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Questo post inizia con una introduzione doverosa poichè tantissime persone non conoscono l’argomento che sto per trattare: quella che comunemente viene chiamata Transnistria è una striscia di terra che ha in realtà il nome di “Repubblica Moldava di Pridniestrov”. Si tratta di una nazione indipendente “de facto” dal 2 settembre 1990 (dichiarazione unilaterale) in quanto non gode del riconoscimento dell’ONU. Ufficialmente l’area interessata da questa che possiamo definire “stranezza della geografia politica” appartiene ai confini moldavi. Tale frazionamento della ormai ex Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia non è avvenuto solo con l’uso della diplomazia e delle carte bollate, ma anche tramite una guerra durata diversi mesi e conclusa con un “cessate il fuoco” mediato da Russia, Moldavia e Transnistria. La capitale designata è la città di Tiraspol, circa 130.000 abitanti al suo attivo. Per capire realmente la situazione in termini molto semplici e spiccioli preferisco dire che questo “fazzoletto” è chiuso da propri confini, ha una propria bandiera, propri organi governativi, un suo corpo di polizia ed una propria moneta. Caratteristica ancora più singolare: non si è mai smesso di usare i simboli storici della vecchia URSS (falce e martello in primis) all’interno di tutto ciò che ha a che fare con la Transnistria. Inutile dire che prima di intraprendere questo viaggio ho preso informazioni in rete in qualsiasi lingua fossero perchè, essendo un paese fantasma, non gode di presenza turistica. Nessuna ambasciata ha sede qui, per cui qualsiasi difficoltà si possa incontrare sul nostro cammino sarà di difficile risoluzione da parte delle autorità internazionali. In una parola ritengo sia una sorta di limbo che mi affascina da morire per un sacco di motivi, due fra i tanti sono la fantomatica presenza di monete di plastica (qualcosa di simile alle fiches del casinò) ed il timbro sul visto di ingresso degno d’altri tempi ormai andati. Ma la decisione di spingermi fino a qua non è stata del tutto facile a causa proprio delle letture da me trovate on-line. C’è chi testimonia di essere stato bloccato alla frontiera sia in entrata che in uscita e “rilasciato” solo in cambio del pagamento di una esosa mazzetta alle guardie preposte al controllo; altri indicano questa parte di mondo come una porta di ingresso in Europa per armi e droga provenienti da est; altri ancora parlano dei problemi più disparati che riguardano anche la sicurezza personale e via dicendo. E’ ovvio che quando ci si trova di fronte a certe cose…almeno un po’ di attenzione la si pone. Ma poi, come in tutte le cose della vita, arriva il rovescio della medaglia: ho letto anche di racconti di viaggio recenti in cui i protagonisti arrivano e se ne vanno senza alcun tipo di problema, che addirittura ci pernottano e ci rimangono più di un giorno, che interagiscono senza alcun tipo di “grana” con i cittadini locali e che restano stupìti da ciò che trovano. Quando poi scovo la presenza di una agenzia turistica con sede a Tiraspol che invita i visitatori a contattarli per accordarsi su itinerari guidati capisco che la cosa è totalmente fattibile e mi convinco ad andare.
E’ sabato mattina e mi trovo a Chisinau, capitale della Moldavia, dal pomeriggio precedente. Esco dalla stanza del motel verso le 8:30 e la giornata è uggiosa: nuvoloni dappertutto hanno deciso di oscurare il sole. Non c’è dubbio che l’atmosfera sia quella giusta per visitare una nazione che non esiste ed è così che percorro i 100-200 metri che mi separano dalla zona delle “Marshrutka”. Ma prima di arrivare vengo letteralmente abbagliato da una sorta di pasticceria che ha in bella vista dei dolcetti che sembrano pieni zeppi di marmellata di visciole. Non me lo faccio dire due volte e ne acquisto uno per la cifra di 55 centesimi di euro al cambio ufficiale. Già dal primo morso capisco di aver agito seguendo lo stomaco e non il cervello: quel coso è davvero colmo fino a scoppiare, al punto che metà del contenuto finisce nella mia bocca e l’altra metà sulle mie mani. Quando non si hanno con se dei fazzoletti e non c’è una fontanella nei paraggi…non resta altro da fare che pulirsi in maniera “naturale” leccandosi le dita una per una fino ad una toletta completa. Mi rendo conto di aver esagerato di primo mattino perchè la pesantezza di quella pastarella in Italia non ha eguali. Mi rimetto in cammino e vedo davanti a me forse un centinaio di minibus ed ovviamente quello che mi serve è l’ultimo. Leggo sul cartello il nome di “Tiraspol” ma, guardando all’interno, vedo ogni posto già occupato. Lì davanti c’è la cassa e compro un biglietto al costo di 1,75 euro. Leggo ciò che c’è scritto e realizzo che il mio turno sarebbe stato alle 10:00. Guardo l’ora e sono le 8:55. Decido di non rimanere lì’ ad annoiarmi inutilmente e vado a fare una passeggiata nei dintorni. Quando torno sono le 9:40 e del minibus che avrei dovuto prendere non ce n’è traccia. Chiedo in cassa e mi dicono, con una tranquillità devastante, che il mezzo si è riempito ben prima dell’orario indicato e che quindi è partito in anticipo, come se fosse normale. Fallo in Italia e vediamo la gente come reagisce. Chiedo come si possa risolvere e la soluzione è semplice: mi danno un altro titolo di viaggio in sostituzione del precedente senza battere ciglio e senza pagare un centesimo di più. Stavolta leggo 10:35 come orario, ma il sottoscritto si frega solo una volta, mai di più. Decido quindi di attendere il mio turno esattamente davanti alla cassa centrale. Faccio bene, perchè appena la Marshrutka si mette in corsia si riempie in meno di cinque minuti. Finalmente ci sono: l’avventura sognata da tanto tempo inizia. Il viaggio dura circa un’ora e quindici minuti nei quali ho modo di ammirare quanto sia verde la Moldavia, anche se a dire la verità…a metà ottobre il foliage la fa da padrone dando all’intero ambiente ben altro aspetto ed un differente colore dominante. Ad un certo punto il minibus inizia a rallentare la marcia: mi trovo poco prima della città di Bender, esattamente al confine tra Moldavia e Transistria. Dal finestrino vedo “l’ufficio immigrazione” con chiarezza; quando il mezzo si ferma, tante persone ora a bordo scendono senza che nessuno le avesse avvertite e si dirigono verso gli sportelli con passaporto alla mano. Come mia abitudine, non parto mai impreparato e li seguo, conscio di cosa mi aspetta. Le letture fatte parlavano di una scheda da compilare a mano composta da una parte “A” e da una parte “B”. La parte “A” sarebbe rimasta agli ufficiali di frontiera, mentre la parte “B” sarebbe rimasta a me dopo essere stata timbrata (con un logo contenente falce e martello), da usare poi in fase di uscita e da non perdere per nulla al mondo, pena enormi fastidi da parte della polizia transnistriana. Sono già pronto con la penna in mano…ma vedo che qualcosa non va come dovrebbe: la gente di fronte a me non compila un bel niente. Danno il passaporto all’impiegato di turno e lui rilascia un visto stampato a laser senza alcun simbolo sopra; un comunissimo foglio con riportati i dati anagrafici, il numero del passaporto e la scadenza fissata da lì a 10 ore (il tutto svolto in maniera totalmente gratuita). Nel caso in cui si intenda restare nel paese per più di tale termine occorre poi recarsi preso un apposito ufficio di Tiraspol in giornata e chiedere l’estensione del visto stesso. Arriva quindi la prima piccola delusione: niente super-timbro su nessun foglio compilato a mano; la modernità fa strage anche qui in maniera prorompente rovinando una parte dell’atmosfera d’altri tempi che mi aspettavo di trovare; o, molto probabilmente, la pratica che attendevo è applicata solo a chi estende la durata a più giorni. Risalgo sul bus perchè dobbiamo ancora giungere al capolinea previsto alla stazione dei treni della capitale. Lì succede una cosa che mai mi sarei aspettato: un ragazzo posto due sedili accanto al mio mi chiede testualmente “Scusa, posso sapere che cosa ci fai in Transnistria?”. Due secondi di silenzio per lo stupore e poi rispondo col sorriso che potrei porgli la stessa domanda. Scopro che viene da Udine, anche lui a Chisinau ed anche lui interessato a visitare la striscia di terra che non esiste. Piccolo ragionamento: quante possibilità ci sono che, sulla stessa Marshrutka ed in un luogo che in pochissimi conoscono ci siano due stranieri che non si sono mai visti prima ed entrambi di nazionalità italiana? Direi una su un milione senza scherzare…eppure è successo. Ci mettiamo a chiacchierare e scopro una persona interessantissima: per tutta l’estate ha fatto la guida turistica in Norvegia e, con i soldi guadagnati e con una voglia innata di viaggiare, sta visitando tanti interessanti paesi col coachsurfing restando lontano da casa almeno fino a Natale. Mentre parliamo non manco comunque di guardare fuori dal finestrino e scorgo passando alcune delle cose che sono presenti sulla mia lista dei punti di interesse. Arriviamo nel piazzale della stazione e la corsa finisce: appena scesi, io ed il simpatico ragazzo di Udine ci stringiamo la mano ed andiamo ognuno nella propria direzione. Sono finalmente con i piedi in Transnistria: davanti a me l’edificio di colore chiaro che avevo visto nelle immagini on-line; da dietro quel muro passa un treno al giorno in direzione Chisinau-Odessa ed un treno al giorno in direzione Odessa-Chisinau, altro modo per raggiungere questa area in alternativa alla Marshrutka.
Non posso non fare un giro su me stesso a 360 gradi: sono in una zona di mondo “autogestita” e non riconosciuta, un po’ come quando arrivai anni fa nella Repubblica Turca di Cipro Nord che si trova nella stessa ed identica condizione politica. Qui si parla russo e non moldavo, qui si scrive in caratteri cirillici e non usando l’alfabeto comune per noi europei; qui non si possono assolutamente scattare foto al “palazzo del potere” ed a quelli del KGB; qui esiste una moneta particolare e, proprio pensando a questo, mi viene in mente che devo munirmi dei soldi locali. Raggiungo così il piccolo ufficio cambi che si trova vicino all’ingresso della cassa dei minibus. Noto che si tratta dell’ennesima fregatura atta a spillare pecunia: infatti il “Leu Moldavo” (moneta che dovrebbe essere ufficiale anche qui) viene scambiato con 0,90 Rubli Transnistriani; ciò significa che per ogni Leu Moldavo consegnato, la Transnistria si incassa 10 centesimi tondi tondi. Ma soprassiedo su questa piccolezza perchè cambio solo l’equivalente di tre euro: sarei rimasto entro i confini solo poche ore ed al massimo mi sarei comprato qualcosa da bere più il biglietto di ritorno verso Chisinau. Aspetto che l’impiegata mi consegni una delle famigerate monete di plastica da me tanto desiderata ma…arriva la seconda delusione: ho in mano banconote e monete di una nazione fuori dall’ordinario che conserverò gelosamente tra i miei cimeli di viaggio, ma niente che sia di plastica. Carta e metallo esattamente come nel resto del mondo. Comincio a pormi qualche domanda sulla veridicità di ciò che avevo letto, ma mi rendo anche conto che potrebbero essere passati mesi o anni dai racconti di coloro che ci sono stati prima di me e sono conscio del fatto che le cose cambiano rapidamente. E’ davvero ora di iniziare il giro e così mi incammino in direzione di “Via 25 ottobre”, la strada che taglia l’intera città in due e luogo in cui si trova il 90% delle attrazioni locali. Ma prima di arrivare a percorrere quel vialone c’è dell’altro. Mi imbatto nel “Parco Kirov” e vi accedo da un bellissimo ingresso. Davanti a me c’è la Chiesa Ortodossa Russa “Presentation of the Child Jesus” parzialmente in ristrutturazione ma davvero degna di nota col suo color rosso mattone con finiture verdi e dorate.
Osservo con cura l’edificio facendo il giro dell’intera struttura; esco poi dal parco e, svoltando a sinistra al primo incrocio, raggiungo la fabbrica del famoso cognac Kvint che, col caviale locale, rappresenta il top della produzione di questa zona secessionista. Ovviamente la fabbrica non è un belvedere a cominciare dal cancello sorvegliato, così posto l’immagine di uno dei tanti negozi “monomarca” dedicati proprio a questo prodotto. Da non bevitore mi limito a guardare da fuori. Non nutro alcun interesse per gli alcholici.
Ancora un buon pezzo di strada a piedi e mi trovo finalmente all’incrocio con la via principale della città. Sulla sinistra ho solo un paio di attrazioni, mentre sulla destra c’è tutto il resto. Senza pensarci su due volte mi incammino verso la zona più ricca di storia. Intanto, passo dopo passo, mi guardo intorno ad ogni metro. Non posso non notare la maniacale pulizia delle strade, caratteristica delle ex città sovietiche. Per terra ci sono solo le foglie cadute in enorme quantità dagli alberi in questo periodo autunnale, ma scorgo delle persone che le stanno raccogliendo con strumenti adatti allo scopo. Noto anche un ragazzetto (avrà avuto una quindicina d’anni) che percorre più di cento metri solo per buttare una cartaccia in un cestino dei rifiuti per poi tornare da dove è venuto: penso in un attimo a ciò che accade da noi da parte dei suoi coetanei e rabbrividisco dalla vergogna. Incontro quasi subito il Museo Kotovsky…ma è un palazzo che reputo insignificante e vado oltre. Vedo poi, dietro ad un altro edificio, il Palazzo della Repubblica con tanto di bandiera transnistriana sul tetto che viene accarezzata e modellata dal vento. La posizione di questa costruzione ed il fatto del divieto di scattare foto a strutture governative mi frenano, anche se non mi sento del tutto me stesso a dare ascolto a certe assurde regole. Più avanti svolto a sinistra perchè so che lì c’è il Palazzo del Registro Civile. Stavolta, nonostante tutto, una foto la scatto. E che cavolo!
Faccio per andare via quando sento avvicinarsi un rumore di clacson assordante, ma non ci metto molto a realizzare ciò che sta per accadere: dalla stessa strada dalla quale sono entrato pochi minuti prima accede una macchina tutta addobbata a festa: è il suo conducente che suona all’impazzata perchè sta portando una sposa all’altare. Decido di restare ancora un po’: l’arrivo della festeggiata ad un matrimonio transnistriano quando mi ricapiterà? Quando scende dalla vettura, la promessa sposa è vestita con un abito che più pesante non si può…eppure il clima oggi è davvero mite. Sembra una di quelle dame che decidono di pronunciare il fatidico “si” in pieno inverno in mezzo a due metri di neve…ma è abbastanza fuori luogo adesso. Si forma un piccolo gruppetto proprio lì intorno e baci/abbracci si sprecano. La cosa va per le lunghe ed io ho il tempo contato dal visto turistico temporaneo in mio possesso, così decido di congedare l’allegra famiglia lì presente e torno al mio giro. Camminando scopro che nel 2017 Tiraspol compie 225 anni ed il tutto è commemorato, tra l’altro, anche da quanto segue:
Proprio in questo punto “Via 25 ottobre” si apre e diventa larghissima: questo tratto che segue, anch’esso tipico delle ex città sovietiche, sicuramente veniva usato per le imponenti parate militari che tanto piacevano al regime. Non ho idea se ciò venga perseverato anche ai giorni nostri; so solo che non ho modo di constatarlo. Più o meno di fronte a me vedo un cinema multisala che, con tutta la fantasia spremuta al massimo, si chiama addirittura “Cinematografo Tiraspol”; vivissimi complimenti per lo sforzo delle meningi adoperato…non c’è che dire. Ma ciò che mi colpisce non è certo questo, bensì ciò che vedo spuntare alle sue spalle e mi incammino proprio in quella direzione. Ma prima decido di svoltare in una via sulla destra ed i motivi sono due: la presenza della piccola Chiesa Ortodossa “Old Believers” in primis, ma anche perchè questa piccola via mi ricorda molto uno spaccato del tempo che fu: ci sono diverse vecchie autovetture “Lada” parcheggiate a distanza ravvicinata l’una dall’altra e, unite all’atmosfera di quel luogo, rimandano davvero al passato. Quando poi ne vedo una che all’interno ha la bandierina russa non posso non fotografarla. Dopo questo scatto decido che è la volta di “portare via con me” anche una targa automobilistica transnistriana. I cimeli di questa zona non sono mai troppi.
Torno sui miei passi e mi trovo davanti prima il Palazzo dell’eparchia di Tiraspol e Dubasary e poi la bellissima Cattedrale della Natività. Appena termino di ammirarla, noto la presenza di un laghetto non molto lontano e decido di andarci. Non avrei potuto fare scelta migliore perchè quando vi arrivo posso osservare una specie di lotta a distanza a colpi di ali tra due cigni, uno bianco e l’altro grigio, ma non solo: da qui ho anche una visuale particolare della stessa Cattedrale della Natività.
Sto per arrivare al pezzo forte di Tiraspol, ma prima mi trovo di fronte il bel Palazzo della Cultura, uno dei luoghi in cui viene celebrato il compleanno della città.
Superato questo punto di interesse si apre un’ampissima piazza davanti ai miei occhi. Nel lato in cui mi trovo adesso (quello più “vuoto”) c’è la bella Statua Equestre dedicata al Generale russo Aleksandr Suvorov.
Attraverso la carreggiata nell’unico punto possibile (sulle strisce…meglio non rischiare) anche perchè in zona c’è un poliziotto che indossa un cappello quasi più grande di lui e sicuramente qui in Transnistria non ho intenzione di avere problemi con la giustizia. Questo nuovo lato si apre prima con il logo “I love Tiraspol” e poi col Parco “de Wollant”, ricco di statue raffiguranti Caterina II, Ignat Dyachenko, Valentina Solovyova ed ovviamente François Sainte de Wollant. Pochi passi più avanti trovo il Monumento-Carro Armato, la Chiesa Ortodossa “Sfantul Gheorghe” ed il “Memorial of Glory” costruito in ricordo di veterani e vittime delle guerre che hanno fatto la storia di questo luogo.
Singolare la foto che segue, dato che per la prospettiva sembra che il Carro Armato stia per sparare alla Chiesa Ortodossa (si sà che il regime comunista era contro la religione e la cosa sembra fatta di proposito), ma confermo che è solo l’effetto ottico creato dalla foto e nient’altro. Il mezzo militare non punta il cannone contro l’edificio religioso nella realtà.
Proprio qui…scatta il mio solito momento ribelle. Se c’è una cosa che mi sta sulle scatole dappertutto è dover sottostare a stupide regole poste da persone che non hanno niente di meglio rispetto a me. Anzi, direi persone che quando si siedono sulla tazza non la fanno certo d’oro, ma fanno esattamente ciò che faccio io e tutto il resto della popolazione mondiale. Dico questo perchè, girando intorno al Monumento-Carro Armato, vedo il palazzo rosso del potere della Transnistria (il Soviet, per capirci meglio) con davanti una imponente statua di Lenin. Questa accoppiata non si può fotografare (?!?) per decisione di chissà chi. Una rapida occhiata intorno a me che mi conferma la presenza di zero persone e così…click!
Pochi passi e mi trovo in una nuova zona d’ombra da dove parte un altro scatto…
Alla fine si tratta di un palazzo con una statua davanti e niente di più. L’immagine da lontano non permette neanche la vista di eventuali particolari, ammesso che ce ne siano. Fatto ciò, torno leggermente indietro e, svoltando a destra, cammino fino verso la metà del ponte che attraversa il fiume cittadino. Il corso d’acqua è talmente importante da essere, a modo suo, quello che dà il nome alla nazione che non esiste. Si tratta del Dnestr in lingua locale, o Nistro tradotto da noi. Trans-Nistria significa letteralmente “terra al di là del Nistro”. Adesso è autunno pieno e le immagini che seguono, prese in una giornata che ho descritto come uggiosa all’inizio del post, non sembrano niente di particolare; ma durante l’estate gli abitanti del luogo usano quest’acqua per farsi il bagno e rinfrescarsi come se fosse una spiaggia marittima. Ovviamente cambiano in meglio i colori e le prospettive.
Ripercorro il ponte fino a dove lo avevo preso e proseguo ancora nella stessa direzione di prima in cerca di punti interessanti da vedere. Trovo 3 cose: il monumento dedicato alla prima centrale elettrica moldava, un manifesto di propaganda con i simboli dell’ex Unione Sovietica ed un manifesto che ricorda i 20 anni di partnership tra l’azienda Sheriff (praticamente il vero padrone dell’economia della Transnistria) e la locale squadra di calcio: un connubio che ha regalato una serie impressionante di vittorie sportive a livello nazionale. In Europa invece i passi da fare sono ancora tanti…
Qui saluto questo lato di “Via 25 ottobre” e torno sui miei passi per andare a visitare la parte opposta del vialone. Prima però devo percorrere l’intera trafila all’indietro fino ad arrivare all’incrocio con la strada che porta fino alla stazione. Ci metto un po’ perchè, scherza e ridi, si parla di 2,5 kilometri per poi proseguire da li. Il primo edificio importante che incontro è il Municipio, davvero imponente. Dall’altro lato della strada, ho il piacere di vedere un’altra sposa contenta e sorridente mentre si fa le foto di rito…nonostante lo sfondo non sia proprio uno di quelli sfavillanti cui siamo abituati noi. Ma ognuno ha ciò che può e l’importante, ripeto, è vederla felice nel suo abito bianco. Successivamente mi imbatto nel monumento a Taras Shevchenko, al Teatro Drammatico e delle commedie, all’ampio Parco Pobeda ed infine al Monumento dedicato agli aviatori.
Mi trovo nel punto più lontano della città in questa direzione e, spontaneamente, mi viene da guardare l’ora sul cellulare: le 16:30!!! Sono passate 5 ore senza che me ne fossi reso conto. Un po’ l’inconveniente iniziale ed il conseguente ritardo della Marshrutka persa a Chisinau ed un po’ il fatto che stavolta mi sono davvero gustato ogni metro della mia permanenza in loco, il resto del mio programma si può definire saltato. Avrei voluto arrivare fino a Bender prendendo il filobus (a proposito di questo, ce ne sono di nuovissimi in circolazione, ma passano anche quelli che quasi sicuramente sono rimanenze dell’anteguerra per come sono ridotti male…) ma non posso più farlo. Non ho un alloggio in Transnistria per la notte, non esiste un centro informazioni perchè non c’è turismo, la gente difficilmente parla inglese ed è tutto scritto in caratteri cirillici. No, non posso proprio rischiare di rimanere qui con un permesso temporaneo in scadenza poco dopo le 21:00 e con la possibilità che dopo una certa ora non ci siano più minibus per la capitale della Moldavia. Si…ci sarebbe il treno proveniente da Odessa che passa da Tiraspol alle 19:20…ma il fatto è che la stazione è per l’appunto a Tiraspol e non a Bender. Come sempre devo decidere in pochi secondi e, secondo il mio punto di vista anche di adesso che sono comodamente seduto dentro casa a scrivere, faccio la scelta giusta: corro a prendere il pullman con direzione Chisinau promettendomi di tornare in Transnistria per finire il giro al prossimo volo low-cost che troverò per la Moldavia. D’altra parte Bender, tra monumenti storici, Chiese e Fortezza, non potrà essere assolutamente tralasciata in futuro. E’ così che arrivo al piazzale che mi ha accolto qualche ora prima e lo vedo molto più vuoto rispetto al mattino. Solo due Marshrutka sono lì ed una ha la mia destinazione stampata sul cartello posto dietro al parabrezza. Sembra che il conducente abbia fretta di andare perchè, non vorrei sbagliare, ma la sua potrebbe davvero essere l’ultima partenza. Gli dico di aspettarmi giusto il tempo di compare il biglietto alla cassa dove fortunatamente non trovo fila (altro campanello d’allarme che mi conferma che il servizio di minibus è giunto agli sgoccioli), pago circa 40 Rubli Transnistriani e corro salendo sul mezzo pubblico pieno stranamente neanche per metà: stavolta mi è andata non bene, ma di lusso! Neanche 2 minuti ed il motore inizia a rombare. Stanco ma soddisfatto, raggiungo la frontiera di Bender dove il conducente si ferma. Stavolta nessuno scende e non lo faccio neppure io. Sale pochi minuti dopo un poliziotto locale e controlla il visto a tutti senza portarcelo via. Altro cimelio che si aggiunge alla mia collezione e che, francamente, non mi aspettavo di portare a casa. A questo punto ogni formalità è solo un ricordo. Ho in tasca 12 Rubli Transnistriani che metterò sotto chiave per fare in modo di non perderli mai (anche se fuori da qui valgono meno della carta usata per produrli) e passo il resto del viaggio a metà tra l’osservazione della campagna moldava ed il sonnecchiamento tipico dei miei spostamenti: non c’è molto da aggiungere al fatto che i mezzi di trasporto mi provocano sonnolenza; è così e non posso farci niente. Quando arrivo a Chisinau è già buio e mi dirigo al motel dove sistemo le mie cose ed esco subito per fare una passeggiata nella capitale moldava durante la sera: è sabato ed in giro a quest’ora, con i negozio ancora aperti, un po’ di gente c’è.
In conclusione di questa esperienza, nonostante le piccole delusioni che ho vissuto e che ho raccontato nel dettaglio, reputo la giornata in questo paese fantasma davvero positiva. Non si tratta certo di una zona ultra-ricca di cose strabilianti da vedere e punti di interesse a non finire, ma sicuramente ciò che ho mostrato e descritto vale senza dubbio la visita. E poi, qualsiasi idea politica uno abbia, trovarsi nel 2017 in un territorio che ha ancora dei simboli che ormai fanno parte delle storia non è cosa da sottovalutare. Ci tengo a sottolineare che mai, neanche per un secondo, ho temuto per la mia incolumità. I racconti su soprusi subiti dalle forze dell’ordine, gente che ti guarda male perchè vede che non sei del luogo, droga, armi, traffici, spacci ed alto forse (e ribadisco il forse) fanno parte del passato o addirittura non sono mai esistiti. Io per natura (a causa di ciò che di negativo le persone, vicine e non, mi hanno “regalato” in questi anni) credo quasi solo in ciò che vedo e tocco personalmente e non manca occasione per confermare questa teoria: niente vede meglio dei miei occhi e niente ascolta meglio delle mie orecchie. Se qualcuno avesse qualche dubbio o remora se intraprendere o meno un viaggio in questa regione, io consiglio vivamente di farlo. A parte un confine non riconosciuto dall’ONU, la vita scorre tranquillissima, ci sono tantissimi ragazzini che passeggiano per le strade, ho visto uno di loro girare addirittura con l’hoverboard (lo skateboard elettrico)…e questa purtroppo è l’ultima delusione che ho provato: tutti dicono che andare in Transnistria è come tornare indietro nella storia di 40 anni, che è come prendere una macchina del tempo…ma non è così, almeno secondo me. Come più volte ho ribadito, trovarsi faccia a faccia con simboli che oggi non esistono più dà una sensazione particolare, alcune strade hanno degli spaccati che ricordano altri periodi, ma più di questo davvero non c’è. Le automobili “Lada” che girano o che sono parcheggiate un po’ ovunque? Mica è la prima volta che le vedo. Già è successo in altri paesi ex sovietici ed è normale che sia così. Però, alla fine di tutto, posso raccontare ed avere prove tangibili che sono stato anche qui, in uno dei paesi fantasma del mondo…perchè resto dell’idea le frontiere ci sono ed è innegabile, ma non sono e non saranno mai confini invalicabili.