sto parlando delle Isole Aran, delle famosissime Scogliere di Moher, del Burren ecc. Ripeto: non mi sono dimenticato, ma semplicemente non ho potuto fare di più. Ovviamente tutto ciò è segnato nella mia agenda dei luoghi da raggiungere e prima o poi programmerò un tour completo dell’isola che mi porterà a completare il programma.
In conclusione posso dire che Galway mi è piaciuta; come non ho mancato di far notare, ha punti degni di nota come anche inutili stranezze. L’atmosfera del centro storico è quella che ci si aspetta quando si visita l’Irlanda e già questa è una cosa fondamentale. Col senno di poi ho trovato Dublino molto meno “irish” di Galway. Consiglio un giro da queste parti, anche se arrivarci di proposito dall’Italia per un week-end non è affatto agevole, mentre è assolutamente da aggiungere come tappa in un tour strutturato.